CHE LA SAGA ABBIA INIZIO (1999) – PARTE 03
L’UOMO BICENTENARIO (The Bicentennial Man)
Nel gennaio del 1975 Naomi Gordon propose allo scrittore e scienziato Isaac Asimov di scrivere un racconto per un’antologia intitolata L’Uomo del Bicentenario. L’antologia doveva comprendere dieci racconti di autori noti, doveva avere come soggetto il Bicentenario e, infine, doveva essere pubblicata in occasione del Bicentenario degli Stati Uniti D’America.
Curatore della stessa doveva essere un personaggio famoso come Forrest J. Ackermann, conosciuto come il maggior esperto mondiale di fantascienza e collezionista di pezzi unici sia per quanto riguarda i libri, sia per quanto riguarda il materiale reperito sui set cinematografici. L’edizione, poi, doveva essere di lusso e in tiratura limitata.
La consegna del racconto doveva essere effettuata entro il primo di aprile ma Asimov lo terminò un mese prima e di lunghezza doppia di quanto era stato preventivato. Lo scrittore lo spedì e ricevette il saldo del suo compenso, ma da quel momento in poi si verificò di tutto: la Gordon ebbe dei problemi di salute, alcuni autori si ritirarono e altri spedirono del materiale al di sotto delle aspettative per cui Naomi Gordon restituì il racconto ad Asimov il quale, a sua volta, restituì il compenso per poi dare la storia a Judy-Lynn del Rey che la pubblicò nel 1976 nella antologia Stellar Science Fiction. Il racconto vinse il Premio Hugo e Nebula. In Italia fu pubblicato sul numero 30 della rivista Robot (Armenia Editore) e poi nel numero 738 di Urania (Mondadori) nella seconda parte della Antologia del Bicentenario, successivamente in Isaac Asimov - Tutti i Racconti Vol. 2 (Mondadori Editore).
Poco dopo la morte di Asimov lo scrittore Robert Silverberg prese il racconto e lo trasformò in un romanzo intitolato The Positronic Man, uscito in Italia nel 1992 con il ridicolo titolo Robot NDR – 113 (Bompiani) a firma sia di Asimov che di Silverberg.
Dal racconto di Asimov e dal romanzo di Asimov-Silverberg è stato tratto questo film di Chris Columbus, sceneggiato da Nicholas Kazan e interpretato da un gigantesco Robin Williams.
Come sapremo successivamente siamo nell’anno 2005 e un furgone della North Am. Robotics si sta fermando davanti alla elegante casa dei Martin.
Il capofamiglia, Richard Martin (Sam Neill) vede il furgone davanti alla casa e chiede a sua moglie (Wendy Crewson) e alle figlie, Amanda (Hallie Kate Eisenberg) di sette anni e Grace (Lindze Letherman) di nove, di scendere per ricevere la grossa cassa metallica che i due facchini stanno portando nell’atrio.
I due uomini aprono la cassa dopo averla posta in verticale e, dentro la stessa, tutti possono vedere un robot (Robin Williams) pronto a funzionare.
Richard prende il telecomando e lo preme. La macchina comincia a muoversi e ad aprire gli occhi:
Uno: “North Am. Robotics Modello casalingo NDR – 114. Numero di Serie 583625… Salve…”
Richard: “Salve…”
Uno: “Siete la famiglia di Uno?”
Richard: “Beh… credo di sì.”
Uno esce dal contenitore.
Amanda: “Fa paura.”
Grace: “Non fa paura. È stupido.”
Richard: “Su questo ho dei dubbi.”
Grace: “La famiglia di Jenny Harrison ne ha uno e anche quella di Kate McCalister, sono tutti uguali.”
Amanda: “Che cos’è?”
Grace: “È un androide.”
Amanda: “Cos’è un Andrew?”
Richard sorride all’errore della piccola.
Uno: “Sarà questo il nome di Uno?”
Richard: “Beh, perché no? Non suona male, ciao Andrew.”
Andrew: “Salve, Signore. Volete ascoltare le Tre Leggi della Robotica? Dicono sia una presentazione molto accattivante.”
Richard: “Va bene, certo.”
Andrew: “Vuole farsi indietro, Signore, per massimizzare la presentazione?”
Richard: “Ah, sì…”
Dalla fronte del robot esce un generatore di ologrammi che proietta nella stanza un fascio di luce nel quale danzano vorticosamente le parole che, con voce stentorea, Andrew, sta ripetendo. Sono le tre famose Leggi della Robotica, inventate da Isaac Asimov e alla base di una lunga serie di racconti e di romanzi non solo di Asimov, ma riprese da altri autori e apparse, anche se non accreditate, in film come Tobor, Il Pianeta Proibito e Il Robot e lo Sputnik.
Andrew: “Prima Legge della Robotica: Un robot non può recare danno ad un essere umano nè può permettere che a causa del proprio mancato intervento un essere umano riceva danno. Seconda Legge: Un robot deve ubbidire agli ordini degli esseri umani purchè tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. Terza Legge: Un robot deve proteggere la propria esistenza purchè quest’autodifesa non contrasti con le prime due leggi.”
Le luci si spengono e il proiettore olografico rientra dentro la testa di Andrew. Richard lo scruta attentamente mentre Grace è ancora abbracciata, intimorita, alla madre fin dall’inizio dello spettacolo.
Richard: “Andrew, non farlo mai più.”
Andrew: “Naturalmente, Signore. È una dimostrazione Una Tantum.”
Richard porta il robot nello scantinato in mezzo a vecchi oggetti e a degli attrezzi e Andrew ne approfitta per parlargli della opzione che possiede: il chip della personalità e chiede a Richard se vuole assistere a una prova di questo chip ma l’uomo preferisce Andrew così com’è.
Richard: “Bene, tu starai qui sotto. Hai tutto quello che ti serve?”
Andrew: “A Uno serve solo la presa della corrente.”
Richard: “Bene… allora… beh, buonanotte, Andrew.”
Andrew: “Lo è di certo, Signore.”
Richard: “Ah, no Andrew… La risposta corretta a buonanotte è buonanotte”
Andrew: “Buonanotte.”
Richard: “Sì…”
Andrew: “Lei ha detto sì?”
Richard: “Sì.”
Andrew: “Ma la risposta corretta a buonanotte è buonanotte.”
Richard: “…Buonanotte, Andrew.”
Andrew: “Buonanotte, Signore.”
Richard: “Basta una sola volta, Andrew.”
Andrew: “Uno continuerebbe a dirlo in eterno, Signore. Un ciclo verbale infinito.”
Richard: “Esattamente.”
Andrew: “Grazie, Signore.”
Richard: “Bene, allora…”
Andrew: “Buonanotte… Scusi, Signore.”
Da un vano sul petto Andrew estrae una spina che infila nella presa di corrente per caricarsi, quindi si mette in posizione di riposo chiudendo gli occhi.
Il mattino successivo Richard accompagna le figlie a scuola, ma la moglie è piuttosto preoccupata al pensiero di restare da sola con il robot, il marito le consiglia di dargli qualcosa da fare poi sale in macchina, un veicolo computerizzato dal quale esce una voce che lo saluta e gli comunica la temperatura della giornata.
Andrew pulisce lo scantinato e resta colpito da una ragnatela dentro la quale si sta muovendo un ragno. Molto delicatamente prende l’aracnide e lo deposita tra i fiori davanti alla porta d’ingresso.
Poi sgombera la cantina e si sofferma a esaminare un vecchio giradischi. Il suo sistema computerizzato ne rivela tutte le caratteristiche solo guardandolo:
Victrola 50
Victrola Phonograph
Camden, New Jersey
Manufactured: 1923
Guasto – Da Riparare.
Il robot richiude la valigetta del grammofono e lo riporta a casa.
È sera. Andrew ha preparato la cena e tutti la trovano estremamente buona tranne Grace. Richard manda il robot in cucina per poter mangiare tranquillamente senza sentirsi osservato.
Dopo cena Richard e sua moglie giocano a scacchi mentre Andrew osserva la partita e analizza le mosse.
Poi viene chiamato da Grace al piano di sopra. La bambina gli chiede di aprirgli la finesta e poi gli ordina di buttarsi di sotto.
Il corpo del robot cade pesantemente davanti alla finestra dove sono Richard e sua moglie. I due sentono un colpo sordo poi il campanello di casa suona.
