FANTASCIENZA STORY 227

C’E’ QUALCUNO LASSU’ (1997) – PARTE 04

MEN IN BLACK (Men in Black – MIB)

Prima di iniziare a raccontare la storia di questa fantascientifica commedia è bene spendere qualche parola su chi siano o su chi si presume che siano gli Uomini in Nero.

Secondo gli ufologi essi sono i custodi dei segreti ufologici, della verità sui fatti, degli avvistamenti, dei rapimenti e delle intenzioni degli alieni nei nostri riguardi. Potrebbero essere, come nel caso di questo film, una particolare squadra di agenti governativi che tiene sotto controllo e impedisce la divulgazione del fenomeno ufologico per non allarmare la popolazione e per non sconvolgere l’economia della Terra. Un’altra ipotesi ci dice che gli uomini in nero, potrebbero essere i veri detentori e creatori del fenomeno ufologico. Essi apparterebbero a una superpotenza tecnicamente più avanzata e che esiste sulla Terra da millenni e rifugiatasi all’interno del nostro globo. E poi ancora si dice che essi siano extraterrestri che controllano la vita sul nostro pianeta in pieno accordo con le superpotenze terrestri le quali, in cambio, riceverebbero dei benefici medici e tecnologici. Il loro nome deriva dal fatto che, almeno secondo i testimoni che sono stati minacciati, essi, generalmente, viaggiano a gruppi di tre usando abiti scuri di buona fattura ma non sempre della misura esatta di chi li indossa. Sono conosciuti anche con il nome di Silencers, si muovono a bordo di voluminose macchine nere, hanno dei modi bruschi e, generalmente, è uno solo di loro che proferisce le minacce mentre gli altri ascoltano in silenzio. Sempre secondo la scienza ufologica essi hanno minacciato e anche ucciso. Sono, insomma, custodi del più interessante segreto del mondo: se siamo soli o no nell’universo.

È notte. Un camion, contenente degli immigrati clandestini, viene fermato dalla polizia americana e tutti gli uomini vengono fatti scendere per accertamenti ma, ecco, all’improvviso, una lunga macchina nera si ferma e due personaggi vestiti di scuro, qualificatisi come agenti del servizio immigrazione, prendono in mano la situazione con sicurezza.

Ignorando le proteste dei poliziotti, trattengono uno solo degli immigrati e ordinano agli altri di risalire sul camion e di ripartire. I due agenti, i cui sibillini nomi sembrano essere Kappa (Tommy Lee Jones) e D (Richard Hamilton), smascherano l’immigrato che in realtà è un mostruoso alieno travestito. Kappa accusa l’alieno di aver violato ben tre trattati galattici. L’essere spinge a terra D e corre attraverso il boschetto dirigendosi verso uno dei poliziotti che, dall’alto di una collinetta, ha assistito all’incredibile scena.

Mentre D ancora sta cercando di estrarre, Kappa punta una strana pistola contro l’alieno che, in quel momento, sta balzando contro il poliziotto e lo prende al volo spargendo per ogni dove, compreso viso e corpo dell’agente, una collosa gelatina azzurrognola. Mentre un camion con dentro degli uomini armati e dotati di maschera antigas si ferma vicino a loro, Kappa si avvicina all’agente ancora sconvolto e a lui e ai compagni accorsi cerca di dare una spiegazione dell’accaduto.

Estrae dalla tasca un cilindro metallico con una luce rossa sul davanti.

Kappa: “Questo si chiama Neuralizzatore. È un regalo di certi amici di fuori città. Questo… faretto rosso isolerà gl’impulsi del vostro cervello e più precisamente quelli adibiti alla memoria… (Si rivolge agli uomini in tuta) Perfetto, ragazzi! Datemi fuoco a schermo su tutto il perimetro con buchi a quaranta, sessanta e ottanta metri a partire da qui. (Gli uomini eseguono con i lanciafiamme) Bene così, grazie!

I Poliziotto: “Ma che diavolo sta succedendo?

Kappa: “Domanda eccellente e la risposta che state cercando è qui, proprio qui…

II Poliziotto: “Ma chi sei tu, veramente?

Kappa: “Veramente? (Si mette rapidamente degli occhiali neri) Non sono che un parto della tua immaginazione (Un lampo intenso come quello di un flash e i poliziotti restano come inebetiti). La miseria che branco di fessi! Dico sul serio, ragazzi, siete fortunati ad essere ancora vivi dopo un botto del genere…

II Poliziotto: “Quale botto?

Kappa: “I giacimenti sotterranei di gas, genio! Dovete esercitarvi a prestare molta più attenzione prima di scaricare le armi da fuoco, specialmente tu! (Si rivolge all’agente ancora cosparso di… schifezza azzurra). Fatti esaminare dal nostro pronto soccorso oltre la collina prima di andartene.

Kappa torna indietro lentamente nel boschetto e trova D seduto su un tronco.

Si siede accanto a lui.

D: “Mi dispiace per quello che è successo…

Kappa: “Ah, può capitare…

D: “Un tempo no… Eeeh, lo spirito è forte, Kappa, ma il resto non più… Sono belle, non è vero?

Kappa: “Cosa?

D: “Le stelle. Non le guardiamo più…

Kappa indossa il solito paio di occhiali ed estrae il neuralizzatore…

D: “Immagino che… mi mancherà la caccia…

K: “No, D, ti sbagli.

Segue il solito lampo.

Facciamo conoscenza ora con il secondo personaggio. Si tratta di James Darrel Edwards III, un poliziotto di New York ma poiché, in seguito, verrà chiamato J (Will Smith) cominceremo a chiamarlo così da subito.

J sta dando la caccia serrata a un delinquente e i suoi colleghi poliziotti non riescono a reggere all’inseguimento quindi lui resta solo a inseguire il malvivente. Dopo essere piombato su un tram in corsa ed essersi preso un passaggio da un furgone che andava nella direzione voluta, J riesce a bloccarlo contro un muro dopo che questi si era lanciato dall’alto di un ponte sulla strada da un’altezza notevole senza farsi nulla. Ma le sorprese non sono finite in quanto J riesce a togliere una strana arma dalle mani dell’uomo. Quando la pistola cade a terra si frantuma e si polverizza rapidamente.

