C’E’ QUALCUNO LASSU’ (1997) – PARTE 08
SFERA (Sphere)
IN SUPERFICIE
Un elicottero sta sorvolando l’Oceano Pacifico; a bordo, oltre ovviamente al pilota (Huey Lewis, sì proprio il cantante), c’è lo psicologo Norman Goodman (Dustin Hoffman). La loro meta è una piccola flotta di navi. Goodman appartiene a una squadra che, in casi particolari, presta i primi soccorsi alle vittime di un incidente ma, in questo caso, la cosa è alquanto misteriosa.
Prima di essere invitato ad attendere nella sua cabina, Goodman fa in tempo ad intravedere altre due persone: l’astrofisico Ted Fielding (Liev Schreiber) e la biochimica Beth Alperin (Sharon Stone). Dopo un’attesa di tre ore, viene a prenderlo un militare dell’OSSA, Barnes (Peter Coyote) che lo conduce in una saletta assieme gli altri due convocati, più Harry Adams (Samuel L. Jackson), un matematico. Barnes, davanti ai visori, spiega loro cosa è accaduto.
Barnes: “Circa tre settimane fa una nave impegnata nella posa di un cavo a fibre ottiche fra Honolulu e Sidney ha incontrato un’ostruzione a trecento metri di profondità. Il cavo fu tagliato di netto come con un tronchese. La Marina, subito interessata, ha mandato una nave in esplorazione e hanno scoperto che l’ostruzione era questa. L’immagine l’abbiamo ripresa con un sonar panoramico. Si tratta di un impennaggio aerodinamico più lungo di un campo di calcio e maggiore di qualunque apertura d’ali. Questa è la fusoliera. Ecco un rilievo del fondo ottenuto con un sonar panoramico ad altissima risoluzione. È di una settimana fa. Eccola là, seppellita sotto circa sette metri di corallo.”
Beth: “C’è qualcosa che non va in quella misurazione nel Pacifico. Il corallo cresce di due centimetri l’anno. Ci puoi mettere l’orologio.”
Barnes: “È esatto.”
Beth: “Sì, ma allora tu affermi che questa astronave naufragò nell’anno… beh…”
Harry: “1709.”
Beth: “Stai dicendo che quest’astronave precipitò trecento anni fa?”
Harry: “288.”
Beth: “Ma è impossibile!”
Barnes: “Ma non è impossibile se l’astronave arrivò sulla Terra da una civiltà aliena.”
Ted: “Ehi, frena, frena… aspetta un momento. Tu credi che si tratti di un’astronave aliena?”
Harry: “Non è solo impossibile, è ridicolo!”
Barnes: “Noi riteniamo che vi sia una forma di vita aliena nell’astronave per questo voi siete qui. Voi siete il Gruppo di Contatto Umano che era raccomandato nel rapporto Goodman. Abbiamo un biochimico per valutare la fisiologia della forma di vita aliena, un matematico perché la matematica sarà probabilmente la lingua usata e un astrofisico per determinare da quale parte del cosmo proviene.”
Harry: “Coordinati da uno psicologo…”
Barnes: “Esattamente.”
Harry: “Allora gli ometti verdi adesso dicono: portatemi dal vostro analista.”
Barnes: “Ecco qua. il Gruppo di Contatto che incontra una forma di vita sconosciuta deve essere preparato ad un severo impatto psicologico: la reazione allo stress per l’incontro con una vita sconosciuta non è stata sufficientemente studiata e non può essere del tutto valutata in anticipo ma la più probabile conseguenza del contatto è la paura, è il terrore… È scritto nel rapporto di Norman.”
Ted (guardando il visore): “Scusa, ma questi parametri sono esatti?”
Barnes: “Certo.”
Ted: “Ah… Quindi tu affermi che abbiamo la fusoliera di un’astronave lunga più di ottocento metri che è precipitata nell’oceano trecento anni fa ed è completamente intatta?”
Barnes: “Sì, esatto. E non è finita. Il sonar rileva un ronzio a basso livello. Qualcosa vive ancora là dentro.”
Harry: “Ma, scusa, non è possibile che il corallo cresca più di due centimetri l’anno?”
Beth: “No.”
Ted: “È per questo che andiamo giù a vedere.”
Norman: “Come?”
Harry: “Ma chi lo dice che andiamo là sotto?”
Ted: “Harry… era una battuta, vero? Voglio dire… stai scherzando! Questa è la più grossa scoperta scientifica dai tempi di Copernico, anzi, batte anche Copernico… L’idea che non siamo soli cambierà tutto quanto. Abbiamo prove concrete che c’è vita extraterrestre e tu non la vuoi vedere?”
Harry: “Beh, io devo dire che questa faccenda mi secca moltissimo…”
Ted: “Oh, Gesù! …”
Barnes: “E come mai Harry?”
Harry: “Se il rapporto di Norman prevede un biologo, un matematico, un astrofisico e uno psicologo, tu perché sei qui?”
Barnes: “Le visite mediche avranno inizio fra mezz’ora.”
Il medico istruttore (James Pickens Jr.) insegna loro quali tecniche debbano usare una volta in immersione e spiega loro il funzionamento delle tute.
Tra un esame e l’altro Norman si scusa con Harry per averlo coinvolto in quella faccenda ma lui aveva fatto il suo nome e quello degli altri solo per poter consegnare quella relazione ed incassare i trentacinquemila dollari con cui pagare il mutuo della casa. Come spiegherà successivamente a Beth, per fare quel rapporto che ora è quasi vangelo nell’OSSA, si era ispirato ad Isaac Asimov e a Rod Serling.
SUL FONDO
Il sottomarino impiega tredici minuti a raggiungere il fondo e, attraverso l’oblò, l’equipaggio può vedere da vicino la grande mole dell’impennaggio che svetta in mezzo all’acqua.
Raggiungono l’Habitat, la base approntata dalla Marina per poter studiare il relitto da vicino. Il docking avviene perfettamente.
Nella base ci sono solo, oltre ai cinque appena arrivati, altre due componenti dell’OSSA, Fletcher (Queen Latifah) e Jane Edmunds (Marga Gomez). I cinque indossano dei regolatori di voce per evitare che, data l’atmosfera di elio – il quale ha una vibrazione diversa -, tutti non parlino con la voce alla Paperino. In realtà questi regolatori di voce non risultano esistenti ma non era possibile girare tutto il film sentendo parlare i protagonisti come se avessero i gioielli di famiglia frantumati.
Barnes: “Ecco, adesso i nostri sommozzatori stanno installando un robot idraulico nel vano del portello stagno dell’astronave. È il modo migliore per aprirla.”