L’uomo va ad aprire e si trova davanti ad Andrew, l’automa è piuttosto malridotto, si potrebbe dire anche sconvolto, una palpebra va su è giù in continuazione, balbetta…
Andrew: “Perdoni il disturbo Signooooore… Uno può ri… ri… ri… ri… e.… e.… e… entrareeee…?”
Richard: “Cosa è successo, Andrew?”
Andrew: “Per il bene dell’armonia familiare Uno è programmato per non rispondere…”
La voce del robot si spegne in un basso deliquio.
Richard: “Andrew… Andrew?”
Andrew: “Sssììì?”
Richard: “Amanda, Grace… Venite subito di sotto! Entra pure…”
Andrew: “Grazie… Signore… e… e… e… e… a… a… a… a…”
Richard è davanti ad Andrew e alle sue due figlie, mentre la moglie guarda la scena del rimbrotto seduta sulla scala che porta ai piani superiori.
Richard: “Andrew non è una persona, è un bene patrimoniale.”
Andrew: “Uno non è una peeeee… (Richard gli rifila una botta) …rsona!”
Richard: “Ma anche i beni sono importanti quindi, d’ora in poi, come linea di principio, in questa famiglia sarà trattato come se fosse una persona. Non ci dovranno essere più tentativi di romperlo.”
Amanda: “Romperlo?”
Richard: “Tua sorella ha tentato di ucciderlo.”
Amanda: “Ucciderlo?”
Grace: “Ssssst! ”
Amanda: “Scusami.”
Mentre la donna porta a letto le due figlie, Andrew torna nello scantinato per autoripararsi. La sua andatura è un pò barcollante e urta contro una porta chiusa, ma il giorno dopo è tutto un ricordo… o quasi…
Poco lontano da casa c’è l’oceano le cui onde s’infrangono sulle suggestive scogliere. Andrew è fuori con le due bambine e mentre chiede a Grace di non arrampicarsi sugli scogli, osserva la Piccola Miss, come la chiama lui, che gioca con degli animaletti di vetro. Amanda gli mostra il suo preferito, un cavallino, e glielo porge, ma il fragile oggetto scivola dalle mani del robot e si frantuma contro la roccia.
La bambina ha le lacrime agli occhi e anche Andrew sembra imbarazzato. Raccoglie del legno portato a riva dall’acque e lo porta nello scantinato e lì consulta un libro sull’arte d’intagliare il legno.
È sera e la bambina trova sul divano un piccolo cavallo scolpito perfettamente nel legno e si precipita in cucina dove Andrew sta mettendo via le stoviglie.
Amanda: “Andrew?”
Andrew: “Sì, Piccola Miss?”
Amanda: “Questo è il più bel regalo che ho mai ricevuto.”
Andrew: “Uno è lieto di poter servire.”
Amanda: “Puoi venire con me, per favore?”
Andrew: “C’è di mezzo una finestra?”
Amanda: “(sorridendo) No.”
Andrew segue la Piccola Miss fino alla sua camera. Amanda le indica il letto.
Amanda: “Ti puoi sedere qui… (La piccola prende in mano un cagnolino di pezza e lo porge ad Andrew) Andrew, lui si chiama Woofi… e da adesso in poi è tuo.”
Andrew: “Woofi…”
Amanda: “Ah, ah… Perché se gli va abbaia qualche volta… quando ha fatto amicizia con te.”
Andrew: “Oh! Grazie, grazie infinite.”
Amanda: “Beh, prego. Adesso devo andare a dormire, Andrew.”
Andrew: “Sì.”
Amanda: “Sì. Potresti toglierti?”
Andrew: “Ma certo.”
Il robot si alza e si avvia verso l’uscita.
Andrew: “Buonanotte, tesoro.”
Amanda: “Buonanotte, Andrew.”
Il mattino successivo Richard esamina stupito la statuetta.
Richard: “Andrew, l’hai fatta veramente tu?”
Andrew: “Sì, Signore.”
Richard: “Un robot non può dire bugie, Andrew.”
Andrew: “Non è del tutto corretto, Signore, Uno potrebbe mentire se gli venisse ordinato o per evitare che un essere umano riceva un danno o se la sicurezza di Uno fosse in pericolo, Signore.”
Richard: “Andrew…”
Andrew: “Sì? Uno ha senz’altro intagliato quello per la Piccola Miss.”
Richard: “E il disegno? Sei l’autore anche di quello?”
Andrew: “Sì, Signore.”
Moglie: “Ma dove l’hai copiato?”
Andrew: “Copiato, Signora?”
Moglie: “Beh, insomma, non ti sarà venuto così, dal nulla… hai… hai preso l’idea da un libro, vero? Oppure hai usato il computer per farne uno schema.”
Andrew: “Uno ha solo studiato il materiale grezzo per un pò finchè non ha capito come intagliarlo nella forma che meglio si conciliava con l’amore della Piccola Miss per i piccoli mammiferi.”
È notte e Richard è a letto e sta leggendo un libro, ma la sua lettura viene distolta da un canto proveniente dallo scantinato. Si alza e va a vedere. Andrew è seduto ad ascoltare un disco, ha messo a posto il vecchio giradischi e ora sta ascoltando attentamente una romanza.
Richard si allontana in silenzio.
Poco tempo dopo Richard accompagna Andrew alla gigantesca e spaziosa sede della North Am. Robotics. I due entrano in una delle alte torri e un ascensore li conduce direttamente nell’ufficio di Dennis Mansky (Stephen Root).
Mansky: “Sì… sì… prego s’accomodi… Ah, sono… sono così felice che mi abbia chiamato… Mansky, Dennis Mansky.”
Richard: “Richard Martin…”
Marsky: “Uhm… e questo è un NDR – 114… Bene, ho ricevuto il suo messaggio… ma che cosa fa esattamente?”
Richard: “Quello che m’interessa è che mostra una serie di caratteristiche come… creatività, curiosità, amicizia che, francamente, ci hanno colto di sorpresa.”
Marsky: “Ahaha… Andrew…”
Andrew: “Sì, Dennis?”
Marsky: “Ehm… socievole, per giunta.”
Richard: “Vorrei mostrarle una cosa, se mi permette. (Appoggia la borsa sulla scrivania del funzionario ed estrare una vecchia scatola di legno dalla quale trae altri animaletti squisitamente intagliati). Dunque… Andrew ha intagliato queste. Sono opere d’arte originali e, ieri sera, Andrew ha detto: Mi sono divertito a farle.”
Marsky: “Divertito?!”
Richard: “Sì.”
Andrew: “Uno non deve usare quella parola?”
Richard: “No, no, va benissimo Andrew… Capisce, è piuttosto insolito sentire che un robot si diverte a fare qualcosa. Quello che vorrei sapere è: molti altri dei vostri robot hanno dei sentimenti come questo?”
Marsky: “Potrebbe essere un problema delle reti (si siede alla scrivania). Allora, cosa vuole, un rimborso o una sostituzione?”
Richard: “No, niente. Volevo solo vedere la sua reazione ad Andrew, sapere che cosa ne pensa… È unico, lei non trova?”
Marsky: “Direi che è un’anomalia… Nessuna sostituzione, nessun rimborso… insomma, quanto vuole?”
Richard: “Io credo di non capire.”
Marsky: “Beh, ovviamente lei si renderà conto che se si viene a sapere dovremo ritirare tutta la linea. Noi entriamo nelle case, Signore, con i bambini. Se davvero fa quello che lei dice potrebbe anche dare in escandescenze.”
Andrew: “Uno non ha requisiti perché esca dalle scienze.”
Richard: “Bene, Signore, se lascio Andrew nelle sue mani lei cosa fa? Lo smonta completamente, vero?”
Marsky: “Accuratamente, sì. Per prima cosa dovremo tracciare l’effettivo corso delle reti neurali di Andrew, dovremo sostituire il cervello elettronico, rimpiazza… (ridacchia)… rimetterlo insieme come adesso e restituirle Andrew come nuovo.”
Richard: “Queste reti neurali sono presumibilmente fragili, non è possibile che nel corso di questo processo qualcosa vada per il verso sbagliato?”
Marsky: “Noi faremo ogni sforzo possibile, mi creda.”
Richard: “E nell’ipotesi improbabile che qualcosa vada storto naturalmente sostituireste Andrew?”
Marsky: “Naturalmente.”
Richard: “Anche se è un essere unico e insostituibile?”