Con una rapida mossa l’uomo sfugge ancora alla presa di J e così il poliziotto si trova di nuovo a inseguirlo e lo vede saltare su un edificio e percorrerlo per tutta la sua altezza come se fosse un ragno sul muro. Passato il primo momento di sorpresa J, abbatte la porta a vetri con un colpo di pistola ed entra nell’edificio percorrendo di corsa la lunga spirale di cemento che lo porta sulla terrazza.

Tentando di fuggire l’uomo cerca di aprire le porte che si trova davanti ma l’unica che si apre è proprio quella dietro la quale sta J con la pistola spianata verso di lui. Il poliziotto si è già reso conto che non ha inseguito un individuo come tutti gli altri e ancora di più lo capisce quando l’uomo batte quelle che sembrano palpebre e che stanno all’interno dell’occhio, in modo orizzontale. Poi questi si dirige verso il cornicione dicendogli:

Tipo losco: “Il vostro mondo sta per finire

Quindi si lascia andare nel vuoto.

In una fattoria poco distante dalla città di New York, Edgar (Vincent D’Onofrio) sta cercando di mangiare quella che lui considera una porcheria che sua moglie Beatrice (Siobhan Fallon) gli ha preparato quando, quella che sembra una meteora, colpisce il suo camioncino all’esterno facendolo a pezzi ed evitando di misura una mucca che pascolava lì vicino.

Edgar prende il fucile e si avvicina al cratere fumante; una voce cavernosa esce dalla buca.

Voce: “Collocare arma a proiettili a terra.

Edgar: “Se vuoi il mio fucile devi estrarlo dalle fredde dita del mio cadavere!

Voce: “La tua proposta è accettabile.

Qualcosa afferra il capo di Edgar e lo trascina nella buca poi, poco dopo, l’uomo sembra ritornare in superficie ma è diverso: la pelle del suo viso sembra floscia e trasbordante.

Rientra in casa e la moglie gli chiede cosa è successo all’esterno. La laconica risposta di Edgar è:

Edgar: “Zucchero.

Beatrice: “Mai visto lo zucchero fare così.

In realtà Edgar vuole dello zucchero e se ne beve una grande quantità dentro un bicchiere d’acqua. Beatrice continua a guardarlo perplessa e gli chiede il perché della stranezza del suo aspetto con tutta quella pelle che se ne esce da ogni parte.

Beatrice sviene quando Edgar afferra la fronte e si tira la pelle assumendo un aspetto mostruoso.

Poi Edgar esce e si porta via il piccolo disco volante dalla buca mentre la mucca continua a guardarlo dubbiosa.

Al distretto di polizia J sta cercando di spiegare al suo capo che il suo rapporto non è il frutto di ubriachezza o di allucinazioni e, mentre viene lasciato solo, la Dottoressa Laurel (Linda Fiorentino) che lavora alla Morgue gli si avvicina, dice di credergli e si allontana velocemente, ma non abbastanza da sfuggire alla sparaflashata di luce infertale da Kappa.

Kappa entra quindi nella stanza dove si trova J e scollega la telecamera.

Kappa: “Che nottata, eh?

J: “Già, che nottata.

Kappa: “Erano branchie non palpebre… Branchie, era senza fiato.

J: “Lei chi è?

Kappa: “Gli ha detto qualcosa?

J: “Sì, ha detto che il mondo sta per finire.

Kappa: “Ha detto quando? …Riconoscerebbe l’arma che aveva se la rivedesse?

J: “Naturalmente.

Kappa: “Venga, facciamo un ponte.

J: “Aspetti, aspetti un attimo… un attimo, senta… Ho una valanga di scartoffie da sistemare…

Kappa: “Certo, già fatto.

Mentre si avviano nel luogo dove Kappa vuole portare J, quest’ultimo cerca di sapere chi sia l’uomo che sta guidando.

J: “Allora, con chi stai tu? Con l’FBI? Con la CIA?

Kappa: “Faccio parte di un ufficio che autorizza, controlla e sorveglia l’attività aliena sul pianeta Terra.

J: “Sì… va bene…

Kappa: “Eccoci arrivati.

Si tratta di un posto, un piccolo negozio, che anche J conosce bene. È gestito da Jeebs (Tony Shalhoub), un contrabbandiere di mezza tacca.

J entra per primo e Jeebs cerca di scusarsi per i Rolex che ha sul bancone ma, subito dopo, entra Kappa che minaccia il sudorante Jeebs con la sua rivoltella se non gli dice subito a chi ha venduto le armi che contrabbanda. Poiché Jeebs continua a negare Kappa gli spara in testa, polverizzandola e, sotto gli occhi attoniti di J, la testa ricresce mentre Jeebs continua a lamentarsi perché la cosa brucia.

Ancora paralizzato dallo stupore J vede Jeebs azionare un bottone e apparire così una vasta e variegata collezione d’armi. Kappa chiede a J se riconosce, tra quelle in evidenza, l’arma che si era misteriosamente disintegrata.

J si scuote e gli risponde.

J: “È quella… quella al centro.

Kappa: “Hai venduto un carbonizzatore riverberato con capacità mutante ad un cefalopoide clandestino… Jeebs, sei un pezzo di…

Jeebs: “A me shembrava un tipo a poshto.

Kappa: “Doveva commettere un assassinio. Chi è il bersaglio?

Jeebs: “Lo shiai che non lo shio.

Gli punta l’arma alla testa.

Kappa: “Maledizione, Jeebs!

Jeebs: “Non lo sho!

Kappa: “D’accordo. È tutto confiscato e ti voglio sul prossimo mezzo in partenza dalla palla sennò ti sparo dove non ti ricresce!

J: “Ecco… e.… e.… e io torno a fare due chiacchiere per i Rolex rubati.

Un più che perplesso J esce dal negozio di Jeebs. Kappa gli si affianca.

Kappa: “Stai cercando uno spiraglio luminoso? Non ti posso aiutare. L’unico conforto che posso offrirti è la promessa che domani mattina non ti ricorderai più niente.

J: “Non sono cazzate che uno dimentica dall’oggi al domani.

Kappa si mette gli occhiali ed estrae il neuralizzatore.

Kappa: “Hai mai visto uno di questi, figliolo?

Flash!

