Herbert West, protagonista del racconto “Herbert West, re-animator”, creato dalla geniale mente dello scrittore americano Howard Phillips Lovecraft nei primi anni del Novecento, è diventato una delle figure più interessanti del cinema “splatter”, grazie alle trasposizioni cinematografiche di Stuart Gordon prima (“Re-Animator”) e di Brian Yuzna poi (“Bride of Re-Animator” e “Beyond Re-Animator”) e all’interpretazione magistrale di Jeffrey Combs nel ruolo del “mad doctor”.
In origine, cioè nell’opera letteraria, Herbert West era semplicemente una sorta di novello Frankenstein, ossessionato dall’idea di (ri)dar vita ai cadaveri mediante un “siero della vita” di natura chimica non ben identificata. Al termine del racconto il Nostro rimaneva vittima delle sue stesse “creature”. Se fino a qui si potrebbe definire la storia una mera imitazione del “Frankenstein” della Shelley, nell’ultima scena, quando Herbert viene fatto a brandelli dai morti da lui fatti resuscitare, compare invece un elemento nuovo per la letteratura di allora, anche se già più volte usato da Lovecraft: la crudezza delle scene, dipinte “col sangue” fin nei minimi particolari, altro non è che un primo approccio, un primo accostamento tra il genere horror e quello “splatter” così come lo si intende ai giorni nostri. Calcolando che si era nei primi decenni del secolo scorso, nessuno scrittore aveva mai osato tanto: in un certo senso si potrebbe definire “Herbert West, re-animator” il primo racconto splatter della storia, o comunque uno dei primi.
Queste “tinte forti” presenti nell’opera del bardo di Providence, così com’è stato definito più volte Lovecraft, hanno chiaramente ispirato il film di Gordon, che, mantenendo quasi inalterata la trama, si è limitato a trasportarla al presente, aggiungendovi un pizzico di humor, caratteristica questa tipica del regista. Ma non stiamo parlando di humor gratuito, bensì di una sorta di autoironia sia del personaggio sia del regista stesso, come a dire: “Guarda tutto quel sangue: non può essere vero. Mi fa venire da ridere”.
Brian Yuzna, nel girare l’immediato seguito, ispirata dichiaratamente già nel titolo a “La moglie di Frankenstein”, con “Bride of Re-Animator” (in Italia “Re-Animator 2”) ha voluto continuare lo stesso binomio splatter-humor della pellicola precedente, accentuandolo ulteriormente con la comparsa di creature ibride, create dal redivivo Herbert West con l’intento sempre più folle di volgere ora la propria ricerca verso nuove forme di vita, con il risultato di far sorridere sempre di più lo spettatore invece di spaventarlo. Meravigliosa, da questo punto di vista, è la scena di un occhio con attaccate le dita di una mano che girovaga indisturbato per la casa, mentre l’ispettore di polizia è venuto a fare un controllo.
Jeffrey Combs, l’attore che interpreta West e che già avevamo incontrato, ci ha raccontato in merito: “Herbert è sicuro di sé, fermo nelle sue decisioni e non si ferma di fronte a nessun ostacolo. E’ un po’ la classica figura del secchione e per questo si sente diverso, anormale rispetto agli altri. Ad esempio, nella scena in cui spia Daniel Cain, il suo collaboratore, a letto con Francesca, la protagonista femminile, egli non lo fa perché è un guardone, un perverso, ma perché vuole vedere come si comporta la gente normale. Lui è sempre stato sfortunato con le donne: non è mai riuscito ad averne una. Così in questo secondo film egli se ne vuole costruire una, ma, anche quella che per lui avrebbe dovuto essere la donna ideale, lo rifiuta (come era successo al mostro di Frankenstein, nda). E a nulla serve che egli affermi di esserne in creatore, come se ciò comportasse un certo potere sui sentimenti”. Questo in fondo è ciò che Herbert non capisce: ai sentimenti non si può comandare né si può creare l’amore né si può creare la vita. Ma il suo complesso di anormalità lo spinge a crederlo, trascinandolo inevitabilmente verso l’olocausto finale.
Così infatti egli si ritrova un’altra volta solo, vittima della sua cecità. E anche stavolta la morte sarà l’unica soluzione, senza alcun rimedio, ineluttabile per porre fine a tutti i problemi, a tutte le manie, a tutti i sogni. Ancora una volta Herbert West alla fine muore. E si pensava per sempre.
Invece nel 2003, a distanza di tredici anni, l’accoppiata Brian Yuzna/Jeffrey Combs torna sull’argomento con il film “Beyond Re-Animator”. Il film comincia in un’epoca imprecisata, presumibilmente dopo i fatti della seconda pellicola. Uno zombi attacca una famiglia, uccidendo una ragazza: prontamente arriva sulla scena del delitto il dottor West (nuovamente redivivo!), che viene subito arrestato. Alla scena assiste Howard, il fratello della fanciulla che ha avuto la sfortuna di incontrare il morto vivente: non appena il Nostro viene portato via, egli trova una siringa contenente uno strano liquido verde. A questo punto la storia fa un balzo in avanti di tredici anni: Herbert West si trova ancora in prigione e prosegue i suoi bizzarri esperimenti sui topi che riesce a trovare dietro le sbarre, nonostante il Guardiano, un essere spregevole che domina sui prigionieri, gli renda la vita difficile. Howard è ormai cresciuto e giunge al carcere in qualità di nuovo dottore, scegliendo quel penitenziario in particolare per incontrare e lavorare proprio con West. Herbert non si fa scappare l’occasione di tornare a fare i suoi esperimenti in un vero laboratorio e inizia a collaborare con Howard. Una reporter, Laura, giunta sul luogo per intervistare il Guardiano, fa la conoscenza dei due dottori e, notando l’ossessione di Howard per il lavoro che svolge con West, decide di indagare sul passato del Nostro. West intanto ha abbandonato la sua vecchia teoria di riportare in vita i morti: ora si sta concentrando sul ridare la forza vitale ai corpi già in precedenza rianimati. Non più quindi la creazione di semplici zombi senza un cervello e un’anima, ma stavolta morti viventi che tornano alla loro vita di prima, non più rianimati, ma resuscitati. E il Guardiano e Laura scopriranno un segreto che li porterà ad un’orgia di morte.
Assistiamo, con questa terza pellicola dedicata al “Re-Animator”, oltre che ad un’evoluzione delle teorie lovecraftiane espresse nel racconto d’ispirazione, anche ad una nuova svolta nel taglio del film. Nel primo, quello diretto da Stuart Gordon, l’horror e lo splatter la facevano in assoluto da padroni, relegando il resto in secondo piano. Nella seconda parte, Brian Yuzna aveva dato una svolta verso la commedia, accentuando la tematica umoristica, come ad esempio nella testa che svolazza con ali di pipistrello per quasi tutta la storia. “Beyond Re-Animator” è invece un ibrido tra il primo e il secondo capitolo, dove la componente humor diventa grottesca e si tinge di nero.
Ma sarà davvero la fine?
Originariamente pubblicato sul numero 3 de LA ZONA MORTA, luglio 1990
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, marzo 2007
20/03/2007, Davide Longoni