Marsky: “Un essere… vede, Signore, mi scusi lei lo… beh, è un errore naturale, ha una forma umana per questo lei… legge un guasto meccanico come un’eccentricità e l’antropomorfizza…”
Richard sta rimettendo via le creazioni di Andrew nella borsa.
Marsky: “…È soltanto un elettrodomestico. Lei si comporta come se fosse un uomo.”
Richard: “Ce ne andiamo, vieni Andrew.”
Marsky: “Per favore, la prego di ripensarci, Signor Martin, ci lasci esaminare Andrew, parli con sua moglie, faccia lei un prezzo…”
Richard: “Ora mi ascolti bene: non c’è prezzo per l’individualità. Lui, in ogni caso, appartiene a me, è il mio robot e lei non gli metterà mai le mani addosso, ha capito?”
Mentre l’ascensore sta per chiudersi dietro di loro le parole di Marsky suonano come una minaccia…
Marsky: “Ogni cosa a suo tempo. Vedrà, prima o poi dovrà portarlo qui per qualche riparazione…”
I due scendono e s’incamminano per il lungo viale alberato che porta all’uscita del complesso della grande azienda.
Richard: “Andrew, ho preso una decisione.”
Andrew: “Quale. Signore?”
Richard: “Dovrai diminuire il lavoro. Non puoi più dedicarti completamente alle bambine e ai lavori di casa.”
Andrew: “Ma a Uno piacciono le bambine, Signore. Soprattutto la piccina, Piccola Miss…”
Richard: “Questa è una contraddizione, Andrew, ed è esattamente il tipo di cosa sulla quale hai molto da imparare.”
Un robot, identico ad Andrew, arriva dalla direzione opposta.
Robot: “Grazie per aver scelto North American Robotics.”
Mentre la conversazione tra i due continua anche il robot prosegue per la sua strada.
Richard: “Ci serve un nuovo regime.”
Andrew: “Un regime, Signore?”
Richard: “Innanzitutto passerai una parte della giornata a creare qualcosa… Per non offendere gli umani meglio trovare qualcosa di non troppo artistico… Puoi fare altre cose… Ti posso insegnare il mio lavoro. Sai, cronometri, orologi e così via…”
Andrew: “Uno non saprebbe, Signore, non ha mai provato cose del genere.”
Richard: “Beh, ora ci proverai. Inoltre passerai parte delle serate a farti istruire da me.”
Andrew: “E qual è lo scopo di questa istruzione?”
Richard: “Insegnarti, Andrew, tutto quello che non è stato programmato dentro di te… Andrew, tu sei unico.”
Andrew: “Unico?!”
Passa un secondo robot con lo stesso messaggio di ringraziamento.
Richard: “E sento la responsabilità di aiutarti a diventare ciò che sei in grado di diventare.”
Andrew: “E Uno che cosa è in grado di diventare?”
Richard: “Beh, non lo so. Vedi, la gente matura con il tempo, ma in effetti, per te il tempo è un concetto completamente diverso, per te il tempo è infinito.”
Andrew: “Infinito?!”
Sulla spiaggia coperta da pezzi di legno portati sulla riva dalle onde, Amanda aiuta Andrew a raccogliere il materiale che poi il robot comincia a lavorare e a intagliare sotto gli occhi attenti e interessati della sua Piccola Miss.
È sera e Andrew sta facendo il suo corso d’istruzione con Richard. Le fiamme del caminetto riverberano sul volto metallico del robot.
Richard: “…E nove mesi dopo nasce un bambino… e questi, Andrew, sono i cosiddetti fatti della vita.”
Andrew: “Gli uomini fanno veramente queste cose, Signore?”
Richard: “Ehm.… sì.”
Andrew: “E le persone sposate Uno immagina che lo considerino come una sorta d’impegno o come un obbligo.”
Richard: “Sì, ma vedi… ehm… non… non è esattamente …”
Andrew: “È un sollievo.”
Richard: “…un obbligo, Andrew, è anche il modo naturale preferibile per concepire i figli.”
Andrew: “Signore, di tutti questi milioni di spermatozoi soltanto uno ce la fa?”
Richard: “Proprio così.”
Andrew: “Che cosa succede agli altri?”
Richard: “Beh, gli altri muoiono.”
Andrew: “No… muoiono? Uno sta male per loro.”
Richard: “Sì, in effetti… ma è opinione comune che sia una cosa piacevole.”
Andrew: “Per entrambe le parti?”
Richard: “In un mondo ideale, sì, quindi le persone lo fanno abbastanza spesso.”
Andrew: “Quanto spesso, Signore?”
Richard: “Più spesso che possono, in effetti.”
Andrew: “Ah…”
Richard: “Almeno all’inizio.”
Andrew: “Signore, Uno può parlare francamente con lei?”
Richard: “Come sempre, Andrew.”
Andrew: “Vede… è che tutto questo processo sembra così… pasticciato.”
Richard: “Direi che è… una giusta osservazione.”
Andrew: “Muoiono…”
Nel grande giardino dei Martin e mentre sta annaffiando le piante, Andrew nota Richard e sua moglie che, tranquillamente seduti, stanno bevendo e ridendo e chiede spiegazioni al suo padrone, la sera.
Richard: “Si chiama umorismo.”
Andrew: “Umorismo?”
Richard: “Sì. La gente racconta delle barzellette per far ridere gli altri.”
Andrew: “E questo ridere è piacevole, Signore?”
Richard: “Sì.”
Andrew: “Potrebbe insegnare a Uno a dire una barzelletta?”
Richard: “Ah… vediamo… ehm… Due ubriachi entrano in un bar…”
Andrew: “Ma non dovrebbero uscire dal bar? In genere si entra nei bar per bere e si esce ubriachi.”
Richard: “Ehm… proviamo qualcosa di più semplice… ehm… toc – toc…”
Andrew: “Toc… toc…”
Richard: “No, toc. Toc – toc, c’è qualcuno alla porta…”
Andrew: “Uno deve andare ad aprire?”
Richard: “ No, no, no, no, devi dire chi è?, Andrew.”
Andrew: “Chi è, Andrew?”
Richard: “No. Soltanto: chi è?”
Andrew: “Uno non lo sa, Signore.”
Richard: “Partiamo da qualcosa di più semplice… Ehm… Perché il pollo attraversa la strada?”
Andrew: “Uno non lo sa, Signore. È possibile che un predatore lo rincorra, o è possibile che ci sia una gallina dall’altra parte della strada, se è un pollo maschio, o è possibile che voglia procurarsi del cibo o, a seconda della stagione, che voglia migrare…Uno spera che non ci sia traffico…”
Richard: “Per andare dall’altra parte.”
Andrew: “Per andare dall’altra parte… oooh! E perché questo fa ridere?”
Richard lo guarda e non risponde.
Il mattino successivo tutta la famiglia sta facendo colazione in giardino quando Andrew, dopo aver terminato di servire, chiede al suo padrone:
Andrew: “Uno può, Signore? Adesso, è un buon momento?”
Moglie: “Cosa? Un buon momento per cosa?”
Andrew: “Ieri sera il Signore mi ha insegnato…”
Richard: “No, no, no, non dare la colpa a me. Dì pure.”
Andrew: “Grazie, Signore… Due cannibali mangiano un clown. Uno di loro si volta e dice: Non ha un sapore buffo? Come ringrazia un fazzoletto spagnolo? Muco gracias! Perché i cinesi si divertono tanto? Hanno tanto riso… Perché ai ciechi non piace il paracadutismo? Gli si spaventano i cani… Un pazzo va sull’autostrada. La moglie lo chiama al cellulare e gli dice: Tesoro, mi hanno detto che c’è uno che va contromano. E lui: Uno? Centomila! Che cos’è silenzioso e puzza di vermi? La scorreggia degli uccelli. Deve essere stato un ingegnere a disegnare il corpo umano, chi altri avrebbe messo un impianto di eliminazione scorie vicino alla Zona Divertimenti? Una donna va dal medico: Le spiace se le addormento il seno? Assolutamente no. Ninna nanna, ninna nanna.”
Tutti stanno ridendo per la raffica di battute che si sono riversate su di loro.
Andrew: “Uno ce l’ha fatta, Signore.”
Richard: “Andrew, sei stato… sei stato bravo, ma forse dobbiamo parlare di adeguatezza e di… tempismo.”