Dopo aver fatto dimenticare a J l’episodio i due vanno a bere qualcosa.

Kappa gli lascia un biglietto da visita con l’indirizzo chiedendogli di presentarsi l’indomani mattina alle nove, lasciandolo con un avvertimento: “se non ci sei rimani come sei“.

Un disinfestatore della ditta Zap-Em (Ken Thorley) si presenta nella stalla di Edgar.

Entra trovando il posto pieno di scarafaggi poi Edgar, alle sue spalle, chiude la porta d’ingresso.

Edgar: “Che cosa credi di fare qua dentro, tu?

Zap-Em: “Ah, le risolvo il problema dei parassiti…

Edgar: “Problemi coi parassiti! Parassiti?

Zap-Em: “Ehm, sì… ha una terribile infestazione.

Edgar: “È vero. L’ho notata anch’io l’infestazione, ovunque in giro non vedo che piccola feccia di palude consapevolmente convinta della sua superiorità che vive sciamando avanti e indietro la sua breve, miserabile vita…

Zap-Em: “Beh, sì… non vuole sbarazzarsene?

Edgar: “Non sai quanto…

Gli infila in gola la cannula del disinfestatore poi va a caricare il suo disco sul furgone della Zap-Em.

J si presenta regolarmente alle nove e lo riceve Zeta (Rip Torn) assieme ad altri volontari provenienti da altri corpi d’arma. In altre parole, come rileva uno degli stessi, facendo sghignazzare J, il meglio del meglio del meglio. La prova inizia con un test di domande alle quali i volontari devono rispondere, senza la possibilità di appoggiarsi a nessun supporto, stando su delle scomodissime poltrone fatte a uovo. Dopo aver rotto la sua matita e dopo aver notato un altro candidato bucare il foglio, J decide di trascinarsi vicino il pesantissimo tavolino che sta al centro della stanza.

Kappa sta osservando il tutto dietro un finto specchio.

La seconda prova consiste nell’entrare in una stanza in mezzo a luci stroboscopiche e sagome di mostri ed esseri umani, sparando contro quello che si ritiene un pericolo. J esita a sparare ma quando lo fa colpisce la piccola Tiffany, l’immagine di una bambina. A prova conclusa Zeta gli chiede spiegazioni e J risponde che mentre le altre creature non sembravano pericolose era strano che una bambina si trovasse in quel posto con dei libri di fisica quantistica tra le braccia.

Zeta raggiunge Kappa dietro il vetro.

Zeta: “Ha dei seri problemi con la disciplina.

Kappa: “Anch’io. Ma quel ragazzo è riuscito a star dietro a un cefalopoide a piedi, capo, non dev’essere stato uno scherzo…

Zeta: “Speriamo che tu sappia quello che fai.

Zeta rientra tra gli allievi congratulandosi con loro e dicendo che resta un solo ultimo esame di tipo oculistico.

Tutti gli esaminandi seguono Zeta e J è l’ultimo. Ad attenderlo, fuori dalla porta, c’è Kappa.

Kappa: “Dove vai?

J: “Ehi, ma che diavolo è tutto questo?

Kappa (gli porge una cartellina con delle foto): “Verso la metà degli anni Cinquanta il Governo avviò una piccola Agenzia mal sovvenzionata con il risibile scopo di stabilire un contatto con una razza di un altro pianeta… (Passano davanti alla stanza dove Zeta sta cancellando i ricordi degli altri volontari) Tutti pensarono che fosse uno scherzo tranne gli alieni che stabilirono un contatto il 2 marzo 1961 fuori New York. Eravamo in nove quella prima sera. Sette agenti, un astronomo e un ragazzo idiota che si era perso tornando a casa…

J (guardando le foto): “Ah, avete portato i fiorellini al gigantone.

Kappa: “Di qua… Erano un gruppo di profughi intergalattici. Volevano usare la Terra come porto franco per creature senza un pianeta. Visto il film Casablanca? Stessa cosa ma senza i nazisti.

J: “Oh!

Kappa: “Ce li accogliemmo e cancellammo ogni traccia del loro atterraggio.

J (osservando bene le famose torri erette per la Fiera Mondiale di NY): “Quindi questi sono dei dischi volanti e la Fiera Mondiale è stata una copertura per nascondere il loro arrivo.

Kappa: “Altrimenti perché l’avremmo fatta qui? Molti non umani arrivano qui ogni anno e vivono tra noi in segreto.

J: “Ah, senti, scusa la domanda, non è per cambiare argomento ma quand’è l’ultima volta che ti sei fatto fare una tac?

Kappa: “Sei mesi fa, normale routine.

J: “Forse è il momento di provare a ripeterla… Ah, guarda, dì al tuo amico Zeta che mi sono divertito da morire e grazie per questa bella chiacchierata… (Gli restituisce la cartella) Da che parte è l’uscita?

Kappa: “D’accordo. Mi prendo del caffè, ne vuoi un po’?

J: “No, grazie, sono a posto.

Kappa: “Okay…

Kappa entra in una stanza infestata da piccoli alieni che gli versano, maldestramente, il caffè. J guarda la scena stupefatto. Poi, con la massima indifferenza e tranquillità, Kappa esce mescolando il suo caffè.

Kappa: “Sicuro che non vuoi il caffè?

I due stanno ora parlando all’aperto, seduti su una panchina.

Kappa: “Allora, ragazzo. Le cose stanno così. In media ci sono circa millecinquecento alieni sul pianeta, la maggior parte dei quali a Manhattan. Gente abbastanza onesta che cerca di guadagnarsi da vivere.

J: “Fanno i tassisti!

Kappa: “Uhm… non tanti quanti diresti. Quasi tutti gli umani non ne hanno idea e non vogliono né è necessario che lo sappiano. Sono felici, convinti di stare al sicuro.

J: “Perché tanti misteri? La gente è matura, l’accetterebbe…

Kappa: “Una persona è matura. La gente è un animale ottuso, pauroso e pericoloso, lo sai anche tu. Millecinquecento anni fa tutti sapevano che la Terra era al centro dell’universo.. cinquecento anni fa tutti sapevano che la Terra era piatta e quindici minuti fa tu sapevi che la gente era sola su questo pianeta! Immagina cosa saprai domani.