Beth: “È quello il portello?”
Barnes: “Sì, lo abbiamo localizzato col sonar ad immagini prima di mandare giù i sommozzatori.”
Ted: “Quanto è alto il robot?”
Fletcher: “Un metro e mezzo.”
Ted: “E il portello è alto più o meno come quello di un aeroplano…”
Barnes: “No, scusa un momento, Ted.”
Ted: “Credo sia un dettaglio di una certa importanza…”
Barnes: “Avverti i sommozzatori che il nostro gruppo è pronto.”
Fletcher: “Il nostro gruppo si trova ora in posizione ed è pronto ad agire.”
Harry: “Non è venuto in mente a nessuno che forse non dovremmo aprire quel portello?”
Norman: “Perché dici così?”
Harry: “Beh, noi presumiamo sempre che queste creature siano insettoidi verdolini ma in fondo umani e se invece aspirano aria ed espirano cianuro? …E’ probabile…”
Beth: “O vivono in eterno come i virus o i fermenti…”
Norman: “Ma perché vuoi presumere che una forma di vita sconosciuta ci voglia uccidere?”
Harry: “Una creatura che non può essere uccisa non sa se uccidere sia bene o male perché le manca il concetto. Eliminazione istantanea prescrive tutto il serio pensiero scientifico cioè quel poco che esiste…”
Norman: “Certo…”
Harry: “Infatti tu lo mettesti nel tuo rapporto, non è così Norman?”
Norman: “Certo, è tutto scritto… È così…”
Barnes: “Bene, hanno finito. Comunica ai sommozzatori che possono tornare in superficie, che noi siamo a posto, grazie.”
Fletcher: “Habitat a sommozzatori. Il nostro gruppo è pronto ad entrare in azione. Il sommergibile vi riporterà in superficie. Grazie per l’aiuto, vi faremo sapere cosa troviamo.”
Indossano gli scafandri.
L’ASTRONAVE
Camminando lentamente e con fatica si avviano verso il tunnel scavato nel corallo alla fine del quale c’è un portello; vi è stato adattato un tunnel trasparente dotato di una camera stagna iniziale per pompare fuori l’acqua. Dopo aver scheggiato fin troppo facilmente la paratia, il portello si apre da solo mostrando un corridoio buio.
Barnes: “Beh, Fletcher, informa il comando della Marina che siamo riusciti ad entrare nell’astronave. C’è un’enorme quantità di schermatura antiradiazioni qua dentro, un’imponente ragnatela di passerelle e tubature e un sacco di vapore… Ci manterremo in contatto.”
Trovano delle orme di scarpe assolutamente simili alle suole terrestri e si dividono per poter sfruttare meglio l’aria che è rimasta loro in quanto, per prudenza, non si sono tolti i caschi. Beth e Norman salgono inconsapevolmente su un ascensore che li porta dentro quella che sembra la cabina di pilotaggio mentre gli altri tre stanno ammirando la robustezza e la flessibilità del metallo che li circonda; Ted nota, sopra un contenitore, una scritta.
TRASH BASURA
Barnes: “Immondizia… in spagnolo ed in inglese… Immondizia?!”
Beth urla davanti al cadavere mummificato che le si para davanti seduto a uno dei sedili della cabina.
Beth: “Gesù… è umano…”
Norman: “Vuoi dire umanoide.”
Beth: “No, Norman, voglio dire umano. Trauma da corpo contundente. Dalla direzione della frattura si vede che è stato colpito alle spalle.”
Norman: “Ma cos’ha in mano?”
Beth: “Non lo so. Che cos’è?”
Norman (guarda la scritta sulla bustina): “Mandorle tostate…”
Beth: “Mio Dio, è un’astronave americana!”
Norman: “Ma come fa ad essere un’astronave americana? Ha più di trecento anni, non c’erano nemmeno gli americani, figurati le astronavi…”
Beth: “Eppure è così!”
Norman: “Okay, okay, va bene… Vediamo se c’è una specie di scatola nera o… o… o un computer con dei dati per capire… Non so, un piano di volo… insomma…”
Il giornale di bordo è in realtà un computer che ha registrato, in perfetta lingua inglese, gli eventi che probabilmente hanno portato lì la nave spaziale. Delle date spiccano sul visore ma sono comprensibili solo le due ultime cifre: 43 e 47. Poi la registrazione di un evento ignoto.
Norman: “Registrazione evento ignoto. Clikkalo, su, coraggio.”
I due si trovano improvvisamente avvolti in un mare di stelle come se stessero volando in mezzo a mondi ignoti poi, sullo schermo, appare una scritta.
ATTENZIONE – EVENTO IGNOTO
La nave olografica che si para ai loro occhi sembra ora precipitare verso un’oscura forma al centro di una galassia… poi le immagini terminano bruscamente.
Barnes si mette in contatto con Norman e li invita a raggiungerli. Così i cinque si trovano davanti a una grande sfera dorata, increspata in superficie, quasi come se fosse viva.
Norman: “E questa che diavolo è?”
Barnes: “Qualunque cosa sia sembra lo scopo per cui l’astronave è stata progettata, andare nello spazio e raccogliere cose come questa e riportarle indietro.”
Ted: “Chiaro, ma indietro da dove?”
Harry: “Non ti eccitare troppo, Ted. Se guardi sotto probabilmente c’è scritto Made in Corea.”
Norman: “Sarà, ma ne dubito.”
Barnes: “Niente portelli, niente cerniere di nessun tipo…”
Ted: “Scommetto che se ci applichi uno sferometro laser scopri che è una sfera perfetta, intendo perfetta al millesimo, il che è già un messaggio di per sé…”
Barnes: “Ah, davvero? Come sarebbe a dire?”
Ted: “Beh, quando il Papa chiese a Giotto un disegno che dimostrasse il suo valore d’artista Giotto disegnò un cerchio perfetto… a mano libera… La perfezione è un potente messaggio.”
Beth: “Io so quello che direbbero i maestri Zen…”
Barnes: “E sarebbe?”
Beth: “Quella sfera vuole essere catturata.”
Barnes: “No, nessuno ha fabbricato quella cosa con il terzo occhio. Si sono presi un grosso disturbo e non l’hanno fatto per niente. Qualcuno l’ha lasciata in giro perché fosse raccolta e portata qui. Ricordatevi del cavallo di Troia, potrebbe essere una trappola.”
Ted: “Non è che sei un tantino paranoico, Barnes?”
Barnes: “Ora le piazzo una bella videocamera addosso per tenerla d’occhio.”
Norman: “Posso fare un’osservazione a proposito di questa sfera?”
