C’E’ QUALCUNO LASSU’ (1997) – PARTE 02
“Osserva l’opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che Egli ha fatto storto?”
Ecclesiaste 7.15
“Non solo credo che arriveremo a manipolare la Natura, ma credo anche che sia proprio questo che Madre Natura vuole da noi.”
William Gaylin
C’è tutta una serie di film e di libri, del passato e del futuro, che urlano contro questa frase. Tutti coloro che dimostrano e stanno dimostrando che, in realtà, la natura si starebbe ribellando e, a quanto pare, hanno ragione…
GATTACA – LA PORTA DELL’UNIVERSO (Gattaca)
Un giovane si sta preparando. Si rade e fa la doccia ma, prima di questa seconda, normalissima operazione, passa sopra tutto il suo corpo una sostanza abrasiva per evitare, il più possibile, che dei frammenti di pelle morta si stacchino dal suo corpo, un fenomeno quotidiano e normalissimo nel corpo umano. Poi prende una piccola sacca di urina e se la lega sotto la coscia quindi si mette una finta impronta digitale sotto la quale ha immesso una goccia di sangue. Dopo aver compiuto queste strane operazioni, il giovane, conosciuto da tutti come Jerome Morrow, entra in un edificio e si sottopone, come tutti gli altri, all’esame di riconoscimento ponendo il dito indice, quello che aveva precedentemente truccato, sotto un prelevatore automatico di campioni; operazione che gli consente una libera entrata. Dietro di lui scorgiamo un’altra allieva astronauta che lo osserva, è Irene Cassini (Uma Thurman… curioso il cognome del suo personaggio, chiaro riferimento all’astronomo Cassini scopritore dello spazio di Cassini, quello che si credeva fosse una zona priva di anelli tra due dei tre anelli di Saturno di cui si era certi dell’esistenza. Le sonde Voyager hanno poi dimostrato che questo spazio vuoto in realtà non esiste ma è riempito da anelli più radi e meno brillanti. In questo particolare caso poi, Saturno è un riferimento alla futura missione a cui è destinato Jerome).
In un futuro non molto lontano.
Jerome Morrow, dopo aver eseguito i suoi calcoli al computer, pulisce accuratamente la tastiera. Gli si avvicina Josef, il Direttore (il poeta Gore Vidal).
Josef: “Tieni la tua postazione sempre così pulita, Jerome?”
Colui che è stato chiamato con quel nome si volta e gli risponde.
Vincent: “Lavoro con devozione, questa ne è la prova.”
Josef: “Devozione… Ho esaminato il tuo piano di volo: neanche un errore su un milione di caratteri, fenomenale. È giusto che una persona come te ci porti su Titano.”
Vincent: “Il Consiglio ha approvato la missione? Si parlava di un rinvio…”
Josef: “Non devi dare ascolto alle chiacchiere. Parti tra una settimana. Hai il controllo antidroga, adesso.”
Prima di recarsi in ambulatorio il ragazzo sparge sulla tastiera, con una fialetta, dei minuscoli frammenti di pelle e, sempre dalla stessa, prende due capelli che mette nel pettine dentro al cassettino. Lamar, il medico (Xander Berkeley), raccoglie l’urina del giovane e l’esamina trovando tutto regolare, poi, il sedicente Jerome Morrow esce nei lunghi corridoi dell’edificio e si ferma sotto un’ampia vetrata dalla quale vede partire, rombando nello spazio, un missile dalla vicina base di lancio. Irene lo raggiunge.
Irene: “Complimenti, Jerome.”
Vincent: “Grazie.”
Irene: “Quanti lanci avvengono al giorno, una decina?”
Vincent: “A volte di più…”
Irene: “Solo tu non te ne perdi neanche uno… Se vuoi fingere che non provi nessuna emozione non guardare sempre in su.”
I pensieri del giovane vagano ad un passato neppure troppo lontano, mentre nel Centro è accaduto qualcosa che mette tutti in agitazione.
Voce di Vincent: “<Un avvenimento del tutto irrilevante. Jerome Morrow, Navigatore di prima classe, sta per intraprendere una missione di un anno per Titano, il quattordicesimo satellite di Saturno. Un incarico molto prestigioso anche se, in pratica, Jerome era stato prescelto per esso fin dalla nascita. È stato fornito di tutti i doni necessari per tale impresa, ha un quoziente genetico superiore a chiunque. In realtà non c’è nulla di straordinario nella scelta di Jerome Morrow, salvo un fatto: io non sono Jerome Morrow. Fui concepito sulla Riviera, non quella Francese, ma quella prodotta dalla Chrysler. Si diceva che un figlio concepito nell’amore avesse maggiori probabilità di essere felice, oggi non lo dicono più. Non capirò mai cosa abbia spinto mia madre ad affidarsi a Dio invece che al genetista del luogo. Due braccia e due gambe, altro non importava. Adesso non più, adesso, dopo qualche secondo di vita, erano già note le cause e il momento esatto della mia morte.>”
Un’infermiera (Maya Rudolph) preleva dalla pianta dei piedi del neonato una goccia di sangue e l’elaboratore fornisce prontamente i dati che riguardano il suo presente, e, soprattutto, il suo futuro.
Infermiera: “Affezioni neurologiche probabilità sessanta per cento. Mania depressiva probabilità quarantadue per cento. Sindrome ipercinetica probabilità ottantanove per cento. Cardiopatia… probabilità novantanove per cento. Soggetto a morte prematura. Aspettativa di vita trenta virgola due anni.”
I due genitori, Antonio (Elias Koteas) e Marie (Jayne Brook), restano colpiti dalla precoce condanna alla quale hanno sottoposto il loro figliolo. Alla richiesta di quale nome mettere al piccolo, i coniugi Freeman decidono per Vincent (Mason Gamble).
Voce di Vincent: “<Sin da piccolo imparai a vedermi come mi vedevano gli altri: un malato cronico. Una sbucciatura o un graffio venivano considerati un pericolo di morte>.”
Il piccolo non viene accettato nell’asilo nido perché l’assicurazione non ripagherebbe eventuali incidenti. L’insegnante (Elizabeth Dennehy) respinge i coniugi Freeman con il loro piccolo Vincent.
Voce di Vincent: “Come quasi tutti i genitori dell’epoca anche i miei decisero di far nascere il prossimo figlio con quello che oggi è diventato un metodo naturale.”
Il genetista (Blair Underwood) che li accoglie nella clinica ha già preparato un preciso piano di azione.
Genetista: “Gli ovuli che le sono stati prelevati, Marie, sono stati fecondati con gli spermatozoi di Antonio. Dopo la selezione restano, come vedete, due sani maschietti e due sanissime femminucce nessuno, naturalmente, predisposto alle più gravi malattie ereditarie. Non rimane che scegliere il candidato più confacente. Prima di tutto indirizziamoci sul sesso, avete delle preferenze?”