J: “Dov’è la fregatura?

Kappa: “Fregatura? La fregatura è che dovrai troncare qualsiasi contatto umano. Nessuno saprà mai che tu esisti, in nessun luogo. Mai. Hai tempo fino all’alba per riflettere.

Si alza dalla panchina e si allontana.

J: “Ehi! Ne vale la pena?

Kappa: “Ah, sì, ne vale la pena. Se sei abbastanza forte.

J passa il pomeriggio e poi la notte sulla panchina.

Sorge l’alba sulla città mentre il furgone della Zap-Em con tanto di insettone gigante sul tetto, entra in New York City.

Con passo sicuro J entra nell’ascensore della misteriosa e segreta sede dei MIB. Nell’ascensore trova ad attenderlo Kappa.

J: “E va bene, ci sto perché qui c’è qualche casino tipo altra dimensione e io ci vado a nozze ma prima che cominciate a teletrasportarmi ci sono un paio di flash che vi dovete fare! Numero uno: voi avete scelto me, quindi mi riconoscete delle capacità e non voglio sentirmi chiamare né figliolo, né ragazzo mio, né junior e roba del genere…

Kappa: “Chiaro, come vuoi tu, bello ma devo dirti una cosa sulle tue capacità… (Una seconda porta si apre nell’ascensore, alle loro spalle e dà in una grande e vasta sala) …al momento equivalgono precisamente ad una caccola.

L’ampia sala è in realtà come una dogana nella quale vengono accolti e smistati gli alieni e, in certi casi, dove gli alieni stessi lavorano.

Ce ne sono di diversi tipi e, fra essi, è appena arrivato uno dall’aspetto umano e di altissima statura (Carel Struycken). J sta guardando stralunato una specie di vermone gelatinoso gigante quando Kappa lo trascina via per il braccio.

Kappa: “Ti consiglio di stargli alla larga: è un po’ scorbutico. Tre ore alla dogana dopo un viaggio di diciassette trilioni di miglia farebbero venire i cinque minuti a chiunque.

J: “Ehi, a quale ramo del Governo facciamo riferimento?

Kappa: “A nessuno. Fanno troppe domande.

J: “E allora, chi paga?

Kappa: “Abbiamo i brevetti di certi gadget confiscati ai visitatori stranieri: il velcro, i forni a microonde, la liposuzione… questo è un oggettino affascinante, sostituirà i CD. Dovrò ricomprarmi il disco bianco dei Beatles… Ah, quello è molto divertente, è un traduttore universale, non dovremmo neanche averlo e ti dico il perché. Il pensiero umano è così primitivo che è considerato una malattia infettiva in alcuna delle migliori galassie. C’è da esserne fieri, no?

Curiosando, J tocca una specie di palla che, rimbalzando con forza sempre maggiore, comincia a combinare disastri per tutto il centro, rompendo tutto ciò cui viene a contatto. Prima che i disastri diventino irreversibili, Kappa riesce a intercettarla e a imprigionarla nuovamente nel campo di forza grazie a un guantone (tipo il gioco da spiaggia che andava di moda qualche tempo fa: una palla di gomma leggera viene lanciata da un giocatore a un altro che la deve acchiappare utilizzando solo un guantone rivestito di velcro).

Abbiamo comunque fatto in tempo a notare, in una brevissima inquadratura, l’alieno usato nel film Explorers di Joe Dante.

Kappa: “Questo giochetto ha provocato il black out di New York del ’77. Un piccolo scherzo del Grande Attrattore… per lui faceva crepare dalle risate.

Kappa porta J davanti a una grande consolle divisa in tanti piccoli schermi dove appaiono dei personaggi, anche famosi, tra i quali spicca Sylvester Stallone. In realtà è un grande archivio dove sono registrati gli alieni e l’aspetto che hanno sulla Terra.

Stupito e affascinato, J osserva la complessa apparecchiatura gestita dai gemelli (alieni) tentacoluti Ribirib e Bob; alle sue spalle la voce secca e decisa di Zeta:

Zeta: “Edwards, vieni. Indossiamolo!

J: “Che cosa?

Zeta: “L’ultimo abito che metterai.

Ed è così che James Darrel Edwards III assume la nuova identità di J. Tutti suoi dati vengono cancellati dagli archivi anagrafici, le sue impronte digitali cancellate. Indossa i nuovi abiti.

Zeta: “Vestirai solamente con abiti approvati dai Servizi Speciali MIB. Ti conformerai all’identità che ti daremo. Mangerai dove ti sarà indicato, vivrai dove ti sarà indicato. D’ora in poi non avrai segni d’identificazione di alcun genere. Non attirerai mai l’attenzione. La tua immagine è plasmata in modo da non lasciare ricordi duraturi nelle persone che incontri. Sei qualcosa di vago, identificabile soltanto come un dejavù e cancellato altrettanto rapidamente. Tu non esisti, non sei mai nato. L’anonimato è il tuo nome, il silenzio la tua lingua madre. Tu non fai più parte del Sistema, tu sei al di là del Sistema, sei al di sopra di esso, sei oltre! Noi siamo quelli, siamo loro, siamo gli uomini in nero. Men In Black!

Piccola nota per i doppiatori italiani: la fonetica della parola inglese black è [blek] e non [blak]… ascoltando l’ultima parola di Zeta, si sente chiaramente che pronuncia una a al posto della e; in talune zone del nord Irlanda e in talaltre dell’America si possono usare queste forme, ma a New York City, seppure esista un meltin’ pop del genere, non sembrerebbe proprio il caso.

Rosenberg (Mike Nussbaum) è un gioielliere che sta chiudendo frettolosamente il proprio negozio (la gioielleria Rosenberg esiste davvero). Con in mano una borsa contenente il gatto al quale è affezionatissimo si dirige rapidamente verso un taxi.

Alla sede del MIB, intanto, Zeta incarica Kappa di andare a prendere un alieno che è uscito dalla città senza permesso, portandosi dietro J in modo che incominci a capire i metodi del suo nuovo lavoro.

I due salgono su una Ford – superskifodeluxe a detta di J – nera e Kappa la manda ad altissima velocità verso il luogo dove Regdick (Patrick Breen), l’alieno in questione, sta uscendo di città.