Barnes: “Sembrerebbe mercurio, non è vero? Solo che il mercurio è liquido a questa temperatura.”
Norman: “No, no. Non era questo che intendevo dire, quello che mi preoccupa è che la sua superficie riflette tutto meno noi. L’ho notato io che non sono uno scienziato, questo m’imbarazza, senza offesa, eh? Secondo voi che cos’era?”
Barnes (sfiorandola): “Non lo so. Qualunque cosa sia è aliena.”
L’ANALISI
Tornati nell’Habitat i cinque cercano di fare il punto della situazione.
Ted: “Okay… Un’astronave americana, materiali e tecnologie più avanzate di qualsiasi cosa a nostra conoscenza, precipita nell’oceano.”
Harry: “E perché non è danneggiata?”
Ted: “Non lo è perché evidentemente il materiale è supersolido.”
Harry: “Ma se si è scheggiato appena lo hai toccato con lo scalpello!”
Ted: “Giusto… meglio… non è precipitata, è arrivata… trecento anni fa…”
Harry: “Da dove?”
Ted: “Non da dove… da quando…”
Beth: “Cioè, tu dici che questa cosa ha sbagliato strada?”
Ted: “Sì, esattamente! Mettiamo che l’astronave inavvertitamente abbia imboccato un buco nero… è arrivata nel nostro passato dal suo presente… Come erano quelle date che hai visto nel giornale di bordo?”
Norman: “43… 47…”
Ted: “Perfetto, dovevano essere 2043, 2047… l’immagine che mi hai detto di aver visto nel monitor, come l’hai descritta? Pare decisamente un buco nero, uno strappo nel continuum…”
Harry: “Lo sappiamo cos’è un buco nero.”
Norman: “No, aspetta. io non lo so cos’è un buco nero.”
Harry: “È una stella morta e collassata carica di attrazione gravitazionale. Funziona come un aspirapolvere cosmico, risucchia luce, polvere interstellare, tempo…”
Norman: “Tempo?”
Harry: “È plausibile ma non probabile.”
Ted: “È più che probabile, è astrofisica rudimentale solo che ancora non siamo riusciti a volarci dentro per dimostrarlo.”
La base in superficie comunica che sta avvicinandosi un ciclone per cui è necessario sgomberare al più presto oppure restare fino a che il maltempo non sia passato. Malgrado la decisione contraria di Ted, gli altri decidono di andarsene.
Finita la riunione Norman ed Harry si trovano a parlare ancora della faccenda: per Harry quella sfera è viva visto che decide per conto suo su chi deve riflettere o meno.
Ma sono le ultime parole del matematico che preoccupano Norman.
Harry: “Comunque ci moriremo tutti qua sotto.”
Norman: “Come?! Che cosa?!”
Harry: “Vedi, è curioso. Ted ha capito bene… viaggio nel tempo… e quando torneremo lo diremo a tutti quanti… che è possibile, come si fa, quali sono i pericoli… ma allora perché cinquant’anni nel futuro quando l’astronave incontra un buco nero il suo computer lo intesta Registrazione Evento Ignoto? Perché non lo sanno. Eh… se non lo sanno vuol dire che non l’abbiamo mai detto a nessuno, vuol dire che non siamo mai tornati su, quindi noi moriamo qua sotto… È solamente questione di logica deduttiva, Norman… Accidenti quanto mi piacerebbe entrare in quella sfera.”
LA SFERA
Suona l’allarme nella stazione.
Harry è uscito e si sta dirigendo verso la sfera quindi scompare; ignorando le proteste di Barnes Norman raggiunge a sua volta la stanza e trova Harry, svenuto, ai piedi della sfera poi vede sé stesso uscire dallo strano oggetto.
Le luci si spengono a bordo dell’Habitat ed entrano in funzione le luci d’emergenza. Ogni contatto con la base è interrotto.
Norman ha riportato indietro Harry, l’uomo sembra profondamente addormentato.
Barnes parla all’interfono.
Barnes: “Posso avere un momento d’attenzione, prego? Abbiamo perso il contatto con la superficie. L’Habitat, al momento, funziona esclusivamente con l’energia di riserva. Abbiamo viveri e acqua da bere, ossigeno in abbondanza per sostenerci finché non finisce la tempesta e non ristabiliamo il contatto con la superficie ma, fino a quel momento, questa missione passa al mio comando con i poteri straordinari dei casi d’emergenza.”
LA FORZA
Fletcher: “Carico questo materiale sul minisub.”
Barnes: “Ti spetta per ordine di servizio?”
Fletcher: “Sissignore!”
Barnes: “Procedi.”
Ted: “Ma quale materiale?”
Barnes: “Segue il programma. Tutto quello che facciamo viene registrato. Ogni dodici ore dobbiamo caricare le cassette sul minisub e spingere il bottone del timer. Se dovesse succederci qualcosa e non lo facessimo il minisub tornerebbe in superficie automaticamente. Così, se siamo tutti morti hanno almeno una registrazione parziale di quello che è andato male. Non lo trovi allegro, eh? Guarda tu la bottega… devo andare in bagno.”
Fletcher ha raggiunto il minisub, ha caricato il materiale e ha premuto il pulsante del timer.
Torna indietro verso l’Habitat ma viene circondata e poi assalita da un branco di meduse che le sfondano il vetro del casco uccidendola.
Il corpo viene recuperato ed esaminato da Beth sotto gli occhi inorriditi di Norman che ricorda come da piccolo sia stato punto più volte da quelle creature.
Norman detesta quegli esseri.
Beth: “Ti sentiresti meglio se ti dicessi che questa non è affatto una medusa?”
Norman: “Come sarebbe a dire?”
Beth: “Sarebbe a dire che meduse come queste non esistono, anche se lo sembra questa non è una medusa.”
Ted scorge Harry cantare tranquillamente sotto la doccia; irrompe nella sezione di Barnes mentre questi sta discutendo con Norman del passato di Beth, del suo squilibrio mentale, del suo tentato suicidio, anche se Norman gli spiega che la ragazza è completamente guarita, Barnes non è affatto convinto.
Raggiungono Harry, felici di vederlo ripreso e in buono stato anche se privo di memoria per gli accadimenti recenti, indi si ritrovano in sala mensa dove Harry mangia voracemente delle uova preparate da Norman, ma non apprezza i calamari.
Harry detesta i calamari.
Frattanto Edmunds osserva dei numeri, numeri che appaiono in continuazione sui monitor e avvisa prontamente Norman, ancora una volta intento a discutere con Ted sulla perdita di memoria del matematico.
IL PRIMO SCAMBIO
Harry scopre con la massima facilità che si tratta di un codice: le sequenze dei numeri si ripetono in maniera sequenziale; chiede a Ted di convertirlo in binario.