Marie: “Vorremmo che Vincent avesse un fratello per giocarci insieme…”
Genetista: “Eh, certo… ciao Vincent… Dunque, avete specificato: occhi nocciola, capelli scuri e… pelle chiara. Mi sono permesso di eliminare ogni affezione virtualmente pregiudizievole: calvizie precoce, miopia, predisposizione alla violenza e alle droghe, tendenza alla violenza, all’obesità…”
Marie: “Beh, noi non volevamo… in quanto alle malattie sì ma…”
Antonio: “Certo… ecco… Pensavamo se non fosse… se non fosse meglio lasciare anche qualcosa al caso…”
Genetista: “Fate che vostro figlio parta in posizione di vantaggio, purtroppo abbiamo già abbastanza difetti innati… No, non caricate vostro figlio di ulteriori fardelli. Ricordate che questo bambino è la somma di voi due, del meglio di voi due però… Potreste naturalmente concepirne altri mille e mai ottenere un risultato simile.”
Voce di Vincent: “<Fu così che venne al mondo Anton, mio fratello, il figlio a cui mio padre era fiero di aver dato il proprio nome>.”
Sono passati nove anni e Vincent (Chad Christ) ha ora dieci anni, porta gli occhiali ed è più basso di Anton (William Lee Scott) che ha otto anni. Il padre mostra orgoglioso alla moglie la crescita di Anton e Vincent, con un gesto rabbioso, cancella la scritta con la sua altezza sul duro legno di uno stipite.
I due giocano sulla sabbia del mare lì vicino.
Voce di Vincent: “<Quando facemmo il patto di sangue capii che quello che scorreva nelle mie vene era diverso dal suo e che non me ne bastava certo una goccia per concludere qualcosa nella vita.>”
Vincent si taglia con una conchiglia e la porge al fratello il quale non attua lo stesso rito ma si lancia in acqua seguito a ruota da Vincent.
Voce di Vincent: “<Il nostro gioco preferito era Babau. Quando i nostri genitori non ci guardavano nuotavamo fin dove ci reggeva il coraggio. Il primo che aveva paura e tornava indietro perdeva… Naturalmente perdevo sempre io, Anton era di gran lunga il più forte e aveva tutti i numeri per vincere. Sarà stata la passione per gli altri mondi o la crescente avversione che provavo per il nostro ma, da quanto mi ricordo, ho sempre sognato di andare nello spazio…>”
Adesso Vincent ha creato un sistema solare su un nastro asfaltato, ponendo i pianeti alla distanza giusta dal Sole, secondo le proporzioni del modello. Sta collocando una mela che rappresenta Plutone alla debita distanza; Anton sta per mangiarla ma non si risparmia una battuta sferzante: lui, se volesse, non avrebbe problemi a diventare astronauta. Vincent gli strappa la mela di mano.
Voce di Vincent: “<La mia aspirazione non mutò nel corso degli anni…>”
È passato ancora qualche anno e Vincent (Ethan Hawke) sta leggendo un libro dal titolo Carriere nello spazio. Marie vuole, una volta per tutte, aprirgli gli occhi.
Marie: “Guarda in faccia la realtà, con la tua malattia cardiaca non…”
Vincent: “Mamma, c’è una probabilità che il mio cuore stia bene…”
Antonio: “Una su cento, ricordati!”
Vincent: “Beh, voglio correre il rischio.”
Marie: “Tu… ma loro no.”
Antonio: “Senti, maledizione! Mettiti in testa una cosa: tu entrerai in un’astronave al massimo come uomo delle pulizie.”
Voce di Vincent: “<Mio padre aveva ragione. Per quanto avessi mentito nel mio curriculum, il mio vero curriculum era iscritto nelle mie cellule. Perché qualcuno avrebbe dovuto investire tanti soldi per addestrarmi quando c’erano altri mille candidati geneticamente perfetti. Certo, la discriminazione è un reato, si chiama genoismo ma tutti se ne infischiano della legge… Se rifiuti di farti esaminare possono prelevare un campione della maniglia di una porta o da una stretta di mano e perfino dalla saliva sulla busta della domanda. In caso di dubbio un test antidroga legale è un facile espediente per valutare illegalmente che futuro avrai nella Compagnia…>”
Vincent ed Anton (Loren Dean) si cimentano in un’altra delle loro gare.
Voce di Vincent: “<Fu l’ultima volta che nuotammo insieme, lontano, in mare aperto, sapendo come sempre che ogni bracciata verso l’orizzonte era una in più che dovevamo fare per tornare a riva. Ma quel giorno successe qualcosa di diverso: ogni volta che Anton cercava di distaccarmi mi trovava sempre vicino a lui. Poi, finalmente, accadde l’impossibile…>”
Anton annaspa sfinito e annegherebbe se il fratello non lo recuperasse e lo riportasse a riva.
Voce di Vincent: “<In quel momento della nostra vita si vide che mio fratello non era forte come credeva e io non così debole e quel momento rese possibile tutto il resto…>”
Anton guarda attonito suo fratello preparare le sue cose e andarsene nel tramonto imminente.
Voce di Vincent: “<Come altri nella mia situazione girovagai parecchio negli anni seguenti lavorando dove potevo. Devo aver pulito le toilette di mezzo stato. Appartenevo a una nuova sottoclasse, non più determinata dal livello sociale o dal colore della pelle…>”
Vincent riesce a trovare un posto come uomo delle pulizie nel centro di addestramento Gattaca (il nome è tratto dalla combinazione delle sigle delle principali sostanze chimiche del DNA. Nella fattispecie sono la Guanina, l’Adenina, la Timina e la Citosina). Ad accoglierli è il Capo del Servizio di Manutenzione, Caesar (Ernest Borgnine).
Caesar: “Benvenuti a Gattaca, signori.”
Voce di Vincent: “<…No.…ora la discriminazione è elevata a sistema…>”
Caesar: “Ecco lì il materiale per le pulizie. Cominciate dall’entrata e via via retrocedete. Voglio vedere la mia faccia che mi sorride su questo pavimento.”
Vincent sta guardando la vetrata in alto dove un missile sta decollando.
Caesar; “Vogliamo muovere, signorino? Che fai, sogni lo spazio? Vieni qui… C’è questo bello spazio da pulire, intanto…”
Voce di Vincent: “<Non ebbi mai tanta certezza che la mia meta fosse irraggiungibile quanto adesso che era lì davanti a me.>”
Mentre sta pulendo il tetto del Centro assieme agli altri assiste alla partenza lontana di un altro razzo.
Il suo lavoro continua ogni giorno, pulisce le aule e si siede davanti a un computer per poi rialzarsi all’arrivo di un collega. Osserva, da dietro la vetrata, le aule riempirsi di allievi.