Intanto Rosenberg è arrivato davanti alla tavola calda dove ha appuntamento con l’individuo altissimo da poco arrivato alla dogana del MIB. I due si incontrano e si abbracciano poi si siedono a tavola parlando un linguaggio incomprensibile debitamente tradotto con opportune didascalie.

Rosenberg: “<Scusa il ritardo. Su questo pianeta i tassisti sono orribili!>

Arquillano: “<Maestà, voi siete in grave pericolo…>.

Rosenberg: “<E poi, ti imbrogliano ogni volta!>

Arquillano: “<Signore, è atterrata una piattola. Dobbiamo allontanarvi dal pianeta.>

Rosenberg: “<Una piattola? Deve sapere il motivo per cui sono qui.>

Arquillano: “<Noi riteniamo di sì. (Guarda una scatola portagioielli che Rosenberg ha messo sul tavolo) È quello che penso io?>

Rosenberg: “<No, solo qualche diamante per i tuoi figli. Abbiamo tempo per mangiare?>

Arquillano: “<Certo. Le ho ordinato dei pirogi.>

I Pirogi in questione, che se non andiamo errati, sono un piatto russo, vengono portati in tavola da Edgar che ha sostituito il cameriere.

Mentre si avvicina i due stanno brindando.

Arquillano: “<Alla continuità dell’Impero Arquillano.>

Rosenberg: “<Alla salvezza della Galassia.>

Edgar posa i piatti in tavola, tanti scarafaggi cominciano a uscire dalle sue maniche. Rosenberg si rende conto di chi ha davanti e dice a Edgar che non troverà mai ciò che cerca anche se li ucciderà.

Edgar esegue con rapidità la sua missione e poi fugge dal locale arraffando la scatoletta di diamanti.

J e Kappa hanno intercettato Regdick e sua moglie (Becky Ann Baker) e, mentre Kappa parla con l’uomo, J viene lasciato con la donna che sta per partorire. Così assistiamo a una conversazione tra Kappa e l’alieno mentre, sullo sfondo, J viene catturato da dei tentacoli che lo sbatacchiano sul tetto della macchina; il povero J viene risucchiato dentro l’auto e sbattuto via dall’altra parte, ma finalmente il piccolo è nato: è un esserino tentacoluto, tenero, con uno sguardo dolce e innocente… che sputacchia in faccia a J.

Kappa ha lasciato andare i due, anzi i tre, ma è perplesso per questa fuga precipitosa. Per avere maggiori informazioni egli compra all’edicola dei giornalucoli di quart’ordine dediti alle notizie strane e scandalistiche e una di esse lo colpisce particolarmente.

Un alieno ha rubato la pelle di mio marito

Si recano a interrogare la donna in questione che altri non è che Beatrice; con la solita voce da gallina zoppa racconta agli agenti MIB dello strano comportamento del marito, lo zucchero, la pelle che debordava come se si trattasse di un Edgarabito indossato da una misteriosa creatura. Kappa capisce che la donna sta dicendo la verità e le fa dimenticare l’episodio utilizzando il neuralizzatore.

Usciti dall’abitazione esaminano la buca lasciata dalla creatura; l’esame del campione dà il pericoloso responso.

Kappa: “Non sai che tipo di vita aliena lascia una traccia verde spettrale e spasima per l’acqua zuccherata, vero?

J: “Oh, aspetta. Era la domanda finale di Attenti all’ufo ieri sera. Hanno vinto un mucchio di soldi.

Kappa prende in mano il cellulare

Kappa: “Zeta? Abbiamo una piattola.

J: “Allora cos’è? Non ci piacciono le piattole?

Kappa: “Le piattole prosperano con le stragi, tigre. Consumano, infestano, distruggono e vivono della morte e della distruzione delle altre specie.

J: “A te ti hanno morso da bambino, vero?

Kappa: “No, senti ragazzo. Immagina che uno scarafaggio gigante, con una forza illimitata, un mostruoso complesso di inferiorità e un pessimo carattere, stia sfrecciando per Manhattan con addosso un Edgarabito… Ti sembra divertente?

J: “Come ci muoviamo?

Kappa: “Dobbiamo tenere d’occhio gli obitori.

Ed è proprio in un obitorio che vengono portati i corpi dell’Arquillano e di Rosenberg, quest’ultimo ha sopra al suo lenzuolo il fedelissimo gatto che, assieme ai cadaveri, viene affidato a Laurel.

La dottoressa esegue l’autopsia e resta stupefatta di ciò che trova, o meglio di cosa non trova. Quando i nostri due agenti la raggiungono, spacciandosi per dottori, mostra loro la stranezza dei cadaveri.

Kappa esamina quello dell’Arquillano mentre Laurel e J analizzano l’altro; Laurel fa delle evidentissime avances al nostro agente, imbarazzato, J tocca il viso dell’alieno trovando inavvertitamente il modo di aprire il volto di Rosenberg rivelando al suo interno una sofisticata apparecchiatura che permette al piccolo alieno morente all’interno, di governare quel corpo così grande.

Il piccolo essere fa in tempo a sussurrare a J una frase sibillina:

Devi evitare la guerra. La Galassia è sulla cintura di Orione

Sotto gli occhi preoccupati e anche incavolati di J, Kappa cancella per ben due volte di seguito la memoria di Laurel, in seguito si allontanano nell’attesa che arrivi il personale del MIB a cancellare tutto e a dare una nuova memoria alla ragazza.

All’interno del suo furgone, Edgar è riuscito ad aprire la scatola che aveva rubato a Rosenberg, ma essa contiene solo degli inutili, per lui, diamanti.

Kappa e J sono tornati al centro; il primo si è messo al computer per fare una ricerca personale: tramite un probabile satellite segreto in orbita attorno alla Terra egli cerca di trovare una persona.

J si è avvicinato a Zeta che è davanti al visore.

J: “Ehi, Zeta, ma in questo posto non dorme mai nessuno?

Zeta: “I gemelli ci fanno seguire il tempo centauriano. La giornata è di trentasei ore. Tra qualche mese ci farai l’abitudine oppure ti verrà un attacco psicotico… Ecco Orione. È il gruppo di stelle più luminoso dell’emisfero settentrionale e questa è la Cintura di Orione.

