Šachty, vicino a Rostov. Pochi giorni prima del Natale 1978.
Una bambina di circa nove anni si fida di quel gentile signore che la invita a seguirlo – chissà con quale pretesto – in una vecchia casa lì, a due passi.
La vecchia casa è diventata il rifugio segreto del “mostro” che si annida nell’animo di Čikatilo e lì Andrej dà inizio sul serio a una serie di stupri, omicidi e attività antropofaghe che lo condurranno alla pena capitale. Purtroppo molti anni dopo…
Entrati nella casa deserta, quello che poi sarà chiamato il “Mostro di Rostov” tenta di stuprare la piccola e davanti alle sue più che motivate reazioni di stupore e di paura, reagisce pugnalandola a morte. Ma non solo…
Durante l’omicidio Andrej prova un intenso piacere sessuale ed eiacula.
Questa esperienza si unisce all’originario imprinting “sesso-violenza” radicando in lui l’idea che l’unico modo per raggiungere una sorta di blanda erezione e di ottenere la soddisfazione sessuale sia quello di pugnalare a morte giovani vittime femminili.
I sospetti della polizia si concentrano sul venticinquenne Alexander Kravchenko, purtroppo per lui, già incarcerato per stupri e omicidi.
Invece Kravchenko non c’entra nulla, ma i “persuasivi” metodi dei poliziotti lo convincono a confessare qualunque cosa e, di conseguenza, viene condannato a morte e giustiziato. Anni dopo sarà – tardivamente! – scagionato per l’uccisione della prima piccola vittima del “Mostro di Rostov”. Ma ormai…
Il “Male” che cova in Andrej si quieta per circa quattro anni, ma poi esplode violentemente soprattutto quando egli sceglie di vagare intorno alle stazioni ferroviarie adescando qualche giovane nullafacente. Se nei pressi c’è un fitto bosco, le vittime non hanno scampo.
L’anno successivo uccide dei bambini e alcune donne con le quali tenta di avere rapporti sessuali. Ma da tempo Andrej è impotente e i motti di derisione delle sue “prede”, ignare che così facendo scateneranno il “mostro”, creano in lui l’odio inarrestabile che gli farà raggiungere l’orgasmo solo pugnalandole a morte.
Come era accaduto molti anni prima, nel Natale del 1978…
Ad alcune delle giovani vittime e alle donne in particolare è stata strappata, a morsi, la lingua e altre appaiono sventrate. Alcuni organi interni mancano, suggerendo agli inquirenti che lo “Squartatore di Rostov” – Čikatilo collezionerà un buon numero di epiteti! – si dedichi anche al cannibalismo.
Una delle cinquantatre vittime del “Macellaio di Rostov”. La sventurata donna, come si vede, è stata eviscerata e alcuni organi interni sono stati asportati. Forse anche per rifornire la dispensa del folle Andrej…
Aggirandosi in modo sospetto presso una fermata di autobus, Andrej viene fermato dalla polizia e arrestato per qualche tempo a causa di suoi precedenti penali per appropriazione indebita sul suo posto di lavoro.
Le indagini non conducono a un’accusa per reati sessuali e Čikatilo, dopo pochi mesi, viene rilasciato. É il dicembre del 1984.
Quando il numero delle persone scomparse comincia a diventare veramente preoccupante, quando sono rinvenuti i corpi squartati di sei persone, solo allora la polizia si attiva sul serio. Le indagini sono affidate a Michail Fetisov e al suo team, ma inizialmente Andrej non rientra nel numero dei sospettati poiché le analisi condotte su tracce ematiche rinvenute sul corpo martoriato delle vittime portano a risultati contrastanti se comparate con tracce del liquido seminale dell’assassino.
CSI, i RIS, le analisi del DNA effettuate da esperti aggiornati sulle moderne tecniche di indagine sono ancora di là da venire e solo un illuminato medico legale ha l’intuizione che mentre la gran parte degli individui produce nei vari fluidi corporei (saliva, lacrime, sudore, latte, liquido seminale, ecc.), markers di proteine, anticorpi ed antigeni caratteristici del sangue, circa il 20% della popolazione fa eccezione e ciò giustificava il fatto che i markers di Andrej inducessero a consideralo estraneo ai vari omicidi. Ma il medico non viene preso in seria considerazione e i delitti proseguono…
Oggi il DNA risolve brillantemente tutti questi problemi…
Forse altre vittime dello “Squartatore rosso”. Anche se Andrej negò di essersi nutrito degli organi interni delle sue vittime, è difficile credergli…
Čikatilo cambia città – si trasferisce a Novocerkassk – cambia lavoro e abitudini, poiché non si abbandona al “Male” che cova in lui fino al 1985 quando assale, uccide e squarta due donne. Due anni più tardi uccide una giovane in Ucraina.
In quell’anno le indagini vengono affidate a Issa Kostovev il quale riesamina ogni delitto cercando in essi un possibile filo conduttore.
Arriva l’aprile del 1988 e Čikatilo – a Krasny-Sulin – aggiunge un’altra vittima alla già lunga serie di efferati omicidi. Non soddisfatto, nello stesso anno, ne uccide altre otto. Seguono altri due delitti e si arriva al 6 novembre 1990 quando Andrej viene fermato da un agente di polizia mentre esce da un bosco con gli abiti e il volto sporchi di sangue. Nella borsa da aspirante, poco credibile, cercatore di funghi ci sono i seni di Sveta Korostik, abilmente recisi dal “Mostro di Rostov”.
