BORDELLA

SCHEDA TECNICA

Titolo originale: Bordella

Anno: 1976

Regia: Pupi Avati

Soggetto: Antonio Avati, Gianni Cavina e Pupi Avati

Sceneggiatura: Pupi Avati, Antonio Avati, Gianni Cavina e Maurizio Costanzo

Direttore della fotografia: Enrico Menczer (Technospes, Cosmovision, Ece)

Montaggio: Amedeo Salfa

Musica: Amedeo Tommasi

Effetti speciali: Giovanni Corridori

Produzione: Gianni Minervini e Antonio Avati

Origine: Italia

Durata: 1h e 40’

CAST

Al Lettieri, Christian De Sica, Gianni Cavina, Luigi Proietti, Taryn Power, Vladek Sheybal, Luigi Montefiori, Maurizio Bonuglia, Rosemarie Lindt, Greta Vaillant, Giselda Castrini, Alida Cappellini, Marcello Casco, Paolo Graldi, Ferdinando Orlandi, Pietro Brambilla, Valentino Macchi, Maria Rosa La Fauci, Tiziana Redini, Enea Ferrario, Michele Mirabella, Francesco D’Adda, Cesare Bastelli, Diana Salvador, Elvira Cortese, Vincent Gardenia, Gianfranco Principi, Maria Teresa Piaggio, Rosamaria Calogero, Giancarlo Muratori, Vittorio Moroni, Cesare Di Vito, Luciano Crovato, Giuseppe Terranova, Anna Recchimuzzi, Jho Jhenkins, Elisa Mainardi

TRAMA

Una multinazionale statunitense decide di aprire a Milano un bordello per donne in cerca di affetto. Le milanesi che arrivano sono più di quelle previste, e l’azienda va a gonfie vele tanto che si decide di espandere la società con altre “filiali”. Fra un cameriere gay, un gigantesco playboy, un pugile impotente, un nobile e un maniaco sessuale, compare anche… l’uomo invisibile!

NOTE

Bordella è un film curioso, grottesco, surreale, del tutto non classificabile ricorrendo alle ordinarie categorie della critica cinematografica. Musical geniale condito di trovate assurde che fungono da tormentone (la cassa da morto che deve scendere le scale di un condominio, il bancario ladro…) e con un sua morale anticonsumistica e in fondo anche un po’ antiamericana. Si parte con un finto telegiornale che mostra vere immagini di Kissinger – e in seguito pure Nixon – doppiati con una voce fuori campo che presenta il progetto di spacciare felicità. Gli USA decidono che è il momento di impostare un affare economico globale basato su droga, sesso e tutto quello che – lecito o illecito – possa procurare felicità e guadagno. Un italo americano, Eddie Mordace (Al Lettieri) viene incaricato dal governo statunitense di aprire una succursale milanese della American Love Company, una casa di tolleranza per donne insoddisfatte, un bordello al femminile, in pratica. Mordace recluta un cameriere gay, un gigantesco playboy (Montefiori), un pugile impotente (Cavina), un nobile (De Sica) e un maniaco sessuale (Proietti) per impostare il lavoro e soddisfare la ricca clientela. Ne viene fuori un film ricco di gag e trovate fumettistiche, ai limiti del grottesco, persino eccessive, tra flashback assurdi e intere parti coreografico – musicali che fanno pensare a un musical. Avati inserisce nel film tutto il suo amore per il cinema e per la musica, tra brani jazz, note americane anni Cinquanta e brani classici italiani ben mixati da Amedeo Tommasi. Tra i flashback memorabile quello con protagonista Cavina nei panni del pugile suonato che viene truccato da spagnolo e da africano ma finisce sempre per buscarle di santa ragione. Interpreti azzeccati anche negli altri ruoli, sia Montefiori come amante instancabile, che Proietti come assatanato stupratore di donne, persino un giovanissimo De Sica, lezioso maestro di buone maniere aristocratiche. Per le parti da musical Proietti e De Sica sono perfetti, mostrano tutta la loro bravura ancora in nuce ma che con il tempo riusciranno a sviluppare.

La trama procede tra finte paralitiche che si trasformano in ninfomani, comici duelli all’arma bianca, citazioni esplicite de L’uomo invisibile, coreografie fantastiche di Tito Leduc (lo vediamo in un piccolo ruolo), suicidi mancati per colpa di profilattici troppo resistenti, intermezzi erotici da Carosello, una mormone che contesta il sesso, festini americani con premiazione finale degli erotici eroi. Straordinario il finale con Mr. Chips, l’imprenditore americano (Gardenia), che chiede al misterioso uomo fasciato da capo a piedi: “Ma lei chi cazzo è?”. Risposta: “Io? L’uomo invisibile!”.

Avati ci mette così un pizzico di fantastico, fa sciogliere le bende e mostra l’uomo invisibile che scompare all’orizzonte.

Bordella ebbe problemi con la censura, ma a nostro parere fu sequestrato non tanto per oltraggio al pudore quanto per il pericoloso messaggio anticonsumistico e antiamericano che stava alla base della pellicola. Girato tra New York e Milano, una produzione economicamente costosa che non recupera le spese, visto lo scarso successo di pubblico. Troppo avanti rispetto ai tempi, perché rivisto oggi Bordella è un film moderno e godibile, ricco di un umorismo per niente invecchiato.

Tra gli sceneggiatori ricordiamo la presenza di Maurizio Costanzo, insieme ai fratelli Avati e Gianni Cavina che – come nella Mazurka – si ritaglia un ruolo che gli calza a pennello. Bordella è dedicato ad Al Lettieri (New York, 1928 – 1975), il mitico Sollozzo de Il padrino, qui doppiato da Carlo Giuffrè nel ruolo principale, che muore per un infarto al miocardio poco prima dell’uscita della pellicola.

La critica. Marco Giusti (Stracult): “Il film più curioso di Avati. Non mantiene nella messa in scena la curiosità dell’idea iniziale, è comunque un buffo, anomalo esperimento”. Giusti sostiene che la filiale italiana dell’industria del sesso al femminile viene chiamata Bordella, ma non è vero, resta American Love Company. E in realtà la messa in scena è persino superiore all’idea iniziale, tra trovate eccessive, battute surreali, suntuose parti coreografiche e canzoni. Paolo Mereghetti (due stelle): “Surreale apologo contro il consumismo e il cinismo politico, il film offre una carrellata di caratteri eccentrici e divertenti, ma non riesce a liberarsi di un macchiettismo un po’ gratuito”. I critici veri dovrebbero spiegare a noi spettatori comuni appassionati di cinema cosa intendono per macchiettismo, perché nel film abbiamo visto solo trovate geniali. Morando Morandini (due stelle e mezzo – tre per il pubblico): “Satira intelligente, originale e un po’ folle, diretta da un Avati che mostra ancora una volta un talento esile ma vero e, comunque, personale”. Non concordiamo sulla definizione di esile riguardo al talento, ma per il resto ci siamo. Pino Farinotti porta il giudizio a tre stelle, che condividiamo, ma lo fa senza motivare.

Gordiano Lupi

(tratto dal libro Tutto Avati di Gordiano Lupi e Michele Bergantin – Edizioni Il Foglio, 2012)