J: “Esatto. È quello che ha detto il piccoletto. Devi evitare la guerra. La Galassia è sulla cintura di Orione.

Zeta: “Junior, non ci sono galassie sulla Cintura di Orione, la Cintura sono soltanto queste tre stelle. Le galassie sono enormi, sono formate da miliardi di stelle. Hai sentito male.

J: “Dì quello che ti pare ma io l’ho sentito.

Kappa ha terminato la sua ricerca. Il dolce viso di una donna, nel giardino di una bella casa tra gli alberi. Un volto che Kappa guarda con nostalgia e rammarico e che cancella immediatamente appena J gli si avvicina. Per il suo lavoro ha rinunciato a quella donna e lo fa capire al suo collega.

Il visore centrale ora mostra una fuga generale di tutti gli alieni dalla Terra e anche un incrociatore Arquillano in orbita attorno alla Terra. Dall’altoparlante escono parole aliene, indubbiamente molto incazzate; Zeta ordina ai gemelli di tradurre il messaggio e invia Kappa e J alla gioielleria di Rosenberg per trovare qualche indizio. Inoltre ordina a Kappa di dare un’arma a J.

L’agente porge quindi il Grillo tonante: una pistola di piccole dimensioni che non fa che aumentare il disappunto di J.

Edgar ha già raggiunto la gioielleria di Rosenberg e la sta mettendo a soqquadro; si sofferma sulle varie foto del gatto di Rosenberg e, soprattutto sul grosso ciondolo che il felino porta al collo. Esce giusto in tempo per vedere che un addetto alla polizia stradale sta per portare via il suo camion. Al tempo stesso J e Kappa arrivano da Rosenberg e vedono Edgar allontanarsi con il carro attrezzi e il furgone agganciato dietro; J spara con la sua piccola arma ma il rinculo lo scaraventa al suolo, un secondo colpo sgancia gli attacchi tra i due veicoli facendo volare J in mezzo alla spazzatura e un terzo colpo spedisce l’agente con il sedere dentro il parabrezza di una macchina mentre un buco gigantesco si è aperto nel camion a rimorchio lì vicino. Kappa lo estrae dalla scomoda posizione.

Kappa: “Noi non facciamo mai uso di armi da fuoco in pubblico!

J: “Non c’è tempo per pensare a queste puttanate. Forse te lo sei dimenticato ma c’è un incrociatore alieno che sta per…

Kappa: “C’è sempre un incrociatore alieno, o un raggio mortale Carilliano, o un’epidemia intergalattica che può annientare la vita su questo misero pianetucolo! Per la gente l’unico modo di vivere felice e contenta è non sapere assolutamente niente di niente… e non ti preoccupare per la piattola, non se ne andrà, abbiamo la sua astronave…

Kappa chiama Zeta con il cellulare chiedendo una squadra di contenimento per cancellare il ricordo della sparatoria ai passanti.

Zeta: “Ah, contenimento… mi sembra un termine poco appropriato vecchio mio. L’esodo continua. Sembra la fine di una festa dove l’ultimo si trova il conto da pagare… (rivolto agli alienastri che avevamo incontrato nella sala del caffè, pronti a lasciare il pianeta con bagagli e stecca di Marlboro al seguito) Anche voi brutti, piccoli ingrati!

Kappa: “E gli Arquillani?

Zeta: “Abbiamo tradotto solo una parte del messaggio, per ora. Consegnate la Galassia.

Kappa: “Non vogliono molto, vero?

Zeta: “Oh, è ancora meglio. Ci ritengono responsabili.

Edgar, con i suoi soliti graziosi e simpatici modi, chiede a un uomo che gestisce una bancarella dove si trovino i morti. Miracolosamente questi non gli risponde il cimitero ma l’obitorio. Ed Edgar se ne va solo dopo avergli rovesciato tutta la bancarella ed essersi fregato una cartolina.

J sta cercando di destreggiarsi in mezzo alla piccola folla raccontando le balle più inverosimili come i lampi di luce del Grillo Tonante che sarebbero invece stati realizzati dalla luce riflessa del pianeta Venere, in pieno giorno. La squadra di contenimento provvede a cancellare la memoria dei presenti e Kappa porta il suo allievo a incontrare uno degli alieni ancora rimasti sulla Terra, un esperto politico interstellare.

Quando scendono dalla macchina davanti a un chiosco J vede un tipo alto, cadaverico e allampanato con accanto un cane.

J: “Mai visto un travestimento peggiore, quello è decisamente un alieno!

È il cane che gli risponde:

Frank: “Se non ti sta bene puoi baciare il mio culetto peloso!

Kappa si avvicina al cane. In molte scene l’animale è autentico e la bocca è mossa dal computer.

Kappa: “Hai da fare, Frank?

Frank: “Mi dispiace, Kappa, non ho tempo. Il mio volo parte fra… wow! Giù le zampe!

Kappa ha afferrato il cane.

Kappa: “Chiama il canile, c’è un randagio!

La scena suscita la curiosità di un passante ma a questo provvede abilmente J:

J: “Ah… ehm… Quel… quel cane deve dei soldi al mio amico.

Kappa: “Arquillani e piattole. Che cosa sai?

Frank: “Io non so niente.

Kappa: “Niente, eh?… Va bene Frankino…

Comincia ad agitarlo per bene come un cocktail nello shaker.

Frank: “Okay… okay… okay… okay! Rosenberg non era un Arquillano da due soldi: era il guardiano di un’intera galassia e credeva di essere al sicuro sulla Terra…

Kappa: “Ma la piattola l’ha pizzicato!

Frank: “La Galassia è la migliore fonte di energia subatomica dell’universo. Se le piattole ci mettono sopra le luride zampe possiamo dire addio agli Arquillani.

J: “Chiedigli della cintura.

Kappa: “Rosenberg ha parlato di una Galassia sulla Cintura di Orione, che voleva dire?

Frank: “Vattelappesca!

Kappa: “Vattelappesca eh? …okay…

Riprende la modalità shaker.

Frank: “Non mi sconquassare…

J (congedando un altro passante curioso): “Eh, ehm… stanno provando il numero da ventriloquo…

Frank: “La Galassia è qui.

Kappa: “Come, è qui?

J: “Una galassia ha centinaia di milioni di stelle e pianeti, qui dove?