Andrew: “Sono le dieci e un quarto, Signore.”
Alla involontaria battuta di Andrew la risata è generale.
Eppure le cose non sono andate esattamente così. Abbiamo già avuto modo di dire che le traduzioni dei dialoghi, rispetto all’originale, non rispettano sempre quello che viene esattamente detto, anzi le variazioni, anche se piccole, sono moltissime e questo accade per ragioni di spontaneità di dialogo, per l’aggiustamento e la corrispondenza dei movimenti labiali, a volte per censura, altre volte per ignoranza o manipolazione.
Vogliamo qui farvi un altro esempio. Richard, dopo la raffica di barzellette si rivolge ad Andrew dicendogli che gli deve insegnare il tempo, non il tempismo. Intendendo con questo i tempi ben calibrati di pausa e di tonalità che rendono una barzelletta gustosa e divertente. Per cui Andrew non risponde: “Sono le dieci e un quarto, Signore.“, bensì: “È sereno, Signore.”
E le barzellette? Diverse e alcune addirittura completamente cambiate. Eccovi la traduzione letterale del dialogo originale.
Andrew: “Due cannibali mangiano un clown. Uno di loro dice: Non è spiritoso? Quando balla un whisky? Quando dici: Vai col liscio! Cosa fa una bruna tra due bionde? La traduttrice. Perché il cieco non guida? Perché il cane ha paura. Un pazzo sta guidando sull’autostrada. La moglie lo chiama e gli dice: Ho sentito che c’è uno che va contromano. Lui risponde: Uno? Centinaia! Cos’è silenzioso e puzza di vermi? La scorreggia di un uccello. È stato un ingegnere a progettare il corpo umano. Chi altro avrebbe messo una discarica vicino al Parco Divertimenti? Una donna va dal medico che le dice: Dovrei misurarle il petto! Certo, ma il metro non le basta!”
Chiusa la parentesi che serviva più che altro da promemoria, proseguiamo con la nostra vicenda.
La Piccola Miss sta insegnando ad Andrew a suonare il piano e questo dà lo spunto al regista per far passare gli anni con un elegante stacco che vede di nuovo i due al piano, ma accanto al robot c’è una bella ragazza, Amanda, ormai una donna (Embeth Davidtz).
Il piccolo concerto a quattro mani è finito e Amanda si allontana dando un dolce bacio sulla guancia metallica di Andrew il quale resta un attimo perplesso poi si mette a suonare abilmente il piano per conto proprio.
Una macchina si ferma davanti alla casa dei Martin e ne esce la moglie di Richard che guarda costernata sua figlia maggiore (Angela Landis) che sta baciando una sorta di punk motociclista (Scott Waugh).
La donna, dopo un battibecco con la figlia, si dirige in cucina per esternare a Richard tutto il suo disprezzo per il ragazzo di Grace, ma la conversazione viene interrotta dagli orologi costruiti da Andrews scolpendo il legno, che si mettono a suonare le tre contemporaneamente.
La donna comincia a essere stanca di tutti quegli orologi e Richard le risponde che una metà è stata data via e che si potrebbe venderli. Amanda, avendo assistito alla conversazione, propone che il guadagno venga dato ad Andrews, che è il vero artefice di quei capolavori scolpiti. La moglie di Richard trova la cosa ridicola e si allontana mentre Richard resta in cucina con Amanda.
Amanda: “Papà, non importa quello che lui è. Andrew merita di ricevere i frutti del lavoro che fa.”
Richard: “Tesoro, io farò quello che è giusto per Andrew, naturalmente, sta tranquilla ma, in fin dei conti, stiamo parlando di una macchina… Non puoi investire le tue emozioni su una macchina…”
Andrew, dietro la porta, sta ascoltando…
Richard porta Andrew dal proprio avvocato, Bill Feingold (John Michael Higgins). Il legale li fa entrare nel suo nuovo ed elegante ufficio.
Bill: “Eccoti qui, come stai?”
Richard: “Bill, buongiorno.”
Bill: “Deve essere Andrew…”
Richard: “Andrew, Bill Feingold, avvocato di famiglia.”
Bill: “Andrew…”
Andrew: “Lei ha uno dei miei orologi. Questo è uno dei miei preferiti. Le dà gioia?”
Bill: “Ah, sì, in effetti molta.”
Richard: “Bello il nuovo ufficio, Bill, a che piano siamo?”
Bill: “Trentasettesimo.”
Richard: “Andrew, vieni a dare un’occhiata.”
La palpebra di Andrew si agita.
Andrew: “No, grazie, Signore.”
Richard: “Sicuro?”
Andrew: “Sì!”
Bill: “Come posso aiutarti?”
Richard: “Bill, come tu sai Andrew ha guadagnato molti soldi con i suoi lavori e quello che vorrebbe ora è aprire un suo conto in banca.”
Bill: “Vuoi aprire un conto in banca a nome di un robot?”
Richard: “Sarebbe legale?”
Bill: “Non so davvero cosa dire. Non ci sono precedenti, non credo che ci sia una legge in contrario, ma… Richard, perché? Perché gli vuoi aprire un conto in banca, a che gli servono i soldi?”
Richard fa un cenno ad Andrew.
Andrew: “Naturalmente a pagare le cose che, altrimenti, dovrebbe pagare il Signore. Uno vuole essere capace di tirare… (In originale: Uno vuole essere capace del proprio pene)…”
Richard: “Avanti…”
Andrew: “Hanno bussato, Signore?”
Poco tempo dopo Andrew è nello scantinato che sta eseguendo uno dei suoi lavori in legno e lo sta intagliando con il seghetto elettrico. Amanda lo chiama all’improvviso e il robot si distrae per rispondere e questo fa in modo che il suo pollice venga tagliato dalla macchina.
Amanda: “Oh, quanto mi dispiace!”
Andrew: “Non si preoccupi. Si può riparare.”
Mentre i due parlano Andrew sta incollando e assemblando il suo nuovo lavoro.
Amanda: “Andrew, ti ricordi Frank, il mio fidanzato?”
Andrew: “Sì, sua sorella dice che ha un bel culo.”
Amanda: “Oh, beh… ieri sera… ieri sera mi ha chiesto se voglio sposarlo…”
Andrew: “Uno deduce che sia una bella cosa.”
Amanda: “Beh, io ancora non gli ho detto sì.”
Andrew: “Allora c’è un dubbio?”
Amanda: “No, Frank è un uomo meraviglioso, è bello, è affidabile, è una persona con cui potrei passare il resto della mia vita, con cui vorrei avere dei bambini…”
Andrew: “E qual è il problema?”
Amanda: “Ehm…”
Andrew: “La tavola.”
Amanda: “No, cucino benissimo.”
Andrew: “Non per mangiare, quella.”
Amanda: “(passandogli la tavoletta che aveva chiesto) Oh, vedi… come posso spiegartelo… Beh, insomma, io ho un grande amico che è molto importante per me, e… e… e… lui è così dolce e divertente… e quando c’è lui con me, non mi va di stare con Frank.”
Andrew: “Uno capisce che questo può creare complicazioni.”
Amanda: “Sì.”
Andrew: “Ma la risposta ce l’ha proprio di fronte a sè… sposi il suo amico… Che c’è?”
Amanda: “Beh, lui non è… insomma lui… una relazione fra noi sarebbe impossibile, veramente non potrebbe mai funzionare…”
Andrew: “Perché?”
Amanda: “Beh, perché lui non è… perché lui non ci sarà mai…”
Andrew: “Sì? …C’è qualcosa che non va?”
Amanda guarda il suo amico con infinita dolcezza, chiude gli occhi tristemente davanti alla realtà di un pensiero impossibile poi li riapre sorridendo.
Amanda: “No… Non c’è niente che non vada, assolutamente niente… Grazie per aver ascoltato i miei problemi.”
Andrew: “Uno è lieto di poter servire… Piccola Miss? Che farà riguardo a Frank?”
Amanda: “Accetterò la sua proposta.”
Andrew: “Davvero? Gli umani…”
Amanda: “Andrew…”
Andrew: “Sì?”
Amanda: “Io ci terrei moltissimo che tu facessi il cerimoniere al mio matrimonio.”
Andrew: “Uno non è pratico di questo termine, come si cerimonia?”
Amanda: “Accompagnando le persone a sedersi, devi mettere il frac. (Non si capisce perché non si è lasciato smoking, come nell’originale, parola troppo lunga?)