Caesar: “Quando pulisci il vetro, Vincent, non pulirlo troppo.”
Vincent: “Che vuoi dire?”
Caesar: “Puoi farti venire idee sbagliate.”
Vincent: “Sì, ma se il vetro è pulito tu potrai vedermi meglio quando starò dall’altra parte…”
Caesar: “Aaah!”
Durante le pulizie raccoglie un sensore dimenticato e lo tiene quasi come un ricordo, come una parte di un mondo così lontana da lui… fa quindi l’involontaria conoscenza con la macchina di controllo che gli preleva un campione del suo sangue innestando subito la luce rossa del non idoneo.
Nel suo piccolo appartamento Vincent continua a fare ginnastica tenendo tra le mani un libro intitolato Celestial Navigation. Sfinito, Vincent cade a terra dall’alto della parallela e il libro con lui.
Voce di Vincent: “<Facevo lo spaccone sapendo di non poter fare altro. Per quanto mi allenassi, per quanto studiassi, l’esame più brillante sarebbe stato zero senza un esame del sangue altrettanto brillante e allora decisi di ricorrere a misure più radicali. L’uomo che un giorno apparve alla mia porta non ero certo andato a cercarlo sulle pagine gialle…>”
L’uomo si chiama German (Tony Shalhoub) e, appena entrato, comincia col prendere le misure di Vincent.
German: “Stai dritto… Come hai saputo di me?”
Vincent: “La gente…”
German: “Hai qualche segno particolare, tatuaggi, cicatrici, voglie sulla pelle?”
Vincent: “No, credo di no…”
German: “Sei convinto della tua scelta? Non farmi perdere tempo…”
Vincent: “No, stia tranquillo, convinto al cento per cento!”
German: “Con questo sei solo a metà strada.”
L’uomo prende in mano un libro.
Vincent: “Quella è una vecchia edizione però la conosco a memoria..”
German: “A memoria, eh? Ricordati che non potrai tornare indietro.”
Vincent: “Ha già qualcuno in mente?”
German apre una borsa con dentro delle fiale e si avvicina a Vincent porgendogliene una.
Voce di Vincent: “<Per chi è superiore geneticamente il successo è più facile da raggiungere ma non è affatto garantito. Dopotutto non esiste un gene per il destino e quando, per un motivo o per l’altro, un membro dell’élite incontra una sorte avversa, la sua identità genetica diventa un bene prezioso per chi è privo di scrupoli. Mors tua vita mea, dice il vecchio adagio…>”
German sta portando Vincent in un grande appartamento vicino al Centro; vuole fargli conoscere la persona di cui prenderà il posto.
German: “Le sue credenziali sono perfette, una durata di vita impensabile… È uno che, in pratica, non morirà mai. Il suo quoziente di intelligenza è smisurato, più di venti ventesimi ad ogni occhio a ha il cuore di un toro. Attraverserebbe i muri correndo…”
Da dietro l’angolo della grande stanza appare un ragazzo su una sedia a rotelle. È Jerome Morrow (Jude Law).
German: “…se potesse ancora correre… In effetti era un famoso campione di nuoto. Vincent, puoi raggiungere qualunque meta a braccetto con il DNA di quest’uomo. Che ti avevo detto? Vi somigliate tanto che raddoppierò la parcella!”
Vincent: “Non ci somigliamo per niente.”
German: “Quanto basta, credimi. Qualcuno si preoccupa più di guardare le foto? Potresti metterci la mia faccia sul tuo tesserino.”
Vincent: “E come lo spiego l’incidente?”
German: “Questo è il bello, Vincent, gli è successo all’estero. Qui non risulta che si sia rotto la schiena, qui lui è ancora uno che cammina, un membro della società perfettamente efficiente. Vietagli le sostanze intossicanti e inventati quest’ultimo anno della sua vita…”
Vincent: “Tu sei uno straniero?”
German: “Qui non importa dove sei nato ma come sei nato, il sangue non ha nazionalità. Se trovano in esso quello che cercano non hai bisogno di altro passaporto.”
Vincent indica con gli occhi la scala a chiocciola che porta ai piani superiori.
Vincent: “Lassù chi ci sta?”
Jerome: “Io sicuramente no.”
Voce di Vincent: “<Così cominciò la mia trasformazione in Jerome. La miopia è uno dei segni più evidenti di una nascita sfavorevole.>”
Vincent: “Non esiste altro modo?”
German: “Un’operazione è da escludere, vedrebbero le cicatrici. Quindi lenti a contatto o bastone bianco. Tra l’altro, poi, il colore degli occhi è diverso.”
Jerome: “È vero. Io ho gli occhi più belli.”
Ora German sta esaminando i denti di Vincent.
German: “È inteso che mi spetta il venticinque per cento di quello che guadagni e se la cosa non dovesse funzionare l’attrezzatura mi sarà riconsegnata entro sette giorni senza restituzione del deposito.”
Jerome: “Come, come, come? Lei aveva detto venti per cento…”
Vincent: “A me hai detto venti per cento…”
Jerome: “Venti per cento!”
German: “Niente trattative.”
German taglia i capelli a Vincent il quale si confronta ora con la foto di Jerome.
Vincent: “Ci siamo, no?”
German: “Uhm… non ancora.”
Vincent: “Perché, che c’è?”
German: “Resta la questione dell’altezza.”
Vincent: “Perché, tu quanto sei alto?”
Jerome: “Uno e trentasette.”
Vincent: “E invece prima dell’incidente?”
German: “Il suo profilo genetico dice: uno e ottantacinque.”
Vincent: “Uhm… mi metterò dei rialzi.”
German: “Anche con i rialzi non ci arriveresti.”
Vincent: “E allora? …No, no… Di questo non si era parlato…”
German: “Oh!”
Jerome: “Non eri deciso, Vincent?”
Vincent: “Sì e sono deciso a non farlo… Questo non lo faccio!”
Il desiderio di raggiungere le stelle è troppo forte in Vincent che si fa operare da German.
Voce di Vincent: “<Jerome non mise più in dubbio la mia determinazione. Distolsi la mente dal dolore ricordando a me stesso che quando mi sarei rimesso in piedi sarei stato di cinque centimetri più vicino alle stelle.>”
Vincent, che è mancino, deve ora imparare a scrivere con la destra e a fare la firma di Jerome, mentre quest’ultimo si sta facendo dei prelievi, riponendo i campioni di sangue nei contenitori.
Vincent: “Jerome Morrow… È un bel nome.”
Jerome: “È il mio nome.”
Vincent: “Non posso essere te, senza.”
Jerome: “Come puoi solo pensare di essere me?”
Gli si avvicina con la sedia a rotelle e gli mostra una medaglia.
