Titolo originale: Der Kurier des Zaren
Anno: 1970
Regia: Eriprando Visconti
Soggetto: dal romanzo omonimo di Jules Verne
Sceneggiatura: Gian Piero Bona, Eriprando Visconti, Geroges Laute, Stefano Strucchi e Ladislas Fodor
Direttore della fotografia: Luigi Kuveiller
Montaggio: Kim Arcalli
Musica: Teo Usuelli
Produzione: Artur Brauner, Nicola Domilia e Alfonso Sansone per Cineriz
Origine: Italia / Francia / Germania
Durata: 1h e 45’
CAST
John Philip Law, Mimsy Farmer, Hiram Keller, Elisabeth Bergner, Claudio Gora, Delia Boccardo, Donato Castellaneta, Enzo Fiermonte, Kurt Meisel, Jacques Maury, Christian Marin, Jean-Pierre Dorat
TRAMA
Michele Strogoff, capitano dell’esercito dello zar di Russia Alessandro II, viene comandato a recarsi da Mosca ad Irkutsk, capitale della Siberia orientale, per informare il granduca Dmitrij, governatore della città e fratello dello zar, che l’armata tartara, guidata dal principe Feofar Khan, sta muovendo alla conquista della città e che egli dovrà resistere poiché gli verranno inviati rinforzi. Contemporaneamente Ivan Ogareff, un tartaro che, dopo avere prestato servizio nell’esercito russo, è stato dapprima esiliato e successivamente torturato durante la prigionia, si unisce all’armata tartara ed intraprende lo stesso viaggio per consegnare, sotto le spoglie di un corriere dello zar, un messaggio al granduca, il quale è impossibilitato a comunicare con Mosca, dove è scritto che l’attacco dei tartari proverrà da una direzione differente da quella prevista, allo scopo di dividere l’esercito zarista e facilitare la conquista di Irkutsk, e nella missione è aiutato da Sangarre, una giovane tartara che, facendosi corteggiare da un ufficiale russo, consente ad Ogareff di ucciderlo e di indossarne la divisa e con la quale inizia una relazione amorosa. Il capitano Strogoff parte alla volta della Siberia in abiti borghesi, nelle vesti di un mercante di cavalli e sotto il falso nome di Nikolaj Korpanov, portando il messaggio dello zar all’interno della sua cintura, e durante il viaggio fa la conoscenza di due giornalisti, il fotografo francese Alcide Jolivet e l’inglese Harry Blount, inviato del Daily Telegraph, i quali si trovano in Russia per documentare la rivolta tartara, e di Nadja Fëdorova, una giovane ragazza di origine lettone che intende raggiungere il marito Vasilij Feodor, un medico militare.
Ritenendo di destare meno sospetti Strogoff decide di condividere il viaggio con la ragazza e, durante la sosta in una isba, adibita a luogo di ristoro e di cambio per cavalli, incontra Ogareff, il quale pretende in modo aggressivo ed insolente la troika per la slitta che spetterebbe di diritto a Strogoff, giunto per primo al cambio, ed egli accetta supinamente le ingiurie dell’uomo in divisa da ufficiale russo, destando qualche sospetto in Nadja, la quale non si spiega come un uomo non reagisca a certi comportamenti, e, mentre nei due sembra nascere un sentimento d’amore, tali sospetti trovano conferma quando, giunti nella tenuta di famiglia di Strogoff, dopo avere passato una notte d’amore, vengono destati al mattino da Svetlana, moglie del mezzadro, che si inchina, lo chiama “padroncino” e gli chiede notizie sulla sua vita da ufficiale a San Pietroburgo; Michele è costretto a confessare la sua vera identità ma la giovane, sentitasi ingannata, respinge le sue scuse e riparte da sola con la slitta.
Rimasto a piedi egli non ha altro modo di proseguire la sua missione che chiedere l’unico cavallo a disposizione del contadino, il quale dapprima esita ma poi, compresa l’importanza che riveste l’arrivo di Michele a Irkutsk, glielo lascia consentendogli di ripartire; Nadja tuttavia viene catturata da Ogareff e portata all’accampamento tartaro dove si trovano anche Jolivet e Blount, catturati e successivamente rilasciati dopo l’accertamento della loro identità, e, dopo che anche la vera natura di Ogareff è stata scoperta, questi viene a sapere da un suo compagno che il vero nome del mercante è Strogoff ed è dunque lui il corriere che sta cercando di raggiungere il granduca.