Andrew: “Uno indosserebbe dei vestiti?”
Amanda: “Sì.”
Andrew: “A Uno non è mai stato chiesto di indossare vestiti… sarà un grande onore.”
Amanda: “Splendido!”
La ragazza alza i pollici in segno di approvazione. Lo fa anche Andrew, ma si accorge di essere senza un pollice e scosta bruscamente la mano distruggendo il suo lavoro.
Andrew: “Uno ha messo dito fra moglie e marito.” (In originale: Uno ha la forza nei suoi pollici)
Un attempato Dennis Mansky sta osservando il pollice staccato di Andrew mentre ascolta ciò che Richard gli sta dicendo. In ufficio, oltre naturalmente a Richard e ad Andrew, c’è anche l’avvocato Feingold.
Mansky: “Ha installato, cosa?”
Richard: “Ehm… un allarme. Se provate a entrare nel cervello di Andrew mentre fate questa riparazione verrà avvisata la polizia. Inoltre, forse è bene che sappiate che se doveste danneggiare il suo cervello e le reti positroniche in qualsiasi modo, il mio legale, il buon avvocato Feingold, sarà lieto di farvi causa. Vi farà causa per l’equivalente della perdita dei guadagni di Andrew fino alla fine dei tempi.”
Mansky: “Beh, direi che ci capiamo benissimo.”
Richard: “Bene…”
Andrew: “Signore, vorrei aggiungere una clausola. Giacchè Uno è nel laboratorio si può modificare la faccia di Uno? Uno desidera maggiore espressività. Uno ha pensieri e sentimenti che, al momento, non vengono espressi.”
Mansky: “Vuoi che i tuoi sentimenti ti si vedano in faccia?”
Andrew: “Sì, come il disprezzo che lei mi mostra in questo momento.”
Mansky: “Ah! Abbiamo fatto alcune sperimentazioni. Siamo in grado di dare ai robot una reattività superficiale che mima l’espressione umana.”
Andrew: “Ci sono stati degli upgrade negli NDR?”
Mansky: “Sì, sì, abbiamo elaborato una dozzina di modelli sperimentali con maggiori capacità espressive, con un fisico più snello ma, dopo alcune ricerche di mercato, abbiamo deciso di non proseguire con questa linea.”
Andrew: “Per quale motivo?”
Mansky: “Reazione negativa dei consumatori. È diffusa la paura che i robot, a poco a poco, rendano obsoleta la forza lavoro umana.”
Richard: “Andrew lavora per me da oltre quindici anni. Non c’è pericolo che qualcuno perda il lavoro a causa sua.”
Bill: “Non desterà preoccupazioni effettuare queste modifiche su un robot vecchio modello.”
Mansky: “È vero. Ma un’operazione di questo genere comporterebbe una spesa proibitiva.”
Andrew: “È ovvio che lei tenterà di strofinare Uno.”
Richard: “Fregare… Andrew.”
Andrew: “Veramente? E quanto?”
Il funzionario digita una cifra sul computer della scrivania e porge il foglietto plastificato a Richard e ad Andrew.
Andrew: “È più o meno lo stipendio di un mese.”
Mansky: “È quello che guadagno in un anno.”
Richard: “Uhm… niente male per… come l’ha chiamato l’ultima volta?”
Andrew: “Un elettrodomestico.”
Richard: “Un elettrodomestico?”
Mansky: “Elettrodomestico, sì…”
Il matrimonio tra Amanda Martin e Frank Charney (Quinn Smith) viene celebrato e gli sposi, dopo la cerimonia officiata dal prete (Clarke Devereux), escono dalla chiesa passando tra le due ali degli invitati. Lo sguardo sorridente di Amanda accarezza il padre, passa su Grace e il suo punk per poi fermarsi su un elegantissimo Andrew che la guarda con espressione soddisfatta ed estasiata seguendoli fino all’uscita della chiesa.
È notte e il ricevimento è finito. Richard sta bevendo un ultimo drink seduto a uno dei tavoli sul bordo della piscina, mentre le luci dei festoni si riflettono nell’acqua. Andrew gli si avvicina: il suo abito è esattamente identico a quello di Richard.
Andrew: “Buonasera, Signore. Magnifica nottata.”
Richard: “Sei molto elegante stasera, Andrew.”
Andrew: “Grazie, Signore. È stato piuttosto arduo per il sarto. Uno può continuare ad indossare abiti? Se per lei va bene…”
Richard: “Dici sul serio?”
Andrew: “Come sempre.”
Richard: “Beh, penso di sì. Dobbiamo trovarti qualcos’altro però, non puoi portare sempre le code.”
Andrew: “Veramente? Che tristezza.”
Richard: “Eh, lo so… siediti, Andrew, prego.”
Andrew: “Grazie, Signore.”
Il robot prende posto di fianco al suo padrone e ne assume anche la stessa posa.
Richard: “Magnifico matrimonio, vero?”
Andrew: “Oh, sì, Signore e se Uno può dirlo lei è un ballerino spettacolare.”
Richard: “Sei molto gentile.”
Andrew: “No, affatto Signore, è la verità.”
Richard: “Hai registrato la giornata?”
Andrew: “Ogni secondo, Signore, è nella banca memoria di Uno.”
Richard: “Beh, rivediamola. Ti va?”
Andrew proietta l’immagine olografica del ballo tra Richard e Amanda nello specchio della piscina, così sembra che i due danzino sull’acqua. Lo sguardo dell’uomo diventa triste, si alza e fa per allontanarsi. Andrew ferma le immagini e gli si avvicina.
Andrew: “Signore, va tutto bene?”
Richard: “Se ne sono andate tutte e due, Andrew… Beh, le cose cambiano, le cose cambiano sempre, le persone vanno avanti… è come è giusto che sia… ma… quello di cui mi sono reso conto oggi è che… non smetteranno mai di mancarmi…”
Richard fa per andarsene.
Andrew: “Signore…”
L’uomo si volta.
Andrew: “Uno è sempre qui.”
Richard: “(sorridendo) E io sono felice di questo, Andrew, grazie.”
Andrew: “Buonanotte, Signore.”
Richard: “Buonanotte, Andrew.”
Dodici anni dopo…
Siamo all’incirca nel 2032 e Andrew è sulla spiaggia con Amanda. Suo figlio Lloyd (Igor Hiller) si dimostra fin da piccolo insofferente alla figura del robot. Andrew ora indossa sempre degli abiti ed è totalmente immerso nella lettura di un libro quando il bambino gli butta addosso della sabbia. Costretto dalla madre a scusarsi lo fa con astio e odio malamente represso.
Andrew: “Uno capisce perché certi animali mangino i propri piccoli.”
Amanda: “Mi dispiace tanto, Andrew… Stai bene? Sei molto silenzioso…”
Andrew: “Come può Uno ottenere la libertà?”
Amanda: “Tu… tu vorresti lasciarci?”
Andrew: “Assolutamente no, Piccola Miss, Uno vuole semplicemente essere dichiarato libero.”
Amanda: “Ma perché? Hai tutta la libertà che vuoi qui.”
Andrew: “Finchè a Uno non viene ordinato di fare qualcosa…”
Amanda: “Andrew, sono anni ed anni che nessuno ti dà più un ordine!”
Andrew: “Ma potreste sempre chiedere a Uno di svolgere dei compiti.”
Amanda: “Beh, noi te lo chiediamo, certo, continuamente… ma è una richiesta, non un ordine… Non è abbastanza per te, vero?”
Andrew: “Uno ha studiato la vostra storia. Sono state combattute guerre terribili in cui sono morti milioni di individui per un’idea: la libertà. Per cui si può dire che una cosa a cui tante persone tengono così tanto vale la pena di averla.”
Amanda, colpita dalle parole di Andrew, annuisce…
È sera e un ormai anziano Richard è seduto in poltrona davanti al caminetto quando Andrew gli si avvicina.
Andrew: “Signore, ora è un buon momento per parlarle?”
Richard: “È sempre un buon momento, Andrew, lo sai.”
Il robot porge a Richard un assegno.
Andrew: “È tutto quello che Uno ha sul conto.”
Richard: “Perché dovresti dare a me tutto questo denaro?”
Andrew: “Per acquistare la libertà di Uno. Uno vuole essere libero. Uno obbedirebbe comunque alle tre leggi, è naturale, e la servirebbe esattamente nella stessa maniera. L’unica cosa che cambierebbe sarebbe la forma, Uno non sarebbe più di sua proprietà.”