Ted: “Harry, secondo te arriva dalla sfera?”
Harry: “Non lo so.”
Barnes: “Harry, questa missione è classificata ultra top secret. Se riesci a trovare qualcosa è solo per i miei occhi!”
Harry: “Se tu fossi in lei come lo impareresti il nostro alfabeto? Nel modo in cui è configurato su una tastiera.”
Ted: “Ma riflesso su una palla, sfericamente, una tastiera, ma sferica! Prendi una tastiera normale, avvolgila intorno a una sfera poi comincia dal tasto centrale, la C, e numera le lettere a spirale, verso l’esterno.”
Harry: “Ted, sei un genio!”
Ted: “È vero, Harry, lo sono ancora, ho ancora la materia grigia.”
Harry: “Ehi, Ted, non dobbiamo fare altro che inserire i numeri.”
Ed ecco, sullo schermo, formarsi delle parole:
Salve. Come stai. Io sto bene.
Come ti chiami?
Io mi chiamo Jerry.
Harry: “Amici, in ottomila anni di storia questa è la prima volta, la prima volta… Siete in comunicazione con un’intelligenza aliena!”
Pur trovando il messaggio semplice ed elementare l’eccitazione e la curiosità dei cinque è al massimo.
Ho piacere di essere in contatto
con le vostre entità,
Questo mi piace molto.
Barnes chiede quale possa essere il cognome di Jerry ma la domanda successiva viene digitata da Harry.
Harry: “Da dove vieni?”
Io faccio un viaggio.
Tu fai un viaggio.
Noi facciamo un viaggio insieme.
Harry: “Un viaggio da dove?”
Io sono felice.
Ted: “È felice…”
Norman: “È molto astuto.”
Ted: “Che è successo?”
Harry: “Accidenti, l’abbiamo perso!”
Ted: “Non siamo soli… Ragazzi, decisamente non siamo soli! Harry, sta cercando di prendere contatto con noi!”
Harry: “Beh, qualunque cosa sia prima stava nella sfera, ora è libero di agire.”
Ted: “Ma come, come sarebbe a dire?”
Harry: “Libero di impossessarsi dei nostri computer, di chiamarci al telefono, di venire a bussare alla nostra porta, se vuole.”
Ted: “Uhm, una presenza fisica.”
Barnes: “A che stai pensando, Norman?”
Norman: “A quell’ultima cosa che ha detto: sono felice.”
Harry: “Perché non vuoi che Jerry sia felice, Norman?”
Norman: “La verità?”
Barnes: “Certo, cos’hai in mente?”
Norman: “Io sarei molto più tranquillo se Jerry non provasse emozioni perché la questione è che una volta imboccata questa via abbiamo in Jerry un essere emotivo confinato per trecento anni senza nessuno con cui parlare e senza nessuna assicurazione e crescita emotiva derivante dal contatto con altri esseri emotivi.”
Harry: “E con questo?”
Norman: “Che cosa succede se Jerry si arrabbia?”
IL MOSTRO
Norman sente dei rumori strani provenienti dall’esterno mentre, nella sala mensa, Barnes sta parlando con Beth del suo stato di salute.
Una strana ombra minacciosa passa davanti all’oblò. Norman e Beth escono all’esterno e trovano la Edmunds morta vicino al minisub.
Norman: “Beth, non capisco… Cosa può averla ridotta così?”
Beth: “Mio Dio! Norman, è come una bambola di pezza, come se non avesse più le ossa!”
Norman: “È incredibile.”
I due si avviano per rientrare portandosi dietro il corpo della donna mentre delle strane uova stanno cadendo dall’alto e mentre, sul radar, Barnes vede una strana forma che si sta avvicinando velocemente.
Non accade nulla e i due rientrano, le tracce dell’essere scompaiono improvvisamente mentre, nella sua cuccetta, Harry sta leggendo tranquillamente 20.000 leghe sotto i mari di Jules Verne.
Barnes: “Mi serve un rapporto, Beth!”
Beth: “Non lo so che diavolo succeda là fuori, ci sono uova dappertutto.”
Barnes: “Avresti dovuto portarne uno dentro.”
Beth: “Probabilmente quelle uova di Pasqua sono la causa della morte di Edmunds.”
Norman: “Io voglio parlare con Jerry.”
POSTI DI COMBATTIMENTO
Barnes, Ted e Norman si avviano verso la sala comando chiedendosi quale strategia possa essere necessaria per parlare con Jerry.
Vorremmo avvisare i lettori che i messaggi di Jerry appaiono sul visore in lingua inglese e che la traduzione degli stessi è fatta con una voce fuori campo come se Jerry, oltre che scrivere, parlasse il che, ovviamente, è vero solo nella versione italiana.
Che cosa è una strategia?
Norman: “Oh, mio Dio… Jerry… Jerry? Tu riesci a sentirmi?”
Sì, Norman.
Norman: “Allora hai sentito tutte le cose di cui stavamo parlando?”
Sì, Norman.
Barnes: “Ah, fantastico!”
Sono felice anche io.
Ted: “Jerry, ciao… è Ted che ti parla… Ehm… ecco… beh, io sono il tizio che di fatto ha decifrato la storia della tastiera…”
Barnes: “Lascia stare, smettila! Digli che adesso dobbiamo discutere tra noi!”
No.
Norman: “Je… Jerry… Jerry, mi ascolti? …E’ arrabbiato… Jerry, ti prego, rispondi.”
Barnes: “Stacchiamo la spina e basta.”
Norman: “Forse non è così semplice.”
Barnes: “Sì che è semplice. Noi lo lasciamo in pace e lui lascia in pace noi.”
Norman: “Forse lui non vuol essere lasciato in pace. È stato qua sotto in isolamento per trecento anni… Chissà… forse si sente solo…”
Barnes: “Si sente solo…”
Voglio parlare ora.
Subito. Adesso.
Beth entra in quel momento accompagnata da strani rumori che si sentono dall’esterno.
Beth: “Che cos’è?”
Ted la zittisce.
Barnes: “Il sonar sta rilevando qualcosa, fuori.”
Norman: “Jerry, tutti noi ti riteniamo un’affascinante e meravigliosa entità e vorremmo parlare con te per ore ed ore, sul serio, questo lo capisci, non è vero?”
Io non voglio smettere. No.
Norman: “Vedi, con la tua grande intelligenza e saggezza, tu devi anche capire che delle entità come siamo noi necessitano di riservatezza, insomma dobbiamo parlare tra noi qualche volta.”
Voi avete paura?