Michele, dopo che il suo cavallo è morto per la fatica ed il freddo, riesce a prenderne un altro ad un cavaliere tartaro che ne stava seguendo le tracce ma poco dopo viene catturato da Ogareff e frustato per indurlo a consegnare il messaggio che sta portando; egli non cede ma Sangarre riesce a trovare sua madre, la contessa Marfa, la quale, posta di fronte al figlio agonizzante, dapprima sostiene di non conoscerlo ma poi, ottenuta la parola dal tartaro di non ucciderlo se confermerà la sua identità, cede e gli rivela che l’uomo è il capitano Michele Strogoff, e contemporaneamente Sangarre scopre il messaggio nella sua cintura dove è contenuta l’informazione dell’invio di rinforzi al granduca. Ogareff mantiene la parola data alla madre e non uccide l’ufficiale ma lo acceca appoggiando ai suoi occhi una sciabola arroventata e Marfa, non reggendo al dolore, cade morta.
Feofar Khan, una volta ottenuta l’informazione che cercava, è indeciso se muovere verso Mosca, sguarnita dall’invio di rinforzi in Siberia, o proseguire verso Irkutsk ma Ogareff ritiene che la capitale sia troppo lontana e suggerisce di occupare Irkutsk e di catturare il granduca per trattare successivamente con lo zar ed allo scopo vengono mandate le donne ed i bambini sulle montagne per fare credere all’esercito russo che i tartari si stiano ritirando ed Ogareff si incarica di portare un falso messaggio al granduca per indurlo a fare uscire le sue truppe dalla città affinché queste vengano colte di sorpresa dall’armata tartara nascosta tra le foreste.
Michele nel frattempo vaga cieco tra i mendicanti ma viene ritrovato da Nadja, la quale cerca di convincerlo a proseguire il viaggio insieme a lei ed egli inizialmente rifiuta, disperandosi perché quanto gli è successo è accaduto proprio mentre aveva preso coscienza delle ingiustizie e dei profondi squilibri sociali presenti in Russia, ma poi entrambi si uniscono ad un gruppo di profughi guidati da un Pope che cercano di sfuggire alla guerra percorrendo il fiume Angara a bordo di una chiatta e durante il viaggio Michele riacquista la vista.
Ogareff giunto ad Irkutsk, sotto le mentite spoglie del capitano Strogoff, porta avanti il piano concordato con Feofar Khan, informato da Sangarre che l’indomani le truppe del granduca usciranno dalla città alla loro ricerca, ma Michele incontra un drappello di soldati russi e, fattosi riconoscere, viene condotto all’accampamento dell’esercito dove indossa nuovamente la divisa per guidare i soldati a bloccare l’armata tartara, salutando Nadja che, a dispetto di quello che prova per lui, non sembra intenzionata a seguirlo quando egli tornerà a San Pietroburgo.
I rinforzi russi guidati da Strogoff giungono nei pressi di Irkutsk e Sangarre suggerisce a Feofar Khan di rinunciare e di ritirarsi ma egli attacca ugualmente le truppe russe: la sua cavalleria viene decimata dal fuoco dei fucili della fanteria russa e, mentre le sue truppe appiedate ingaggiano battaglia, ciò che resta della cavalleria, guidata da Ogareff, viene attaccato alle spalle dai rinforzi di Strogoff e durante lo scontro Sangarre trova la morte; l’intervento dell’artiglieria risolve a favore dei russi lo scontro e Strogoff riesce a catturare vivo Ogareff e l’ultima disperata carica, guidata personalmente da Feofar Khan, si risolve in un massacro ed egli viene ucciso dai soldati russi.
La battaglia è finita ma Jolivet, che in precedenza aveva scattato fotografie di persone vive stese a terra per simulare immagini di guerra, sconvolto dalla morte che lo circonda, si rifiuta di fotografare le centinaia di vittime mentre Nadja ritrova il marito nell’ospedale da campo, confessandogli la relazione avuta durante il viaggio, ma egli risponde che la loro sofferenza privata è poca cosa rispetto a quello che li circonda; la ragazza inizialmente scambia il suo atteggiamento per indifferenza ma successivamente ne comprende le ragioni e quando Michele, dopo la fucilazione di Ogareff, la raggiunge, ella gli confessa di non amarlo ed i due si dicono addio, allontanandosi senza voltarsi.