Jerome: “Guarda questo, guardala.”
Vincent: “È bella, non ho parole… È vera?”
Jerome: “Sei anche daltonico, Vincent? È argento.”
Vincent: “E allora?”
Jerome: “Jerome Morrow non era nato per occupare i gradini più bassi del podio ma nonostante le mie doti ero sempre al secondo posto… io! Quindi come speri di riuscire in quest’impresa?”
Vincent: “Di preciso ancora non lo so.”
Jerome: “La firma non è perfetta.”
Voce di Vincent: “<Arrivò il momento di mettere alla prova la mia preparazione. Jerome era stato progettato con tutto quello che serviva per entrare a Gattaca, salvo il desiderio di entrarci.>”
È scesa la notte e i due stanno guardando Gattaca.
Jerome: “Vuoi davvero entrare là dentro?”
Vincent: “Io non voglio andare là dentro. Io voglio andare lassù!”
Jerome: “Che c’è lassù?”
Vincent: “È quello che intendo scoprire, Jerome.”
Jerome: “Chiamami Eugene, il mio secondo nome. Se vuoi essere Jerome devi abituarti al tuo nuovo nome.”
Nella notte la luce di un razzo che decolla accende il cielo.
È arrivata la mattina del colloquio e Vincent sta esaminando i campioni di urina che Jerome ha preparato, purtroppo sono tutti negativi in quanto il ragazzo indulge troppo nel bere. Fortunatamente il primo di questi campioni va bene.
Al Gattaca non è neppure necessario il colloquio, sono sufficienti gli esami.
Vincent torna a casa.
Vincent: “Ce l’ho fatta!”
Jerome: “Certo che ce l’hai fatta.”
Voce di Vincent: “<Ed ecco come andò. Tutti i giorni eliminavo dal mio corpo ogni pelle, unghia e capello non saldo per ridurre al minimo quanto del mio io non valido avrei lasciato nel mondo dei validi. Al tempo stesso Eugene preparava campioni della sua superiore materia corporea perché io potessi passare per lui. Appositi sacchetti di urina per i frequenti test antidroga, capsule di sangue da applicare ai polpastrelli per i controlli all’entrata e fiale con altre sostanze corporee. Mentre Eugene mi forniva di una nuova identità io gli pagavo l’affitto e gli garantivo il tenore di vita a cui era abituato. Eugene non aveva mai subito la discriminazione abituale degli uterini, dei nati per fede, dei non validi, come chiamavano noi. Lui, un valido, un in vitro, un uomo fabbricato, subiva il peso di un altro fardello, il peso della perfezione. Io, adesso, facevo parte di un settore della società relativamente nuovo e particolarmente odiato, quello di chi si rifiuta di giocare con le carte che ha avuto in sorte. Il mio appellativo più comune è pirata genetico o diGENErato. Sotto le spoglie di Jerome Morrow sono salito in fretta agli alti gradi di Gattaca. Solo un Direttore di Missione è stato a un passo dallo scoprire la mia vera identità. Strano a dirsi avrebbe più possibilità di smascherarmi ora che è morto di quante ne avesse avute da vivo…>”
Il flusso dei ricordi finisce e resta la realtà. L’agitazione al Centro è dovuta a un corpo sanguinante per terra. Un uomo ucciso colpito con la tastiera di un computer.
Josef, il Direttore ordina a Irene di collaborare con gli Hoover, il personale investigativo così chiamato per ricordare il nome di Edgar J. Hoover, il fondatore e il capo per lungo tempo dell’F.B.I.
Gli Hoover demandati alle indagini sono il Gattaca Hoover (Carlton Benbry) ed il Detective Hugo (Alan Arkin). Josef, poi, tranquillizza Vincent sul fatto che il lancio non sarà rimandato.
Gli investigatori cominciano il loro lavoro prelevando campioni e frammenti per tutto il Centro Gattaca. Un preoccupato Vincent torna a casa e riferisce a Jerome dell’omicidio e del prossimo viaggio a Titano. Entrambi decidono di uscire per festeggiare la prossima partenza. Intanto Irene preleva dal cassettino di Vincent uno dei capelli di Jerome che il ragazzo aveva appositamente lasciato e lo fa analizzare e, naturalmente, l’esito degli esami è assolutamente valido.
Nel lussuoso ritrovo dove sono andati Jerome e Vincent, i due si sono seduti a un tavolo bevendo e fumando. Vincent chiede all’amico che cosa farà quando lui sarà partito ma ne riceve solo risposte vaghe.
Jerome: “Com’è Titano in questa stagione?”
Vincent (ridendo): “Com’è Titano, eh? Titano è esattamente così… (Aspira del fumo dalla sigaretta e lo soffia dentro al calice del bicchiere) È sempre così. È circondato da una nube così fitta che nessuno sa cosa c’è sotto…”
Il particolare è astronomicamente esatto. Titano, la Luna maggiore di Saturno, addirittura più grande della Luna, è stato scoperto per la prima volta nel marzo del 1655 dall’astronomo C. Huygens e fotografato per la prima volta nel novembre del 1980 da Voyager 1 e, successivamente, nell’agosto del 1981 dal suo gemello Voyager 2 prima che questi riprendesse il suo fantastico viaggio verso Urano e Nettuno.
Il satellite è interamente circondato da un’atmosfera opaca e da dense nubi arancioni il cui colore è dato dalla presenza di molti composti organici. Secondo le teorie vigenti attualmente si pensa che Titano abbia una superficie rocciosa e di ghiaccio ma i più ritengono che il corpo celeste sia circondato da un guscio di acqua liquida mista ad ammoniaca e metano il tutto racchiuso in una spessa crosta di ghiaccio. La temperatura in superficie, registrata a 180 gradi sotto lo zero, è risultata troppo bassa perché potesse provocare un effetto serra come sul pianeta Venere. Ecco quindi che i nostri occhi della mente possono immaginare scogliere di etano o metano solidi, fiumi di metano liquido e una inarrestabile pioggia, proveniente dalle nubi arancione, di sostanze organiche. Carl Sagan teorizzò un oceano di metano profondo almeno trecentocinquanta metri e tutto questo porta Titano ad assomigliare moltissimo a una Terra primordiale in quanto, prescindendo dalla bassa temperatura, possiede tutte le caratteristiche per la nascita della vita oltre che essere un immenso serbatoio di risorse energetiche.
Per risolvere il mistero una sonda che si chiama, guarda caso, Cassini, ha sorvolato Titano agli albori del XXI secolo e il 14 gennaio 2005 il lander Huygens è sceso nell’atmosfera del satellite e durante la corsa ha raccolto dati sull’atmosfera, immagini della superficie, rumori dall’ambiente circostante. Ha toccato il suolo dopo una discesa di 2 ore e 30 minuti e ha poi continuato a trasmettere il suo segnale per altri 90 minuti, inviando numerose testimonianze di quel nuovo mondo dove Vincent sta per andare.