Norman: “No, no, no… Noi siamo… Jerry, sai come stanno le cose… Jerry… Jerry?… Jerry…”
Beth: “Dov’è andato?”
All’esterno riprende la pioggia delle strane uova e qualcosa si sta avvicinando all’Habitat: la strana forma viene evidenziata dal sonar come quella di un calamaro gigante lungo dodici metri.
L’Habitat è senza difese, se si esclude la possibilità di inserire una barriera di corrente che però causerebbe un corto circuito all’interno e dei possibili incendi. Il mostro è lo stesso che si era avvicinato alla base quando Beth e Norman erano fuori a recuperare il corpo della Edmunds.
Qualcosa urta l’Habitat e i rumori si ripetono ancora più forti.
Sono qui.
Barnes manda Ted in sala controllo mentre gli urti si fanno sempre più violenti facendo cadere i piatti dai loro alloggiamenti in cucina e provocando una falla proprio dove si trova Ted.
Sono qui.
Barnes ordina a Ted di aumentare la pressione in modo da fermare il flusso d’acqua che sta entrando nella sala controllo. Lo scienziato gira troppo la manopola e la pressione, adesso, è eccessiva.
Intervengono anche Norman e Beth: il primo riesce a ristabilizzare la pressione.
Barnes ordina a Norman di tirare la leva verde che darà corrente all’esterno.
Beth è contraria e Norman non sa cosa fare… poi l’uomo tira la leva e i rumori e gli urti cessano di colpo.
I problemi non sono finiti perché Barnes rileva un incendio nella sala comando e vi manda Norman mentre lui si procura una maschera antigas per le eventuali esalazioni di fumo.
Io vi ucciderò tutti.
Ted prende degli altri estintori mentre Norman e Beth cercano di spegnere le fiamme; Harry dorme tranquillamente nella sua cuccetta.
Le paratie stagne si stanno chiudendo automaticamente per non propagare l’incendio e Barnes blocca la sua porta con un contenitore, in modo da guadagnare tempo per poter recuperare maschera e bombola. Mentre l’uomo sta cercando di passare per il pertugio il contenitore si stacca e la porta si chiude schiacciando Barnes.
Io vi ucciderò tutti.
Ted è arrivato con due nuovi estintori; Beth è salita al piano di sopra per combattere i focolai. L’uomo comincia a gettare la schiuma sulle fiamme mentre Norman lo guarda acquattato in un angolo, quasi inebetito. Un pannello del soffitto, staccandosi, colpisce Ted in testa per poi cadergli addosso immobilizzandolo sul pavimento a grata. Ed ecco che dallo stesso esce un vortice di fiamme che uccide Ted in modo orribile… l’incendio finisce di colpo.
Ora i sacchi contenenti i cadaveri accumulati in infermeria, sono quattro.
Norman: “Qui parla Norman. Jerry, riesci a sentirmi? Jerry? Sono Norman… sei sempre lì? Sono Norman. Jerry, chi ha spento l’incendio? Jerry, chi l’ha spento?”
Dov’è l’entità di controllo
Harold C. Barnes?
Non percepisco più tale entità.
Norman: “Non puoi percepirla perché Barnes è morto. È stato segato in due da una porta.”
Io non percepisco l’entità Ted.
Norman: “Lo so. È accaduto qualcosa anche a Ted.”
Riportalo qui.
Norman: “Non posso.”
Riporta qui l’entità Ted.
Era divertente.
Norman: “Non posso, non ne ho il potere. C’è stato un incendio e… e io mi sono bloccato. Non l’ho aiutato. Io lo volevo fare ma non ci sono riuscito! Lo conoscevo da quando aveva diciassette anni e l’ho lasciato morire. Farò i conti con la mia coscienza in un altro momento, se potrò…”
Ti è piaciuto il calamaro gigante?
Norman: “Lo hai fatto tu, Jerry?”
Ti è piaciuto il calamaro gigante?
Ti è piaciuto?
Posso manifestarlo ancora per te.
Norman: “No, no, no. Basta così, n… non fare niente. No, Jerry… Jerry… è molto importante non fare altro per il momento, va bene? Per favore…”
Io non voglio smettere.
Norman: “Jerry, tu devi smettere… Jerry, ascoltami, è… è una cosa essenziale. Le tue… le tue manifestazioni danneggiano le nostre entità e ben presto non avrai più nessuna entità con cui parlare, con cui giocare e ti ritroverai di nuovo solo perché non sei in grado di controllarti, perché, con tutti i tuoi poteri, non hai il potere di fermare te stesso. Non è così, Jerry?”
Smettila di chiamarmi Jerry.
Norman: “Quale nome preferisci? Jerry… Jerry… quale nome vuoi? Jerry…”
Harry è sveglio e sta tranquillamente leggendo un libro quando Norman entra nella stanza:
Norman: “Ciao, Harry. Come ti senti?”
Harry: “Norman!”
Norman: “Hai visto che è successo?”
Harry: “Che cosa?”
Norman: “Sto parlando dell’assalto che abbiamo subito. Lo sai che c’è stato un assalto all’installazione, no?”
Harry: “No. Devo aver dormito tutto il tempo.”
Norman: “Hai dormito tutto il tempo?”
Harry: “Beh, ero stanco morto…”
Norman: “Ma come? Non ti ha disturbato il fumo… e i rumori… e tutto il resto? …niente!”
Harry: “Norman, l’hai mai letto questo libro, 20.000 leghe sotto i mari? L’ho trovato nel bagno, probabilmente lasciato da qualcuno che cercava di fare lo spiritoso. Io l’ho sempre adorato questo libro ma non sono mai riuscito a superare pagina 87, troppo pauroso…”
Norman: “Mi sembri stranamente indifferente, vista la situazione.”
Harry: “Ah, tu dici, Norman? E con tutto il tuo panico e la tua agitazione che hai combinato?”
Norman: “Quindi lo sai che mi sono agitato… Hai visto Beth?”
Harry: “No, deve essere con gli altri.”
Norman: “Quali altri? Barnes e Ted sono morti, Harry. Non c’è rimasto più nessuno qua sotto che sappia mandare avanti questa baracca, lo capisci? L’incendio ha messo fuori uso gli strumenti elettronici, abbiamo consumato quasi tutta la nostra riserva di ossigeno e tu stai lì a leggere il tuo libro!”
Entra Beth.
Beth: “Bisogna andare a fare il reset al minisub. Se non si spinge il bottone ogni dodici ore quello torna in superficie, ve ne ricordate?”
Harry: “Vado io.”
Norman: “No. Vado io.”
Harry: “Sei sicuro?”
Norman: “Sì, certo.”
Beth: “Se finisse la tempesta… È l’unico modo per tornare in superficie.”
