IMAGELAND – PARTE 02

Cap. 2°

Ecìla si svegliò con un diffuso senso di benessere ed una parte della sua mente, immediatamente attiva, iniziò a registrare quelli che erano i suoni consueti al sopraggiungere dell’alba. Un cinguettio sostenuto infatti la raggiunse, strappandola del tutto dal sonno.

E furono dunque dei graziosi volatili i primi ad abitare il paese sorto dal nulla.  Man mano che la giornata progrediva, camminando sulle ali del tempo, altri animali – partoriti dalla mente feconda di Ecìla – presero vita e consistenza. Dapprima apparvero gli usuali compagni domestici dell’uomo … Cani e gatti di diverse razze e svariati colori scivolarono silenziosi per vicoli, piazze e viuzze, seguiti ben presto dalla consueta fauna boschiva e lepri, volpi, scoiattoli, opossum, puzzole, fecero la loro apparizione, timidi però nella loro pacifica invasione di un territorio  ancora sconosciuto.

Ecìla, sedendosi sulla soglia della casa che si era scelta, li osservava felice, invitando intanto la sua fantasia a dar vita a specie sempre diverse, purché in armonia con quell’ambiente e quel clima.

Al fine di una maggiore comprensione tra tutti loro, lei compresa, si chiese poi: “Dovrebbero forse saper parlare come me questi miei fratelli diversi? Oppure è più opportuno che conservino il loro linguaggio naturale?” Proprio allora un grosso gatto rosso le si avvicinò e, dopo averla osservata ed annusata per qualche minuto, le si acciambellò mansueto ai piedi.

<Come ti chiami?> gli chiese allora, accarezzandolo teneramente sulla testa setosa. <Cesare.> rispose immediatamente il micio e le si strofinò poi contro, emettendo fusa sonore.

<Cesare …> ripeté Ecìla, sorridendo tra sé.

<Allora faremo così:> affermò, guardando il gatto dritto negli occhi <a volte sarete in grado di parlare ed a volte invece no, a vostro piacimento. Non tutti però saranno in grado di capirvi, ma soltanto chi lo meriterà! >

Il micio parve annuire, scuotendo la grossa testa.

Fu così, tra lunghe passeggiate nell’abitato, ancora privo di suoni umani, ed il fruscio degli alberi mossi dal vento che il sole iniziò a cercare di nuovo il suo giaciglio per la notte.

Alle prime ombre della sera agli animali diurni vennero ad aggiungersi gli abitatori della notte. Un gufo ed una civetta lanciarono il loro richiamo, accoccolati su di un ramo, mentre un riccio, uscito silenziosamente dai cespugli, si avvicinò ad Ecìla, puntando il suo musino da buffo topo su di lei.

<Ciao piccolino … ti chiamerò Ugo, va bene?> gli disse allora Ecìla, sfiorandolo delicatamente con la punta di un dito per non pungersi. Ugo si appallottolò, come era sua consuetudine in simili casi, poi tornò però a srotolarsi, accoccolandosi accanto alla bambina.

<Farò così,> aggiunse poi Ecìla, chiamando a testimone il piccolo roditore <darò un nome proprio a tutti quelli tra voi animali che incontrerò …  gli altri, con cui non entrerò in contatto diretto, saranno invece liberi di scegliersi  o meno da soli un nome proprio.

Il vento notturno sfiorò un paese addormentato, sospirando mentre passava accanto all’uscio dietro al quale dormiva Ecìla.

(2 – continua)

Myriam Ambrosini