Jerome: “Forse non c’è niente.”
Vincent: “Qualcosa c’è. Dovresti andarci tu al posto mio.”
Jerome: “E perché?”
Vincent: “Perché lassù le gambe non ti servono.”
Jerome: “Io ho paura del vuoto.”
È notte e i due tornano a casa. Jerome è ubriaco e Vincent lo porta dentro casa scaricandolo faticosamente sul letto.
Jerome: “Non ero mica ubriaco…”
Vincent: “Ma come… non eri ubriaco?”
Jerome: “Quando mi sono buttato contro l’auto.”
Vincent: “Che auto?”
Jerome: “Mi sono lanciato contro di corsa, non ero mai stato più sobrio in vita mia.”
Vincent: “Adesso dormi.”
Jerome: “Ho fallito anche quella volta. Se al primo colpo non fai centro, prova, prova ancora…”
Vincent: “Avanti, dormi.”
Jerome: “Sono fiero di te, Vincent.”
Vincent: “Devi essere ubriaco per chiamarmi Vincent.”
Tra le varie tracce trovate in giro dalla polizia una di queste, un pelo di ciglia, colpisce particolarmente l’attenzione del Detective Hugo. Appartiene a un non valido, un certo Vincent Freeman.
Frattanto Vincent fa registrare a Jerome i suoi battiti cardiaci sotto sforzo per un esame che egli deve sostenere al Centro Gattaca correndo per venti minuti su un nastro rotante. L’allenatrice (Gabrielle Reece) fa smettere Irene e le subentra Vincent che, con un rapido gesto, sostituisce il sensore con quello fasullo.
Intanto Hugo comunica al suo superiore i primi risultati.
Hugo: “Abbiamo il colpevole. È l’unico campione la cui presenza qui non può essere spiegata. Una volta ogni dieci anni ci dice bene.”
Hoover: “Un ciglio? A chi appartiene?”
Hugo: “A un non valido non registrato. Faceva il custode qui fino a qualche anno fa, poi è sparito.”
Hoover: “Il campione poteva essere qui da allora.”
Hugo: “Beh, guardi il pavimento, se cade qualcosa non credo che ci resti per molto.”
Hoover: “Consideriamo il movente. Un custode verrebbe qui dopo tanto tempo per uccidere un uomo che non ha mai visto?”
Hugo: “Dal profilo genetico risulta un carattere violento.”
Hoover: “Se non sbaglio, da quel profilo genetico risulta anche che quell’uomo è ammalato. (Come fa a saperlo se non ne conosce il nome?) Novanta per cento il possessore di quel ciglio può essere già morto per cause naturali.”
Hugo: “Sì, ma al dieci per cento può essere ancora vivo. È un caso di smarrimento e di ritrovamento. Basta trovare l’uomo a cui manca un ciglio e abbiamo trovato l’assassino. Farò un controllo incrociato, risalirò alla famiglia…”
Hoover: “Ci ho già pensato io. (Come? Quando?) Non risultano parenti ancora in vita.”
Hugo: “È un gran peccato, Signore.”
Hoover: “Controlli i registri delle presenze. Motivi di risentimento, alibi, mi guardo in giro e vedo tutti occhi asciutti. Il Direttore della missione non era universalmente amato. Propugnava tagli di spesa al programma.”
Hugo: “Con tutto il rispetto, Signore io… Sono ai suoi ordini.”
Intanto Lamar e Josef stanno controllando, attraverso i monitor, i risultati dei loro allievi.
Lamar: “Jerome… Jerome è un metronomo. Potrei suonare il piano al ritmo dei suoi battiti.”
Nella sala entrano anche Hugo e l’Hoover.
Hugo: “Signor Direttore, sarà lieto di apprendere che abbiamo un indiziato.”
Josef: “Questo è un gran sollievo, e chi è?”
Hugo: “Abbiamo trovato un campione irregolare che gli appartiene. E questa è la sua foto.”
Josef: “Un non valido!”
Hoover: “Stiamo cercando anche altri indizi.”
Hugo: “Beh, sia come sia, la farò affiggere dappertutto.”
Hoover: “Per curiosità, Direttore…”
Josef: “È un vantaggio la curiosità, immagino, nel suo tipo di lavoro.”
Hoover: “La vostra prassi nelle assunzioni…”
Josef: “La nostra filosofia nel reclutamento…”
Hoover: “Chi bisogna essere per lavorare qui?”
Josef: “Naturalmente richiediamo uno standard superiore a quello del cittadino normale…”
Hoover: “Anche fra il vostro personale avrete livelli diversi di eccellenza…”
Josef: “A volte abbiamo dovuto accettare candidati che avevano dei lievi difetti ma non tali da impedire a una persona di lavorare in ambiti quali la tutela della legge, per esempio. Ma adesso abbiamo abbastanza gente della specie giusta per garantirci un nuovo indice di misura. Corpi adeguati alle menti. Essenziali ora che ci spingiamo più oltre, sempre più oltre.”
Hoover: “Tuttavia ne seguite sempre le prestazioni…”
Josef: “Per assicurarci che siano all’altezza del loro potenziale.”
Hoover: “E lo superino…”
Josef: “Nessuno supera il proprio potenziale.”
Hoover: “E se lo fa?”
Josef: “Vuol dire che non abbiamo misurato bene il suo potenziale fin dall’inizio.”
Vincent ascolta con interesse la conversazione e si ferma appena in tempo perché la registrazione finisce ed entrano in ricezione i veri battiti del suo cuore. Con aria indifferente si toglie il sensore e si dirige velocemente negli spogliatoi dove si accascia sfinito.
Si riveste e scorge sopra la balconata Irene che consegna all’Hoover i registri delle presenze. Si avvia giù per le scale bevendo un bicchier d’acqua; mentre sta per gettarlo Caesar glielo prende di mano assolvendo lui l’incombenza.
All’esterno, davanti a una grande scalinata, Irene sta guardando la partenza di un razzo.
Vincent: “Non sono l’unico a guardare in su ogni volta che c’è un lancio.”
Irene: “Ciao, Jerome.”
Vincent: “Ciao. È terribile quello che è successo.”
Irene: “Terribile che non sia successo prima. Il Direttore non aveva minacciato spesso di annullare la tua missione?”
Vincent: “Sì, infatti…”
Irene: “Qualcuno ti ha fatto un favore.”
Vincent: “Hanno scoperto chi devo ringraziare?”
Irene: “Per ora hanno trovato un ciglio nell’ala sud.”
Vincent: “Sanno a chi appartiene?”