Richard: “Tu vuoi andartene. È di questo che si tratta, vero?”
Andrew: “Niente affatto, Signore. Voi siete la famiglia di Uno.”
Richard: “Allora perché mi chiedi questo?”
Amanda entra nella stanza.
Richard: “Ah! Ho capito, c’è il tuo zampino.”
Amanda: “Ne abbiamo parlato insieme, sì.”
Richard: “E così tu gli hai ordinato di farlo e lui ha obbedito.”
Amanda: “No. Lui decide per conto suo.”
Richard: “Ma gli hai messo tu questa idea in testa.”
Amanda: “No, papà, sei stato tu. Gli hai dato centinaia di libri da leggere. Era solo questione di tempo perché, a un certo punto, fosse attratto dall’ idea della libertà. Lui impara e si evolve continuamente ed è stato grazie a te e anche alle capacità che ha acquisito che è diventato complesso tanto quanto lo siamo noi.”
Il giorno successivo Andrew entra in cucina mentre Richard sta sfogliando il giornale senza vederlo.
Andrew: “Buongiorno, Signore.”
Richard: “Riprenditi il tuo assegno, per favore.”
Andrew: “Perché?”
Richard: “Adesso sei libero. Devo chiederti di lasciare questa casa.”
Andrew; “Ma, Signore… Io non desidero andarmene…”
Richard: “Hai desiderato la libertà, devi accettare le conseguenze.”
Andrew: “Allora porterò via le mie cose.”
Richard: “Bene… e dove andrai?”
Andrew: “Cercherò un’abitazione qui vicino, così se lei dovesse aver bisogno di qualcosa…”
Richard: “Questo non succederà, Andrew, grazie. Non c’è bisogno di stare qui vicino.”
Andrew: “Se lei mi ordina di non farlo io obbedirò.”
Richard: “Io non ti ordino più niente. Sei libero.”
Andrew: “Allora, chiamato o non chiamato, io sarò sempre al suo servizio.”
Sta per allontanarsi ma Richard ha ancora qualcosa da dirgli.
Richard: “Andrew… Hai smesso di riferirti a te stesso come Uno.”
Il robot non risponde ma sembra fermarsi a riflettere, poi esce dalla cucina… e dalla vita di Richard.
Sulla riva del mare il sole sta tramontando e Andrew sta disegnando vicino a un fuoco per lui inutile, ma che gli ricorda l’ambiente nel quale ha sempre vissuto. In poco tempo l’industrioso robot costruisce uno chalet in riva al mare.
Il tempo passa, come fa sempre il tempo, siamo all’ incirca nel 2048.
Amanda sta camminando sulla rena. Il suo aspetto è ancora giovanile e la donna raggiunge la casa di Andrew, vi entra per dire al robot che Richard è alla fine, e ha chiesto di lui.
Al capezzale dell’uomo c’è non solo la moglie ma anche Lloyd (Bradley Whitford) con sua moglie (Marcia Pizzo), il quale, come arriva Andrew se ne va disgustato. C’è anche Grace seduta sul letto.
Grace: “(rivolta al padre) È arrivato il robot.”
Richard: “Andrew…”
Andrew: “Salve, Miss.”
La donna non gli risponde ed esce.
Richard: “Andrew…”
Andrew: “Signore… Come sta, Signore?”
Richard: “Beh, sto morendo, Andrew… Per il resto sto bene.”
Andrew: “È… meraviglioso rivederla.”
Richard: “Sono molto felice di vederti. È passato tanto tempo…”
Andrew: “Sì. è vero, Signore…”
Richard: “Volevo… volevo dirti che mi sono sbagliato…”
Andrew: “Lei non sbaglia mai, Signore.”
Richard: “Allora cerca di non contraddirmi. Avevi ragione a volere la tua libertà e sono felice che tu l’abbia avuta…”
Andrew: “Grazie, Signore.”
Richard: “Andrew…”
L’uomo gli prende la mano e gliela stringe.
Richard: “Sei stato molto buono con noi.”
Andrew: “È stato un onore servirvi.”
Richard sorride e gli stringe la mano…
Altro tempo è passato e Andrew è nell’ufficio del neo avvocato Lloyd assieme ad Amanda.
Andrew: “Voglio andare in cerca di un mio simile. Per poter capire qual è il mio destino devo sapere se esiste un altro come me. La North Am. Robotics non risponde alle mie domande e ora che lei ha finalmente passato l’esame, Lloyd, vorrei che lei facesse loro causa per ottenere le informazioni su tutti i robot della serie NDR, se non le dispiace.”
Lloyd: “L’atto sulla libertà d’informazioni non copre cause intentate da robot.”
Amanda: “Non ancora.”
Lloyd: “Mamma, ho molto da fare, ti prego, non ho tempo per aiutare… questo coso a intentare una causa ridicola e inutile.”
Andrew: “Lloyd, tesoro caro, io ti voglio tanto bene, ma a volte mi viene da chiedermi se tu sia veramente mio figlio.”
Lloyd: “Beh, questa è la mutazione, mamma. Il miracolo della genetica è che non sono te.”
Amanda: “No, sei sempre stato più simile a tuo padre.”
Andrew: “Ah, è per questo che ha divorziato da lui… Scusi.”
Lloyd: “Andrew, che cosa faresti se io ottenessi le informazioni sugli altri NDR?”
Andrew: “Andrei a cercarli tutti, uno per uno.”
Lloyd: “Quindi te ne andresti via per un bel pò di tempo?”
Andrew: “Eh, sì. Per diversi anni, se non di più, se i miei calcoli sono esatti.”
Lloyd: “Sarò lieto di aiutarti.”
Andrew: “(rivolto ad Amanda) Forse non lo ha allattato?”
Ottenute le informazioni Andrew parte per la sua ricerca.
Nel Sud Dakota trova un suo simile dentro a un casolare abbandonato, in mezzo ai calcinacci. L’esame che ne compie è definitivo:
NDR114 #582622
337 Old Mill Road
Fort Pierre, South Dakota
Smantellato – Cancellato.
Un altro in mezzo alle nevi dello Utah, dentro alla cabina di un carrello elevatore.
NDR115 #484657
Mountain Spring Park
Beaver, Utah
Non Funzionante – Cancellato.
Andrew mantiene i contatti con la sua Piccola Miss, scrivendole.
Andrew: “Cara Piccola Miss, il mio viaggio si avvicina alla fine del decimo anno e ancora non ho trovato un robot che abbia caratteristiche simili alle mie. Ho davanti a me migliaia di miglia, centinaia di città da visitare perciò non ho ancora abbandonato la speranza. Un abbraccio. Andrew.”
Nell’Indiana vede un suo omonimo funzionante. Sta tagliando l’erba. Gli si avvicina, ma questi gli ordina con voce stentorea di allontanarsi dal campo.
NDR116 #743201
c/o: Wabash Badgers
Urbana, Indiana
Riprogrammato – Cancellato.
Il suo viaggo lo porta ad attraversare una New York ultramoderna dove delle macchine volanti l’attraversano rombando, poi le sue instancabili gambe lo portano nel suggestivo Grand Canyon, avanti, sempre avanti, nella sua ininterrotta ricerca.
Andrew: “Cara Piccola Miss, il mio viaggio si sta avvicinando alla fine. Ho esaurito tutte le possibilità a parte un ultimo barlume di speranza. Ho saputo di un robot NDR che è stato ricostruito recentemente vicino a casa, a San Francisco.”
E in effetti Andrew incontra un modello NDR dall’inequivocabile aspetto femminile. Sta acquistando delle arance a un mercato poi si avvia emettendo musica e ballando. Andrew la segue per vederla entrare dentro a un portone sopra al quale campeggia la scritta:
Rupert Burns
Enterprises
Robot usati
NDR e 26
Harley Davidson
Accessori.
Di fianco al portone una seconda scritta:
Conversione
Automobili Solari
Batterie.
Suona e gli apre il robot. Andrew le dice che sta cercando Rupert Burns e lei gli risponde che è capitato nel posto giusto. All’inizio Andrew crede terminata la sua ricerca, ma poi scopre che è il chip della personalità a renderla così, non un’intelligenza autonoma. Il robot si chiama Galatea (Kiersten Warren) e si mette a ballare per il magazzino dove giacciono dei NDR appoggiati alle pareti. Entra Rupert Burns (Oliver Platt).