Norman: “Ti posso parlare un secondo?”
Beth annuisce.
Norman: “Non voglio che Harry si avvicini a quel minisub.”
Beth: “Perché, se ne andrebbe senza di noi?”
Norman: “Oh, credo che se ne sia già andato senza di noi, credo che Harry sia già in tutt’altro posto. Lo sai che ha dormito per tutto l’attacco? Non trovi che la cosa sia un tantino strana, eh?”
Beth: “Beh, allora, siamo rimasti tu ed io, baby.”
Norman: “Tu ed io, Beth?”
Beth: “Già, vado in sala controllo, ti tengo d’occhio da lì.”
Norman si infila la tuta; va verso il minisub e compie l’operazione necessaria di reset poi, tornando indietro, si accorge che da uno dei tubi, escono delle bolle. Viene preso dal panico e chiede concitatamente aiuto a Beth ma la ragazza non gli risponde.
È invece Harry che dà le giuste indicazioni affinché Norman possa tornare sull’Habitat; il percorso di ritorno, seppur breve, riserva a Norman l’incontro con una specie di serpente marino che lo prende a testate. Finalmente e senza altri incidenti, Norman riesce a risalire.
I due uomini, dopo aver cercato Beth per ogni dove, la trovano fuori dall’Habitat che sta uscendo dall’astronave aliena. Beth cerca di giustificarsi dicendo che era uscita a cercare del cibo ma il frigorifero non risulta affatto vuoto come la ragazza lo aveva descritto e, in più, Harry dichiara di non aver mai sostituito Beth al monitor. I sospetti aumentano ancora quando, a una precisa domanda, cioè se la ragazza sia o non sia entrata nella sfera, questa non risponde e si allontana alterata.
Norman, nel restituire il libro di Harry che era caduto a terra, si avvede con terrore che Harry ne ha già un altro in mano e che le credenze della sala traboccano di altri volumi: ogni angolo sprizza libri.
Mentre, nel suo alloggio, Beth sta prendendo delle pillole, Norman si avvicina nuovamente a un visore.
Norman: “Jerry, cos’è che Harry non mi dice? Jerry, lo so che sei presente, tu sei sempre presente. Che cosa c’è dentro la sfera, Jerry? Harry sta leggendo questo libro 20.000 leghe sotto i mari! Quello che mi rende nervoso è che a pagina 87 ci sono solo pagine bianche… Perché? Perché è entrato nella sfera e ne è uscito così? Perché? Perché…. perché… perché, Jerry… perché questo libro è soltanto mezzo libro? Perché… perché? Che sta succedendo, Jerry?”
Smettila di chiamarmi Jerry.
Norman, colpito dal fatto che Jerry continui a protestare per il fatto di essere chiamato così, controlla la chiave di lettura impostata da Ted e vi trova un errore: il vero nome di Jerry non è tale ma deve invece intendersi come Harry.. il che, ovviamente crea parecchi problemi.
Beth, all’esterno, sta ponendo e armando delle cariche esplosive.
ULTERIORE ANALISI
Norman: “Harry non solo crea una realtà per se stesso, Beth, ma la fa sembrare reale a te, la fa sembrare reale a me, l’ha fatta sembrare reale a tutti quanti. È una cosa spaventosa perché non sai se è davvero reale o se è lui che la fa sembrare reale per farci credere che è reale e fa tutto per mezzo della sfera.”
Beth: “Quindi tu dici che il nostro Harry sarebbe Jerry…”
Norman: “Andiamo, Beth, io sono stanco almeno quanto te. Forse tu sei… tu sei più… sono sicuro che sei in grado di capire, è chiaro? Harry diceva che non riusciva ad andare oltre pagina 87 perché era troppo pauroso, giusto?”
Beth: “Non c’è niente su queste pagine. Dov’è il resto del libro?”
Norman: “Leggi cosa c’è scritto a pagina 87.”
Beth: “Secondo i calcoli di alcuni naturalisti uno di questi animali lungo due metri avrebbe dei tentacoli lunghi otto metri. Un mostro davvero terrificante…”
Norman: “Qual è la cosa che Harry odia?”
Beth: “I calamari.”
Norman: “E quando è arrivato a quel punto ha smesso di leggere. Si è terrorizzato! Ti ricordi quelle meduse che hanno aggredito Fletcher, eh? Che cosa faceva Harry al momento?”
Beth: “Dormiva.”
Norman: “Aveva gl’incubi e questa è la parte più allucinante: quello che lui sognava…”
Beth: “…è successo…”
Norman: “È successo…”
Beth: “Quindi mi stai dicendo che dal momento che Harry è entrato nella sfera adesso ha il potere di materializzare i suoi sogni, le sue fantasie, i suoi…”
Norman: “Proprio così. Li ha materializzati. Ha fatto sì che succedessero!”
“Ad ogni comando quella macchina avrebbe proiettato materia solida in qualunque punto del pianeta di qualsiasi misura o colore desiderati o per qualsiasi scopo, Morbius! Creazione col semplice pensiero.”
(Da Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox)
Beth: “Beh, sarà meglio non farlo arrabbiare.”
Norman: “Non è molto diverso da un bambino, chiaro? Un bambino è convinto che quello che lui immagina, accada. Ma non è così! Invece con Harry accade. E tutto è così grave che non è reale, solo per Harry è reale, per tutti quanti no! E quello che non riesco a capire è che, da quando è entrato nella sfera, la sfera è come se avesse il potere di proiettare ogni pensiero subcosciente che Harry ha sul nostro computer. Lo stampa a chiare lettere e noi interagiamo con lui. Noi pensavamo che fosse Jerry, non è Jerry è Harry! Jerry è Harry!”
Beth: “Ma lui questo lo sa?”
Norman: “No, e quello che non mi è chiaro è che tu sei entrata nella sfera e non è successo niente!”
Beth: “Ovviamente non sono entrata nella sfera.”
Norman: “Beth, tu non sei mai entrata in quella sfera? Non ci sei mai entrata?”
Beth: “Ero così furiosa con te, volevo solo spaventarti.”
Norman: “Ne avevi tutti i motivi.”
Beth: “Grazie.”
Norman: “Sei sicura di non esserci entrata?”
Beth: “Io non so come la vedi tu ma personalmente non ci voglio crepare qua sotto.”
Norman: “Non ci resta altro da fare che trovare il sistema di anestetizzare Harry. Dobbiamo farlo piombare in una specie di sonno comatoso.”
Beth: “E speriamo senza sogni…”
Norman: “Un sonno senza sogni, sì, ma come si può fare?”
Beth: “Ho trovato molti medicinali di sopra.”