Frank: “Voi, umani… Quando imparerete che le dimensioni non contano? Solo perché una cosa è importante non è detto che non possa essere molto, molto piccola.

Kappa: “Piccola quanto?

Frank: “Minuscola, come una biglia o un gioiello. Ora, se volete scusarmi, devono farmi fare la mia passeggiatina prima del volo.

Kappa: “D’accordo, vattene. Se la Galassia è qui non è sulla Cintura di Orione.

J vede Frank allontanarsi e abbaiare a un gatto. Un lampo gli passa per la mente.

J: “Il gatto!

Nello stesso momento Laurel Weaver scopre il contenuto del ciondolo che il gatto, il cui nome è Orione, porta al collo. Una minuscola ma al tempo stesso immensa galassia ruota lentamente sospesa all’interno del ciondolo.

Edgar sta cercando di entrare nell’obitorio per recuperare il gatto ma il guardiano vuole una documentazione precisa perché l’uomo possa portarsi via il felino; il guardiano, inoltre, ha la pessima abitudine di ammazzare le mosche e si arma prontamente di due bombolette spray quando vede delle blatte uscire dalle maniche di Edgar. La cosa non piace all’alieno.

Quando Kappa e J arrivano davanti all’obitorio Edgar è già dentro per recuperare il gatto e sta sbatacchiando Laurel per farsi dire dove è l’animale.

J chiede a Kappa di aspettarlo fuori e, anche se a malincuore, l’agente accetta. J trova Laurel immobile davanti a un lettino, in realtà tenuta ferma per un piede dal nascosto Edgar; la ragazza non riesce a far capire a J del pericolo che entrambi stanno correndo. Nell’ingresso Kappa sta accendendosi una sigaretta ma una colata di bava proveniente dall’alto gli fa alzare gli occhi e scoprire di conseguenza il guardiano spiaccicato e incollato al soffitto. Questo gli basta per armarsi ed entrare nell’obitorio dove J si è finalmente accorto dell’intrusione di Edgar.

L’alieno esce dal suo nascondiglio e, minacciando Laurel con un arma, fugge a grandi balzi all’esterno portandosela dietro e caricandola a forza su un taxi… dopo aver sbattuto via il tassista, ovviamente. Quando J e Kappa arrivano a loro volta all’esterno la macchina è già partita con Laurel alla guida obbligata da Edgar, che nel frattempo ha ingoiato il ciondolo, ad andare verso un luogo che lui le ha indicato (la cartolina che Edgar aveva fregato rappresenta le torri della Fiera Mondiale). J cerca di seguire il taxi ma si trova bloccato da altri veicoli uguali, lo raggiunge Kappa con la macchina ed entrambi tornano alla sede del MIB.

Sul grande visore brilla una luce: l’incrociatore Arquillano spara un colpo verso la Terra.

J: “Ma perché ci stanno sparando addosso?

Kappa: “Regole di guerra Arquillane. Prima ci danno l’ultimatum, poi un colpo d’avvertimento e poi abbiamo una settimana galattica standard per reagire.

J: “Una settimana galattica standard? E quanto dura?

Kappa: “Un’ora.

J: “Un’ora? E poi che fanno?

Sul visore appare la scritta che traduce le parole e le intenzioni degli Arquillani:

Consegnate la Galassia o la Terra verrà distrutta. Spiacenti.

J: “Ah, ma che stronzata!

Kappa: “Pur di evitare che le piattole se ne impadroniscano gli Arquillani distruggeranno la Galassia.

Zeta: “E il pianeta su cui si trova.

J: “Che sarebbe la Terra.

Zeta: “Eh, sono cazzi, eh?

Kappa e Zeta si mettono al lavoro per cercare di capire con quale mezzo Edgar potrebbe lasciare il pianeta visto che la sua astronave è ancora in possesso del MIB, ma ecco che J ha un’idea e chiede ai due se quelle grandi piattaforme circolari che furono usate per la fiera e che in realtà sono dei dischi volanti nascosti, sono ancora funzionanti.

Lo sono.

Edgar è già arrivato con Laurel sul luogo mentre gli agenti, per poter fare in fretta, imboccano il tunnel di Queens (famoso per essere una delle zone più affollate del pianeta nelle ore di punta) pieno zeppo di macchine ma questo non costituisce un problema per il potente mezzo del MIB: grazie a un bottoncino rosso, premuto da J su istruzioni di Kappa, la macchina si trasforma in un potente mezzo a reazione che si inerpica sul soffitto del tunnel procedendo a velocità supersonica, guidato con la massima tranquillità da Kappa mentre J, che ancora una volta non si è mezzo la cintura, svolazza e si rovescia sul parabrezza. Il potente mezzo sfreccia oltre il tunnel, sfonda una barra di passaggio a pagamento ma, per la regolarità, Kappa lancia comunque la monetina per il pedaggio (la monetina si infila nella cavità preposta… Michael Jordan è una schiappa a confronto!) e si dirige verso il luogo dove era stata effettuata la fiera.

Edgar sta salendo lungo la colonna di cemento portandosi Laurel come spuntino per il lungo viaggio, ma la ragazza si divincola e atterra su un albero. Gli agenti sono arrivati e, dal cofano, Kappa estrae due potenti armi, una per sé e una per J.

Kappa: “L’unico scarafaggio buono…

J: “…è uno scarafaggio morto!

Mancano otto minuti alla distruzione della Terra e il disco con a bordo Edgar sta alzandosi in cielo… sorvola uno stadio dove sta avvenendo una partita di baseball. Due colpi precisi sparati dagli agenti colpiscono il disco che atterra rovinosamente davanti a loro.

Dal portello esce Edgar pronto ad andare a prendere il secondo disco e, pur se minacciato dalle armi puntate, si toglie la pelle, distendendosi finalmente in tutta la sua mole: un gigantesco e schifosissimo insettone che abbranca rapidamente le armi dei due ingoiandole e scaraventando J e Kappa a terra.

I due si rialzano e Kappa ordina a J di non far salire il mostro sul secondo disco mentre lui va a recuperare la sua arma.

Sotto gli occhi stupefatti di J, Kappa si pone davanti al mostro e comincia a offenderlo, sfidandolo a succhiarselo, la creatura non se lo fa ripetere due volte e ingoia Kappa in un boccone.