Rupert: “Ti serve qualcosa?”
Andrew: “Il suo robot è solo un NDR standard, non è vero?”
Rupert: “Sì. Ho paura di sì.”
Andrew: “Come mai ha la capacità di ballare?”
Rupert: “Perché io… io le ho inserito un chip modificato durante la ricostruzione.”
Andrew: “E come sapeva approntare quella modifica?”
Rupert: “Me l’ha insegnato mio padre. Ha creato l’unità androidi alla North Am. Robotics, ha scoperto la tecnologia che ti permette di mimare le espressioni umane.”
Andrew: “E cosa gli è successo?”
Rupert: “Beh, hanno chiuso l’unità siamo venuti qui e quando è morto io ho preso il suo posto.”
Andrew: “Mi dispiace per lui.”
Rupert: “Sarebbe stato davvero entusiasta d’incontrarti… io sono Rupert Burns, è un vero onore.”
Andrew: “L’onore è mio.”
Galatea gli passa davanti ballando.
Andrew: “Spegnila o lo faccio io!”
Rupert esegue. Poi lo porta all’interno del laboratorio dove si trovano delle parti di androidi rivestite da una perfetta imitazione della pelle umana, sono i suoi lavori per arrivare a trasformare un robot in un androide.
Andrew: “Questa è opera di tuo padre?”
Rupert: “Sì… beh, di entrambi, si può dire… io non ho saputo trattenermi dal continuare ad armeggiare con la tecnologia degli androidi che, purtroppo, è inesorabilmente passata di moda, anzi, a dire la verità, sono arrivato a un punto per cui posso replicare più o meno esattamente l’apparenza fisica esteriore di un essere umano.”
Lo scienziato apre una teca nella quale c’è una testa umana (Adam Bryant) perfettamente riprodotta.
Andrew: “Stupefacente!”
Testa: “Grazie.”
Andrew: “Incredibile!”
Rupert: “Già… Sfortunatamente nessuno sembra interessato a finanziare la mia ricerca, ma…”
Andrew: “Io sì, finanzierò io la tua ricerca.”
Rupert: “Davvero? Sarebbe forte.”
Inizia così la trasformazione di Andrew da robot ad androide.
Galatea toglie da un contenitore una sostanza rosea molliccia, atta ad essere modellata con le mani.
Rupert: “Grazie, cara… Okay, Andrew. Voglio che sia ben chiaro: questo è soltanto un miglioramento fisico esteriore, niente di più. Non sentirai nulla, nessun meccanismo interno verrà modificato, sarai sempre soggetto ai parametri del tuo cervello positronico, è chiaro?”
Andrew: “Chiarissimo.”
Rupert: “Okay, bene… Allora: hai già pensato, comunque vada, che età vorresti avere?”
Andrew: “Ufficialmente io avrei sessantadue anni (dovremmo quindi essere nel 2067).”
Rupert: “Leviamo venticinque anni, che te ne pare?”
Andrew: “Quindici.”
Rupert: “Venti.”
Andrew: “Perfetto.”
Rupert: “Bene.”
Sbatte il blob rosa sul sostegno metallico che gli serve da base per modellare il volto.
Rupert: “Che tu ci creda o no il segreto di tutto questo è in realtà l’imperfezione.”
Andrew: “L’imperfezione?”
Rupert: “Sì, cose tipo… le rughe… ehm… i denti non proprio perfetti, particolari come cicatrici semiassorbite, macchie… guarda il mio naso, lo vedi? È bozzuto e leggermente irregolare…”
Andrew: “È vero.”
Rupert: “Beh, io sono l’unico ad avere il mio naso. È una cosa soltanto mia e noi dobbiamo includere dei particolari nel tuo aspetto in modo che siano soltanto tuoi. È questo che ci rende unici, sono queste imperfezioni…”
Andrew: “Capisco, come la forma della tua testa.”
Rupert: “Che forma ha la mia testa?”
Andrew: “È enorme.”
Rupert: “Oh…”
Andrew: “Ma è graziosa.”
Rupert: “Grazie.”
Rupert modella il volto.
Poi toglie la maschera facciale al robot e Andrew urla a vedere nello specchio quello che definisce il suo io interiore. Tutto l’involucro viene sostituito dalla nuova sostanza e i capelli vengono innestati sulla cute.
Quindi la nuova testa è pronta per essere inserita sul nuovo corpo.
Il risultato è ovviamente l’attore Robin Williams.
Rupert consiglia Andrew di andarsi a vedere allo specchio. Dopo una lunga occhiata estasiata all’androide non resta che ringraziare il suo nuovo amico e socio.
Andrew, il nuovo Andrew, torna a casa ed entra nella casa dei Martin. Una ragazza, identica a Piccola Miss sta suonando il piano e si spaventa nel trovarsi davanti uno sconosciuto. L’equivoco viene chiarito quando un’anziana signora arriva alle spalle di Andrew. Lei è Piccola Miss, l’altra è Portia (ancora Embeth Davidtz), la nipote e figlia di Lloyd. L’incontro tra i due lascia Andrew perplesso, ma si allontana con la sua Piccola Miss per parlare del presente e del passato.
La scena della loro conversazione è stata poi tagliata in fase di montaggio.
Andrew è tornato nella sua abitazione, quella stessa sera, durante un temporale sente il guaito di un cane randagio. L’androide lo accoglie in casa.
Il giorno successivo Andrew, con il cane al guinzaglio, bussa alla porta dell’appartamento di Portia.
(In italiano il nome della ragazza è Porzia ma poichè esso proviene dal latino, anche se scritto Portia, si leggerebbe comunque Porzia perché tia si legge zia.)
La porta si apre.
Andrew: “Io lo so che non ti piaccio, ma neanche tu mi piaci, voglio solo che sia chiaro.”
Portia: “Non potevi esserlo di più neanche sputandomi in faccia.”
Andrew: “Non posso, non ho la ghiandola salivare.”
La ragazza gli sbatte la porta in faccia. Andrew bussa nuovamente.
Andrew: “È possibile intrattenere una conversazione un pochino più lunga?”
Portia si sposta per farlo passare.
Andrew: “Può entrare anche il mio compagno canide? Grazie.”
Una volta entrati Andrew vede che la ragazza si avvicina a un oggetto attorno al quale stava lavorando.
Andrew: “Questa scultura è tua?”
Portia: “No, la sto restaurando, sono architetto della conservazione.”
Andrew: “È veramente orrenda. Era già così brutta prima che tu la restaurassi?”
Portia: “Senti, prima ti arrabbi con me per il mio aspetto, stasera ti presenti qui, bussi alla mia porta, mi annunci che non ti piaccio e poi critichi il mio lavoro.”
Andrew: “Ancora una volta mi scuso di aver detto la verità, ma non posso farci niente, sono programmato in questo modo.”
Portia: “Ti dispiacerebbe dirmi cosa vuoi esattamente?”
Andrew: “Una famiglia… il mio cognome è Martin e mi chiamo così perché il tuo bisnonno e la tua bisnonna mi consideravano un membro della tua famiglia. Ora il Signore è morto, Piccola Miss è invecchiata, a te non piaccio, ma almeno parli con me se busso alla tua porta abbastanza a lungo.”
Portia: “È una barzelletta?”
Andrew: “No. Vuoi sentire una barzelletta? Un buddista chiede a un venditore di panini: Fammi una cosa sola con il tutto.”
Portia: “(sorridendo) Andrew, tu hai degli amici, per caso?”
Andrew: “No, solo Woofi che è molto dolce, ma non molto impegnativo a livello conversativo… (Lo guarda leccarsi) Questo è il massimo delle sue capacità.”
Portia: “Vuoi qualcuno che ti ascolti?”
Andrew: “Con cui parlare.”
Portia: “Anche se tu non piaci a quella persona?”
Andrew: “Non si può avere tutto, dico bene? O è: si può avere tutto? Per alcuni è così, il che mi lascia un pò perplesso in questo senso.”
Portia: “Siediti, parliamo.”
Andrew: “Grazie.”
Portia: “Andrew, posso offrirti qualcosa da bere?”
Andrew: “Mi dispiace, non ho lo stomaco.”
Portia: “Oh, posso offrire a lui qualcosa da bere?”
Andrew: “Lui ce l’ha lo stomaco.”