In effetti nell’infermeria trovano quello che stavano cercando e lo iniettano ad Harry mentre sta dormendo.
Arriva un messaggio dalla superficie.
Beth: “Condizioni meteo normali. Navi appoggio di superficie ritornano… Fra sei ore esatte ce ne andiamo.”
Norman: “È finita… Basta agitarsi.”
Beth: “Mi conosci, io credo a qualsiasi cosa.”
Harry sta dormendo; Norman si sta tranquillamente lavando i denti quando qualcosa striscia alle sue spalle muovendosi nel corridoio semiallagato e lo assale: sono due serpenti marini che Beth gli toglie di dosso con facilità.
Tempo dopo, Beth chiama Norman all’interfono invitandolo a raggiungerlo in laboratorio e poi lo chiude dentro.
Quindi Beth si collega con Norman attraverso la televisione a circuito chiuso.
Beth: “Norman, tu hai materializzato i serpenti!”
Norman: “Cosa?”
Beth: “Norman… quassù…quassù Norman! Tu sei l’unico che poteva far materializzare quei serpenti. Norman, voltati e guarda sul tavolo! Vedi quella siringa ipodermica?”
Norman: “Sì.”
Beth: “Voglio che ti faccia un’iniezione, Norman.”
Norman: “Che cosa vuoi?”
Beth: “C’è dentro la stessa roba che abbiamo usato per addormentare Harry.”
Norman: “Beth, abbiamo dato a Harry questa roba perché… perché stava materializzando di tutto e noi non volevamo…”
Beth: “Norman… tu stai materializzando le tue paure. Le meduse… ora i serpenti…Okay il calamaro era colpa di Harry, ma ora lui dorme, ha un sonno privo di sogni. Non può essere lui, l’ultimo rimasto sei tu, Norman!”
“E quelle irragionevoli bestie del subconscio ebbero libero accesso ad una macchina inarrestabile. Il demone segreto di ogni anima sul pianeta libero di saccheggiare e predare, per vendicarsi, Morbius, e uccidere.”
(Da Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox)
Norman: “Ma perché quei serpenti dovrebbero uscire dal mio cervello? Io non sono entrato nella sfera!”
Beth: “Li vedi quei barattoli sullo scaffale? Beh, ho messo là dentro i serpenti e sono scomparsi proprio sotto i miei occhi. Chi li sta materializzando, Norman, sei tu!”
Norman: “Guarda che io non c’entro niente coi serpenti. Io… io non ci sono entrato nella sfera!”
Beth: “Non te ne ricordi. Se tu non usi quella siringa ipodermica io sarò costretta a difendermi.”
Norman: “Come sarebbe a dire non me ne ricordo? Me ne ricorderei eccome se fossi stato nella sfera…”
Beth: “Norman, non costringermi a farlo…”
Norman: “…ti assicuro…io non ci sono entrato…”
Beth: “Ti prego, non lo voglio fare!”
Norman: “Io non ho materializzato niente… io… non ho materializzato io il calamaro… Io ho materializzato quei serpenti? Non è possibile discutere in questo modo!”
Beth toglie la pressione dal locale e l’acqua comincia ad affluire rapidamente.
Norman: “Beth, cos’è tutta quest’acqua?”
Beth: “Norman, riflettici un po’. Chi è che da piccolo aveva paura delle meduse? Non te ne ricordi?”
Norman: “Delle meduse? Non sono l’unico che ha paura delle meduse!”
Mentre la discussione prosegue l’acqua continua a salire. I contenitori che prima erano vuoti hanno di nuovo i serpenti ed esplodono. Le bestie scivolano nell’acqua terrorizzando Norman. Beth cerca di fargli capire la situazione:
Beth: “Norman puoi fermare tutto. Cerca di riprendere il controllo di te stesso. Le tue paure ci uccideranno tutti!”
Norman si immerge per prendere un piccolo respiratore d’emergenza e apre il portello sul soffitto dell’Habitat uscendo impunemente e incredibilmente all’esterno dove, ignorando la pressione e l’acqua fredda (dopo aver perso la bomboletta e averla recuperata) riesce a rientrare dal portellone d’ingresso dei palombari.
Harry si è svegliato e Beth, aprendo una paratia, viene investita da un getto d’acqua sul quale galleggiano i resti maciullati di Barnes.
Norman la raggiunge e la trova perfettamente asciutta e piangente.
I tre si ritrovano nello stesso luogo.
La spiegazione più plausibile per ciò che sta accadendo è una sola.
Norman: “Tu sei entrato nella sfera, Harry, ci è entrata anche Beth e ci sono entrato anch’io… credo.”
Harry:” Sì… e se anche fosse?”
Norman: “Tutto quello che sentiamo, tutto quello che pensiamo si… materializza… Ecco che è successo agli astronauti! Il pilota, l’astronauta sul sedile… che dicevi a proposito della sua testa?”
Beth: “Aveva… un trauma da corpo contundente.”
Norman: “Sono entrati nella sfera uno per uno e hanno cominciato a temersi l’un l’altro finché non si sono uccisi a vicenda e noi stiamo facendo la stessa cosa.”
Beth: “Io non ti voglio uccidere, Norman.”
ATTENZIONE, PREGO.
TUTTO IL PERSONALE ADDETTO ALLA COSTRUZIONE
DEVE LASCIARE IMMEDIATAMENTE LA ZONA MINATA.
I DISPOSITIVI SONO INNESCATI.
TREDICI MINUTI ALL’ESPLOSIONE.
Harry: “Qualcuno vuole dirmi di chi è questa voce?”
Beth: “Sì… Avevano degli esplosivi qua sotto per far saltare la roccia. Così, quando sono uscita, ho sistemato una recinzione di difesa intorno alla porta dell’astronave. Deve averla fatta scattare…”
Harry: “Che cosa?”
Beth: “Qualcosa all’interno della sfera.”
Harry: “Non c’è niente all’interno della sfera, Beth, lo sai bene, tu ci sei entrata.”
Norman: “E allora?”
Harry: “Non lo so…”
Norman: “Di chi si tratta?”
Beth: “Di me… Oddio… Stavo proprio pensando a.… a.… agli esplosivi… È stato come un lampo nella mia mente e ho fatto scattare l’innesco… Stavo pensando alla voglia di morire…”
Harry: “Hai messo esplosivi intorno all’astronave?”
Beth: “Sì, esatto, ma sono a più di cento metri di distanza…”
Harry: “C’è rimasto ancora un sacco di idrogeno liquido dentro l’astronave. Se esplode si disintegra tutto quanto!”
Norman: “Al minisub, di corsa! Andiamo!”
