Cap. 9°
Arrivò quando il sole, come incerto tra il tramontare o meno, si immobilizzava per un attimo, rosseggiante ed immenso, sull’orizzonte.
Era alto e smilzo, vestito di nero, con una giacca dalle lunghe code e pantaloni dagli orli sfilacciati: due tizzoni ardenti per occhi, ma un sorriso largo che arrivava a sfiorare gli orecchi.
Camminava lievemente curvo e , da un baluginio che gli rubò il sole ormai morente, ci si poté accorgere che recava sulla schiena un enorme specchio.
L’uomo dello specchio attraversò il paese per poi fermarsi nella piazza più grande e animata.
Tutti presero ad osservare incuriositi quello strano personaggio che si fermò al centro preciso della piazza, per restarsene poi immobile ed in silenzio come se aspettasse qualcuno.
In uno dei suoi consueti giri, Cesare, affacciandosi a sua volta sullo slargo, lo vide ed andò a riferire ad Ecìla.
<E’ molto bizzarro …> affermò infatti appena fu in sua presenza <se ne sta rigido e zitto con quel suo enorme specchio sulla schiena. Dovrebbe pesare molto, ma la sua schiena è appena un poco curva e non disturba né sminuisce la sua notevole altezza.>
“L’uomo dello specchio …” pensò Ecìla <Ma non è un parto della mia mente! Non è nato da un mio pensiero! Almeno che … almeno che …”
Voglio conoscerlo!> affermò poi ad alta voce, interrompendo il corso dei suoi pensieri <Accompagnami Cesare … E’ importante che io lo conosca immediatamente …>
<Come ti chiami?> chiese Ecìla non appena si trovò al cospetto dell’uomo ed, in realtà, questa volta non conosceva davvero il suo nome, né riusciva ad indovinarlo.
L’uomo dello specchio fissò a lungo la bimba che aveva dinanzi … osservò, come se dovesse contarli uno ad uno, i fiori che abbellivano il suo vestito, per aprirsi poi in un largo sorriso.
“E’ bello …” pensò allora Ecìla “molto bello, ma con quel cappello a tese larghe che tiene così calato sul volto e quegli abiti logori e con una taglia di troppo rende visibile assai poco di sé. “
<Non ho un nome, ma mille nomi.> sentì che l’uomo rispondeva d’improvviso
<Se, comunque, vuoi proprio darmi un nome, puoi chiamarmi “Libero”.
<Perché proprio Libero? Sottolineò Ecìla incuriosita.
<Un giorno lo capirai.> affermò per tutta risposta.
<Posso farti un’altra domanda?> si azzardò a chiedere ancora Ecìla.
L’uomo annuì.
<Lo specchio …>
Di nuovo lo sconosciuto, che si era auto nomato Libero, sorrise, per poi rispondere :<Anche questo lo capirai … presto … molto presto.>
<Hai un posto per la notte?> chiese allora Ecìla, premurosa comunque nei confronti del nuovo ospite di Imageland.
<Non preoccuparti … un posto lo trovo sempre!> affermò Libero, toccandosi la falda del cappello in un gesto di congedo e di ossequio contemporaneamente.
Ecìla pensò che in realtà non esisteva nessuna casa destinata a quell’uomo, anche a lei e per lei sconosciuto, ma avrebbe potuto trovare per lui almeno un adattamento temporaneo.
<Ne sei certo?> provò ancora a proporre Ecìla.
<Certissimo!> rispose l’uomo ed iniziò ad allontanarsi, sparendo presto alla sua vista.
Nel suo letto rosato Ecìla quella notte non riusciva a prendere sonno.
Quell’uomo – al pari del castello – era qualcosa che pareva sfuggire al suo dominio … Un’onda anomala nel mare calmo e conosciuto di Imageland.
Tuttavia intuiva che nell’uomo dello specchio – o, se si preferiva Libero - non sussisteva quel fondo inquietante … quel retrogusto amaro che trasmetteva il tetro maniero.
L’uomo dello specchio, nonostante quella sua sorta di travestimento, comunicava un senso di pulito, di onesto, d’armonioso.
Come nel chiarore di un lampo Ecìla rivide i lineamenti regolari che abitavano quel volto … gli occhi scuri, ma dallo sguardo limpido, leale. Le mani sottili dalle dita lunghe ed aggraziate e quello straordinario sorriso che gli apriva persino una fossetta sulla guancia.
Quell’uomo, chiunque fosse, ne era certa, non nascondeva oscuri segreti ma, piuttosto, l’esatto contrario.
Con quel sorriso dell’uomo dello specchio che attraversava la sua mente, Ecìla finalmente accolse il sonno.
(9 – continua)