Irene: “A un non valido… Jerome ho fatto fare la tua sequenza, ho letto il tuo profilo… scusami. Sei tutto quello che dicono di te ed anche di più.”
Vincent: “Beh, non è lo stesso per te, Irene? Sei progettata anche tu come tutti noi.”
Irene: “Non esattamente come tutti voi. Discrete probabilità di sincope cardiaca… questo dice di me il mio profilo. L’unico viaggio che farò nello spazio è intorno al Sole su questo satellite.”
Vincent: “Beh, se hai qualcosa che non va per conto mio non lo vedo.”
Irene: “Allora, se non mi credi… ecco… (si toglie un capello e glielo porge) Prendi… Se ti interesso ancora fammelo sapere.”
Vincent se lo lascia volutamente scivolare dalle dita.
Vincent: “Scusami… È volato via.”
Al suo banco di studio, davanti alla consolle, Jerome osserva la sua fotografia, quella che lo rende un ricercato; Josef gli si avvicina ma non nota nulla e si limita a chiedere se sia, quella evidenziata sul monitor, la traiettoria di avvicinamento a Titano.
Quando Vincent torna a casa alla sera è stanco, spaventato, sfiduciato. Apre uno dei frigoriferi e comincia a buttare via i campioni. Jerome cerca di fermarlo, gli va dietro.
Jerome: “Quella roba è mia! Mi sarei venduto a qualcuno con più spina dorsale se avessi saputo che tu mi avresti abbandonato e proprio sul più bello! Non puoi piantarmi in asso proprio adesso! Ho investito troppo in questa storia. Che dovrei fare, dimmi? Andare al posto tuo così il servizio sarà completo?”
Vincent: “Eugene… Mi scopriranno, prima o poi!”
Jerome: “Tu ancora non hai capito, vero? Quando ti guardano non è più te che vedono… Loro vedono me… Il posto delle ciglia è sulle palpebre. Ma si può essere più sbadati?”
Vincent inizia così un accuratissimo lavoro di ripulitura, prepara un altro polpastrello finto e informa Jerome della sua uscita serale con gli altri del Centro; solo un attimo prima di uscire ricorda di togliersi gli occhiali e mettersi le lenti a contatto. In realtà è solo Irene che viene a prenderlo per portarlo a un concerto di un pianista particolare che possiede dodici dita (Ryan Dorin).
Quasi nello stesso momento la polizia sta facendo una retata tra i non validi ma l’Hoover non è d’accordo con il metodo usato da Hugo.
Hoover: “Riprenda le indagini dal luogo del delitto e per un raggio di cinque miglia metta blocchi stradali, setacci tutto di nuovo…”
Un Hoover controlla anche Jerome, fuori dalla propria casa, e resta stupito nel vedere uno di Gattaca su una sedia a rotelle, ma Jerome gli risponde con prepotenza e per le rime affermando che ha avuto solo un banale incidente a una gamba e chiede all’Hoover le generalità. Questi preferisce andarsene.
Nella sala computer fervono nuovamente i controlli e gli Hoover sequestrano anche il sacchetto della spazzatura nelle mani di Caesar.
Intanto, finito il concerto, Vincent ed Irene incappano in uno dei posti di blocco e, prima di arrivarvi, il ragazzo si toglie di nascosto le lenti a contatto e le getta via. Riesce a farsi controllare il sangue e l’esame dà il risultato sperato così i due possono transitare tranquillamente. Irene ferma la macchina e attraversa la strada in mezzo a un traffico caotico. Vincent è praticamente cieco ma riesce a raggiungere, con un colpo di fortuna, Irene ed entrambi ammirano il sorgere del sole in mezzo a una miriade di specchi solari che rifrangono la luce stessa in mille baluginii. Uno spettacolo bellissimo, almeno per quanto Vincent riesce a vedere.
Gli Hoover hanno trovato, dentro al sacchetto di Caesar, qualcosa di interessante.
Hugo: “Confronto positivo. Sbalorditivo!”
Hoover: “Il bicchiere è stato usato dopo la prima indagine?”
Hugo: “Due campioni in due giorni. O il presunto omicida è tornato sul luogo del delitto per bere, ma non conosco nessuno così assetato, o lavora ancora là.”
Hoover: “Gli addetti alle pulizie erano stati controllati.”
Hugo: “Non credo che pulisca più niente ormai. Ho l’impressione che sia un simulatore che si fa passare per qualcun altro!”
Hoover: “Un pirata genetico a Gattaca?”
Hugo: “Inverosimile ma nel campo delle possibilità.”
Hoover: “È difficile credere che sia uno dei loro lavoratori d’élite. Anche se avesse eluso i controlli non avrebbe né le doti mentali né l’energia fisica.”
Hugo: “Forse lei lo sottovaluta, forse è davvero un impostore, forse il Direttore l’aveva scoperto e così avremmo il movente. Direi di fare il test a tutti i dipendenti compresi nei parametri. Per endovena.”
Hoover: “Due terzi della forza lavoro rientra in questa categoria. Bloccheremmo il lavoro per giorni, no… basta un prelievo dei polpastrelli o un esame delle urine.”
Hugo: “Io insisto per un prelievo dalle vene. Mi scusi l’impertinenza…”
E così viene fatto. Ma quando Lamar preleva il sangue di Vincent questi, che ha nel palmo della mano una fiala già preparata con il sangue di Jerome, finge di essersi fatto male con l’ago. Si alza velocemente e nella confusione sostituisce le fiale.
Al termine degli esami Hugo non è ancora convinto.
Hoover: “Questo era l’ultimo.”
Hugo: “C’è qualcosa che non va.”
Hoover: “Qui non c’è. Tempo sprecato!”
Hugo: “No, è riuscito a sfuggirci. Dobbiamo ripetere il test.”
Josef: “Il test? Non le consento di compromettere ulteriormente la nostra attività.”
Hugo: “Non la preoccupa il fatto che ci sia un omicida tra voi?”
Josef: “Al momento la sua presenza rappresenta un pericolo più grave. Il periodo favorevole al nostro prossimo lancio dura soltanto una settimana ogni settant’anni quindi è essenziale che noi partiamo in tempo!”
Hugo: “La missione è tutto per lei, non è vero? E il suo defunto collega si opponeva, giusto?”
Josef: “Rilegga il mio profilo genetico, Ispettore. Vedrà che non c’è un’unghia di violenza nel mio corpo.”
Hoover: “Le mie scuse, Direttore, non le daremo altri fastidi… Questo non è il solo posto dove cercarlo.”
Hugo: “D’accordo… Mettiamoci in marcia.”
Jerome sta occupandosi attivamente di creare un vasto magazzino scorte di campioni mentre Vincent e Irene sono andati a ballare.