Si mettono gli scafandri ed escono dirigendosi faticosamente verso il minisub. Vi salgono e si trovano improvvisamente a bordo dell’astronave. Ne percorrono i corridoi senza uscita fino a che non si rendono conto che si tratta di un’illusione causata da Harry. Con uno forzo di volontà Norman torna nel tempo reale e avvia il minisub.
Mancano pochi secondi a una esplosione che investe il mezzo. Con fatica Norman riesce a mantenerlo in rotta e a farlo emergere.
Vengono soccorsi dalle navi e introdotti nella camera di decompressione.
Tre giorni dopo, finita la decompressione, vengono portati in una stanza in attesa di rendere le loro deposizioni sull’accaduto.
Beth: “Siamo intrappolati qua dentro da quasi tre giorni. Quelli vogliono di sicuro qualche spiegazione. Sarà meglio concordare quello che diremo.”
Harry: “Ah… meduse assassine… calamari… serpenti marini e un essere alieno sotto forma di una gigantesca e simbolica palla dorata? Per favore…”
Beth: “Sì, ma abbiamo distrutto cento milioni di dollari d’equipaggiamento là sotto. Ci sono stati dei morti. Questi vorranno delle risposte, che cosa avete intenzione di dire?”
Norman: “Harry, perché non siamo morti?”
Harry: “Come?”
Norman: “Ti ricordi che cosa hai detto? Il futuro non può essere cambiato.”
Harry: “Ma è così.”
Norman: “Già ma sull’astronave hanno scritto: Registrazione Evento Ignoto. Ignoto, come se noi non fossimo mai arrivati qui vivi per raccontare il fatto. Tu dicevi che non saremmo sopravvissuti, ricordi? Se non si può cambiare il futuro e dovremmo essere morti… Ma siamo vivi, non siamo morti.”
Beth: “Già, e fra meno di due minuti ci ritroveremo in una stanza piena di militari e loro sanno della sfera, sappiamo che Barnes ha comunicato con loro prima che perdessimo il contatto con la superficie. Mi dite che cosa raccontiamo?”
Harry: “Ah, ma che importa? La sfera è distrutta.”
Beth: “Però noi abbiamo ancora i poteri, dico bene? Io non lo so se è giusto affidarli a loro e francamente non so neanche se fidarmi di voi due ma una cosa mi è chiara: io non voglio smettere di dormire per paura di svegliarmi avendo materializzato qualche incubo e ritrovandomi chissà quale mostro in giro per casa…”
Harry: “Ah…un pensiero spaventoso.”
Beth: “Sì, terrificante. Allora, se abbiamo ancora quei poteri come vogliamo usarli? Loro cosa ne farebbero?”
Harry: “Vuoi dire che ti preoccupa quello che potrebbe succedere se cadessero nelle mani sbagliate?”
Beth: “Siano noi le mani sbagliate, chiaro? L’abbiamo dimostrato! Cioè, ragazzi, di sicuro noi siamo tre persone illuminate, siamo intelligenti, ci comportiamo da persone educate, civili, ma quando è toccato a noi abbiamo materializzato quanto più di meschino, distorto, vendicativo e paranoide ci sia passato per la mente. È andata così, giusto?”
Norman: “Allora sei convinto che l’abbiamo ancora il potere…”
Harry: “Ma certo che abbiamo ancora il potere ed ecco la soluzione dell’equazione. Non possiamo cambiare il futuro, non siamo morti ma loro non lo sanno, perché?”
Norman: “Non ti seguo più.”
Harry: “Perché noi abbiamo il potere di… dimenticare.”
Norman: “Di dimenticare?”
Harry: “Già.”
Beth: “Vuoi che decidiamo di dimenticare?”
Norman: “Aspettate un momento, fermi, fermi, fermi! Siamo sicuri che vogliamo dimenticare tutto?”
Harry: “Sì.”
Norman: “Insomma, questa è la più grande scoperta nella storia dell’umanità e noi ci diamo una pennellata di bianchetto come se fosse un errore di battitura!”
Harry: “Norman, ne sono sicuro.”
Norman: “Tu che ne pensi, Beth?”
Beth: “Cosa ti prende, Norman?”
Norman: “È un tantino dura rinunciare, ecco…”
Beth: “Certo…”
Norman: “…a qualcosa che potevamo avere… Questo dono, il potere di materializzare i nostri sogni… Ci viene dato il più grande dono nella storia dell’umanità, ci viene data questa sfera magica la quale ci dice: Immagina quello che vuoi e lo potrai avere… È uno straordinario dono ma noi siamo così primitivi che… che l’abbiamo materializzato e messo al servizio della parte peggiore che abbiamo dentro di noi anziché al servizio di una parte migliore che è in noi e questo che cosa dimostra?”
Harry: “Che non eravamo pronti, Norman.”
Norman: “Noi abbiamo quello che si dice immaginazione. Voglio dire… ma guarda te di cosa siamo capaci, possiamo… ma è vero, non siamo ancora pronti. Senti, molto tempo fa, io… io mi sono comportato in modo molto riprovevole con te e me ne dispiace, ti chiedo scusa.”
Beth: “Grazie.”
Norman: “Va bene. Allora siamo d’accordo di dimenticare. La sfera, i poteri, tutto ciò che è stato. Io non so come far scattare la cosa. Harry, sei tu il matematico…”
Si tengono per mano.
Harry: “Perché non contiamo fino a tre?”
Norman: “Ah, io non ci sarei mai arrivato…”
Beth: “Beh…”
Norman: “Okay, comincio io…Uno…”
Harry: “Due…”
Beth: “Tre!”
Dalle profondità del mare esce una sfera dorata che si libra velocemente nel cielo e si perde nello spazio. Il mondo non è pronto per il suo dono. Forse, un giorno quando ogni cattivo pensiero sarà bandito dalla mente umana tutto questo accadrà fatalmente…
Ancora una volta Michael Crichton realizza una storia di alto spessore. Autore di Andromeda Strain, L’uomo terminale, Runaway, Jurassic Park, Congo e Il mondo perduto, nonché regista de Il mondo dei robot e Coma profondo, fino alla sua morte avvenuta nel 2008, è stato considerato uno degli scrittori più pagati di Hollywood (l’altro è Stephen King).
Sfera è stato realizzato dal regista Barry (Rain Man) Livingston. Gli effetti speciali, quasi tutti modellini, sono stati realizzati da Jeffrey A. Okun, che già aveva dato prova di sé in Stargate, altro film con pochi effetti di computer graphic se si esclude però proprio la protagonista, e cioè la rutilante sfera dorata dalla superficie liquida.
(8 – continua)