Tetro si era occupato di Howard anche in precedenti volumi a sua firma come “Conan il barbaro, l’epica di John Milius” e “Il grande cinema fantasy”, quest’ultimo volume legato a precedenti due incentrati sul cinema di fantascienza e scritti in collaborazione con Roberto Chiavini e Gian Filippo Pizzo.
LA POESIA DI ROBERT ERVIN HOWARD
Per il suo saggio “Words from the Outer Dark – La poesia di Robert E. Howard”, lo scrittore e giornalista novarese Michele Tetro è stato tra gli autori candidati al World Fantasy Award “The Cimmerian” 2007, il riconoscimento tributato annualmente agli studiosi di Robert Howard, padre del genere fantasy assieme a J.R.R. Tolkien, che si è celebrato l’8 giugno scorso a Cross Plains, Texas, paese natio di Howard.
La prima opera di Tetro tradotta in inglese è un capitolo della sua tesi di laurea ed è apparsa nel volume antologico “Two Gun Bob – A Centennial Study of Robert E. Howard”, edito dalla Hippocampus Press di New York per il centenario della nascita dello scrittore texano, creatore narrativo del personaggio di “Conan il barbaro” e di molti altri eroi popolari delle cosiddette riviste “pulp” degli anni Trenta.
La produzione poetica di Howard, quasi sconosciuta in Italia se non quando tradotta all’interno di singoli racconti, viene accuratamente analizzata da Tetro, sviscerando dai versi le tematiche preferite di Howard: la progressiva decadenza della cosiddetta civiltà, il sorgere della barbarie conquistatrice, il ciclico ripetersi di ere di luce e di buio, l’ineluttabilità del destino, un pessimismo esistenziale di matrice celtica, il rifiuto del modernismo. Le migliori opere poetiche di Howard, in forma di sonetto o ballata, colpiscono per il ritmo tumultuoso e il vigore delle immagini, spesso brutalmente cruente e in grado di sconvolgere il lettore per la sanguigna visionarietà. La celebrazione dell’eroe conquistatore, della gloria in battaglia, del coraggio guerriero (elementi trasmessi nei secoli sin dagli albori della storia, immortalati da anonimi bardi nell’epica di tutte le popolazioni della Terra e raccolti specialmente nella letteratura irlandese sin dal primo revival celtico del XVIII Secolo), la descrizione di una violenza tutt’altro che allusa sono stigmatizzate da Howard con vivide pennellate cremisi: privo di qualsiasi inibizione, il poeta texano dipinge furiose cavalcate di guerrieri assetati di sangue, ondate di barbarie selvaggia che travolgono la civiltà destinata allo sfacelo, spade che guizzano senza pietà in un massacro generale, inammissibile, per il cruento realismo, nella poetica classica. “Eppure”, commenta Tetro, “la poesia di Howard è vera poesia, nonostante la violenza, lontana da qualsiasi becera gratuità per quell’atmosfera pessimista che tutto avvolge, estremamente moderna nel suo assunto, e che vede poca differenza tra vinti e vincitori”. L’eroe howardiano è sanguinario e coraggioso, spinto dalla necessità, comunque perdente di fronte ad un destino che ha già decretato il suo fallimento, istanza che rispecchia il reale vissuto di Howard, scrittore anticonformista e solitario, avverso ad ogni tipo di costrizione, morto suicida a soli trent’anni.
20/02/2008, Comunicato stampa