VIAGGIO TRA I PAESI FANTASMA D’ITALIA 03: SOSTILA, PROFUMO DI STREGA

Eccoci a una nuova interessante collaborazione con le amiche di “Italia parallela“: stavolta sono le streghe a riempire la scena.

Al censimento dei paesi fantasma italiani, troviamo anche Sostila, in Valtellina. E’ un piccolo paese adagiato in Val Fabiolo, una valle ombrosa e profonda lambita anticamente dal torrente Tartano, di cui ora altro non rimane che un solco nel terreno.

Sembra che questi posti siano stati colonizzati nel Medioevo da gruppi di persone in fuga dalle continue alluvioni del fondovalle. Le caratteristiche case con i tetti a piode (lastre di granito di forma rettangolare) risalgono, però, solamente al Seicento.

Era qui che in passato le streghe si riunivano per celebrare i loro sabba, motivo per cui, ad un certo punto, il nome del paese divenne poco simpaticamente noto. Gli abitanti di Sostila non erano molto contenti della nomea che aveva iniziato a diffondersi sul loro conto… Proprio loro che tutt’ora sono così radicati al loro nome ed alle loro origini!

Dalla valle, al rintocco dell’Ave Maria, le streghe escono di casa per volare ai raduni oppure per insidiare i malcapitati che si trovano ancora in giro. Solitamente andavano a radunarsi anche sulla Piana del Crap del Mezzodì, che si trova appena sopra al paese, oppure nei boschi del Culmine di Dazio, luogo che col tempo è poi stato “esorcizzato” con l’apposizione di una grande croce sulla sommità.

Si racconta che un giovane di Sostila si fosse innamorato di una ragazza la cui famiglia, composta da altre due sorelle e la madre, non era vista di buon occhio dagli altri abitanti del borgo: non si facevano mai vedere né in piazza, né in chiesa, né al lavatoio comune insieme alle altre donne. Il giovane non ci volle però badare troppo, rendendosi conto che poteva trattarsi semplicemente di persone molto, molto riservate.

Si fidanzò quindi con la ragazza ed iniziò a frequentarne la casa, sita in via dell’Era, accolto come un figlio dalla madre e come un fratello dalle altre sorelle. Tuttavia qualcosa di strano adombrava la sua felicità. Uno strano sentore. Egli poteva andare a trovare la giovane innamorata in qualsiasi momento della settimana, fuorché al giovedì: durante quei giorni infatti nessuna delle donne era presente in casa.

Un giorno, spinto dalla curiosità, tornò prima del previsto dal lavoro, e si appostò sotto una delle finestre della casa delle quattro donne. Ad un certo punto vide la più giovane delle sorelle entrare nella stanza dal focolare acceso, seguita dalla madre e dalle altre ragazze: tutte avevano una strana espressione sul volto, ed erano prese da una ancor più strana frenesia. Ed ecco che all’improvviso, ognuna delle quattro donne iniziò a svitarsi la testa, contorcendola in modo del tutto innaturale, fino a staccarsela dal busto. Tenendosela tra le mani, iniziarono a pettinarsi i capelli, passandosi la spazzola di mano in mano tra loro. Finito il rituale, si riattaccarono la testa. Suonò l’Ave Maria. Alla fine dei rintocchi, si precipitarono verso il caminetto e sparirono dentro ad esso. Il fatto viene ricordato da tutti come la leggenda delle “Streghe dell’Era”.

A Sostila, capitava che alcuni preti giunti in paese avessero la “fisica”, che fossero cioè di indole malvagia, capaci di trasformarsi in animali e di gettare malefici su persone, bestiame od oggetti.

Oggi il paese è disabitato: se nel 1928 contava circa 120 abitanti, già nei primi anni ’50 il numero si è tragicamente dimezzato, fino ad arrivare ai 14 abitanti complessivi all’inizio degli anni ’60.

L’unico momento dell’anno in cui il paese rivive è durante la prima domenica d’agosto, in onore dei festeggiamenti alla Madonna della Neve, cui è stata dedicata la chiesa del borgo. Leggenda vuole che la Madonna di Sostila avesse il potere di far piovere durante i periodi di siccità, motivo per cui, in estate, nei periodi più secchi, processioni di fedeli scendevano da Campo Tartaro in processione, pregando per la sua intercessione.

Nel 1987 si ha testimonianza dell’ultima di una serie di alluvioni, accadute anche in passato, provocate dal torrente Fabiolo. Ricordiamo in questo caso, l’alluvione del 1911, che tra gli abitanti della Sirta venne attribuita alle forze demoniache. Fu Don Abbondio della Patrona che prese a cuore la causa e decise di affrontare faccia a faccia gli spiriti maligni: una notte salì da solo fino a Campo e al suo ritorno raccontò di aver visto personalmente come la sua valle fosse in preda alle forze demoniache, tanto che sconsigliò a tutti di frequentarla anche di giorno. Riuscì a placare la furia del maligno, affrontandola con il suo spirito, ed evitando così che le case della Sirta venissero distrutte dalla potenza del fiume in piena, e ne uscì devastato, minando completamente la sua salute. Raccontava di essere stato assalito da spiriti muniti di nodosi bastoni, ed infatti il suo corpo ne riportò i segni per lungo tempo.

Dal sentiero che scende da Lavisolo, invece, si dice che a volte ci si imbattesse in processioni notturne di persone dal volto coperto, con candele in mano. Ci fu un testimone, un certo Gaspare, che raccontò di averli incrociati, una notte, mentre tornava a Campo: uno di questi strani personaggi gli diede in mano una candela e gli chiese di reggerla, poi la processione continuò a scendere a valle fino alla chiesa di Campo Tartaro: lì sparì. Gaspare, il mattino dopo, si accorse che la strana apparizione non gli aveva dato una candela, bensì una tibia umana…

Oggi, solamente queste pennellate leggendarie (oltre che alla festa della Madonna della Neve) riescono a ripopolare la valle, con i chiacchiericci delle donne, le risate dei bambini, le canzoni di uomini che, al chiaro di luna, si facevano coraggio per tornare a casa sani e salvi. Una terra che viveva di semplicità, di preghiere e di castagne, da secoli il prodotto tipico della zona. Una terra in cui le donne coglievano mele e ciliegie mentre una gran parte dei loro uomini viveva un’eterna notte di lavoro nelle miniere di ferro lassù sulle Alpi Orobiche. Una terra in cui le streghe continuano, indisturbate, a danzare tra una pietra e l’altra, tra le case disabitate e chissà… Magari aspettando qualcuno a cui giocare qualche scherzo.

Monica Taddia