Vincent: “Che buffo. Ti impegni tanto, fai tutto quello che puoi per scappare da questo pianeta e quando, finalmente, il tuo sogno s’avvera, trovi un motivo per restare… Un anno è lungo a passare…”
Irene: “Non è tanto lungo, solo un giro intorno al Sole.”
All’improvviso, nella sala, piombano Hugo e l’Hoover accompagnati da una squadra di altri Hoover.
Hugo: “Buonasera a tutti e ben trovati. Sono il vostro Detective, per servirvi. Vi prego, restate ai vostri posti… Ho detto restate ai vostri posti, non mi sembra di aver parlato in una lingua straniera… Cercate tutte le lenti a contatto, dentiere, voglio i tovaglioli, mozziconi di sigaretta, la saliva rimasta sulle tazze… Quella è una faccia che conosco, controllatelo.”
Rapidamente Vincent e Irene escono dalla porta secondaria e il ragazzo è costretto a stendere a pugni un Hoover, poi trascina Irene con lui per i vicoli deserti mentre Hugo e l’Hoover raggiungono il poliziotto steso a terra. I due si nascondono e l’Hoover grida forte il nome di Vincent per le strade deserte e buie lasciando perplessa Irene che, comunque, non mostra l’interesse di conoscere la verità.
I due, nascosti in un angolo scuro, si baciano appassionatamente. A casa di lei, di fronte a una grande vetrata che dà sul mare, fanno all’amore. All’alba Vincent comincia a fare il suo accurato lavoro di pulizia in riva al mare usando quello che trova. Rientra e comincia a vestirsi mentre Irene gli chiede il perché delle sue cicatrici sulle gambe. La risposta che ne riceve è palesemente falsa e Vincent non lo nasconde.
L’Hoover sta controllando sul monitor i volti di Vincent/Jerome e di Josef, rispondendo evasivamente ad Hugo su quello che sta facendo.
Gli allenamenti di Vincent, al Centro, continuano senza sosta così come i controlli. Irene nota l’Hoover controllare la tastiera di Vincent e, prima che il non valido varchi il controllo del sangue, gli sussurra di tornarsene a casa; l’Hoover non desiste ed è deciso ad andare a casa di Vincent per poterlo esaminare di persona, pretendendo che Irene lo accompagni. Allarmato, Vincent telefona a Jerome avvisandolo del pericolo in arrivo e il ragazzo, faticosamente, si arrampica lungo la scala a chiocciola per poter ricevere, tranquillamente seduto in poltrona, l’Hoover ed Irene; fingendo di riconoscerlo, Irene, si comporta in tutto e per tutto come se quell’uomo fosse il Jerome che lei conosce. L’esame del sangue ha naturalmente esito positivo ma, non del tutto convinto, l’Hoover scende al piano di sotto ignorando che dietro a un pilone si sta nascondendo Vincent. Lo scoprirebbe certamente se non ricevesse una comunicazione da Hugo che l’assassino è stato trovato e arrestato. L’agente si allontana lasciando lì Irene. La ragazza vede così Vincent salire le scale e capisce definitivamente di trovarsi di fronte a un ignoto truffatore.
Si allontana, Vincent gli corre dietro.
Vincent: “Irene! …Irene… Irene…”
Irene: “Non mi toccare!”
Vincent: “Ascoltami, Irene…”
Irene: “Non so nemmeno chi sei…”
Vincent: “Lo stesso che hai conosciuto fino a ieri.”
Irene: “Sono stufa di sentire bugie, Jerome!”
Vincent: “Il mio vero nome è Vincent. Sono Vincent Anton Freeman e sono un nato per fede, un deGENErato, chiamami come vuoi, ma non sono un assassino.”
Irene: “Sei un fanciullo di Dio?”
Vincent: “Ma noi abbiamo questo qui in comune, solo che al mio non restano altri venti o trent’anni. Il mio doveva fermarsi diecimila battiti fa.”
Irene: “Impossibile…”
Vincent: “Tu sei un’autorità in tutto ciò che non è possibile, non è vero Irene? Ti costringono a cercare anche i minimi difetti e dopo un po’ non vedi altro che quelli. Per quello che può valere io sono qui a dirti che tutto è possibile, tutto è possibile…”
La ragazza, sconvolta, se ne va mentre l’Hoover arriva a Gattaca. Entra in una stanza isolata dal resto del centro dove, ad attenderlo, c’è Hugo con il colpevole: Josef.
Hugo: “Complimenti, Signore, bel colpo. Il suo sputo è stato trovato nell’occhio della vittima, un campione che ci è sfuggito. Mentre io m’incaponivo su quel ciglio, il suo istinto ci ha portato sulla pista giusta.”
Hoover: “Allora il… il non valido non c’entrava niente…”
Hugo: “No, l’amico ha agito da solo. La missione era tutto per lui, non è vero? Sa che se perdono questo lancio non vivrà abbastanza per vedere il prossimo. E, visto che non ci sono più ostacoli al lancio, ci sta dando tutta la sua collaborazione. Immagino che stasera festeggerà, Signore…”
Hoover: “Certo…”
L’uomo apre la porta ed esce.
Vincent ha riportato Jerome al piano di sotto e gli chiede del poliziotto. Jerome non sembra fargli molto caso ma Vincent sa che non è finita, sa che deve parlare con quell’uomo e lo trova al Centro, seduto alla sua postazione. Lo stava aspettando.
Hoover: “Vincent?… Mio Dio come sei cambiato! Non riconosci più tuo fratello dopo tanto tempo?”
Vincent: “Siamo fratelli io e te?”
Hoover: “Mamma e Papà sono spirati sicuri che eri morto. Io avevo dei dubbi…”
Vincent: “Che ci fai qui, Anton?”
Hoover: “Che ci fai tu, piuttosto. Io ho il diritto di stare qui. Tu invece no.”
Vincent: “Ah, lo dici come se ci credessi davvero. Non ho commesso quell’omicidio. Mi dispiace di averti deluso.”
Hoover: “Ma hai commesso una frode. Si mette male per te se resti qui. Io posso farti uscire…”
Vincent: “Hai una lontana idea di quanto mi sia costato entrare qui?”
Hoover: “Vieni con me, subito. Oltre non puoi andare!”
Vincent: “Ah, ho ancora milioni di chilometri da percorrere.”
Hoover: “È finita!”
Vincent: “L’unico modo che hai per vincere è vedermi sconfitto?”
Hoover: “Io ti dico…”
Vincent: “ODDIO! ADESSO ANCHE TU VORRESTI DIRMI CHE COSA DEVO FARE E NON DEVO FARE? …Se ancora non te ne sei accorto io non ho bisogno di essere salvato… come te quella volta… Tu che trovi a tutto una risposta, questo come lo spieghi?”
