Paolo Giordano, Premio Strega e Premio Campiello Opera Prima nel 2008 con il celebre romanzo “La solitudine dei numeri primi”, è stato il protagonista del quarto appuntamento della rassegna letteraria “Amabili Confini” in corso di svolgimento a Matera. Il progetto, diretto da Francesco Mongiello, ha notevole valenza culturale e sociale poiché interessa le scuole e le periferie della città con incontri letterari e la stesura di racconti, da parte di studenti e cittadini, sui quali poi si discute con gli scrittori invitati. Il tema dell’edizione 2019 è “Orizzonti” in tutte le implicazioni del termine. La serata di giovedì 30 maggio, molto partecipata, si è tenuta nell’auditorium della Parrocchia dell’Addolorata di Rione Serra Venerdì, quartiere simbolo del risanamento dei Rioni Sassi. E proprio da lì è partito l’intervento di Paolo Giordano che ha dialogato con Maria Rosaria Salvatore dello staff di “Amabili Confini”, il giovane scrittore materano Roberto Moliterni e con la psicologa Marinunzia Fanelli. Giordano ha evidenziato l’importanza e l’originalità della rassegna che guarda alle zone marginali della città e che stimola la partecipazione attiva dei cittadini, “anche in contrapposizione – ha sottolineato l’autore – all’idea che si sta creando nel Paese che la cultura sia ostile a chi vive nei quartieri periferici”. Genoveffa Capuzzi ha curato la lettura dei brani di alcuni racconti che partecipano al progetto e che saranno raccolti in un’antologia disponibile on line. Mentre Liliana D’Ercole, docente nel corso dell’ICT della Casa Circondariale di Matera, ha presentato una breve storia, scritta dall’allievo Umberto Conte, che ha destato particolare emozione. E’ poi toccato ai racconti di Sara Massi del Liceo Classico di Matera e di Agnese Ferri che nella vita è imprenditrice. Le narrazioni sono state apprezzate e commentate da Paolo Giordano il quale, nella seconda parte della serata, ha presentato il suo ultimo romanzo “Divorare il cielo” (Einaudi). La storia si svolge nell’arco di vent’anni nei quali lo scrittore torinese mette al centro la giovinezza oltre che una storia d’amore. A chiusura della serata Paolo Giordano ha risposto alle nostre domande.
QUANTO TI E’ COSTATO SCRIVERE QUESTO ROMANZO IN TERMINI DI FATICA. CI HAI LAVORATO QUATTRO ANNI…
Mi ha veramente spolpato, lo dico senza esagerazioni. In realtà ci sono più libri dentro quindi, ogni volta, era come finire e ricominciare e ci ho messo molti mesi dopo aver chiuso il libro a liberarmene e a ritrovare le energie. Per quegli anni in cui l’ho scritto è stato veramente l’orizzonte di tutto.
COSA LEGA “DIVORARE IL CIELO” AGLI ALTRI TUOI ROMANZI?
La giovinezza che è un po’ il tema ricorrente dei miei libri. Poi c’è una storia d’amore. Forse, rispetto al mio libro più famoso, che è anche il primo “La Solitudine dei numeri primi”, c’è una forte vicinanza nel fatto che questo romanzo racconta gli stessi intervalli di anni. Là erano due personaggi, qui sono di più e crescono insieme. Però la differenza fondamentale è che mentre i personaggi della “Solitudine” erano chiusi nel loro essere, i personaggi di “Divorare il cielo” sono esplosivi, reagiscono molto, vanno nel mondo.
POSSIAMO DIRE CHE SIA IL ROMANZO DELLA TUA GENERAZIONE?
E’ un romanzo su una generazione o su un paio di generazioni a cavallo. Questa volta avevo una volontà precisa di fare un ritratto generazionale e quindi il libro racconta anche un modo attuale di essere politici, di investire le proprie energie nel mondo che mi sembra molto specifico di questo tempo.
PARLI ANCHE DI TEMATICHE AMBIENTALI…
Sì, erano temi già nell’aria mentre scrivevo il libro, però poi nell’ultimo anno è divenuto un argomento su larghissima scala che, tra l’altro, investe i giovani e i giovanissimi.
E ANCHE PER QUESTO VALE SICURAMENTE LA PENA DI LEGGERLO!