LA VOCE DI MIA MOGLIE

Sono stanco, trascino i piedi verso casa. È notte, di un buio denso che si appiccica all’anima.

In fondo alla via intravedo un’edicola. Mi avvicino chiedendo una rivista. Il giornalaio, un uomo basso con la barba incolta e le ciglia folte, prende i soldi e mi ringrazia, con una voce squillante di ragazza. La voce di mia moglie. Lo fisso con gli occhi spalancati ma è già scomparso dentro il chiosco. Ancora un po’ e sono a casa, meglio far finta di nulla.

Un ragazzino, avrà undici anni, mi urta e mi chiede scusa. Con una voce femminile, matura e un po’ stonata.

Accelero il passo e arrivo al portone, nero e inquietante come l’antro di una caverna. Il portiere mi fa un cenno con il capo. Vorrei poter udire il suo timbro di voce un po’ cavernoso, ma il suo “Bentornato” è acuto e sbarazzino.

Lo stesso di mia moglie. Quel piccolo, melenso saluto falsamente allegro che sopporto da anni ogni volta che varco la soglia di casa. Seguito subito dopo dalle mille raccomandazioni su come svestirmi, dove mettere il cappotto, come sedermi a tavola.

Salgo le scale con passo veloce, mangiando i gradini con ferocia. Spero di non incontrare più nessuno.

Apro la porta con le mani che tremano ed entro. Silenzio e meravigliosa quiete. La casa è in perfetto ordine, ogni cosa al suo posto prefissato, pulita e spolverata non una ma mille volte. Opera sua, ovviamente.

Accendo la televisione e la luce fredda riempie la stanza, illumina la perfetta libreria con gli scaffali zeppi di libri sistemati con geometrica precisione.

Mia moglie è sull’ultimo ripiano. Stesa con le braccia incrociate e con solo un inizio di putrefazione, senza la minima traccia dei miei colpi mortali.

Sì, l’ho strangolata, pensavo di aver fatto un buon lavoro spremendola sino a farla diventare blu.

Ma sbagliavo.

Ho ucciso lei ma non la sua vocina. Ora so che mi è sfuggita e vivrà accanto a me.

Per sempre.

Roberto Guarnieri