J cerca di assolvere il suo compito ma la cosa non è affatto facile: l’insettone riesce a liberarsi più volte facilmente di J mentre, all’interno del suo stomaco, Kappa sta freneticamente continuando la sua ricerca.

Il mostro comincia a salire per raggiungere il secondo disco ma J gli si aggrappa alla coda; ancora una volta viene sbattuto via, urtando contro il cassonetto dei rifiuti. Si rialza a fatica e nota, sulla manica della giacca, due scarafaggi… due schifosisssimi scarafaggi… e un’intera colonia dentro al cassonetto.

Li pesta, schiacciandoli.

J: “Oh, mi dispiace, chi era, tua zia quella? Ma allora vuol dire che questo è tuo zio, eh? (Splat) Oh, il fatto è che siete tutti uguali!

Il mostro scende furibondo e fronteggia l’agente.

J: “Bene, bene. Il brutto piattolone bastardo ha il cuoricino tenero, bravo! Vedi, quello che non riesco a capire è perché sei venuto qui a mettere su tutto questo gran casino, a sgraffignare le galassie degli altri. Il mio atteggiamento è non cominciare niente e non succede niente… Ti devi togliere dalle scatole o ti capiterà qualcosa di brutto… (dallo stomaco si sente l’inconfondibile rumore di un caricatore innestato) Troppo tardi.

Il colpo partito all’interno spezza in due la creatura e Kappa scivola accanto a J, entrambi coperti di schifosissima bava.

Recuperano il ciondolo e Kappa telefona a Zeta per avvertire gli Arquillani che la Galassia è stata recuperata.

Mentre i due stanno facendo l’analisi della giornata la parte superiore del mostro è ancora viva e vegeta e sta per assalire i due ma un colpo ben preciso la disintegra: Laurel, con aria soddisfatta, li guarda con il fucile alieno in mano.

I due, ripuliti, sono ora davanti alla sede del MIB.

J: “Kappa, ehm… senti. Lo so che ci sono delle regole ma lei ci ha aiutato a far fuori quel pidocchio, forse non c’è bisogno di sparaflasharla col coso Kappa, andiamo… A chi vuoi che lo vada a raccontare? Gli unici che frequenta sono i morti!

Kappa: “Non è per lei, è per me.

J: “Cosa?

Kappa: “Sono belle, non è vero? Le stelle… insomma io non le guardo più ma in effetti devo dire che sono… molto belle.

J: “Ehm… Kappa… stai mettendo paura al tuo aiutante…

Kappa: “Non ti ho addestrato per aiutarmi, ti ho addestrato per sostituirmi.

J: “Aspetta un minuto, Kappa. Io non posso fare questo lavoro da solo, lo sai no?

Laurel: “Ehi, ragazzi. Io non abito da queste parti, anzi non abito nemmeno a Manhattan.

Kappa gli mostra i comandi del neuralizzatore.

Kappa: “Giorni, mesi, anni… Rivolgilo sempre in avanti.

Glielo porge… J lo prende esitando.

J: “Ehm… Kappa…

Kappa: “Mi sono appena fatto un giro nella gola di uno scarafaggio intergalattico. È uno dei cento ricordi che non voglio.

J si mette gli occhiali.

Kappa: “Ci vediamo, J.

J: “No, ti sbagli.

È l’alba di un nuovo giorno, J nota con soddisfazione un articolo tra i giornali dozzinali che ha appena preso a una edicola.

Un uomo si risveglia dopo 35 anni di coma. Torna dalla sua ex moglie.

Il volto felice di Kappa lo guarda dal giornale. Il ragazzo che si era perso quel giorno e che aveva offerto i fiori all’alieno è tornato a casa. Ma altri problemi ora aspettano J e la sua nuova aiutante che altri non è che Laurel. J risale in macchina e partono verso nuove avventure.

La Terra è un piccolo pianeta di una grande galassia ma anche questo sterminato numero di stelle sta comodamente dentro a una piccola biglia che serve a un alieno di un mondo lontano e di un’altra dimensione per giocare. E quando il gioco è finito la sfera luccicante viene messa in una sacca assieme a tante altre.

In fondo è vero: le dimensioni sono relative…

Passando attraverso le abili mani di Rick Baker non era possibile ottenere dei risultati che non fossero quantomeno perfetti. Ecco perché tutti gli alieni presenti nel film sono opera sua e del suo staff compresi quelli come l’alieno all’inizio disintegrato da Kappa, che sono stati rifiniti nei movimenti dalla solita ILM la quale si è poi particolarmente sfogata a muovere la blatta gigante delle scene finali.

Il regista Barry Sonnenfeld a cui dobbiamo pellicole come La Famiglia Addams ha condito tutto con simpatico umorismo evidente in Will Smith e mascherato in Tommy Lee Jones la cui serissima interpretazione lo rende, al contrario, estremamente buffo.

Baker ha realizzato circa un migliaio di disegni prima di scegliere i venti alieni adatti alla pellicola. Sono pupazzi animati fuori scena e degli animatronics come nel caso della testa finta che nasconde l’alieno iniziale, alieno poi scelto per interpretare un video accanto a Will Smith. Fu una scelta precisa del produttore esecutivo, un certo Steven Spielberg, di basarsi il più possibile sul solito vecchio lattice per costruire le creature e usare il computer graphic solo per le rifiniture.

Occorrevano sei ore di trucco per camuffare Vincent D’Onofrio in Edgar e sono state utilizzate tecniche di cui abbiamo parlato più volte e che si basano, ancora una volta, su protesi e pezzi di lattice applicati e poi dipinti in modo da non farli distinguere da quel poco di pelle vera che si intravedeva sul viso dell’attore.

Spielberg ottenne, come produttore esecutivo, un ulteriore sovvenzione di dieci milioni di dollari e la realizzazione degli alieni è stata spesso oggetto di feroci discussioni tra Rick Baker e il regista come, per esempio, nel caso dell’alieno chiamato Mikey il quale, quando viene scoperto, sorregge una perfetta testa umana con un bastone. Per Baker era assurdo che non ci fosse un complicato congegno. Per il regista la scena era buffa e assurda così.

(4 – continua)

Giovanni Mongini