Un poco credibile cercatore di funghi, il “Mostro di Rostov”, un po’ di birra, follie…
Il cerchio si stringe sempre di più, soprattutto quando la polizia trova due corpi vicino alla stazione di Leschoz, dove Čikatilo si aggira spesso.
Andrej Čikatilo era diventato quasi un abile chirurgo, capace di asportare – senza danneggiarli – gli organi interni delle sue vittime e poi, forse, divorarli. Ogni tanto portava a casa qualche altro “trofeo”, come questa testa di donna…
Ormai è tardi e la polizia lo fa pedinare anche da agenti in borghese, fino al 20 novembre 1990 quando Andrej sembra vagare per la città con un… contenitore per la birra, importunando contemporaneamente alcuni bambini. Poi entra in un bar e compra veramente la bevanda! Stranissime follie di una mente malata…
All’uscita del bar viene arrestato per pedofilia e tenuto in carcere per una decina di giorni mentre si cercano altre e più consistenti prove a suo carico.
Prove che derivano da una profonda ferita a una mano di Andrej, ferita con evidenti tracce dei denti di qualcuno che, addentandolo disperatamente, voleva difendersi…
Le accuse ora diventano più dirette e gli si fa credere che l’opinione che si è fatta la polizia sia quella di ritenere il serial killer una persona malata che uccide per essere arrestato e fermato nella sua escalation criminale. Tale tattica e l’abilità di un medico psichiatra che appare subito “simpatico” al Čikatilo – in altre circostanze il medico avrebbe corso “qualche rischio” – inducono il “Cittadino X”, l’ennesimo epiteto con cui Andrej viene chiamato, a confessare ben cinquantasei omicidi!
Ma il fatto che di tre vittime non si sia stato possibile accertare l’identità perché ormai in avanzatissimo stato di decomposizione – gli procura uno “sconto”.
Così, il numero delle vittime ufficialmente attribuibili alla sua attività di serial killer e dilettante “cannibale” scende a cinquantatré.
Gli inquirenti appaiono disorientati e quasi mortificati poiché essi sono a conoscenza di “soltanto” trentasei omicidi! Una banale distrazione…
Come sono scomode queste prigioni!
Finalmente assicurato ad una lentissima “giustizia”, Andrej ora corre seri pericoli poiché i reati a sfondo sessuale, nella Russia di quegli anni – ma anche oggi un po’ ovunque – vengono considerati con estrema riprovazione dagli stessi suoi compagni di prigionia. Cosa questa buona e giusta, direi…
“Allegria!”, sembra gridare ai quattro venti il folle Andrej Čikatilo. Non sa, o fa finta di non saperlo, che lo attende la pena capitale…
In carcere il comportamento di Andrej dipende dalle circostanze, poiché se sa di essere osservato agisce come se fosse veramente poco sano di mente – forse indotto ad agire così dai suoi legali – ma in altre circostanze è del tutto normale e si lamenta, addirittura, che le condizioni carcerarie non soddisfano il suo senso estetico e non tengono conto delle normali comodità alle quali un essere umano – ma lui lo è? – avrebbe diritto!
Si sa bene che la faccia tosta di molti delinquenti non conosce limiti, ma la pretesa del “Mostro di Rostov” di iscriversi a un concorso per eleggere il migliore investigatore dell’anno avrebbe dovuto indurci al riso se non avessimo, fino ad ora, navigato in un mare di autentica follia omicida.
Il processo ha inizio nel giugno del 1992 e nell’ottobre dello stesso anno egli viene dichiarato colpevole di “soli” cinquantadue dei cinquantatré omicidi commessi. In fin dei conti un piccolo sconto non si nega a nessuno!
Le urla dei parenti delle vittime, decisi a fare sommaria giustizia, a linciarlo, vanno avanti per giorni e giorni, con i poliziotti indaffarati sia nel tenere a bada un Čikatilo deciso a fare l’istrione fino all’ultimo suo giorno di vita, sia i familiari delle decine di persone uccise e, verosimilmente, cannibalizzate da Andrej.
La difesa del “Mostro” è un susseguirsi di colpi di scena che va avanti tra le sue accuse alla inefficiente classe politica – forse ha un po’ di ragione, visti i tempi lunghi necessari per arrestarlo! – e strani, confusi, suoi ricordi della carestia che colpì la Russia nei primi anni Trenta, Ucraina in particolare, qualche anno prima che lui nascesse e durante la quale un suo fratello maggiore divenne cibo per gli affamatissimi parenti.
Non manca ovviamente un suo inaspettato “striptease” che Andrej improvvisa coram populo per dimostrare… di essere impotente!
Come extrema ratio lo “Squartatore rosso”, il “Macellaio di Rostov”, il “Cittadino X” cerca di rabbonire la giuria affermando di aver compiuto un’opera umanitaria eliminando dalla società individui da lui ritenuti inutili, riprovevoli, dannosi, come ad esempio, le prostitute, qualche ragazzo sbandato, bambini senza futuro!
Vedendo come questa sua folle linea di difesa non produca alcun risultato – ci mancherebbe altro! – rivolge una domanda di grazia al presidente Boris Yeltsin il quale ovviamente la rifiuta.
Così, il 15 febbraio del 1994, un bel colpo di pistola alla nuca – che barbari questi russi, avrebbe esclamato, potendolo, il nostro antipaticissimo “mostro”! – pone fine a un’esistenza votata al “male”, al crimine, all’antropofagia, alla follia più assoluta…
Roberto Volterri
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