NOTE
Conosciuto anche con il titolo di Michele Strogoff, corriere dello zar, Strogoff è il terzo lungometraggio di Eriprando Visconti, dopo Una storia milanese (1962) e La monaca di Monza (1969), sceneggiato partendo da un classico di Jules Verne per raccontare le vicende di un corriere dello zar incaricato di portare un messaggio a un granduca che sta combattendo l’avanzata dei tartari.
Storia d’amore e intreccio bellico – quasi da cinema western – si cedono il passo senza soluzione di continuità, tra panorami innevati e grandi spazi fluviali attraversati da mezzi navali imponenti. Strogoff (Law) è il condottiero senza macchia e senza paura del cinema popolare che deve sconfiggere il traditore (Keller) e la sua perfida donna (Boccardo) per fermare l’avanzata del nemico, ma è anche colui che s’innamora di una ragazza che non può avere (Farmer), perché sposata e votata alla causa rivoluzionaria.
Un film avventuroso, girato con realismo in mezzo alle nevi siberiane, condito di qualche eccesso violento – soprattutto la punizione a tinte horror di Strogoff che si vede bruciare gli occhi -, accompagnato da una colonna sonora suadente che si trasforma in ritmo avvincente durante le sequenze belliche. Scenografie straordinarie, ricche di comparse e grandi panoramiche, carrelli, piani sequenze, con soggettive prolungate di cavalieri al galoppo e di persone in fuga.
Il romanzo di Verne è rispettato in sede di sceneggiatura, compresa la miracolosa guarigione di Strogoff dalla bruciatura degli occhi, che nella storia è spiegata – in termini fantastici – con l’azione delle lacrime, mentre qui resta sospesa e irrisolta. Un film che inserisce nella sottotrama la presa di coscienza di un militare di sangue nobile sul fatto che la Russia sia un paese dove regnano miseria e ingiustizia e che molto resti ancora da fare. Tutto merito di Nadia (Farmer), la donna innamorata che solo nel finale decide di non seguirlo nelle sue peripezie perché ha un compito da assolvere accanto al marito, al quale ha confidato il tradimento.
Ottimi i personaggi di contorno, soprattutto le figure dei due giornalisti (francese e inglese) che inseriscono una nota di umorismo nella trama, criticando persino i costruttori di notizie false, quando per fare una foto ricorrono a comparse di persone morte. Messaggio contro la guerra, perché lo stesso giornalista non se la sente di fotografare l’eccidio finale al termine della battaglia cruenta che vede la sconfitta dei tartari. “Il nostro a volte è un brutto mestiere”, commenta.
Il film è tutto giocato sul tema del doppio, sulla rivalità tra il servo leale e fedele di uno stato che pure non è il migliore degli stati possibili, e il viscido traditore che si vende al nemico. John-Philippe Law è un ottimo protagonista positivo, classico volto da buono, già visto in Diabolik di Bava e in Barbarella di Vadim, mentre il suo alter ego, la nemesi in negativo è Hiram Keller, viscido e ambiguo, già apprezzato nel Satyricon di Fellini.
Eriprando Visconti ricorda lo stile dello zio Luchino in questo che è uno dei suoi film migliori dal punto di vista della messa in scena e della tecnica di regia, ma perde un poco lo smalto del suo vero stile, di quella connotazione specifica che lo rende unico nel panorama cinematografico italiano. Non è il primo a portare sulla scena Michele Strogoff, già utilizzato – per limitarsi alle pellicole italiane – da Carmine Gallone (1956) e basato sull’interpretazione di Curd Jurgens. Strogoff è un film realizzato da una produzione ricca, che gode di una doppia unità e di molti collaboratori tecnici, di un cast invidiabile e di un grande direttore della fotografia come Luigi Kuveiller che fa risaltare il bianco delle nevi siberiane, teatro di un’azione a volte sin troppo compassata.
Per riscoprire l’opera di un regista poco valorizzato ma interessante come Eriprando Visconti, consigliamo il libro curato da Corrado Colombo e Mario Gerosa: Prandino – L’altro Visconti (Il Foglio, 2018).