Hoover: “Non mi hai battuto tu quel giorno ma io stesso.”
Vincent: “Chi vorresti convincere?”
Hoover: “Vuoi che te lo dimostri?”
Vincent: “Non importa più, Anton… È acqua passata.”
Hoover: “Te lo dimostrerò, vuoi che te lo dimostri? TE LO DIMOSTRERÒ!”
Vincent: “D’accordo.”
E, ancora una volta, in una notte buia e con un cielo coperto di nuvole basse, si svolge il solito confronto. Questa volta la posta in palio è tutto un universo…
Hoover: “Vincent… Vincent! Dov’è la riva? Non si vede più.”
Vincent: “Vuoi rinunciare?”
Hoover: “Ci siamo allontanati troppo!”
Vincent: “Vuoi rinunciare?”
Hoover: “No.”
Riprendono a nuotare ma Anton è ormai allo stremo delle forze.
Hoover: “Vincent come hai fatto a farcela? Come hai potuto, Vincent? Dobbiamo tornare…”
Vincent: “Troppo tardi. Siamo più vicini all’altra riva.”
Hoover: “Quale altra riva? Vuoi che anneghiamo tutti e due?”
Vincent: “Vuoi sapere come ho fatto? Ecco, come ho fatto, Anton, non risparmiando mai le forze per tornare indietro!”
Anton torna indietro ma è sfinito e annegherebbe se, ancora una volta, Vincent, tornato indietro a sua volta, non lo recuperasse.
Mentre lo trascina a riva le nuvole si squarciano mostrando il cielo stellato.
Ha vinto il suo viaggio.
Irene ha fermato la macchina davanti alla casa di Vincent per aspettarlo poi si è addormentata. Si sveglia e vede il ragazzo seduto per terra di fianco alla sua macchina.
Irene: “Non ci vedevi quella notte, vero? Quando dovevi attraversare la strada e hai attraversato lo stesso…”
Lui si toglie un capello dal capo e glielo porge.
Vincent: “Se ti interesserò ancora… fammelo sapere…”
Anche in questo caso il capello scivola volutamente dalle dita di lei.
Irene: “Scusa… È volato via.”
È l’alba della partenza.
I due si svegliano nell’appartamento di lui teneramente abbracciati (un amore che sul set è nato sul serio).
Vincent scende e trova tutte le apparecchiature e i tavoli di lavoro incellophanati e sigillati. Da una porta esce Jerome.
Jerome: “Parti oggi, non è vero? Guarda in che stato sei! Vieni… ti ho preparato i campioni.”
Vincent: “Non ho bisogno di campioni dove vado.”
Jerome: “Puoi averne bisogno quando ritorni… Ti bastano e avanzano per tutta la vita.”
Vincent: “Perché ti sei dato tanto da fare?”
Jerome: “Perché Jerome sia sempre qui quando hai bisogno di lui.”
Vincent: “E tu dove vai?”
Jerome: “Parto, parto anch’io…”
Vincent: “Non so come ringraziarti.”
Jerome: “No… no… Ci ho guadagnato di più io. Io non ti ho prestato che il mio corpo, tu mi hai prestato i tuoi sogni…”
Gli porge una busta.
Jerome: “Aprila quando sei lassù.”
Entrato nel Centro, Vincent si trova davanti a un problema che può far naufragare tutto il suo sogno. Un imprevisto esame delle urine.
Vincent: “Che significa?”
Lamar: “Nuova politica. La partenza ti rende nervoso?”
Vincent: “Beh, c’è un problema, Lamar…”
Lamar: “Non ti ho più raccontato di mio figlio, vero? È un tuo grande ammiratore…”
Vincent: “Ricordati solo che come me ce n’erano tanti, superiori a me pochi…”
Lamar: “Vuole fare domanda qui…”
Vincent: “Sarei potuto andare e tornare e nessuno avrebbe mangiato la foglia…”
Lamar: “Sai, disgraziatamente, mio figlio non è come avevano promesso ma, in fondo, chissà dove può arrivare, giusto?”
La macchina dà il suo responso. Appare il viso di Vincent e la scritta Non Valido.
Lamar: “Per il futuro ricordati che chi usa la destra non lo tiene con la sinistra. È bene tenerne conto.”
Preme un pulsante e il nome di Jerome si sovrappone alla sua immagine. Esame valido.
Lamar: “Perderai il volo, Vincent.”
Vincent si avvia verso il lungo corridoio circolare che lo porta alla rampa di lancio. Nello stesso momento, faticosamente ma con decisione, Jerome entra dentro il grande bruciatore chiudendo lo sportello dietro di sé e mettendosi al collo la sua medaglia.
I due portelli si sono chiusi contemporaneamente, quello dell’astronave e quello del bruciatore e altrettanto contemporaneamente, scaturiscono le fiamme sia dall’una che dall’altro.
Jerome pone fine alla sua vita mentre il suo nome se ne va nello spazio assieme a una ciocca dei sui capelli, il contenuto della busta che lui ha dato a Vincent.
Dall’oblò compaiono le stelle mentre la nave sfreccia verso il suo lungo viaggio.
Un uomo ha realizzato il sogno di tutta una vita.
Voce di Vincent: “<Per uno che non doveva far parte di questo mondo devo confessare che all’improvviso mi costa lasciarlo. Però dicono che ogni atomo del nostro corpo una volta apparteneva ad una stella… forse non sto partendo, forse sto tornando a casa…>”
Il film rappresenta l’esordio del regista Andrew Niccol che è anche autore della sceneggiatura. Niccol è un regista di origine neozelandese che ha fatto molti filmati per il mondo della pubblicità londinese. I produttori sono un trio che ha già realizzato pellicole come Pulp Fiction e Get Shorty e, fra essi, spicca l’attore Danny DeVito oltre a Stacey Sher e Michael Shamberg.
Per le scene nel Centro Gattaca è stato utilizzato il Marin County Civic Center e molti interni sono stati realizzati con le scenografie di Jan Roelfs, i costumi di Colleen Atwood e l’ottima fotografia di Slawomir Idziak.
Effetti speciali non se ne vedono qui, non ne sentiamo la mancanza e non li avremmo forse nemmeno voluti; una delle rare perle di science fiction in cui gli sfx sono l’elemento più inutile che ci sia.
I progetti genetici hanno da sempre solleticato l’intelletto umano e la realizzazione di questo film è stato considerato il preludio alla realtà che ci aspetta, il sogno che realizzeremo; e al solito l’opinione pubblica si divide: “Figli costruiti in provetta o figli nati per amore?”. Il risvolto psicologico è pesante e il buon senso imporrebbe un considerato uso di questo potere: utilizzare i geni solo per prevenire malattie che possano compromettere la salute e la vita del nascituro… ma non è sempre così… purtroppo.
(2 – continua)