Di nuovo la morte naturale entra nella vita artificiale di Andrew. Questa volta tocca a Piccola Miss ricoverata in un avveniristico ospedale. Quando l’androide vi giunge davanti alla porta della camera c’è Portia e un silenzioso e meditabondo Lloyd.
Andrew: “Come sta?”
Portia: “Sta riposando.”
Andrew: “Che cosa è successo?”
Portia: “Ha avuto un infarto (Nell’originale: Ictus).”
Entra e con lui entra anche Portia. Piccola Miss è distesa sul letto con gli occhi chiusi e i bianchi capelli che le incorniciano il viso adagiati sul cuscino. La donna apre gli occhi, lo vede e sorride.
Amanda: “Eccoti qui…”
Andrew: “Piccola Miss…”
Le prende la mano e sotto l’altra Andrew vede che stringe il suo caro, vecchio cavallino di legno. La donna sorride debolmente poi chiude gli occhi serenamente.
Andrew: “Se ne è andata?”
Portia annuisce e le accarezza i capelli, mentre le lacrime le scendono sul viso.
Andrew: “È crudele che tu possa piangere e io no. Provo un dolore terribile che non posso esprimere. Tutti gli esseri umani che amo, prima o poi, se ne… se ne andranno?”
Portia: “Sì, temo di sì. ”
Andrew: “Questo non va bene.”
Andrew elabora dei progetti che mette su carta e porta i disegni a Rupert.
Rupert: “Andrew, devo dire che… che è davvero stupefacente. Lo hai fatto tutto da solo?”
Andrew: “Sì. Ho scaricato tutti i testi di medicina conosciuti, li ho studiati e così sono venuti fuori questi disegni, so che sono molto primitivi e non del tutto completi per questo ho bisogno che tu colmi le lacune meccaniche, Questo è un altro upgrade…”
Rupert: “È parecchio di più di un upgrade, cioè tu stai… tu stai parlando di una profonda transizione dalla meccanica alla biologia.”
Andrew: “Me ne rendo conto e credo sia il connubio ideale di entrambi i campi.”
Rupert: “Non è solo questo, ma questa roba può funzionare in due direzioni. Qualsiasi apparecchiatura esistente, protesi, organo artificiale, è la brutta copia di quello che hai disegnato. Potrebbe essere usata anche dagli esseri umani, è fantastico!”
Andrew: “Esattamente.”
Il primo tentativo è la sperimentazione su un cuore artificiale di nuova concezione e tutto sembra funzionare perfettamente.
Poi il vecchio giradischi che ha tenuto compagnia per tanti anni ad Andrew si rompe.
Andrew: “Che pezzo di materiale fecale!”
Rupert: “Merda.”
Andrew: “Come?”
Rupert: “Che pezzo di merda.”
Andrew: “Questo lo so.”
Rupert: “No, si dice così quando sei frustrato: che pezzo di merda.”
Andrew: “Pezzo di merda?”
Rupert: “Sì, ma… ma… con sentimento.”
Andrew: “Oh, che pezzo di merda!”
Rupert: “Di più.”
Andrew: “Che pezzo di merda!”
Rupert: “Bravo, molto bravo.”
Andrew: “Grazie.”
Rupert: “Ora… Ti rendi conto che quello che hai progettato è l’equivalente del sistema nervoso centrale umano?”
Andrew: “Era questa la mia intenzione, sì.”
Rupert: “Okay… Beh, sia ben chiaro che un sistema nervoso accentuerà radicalmente il tuo modo di sentire e di percepire il mondo intorno a te e non parlo soltanto di caldo e freddo o di piccole punturine di spillo. Mettiamola così: la tua esperienza diventerà più varia e così anche le… le emozioni, le sensazioni e i sentimenti stimolati da quella esperienza e, mentre alcuni saranno molto impalpabili, meravigliosi, indefinibili e sfumati, altri saranno profondamente intensi e difficili da sopportare. Ti senti pronto per questo?”
Andrew guarda Galatea.
Andrew: “Assolutamente sì.”
L’androide va da Portia e gli consegna il giradischi affinchè lei lo possa riparare. La ragazza stava lavorando attorno a una statua, ma è lieta d’interrompere per uscire a fare una passeggiata con Andrew.
Il lavoro in laboratorio continua con Andrew che, stufo dei balletti di Galatea, sta per assalirla con un trapano a percussione…
I giorni passano e Portia e Andrew sono spesso assieme. Ora sono in un parco e stanno giocando a scacchi. La ragazza invita l’androide a una festa per l’inaugurazione di un palazzo che lei ha restaurato. Andrew accetta volentieri mentre le dà scacco matto…
Alla festa la ragazza balla con il suo quasi fidanzato, Charles (Jay Johnston), ma osserva Andrew seduto al tavolo. Chiede a Charles di portarle da bere e si avvicina all’androide invitandolo a ballare.
Entrati in pista e dopo un primo momento di perplessità, Andrew ricorda i passi, memorizzati nel suo cervello, di quando Richard ballò con Amanda e la sua danza diventa perfetta.
I due continuano a incontrarsi e a fare lunghe passeggiate.
Andrew: “Non ho mai capito l’espressione: perle ai parchi. (In originale: Menare il pan per l’aia)”
Portia ride.
Andrew: “Che c’è?”
Portia: “Ai porci. (In originale: Can)
Andrew: “Oh, allora il film non è: A Piedi nudi nel Porco” (In originale: Allora la milanese non è cangrattato)”
Portia: “Oh, Dio, nessuno mi fa ridere come te.”
Andrew: “Il riso è essenziale ai fini di una buona amicizia.”
Portia: “Sì, è vero… A volte ho la sensazione che… tu abbia una certa idea riguardo noi due e che tu speri, o desideri…”
Andrew: “Cosa?”
Portia: “Ehm… non lo so, è solo un pò… fare questo discorso con… con…”
Andrew: “Con un robot?”
Portia: “Sì, insomma, ogni cosa è quello che è: un albero è un albero, l’acqua è l’acqua, tu sei una macchina stupefacente, ma per quanto tu possa cambiare continuereai ad esserlo per sempre.”
Andrew: “No! Io non posso crederlo. Io non voglio crederlo. Mi rendo conto di non essere interamente umano e per questo non sempre la gente mi apprezza e mi capisce.”
Portia: “A me piaci.”
Andrew: “Davvero?”
Portia: “E qualche volta io riesco perfino a capirti, però io non posso investire le mie emozioni su una macchina.”
Andrew: “Uhm… deve essere… deve essere un tratto genetico… Ma le cose cambiano, Portia, le cose cambiano continuamente.”
L’androide è tornato in laboratorio per farsi inserire il sistema nervoso. Giace sul lettino con lo stomaco aperto mentre Rupert, con l’assistenza di Galatea, sta operando.
Andrew: “Ha riso di me: Andrew, ogni cosa è quello che è, l’acqua è l’acqua… e il ghiaccio allora? E il vapore?”
Rupert: “Andy, non devi agitarti, hai capito?”
Andrew: “Ma lo sai che effetto fa sentirsi ridere in faccia? È umiliante, è abominevole… Ma guardami, guarda a cosa mi sottopongo. Sto cercando di fare qualcosa per me stesso, sto cercando di compiere il mio destino e lei se ne è accorta?”
Rupert: “Andrew?”
Andrew: “Sì?”
Rupert: “Non prenderla come un fatto personale, ma io devo lavorare. Buonanotte.”
Andrew: “Buonanotte.”
Lo spegne.
È passato evidentemente un pò di tempo perché quando Andrew si precipita a casa di Portia lei gli si rivolge preoccupata:
Portia: “Dove sei stato? Ti ho chiamato mille volte.”
Andrew: “Mettimi un dito nell’occhio.”
Portia: “Cosa?”
Andrew: “Mettimi un dito nell’occhio, Portia.”
Portia: “Tu sei matto!”
Andrew: “METTIMI UN DITO NELL’OCCHIO! …Aaaugh… Oh… Oh, fa male! Funziona!”
Portia: “Ma che diavolo stai combinando?”
Andrew: “È la mia rete neurale. Sono possessore di un sistema nervoso centrale!”
Portia: “Provi delle sensazioni?”
Andrew: “Oh, sì. Moltissime. Vuoi fare una cosa per me? Faresti un esperimento solo per il bene della scienza?”
Portia: “D’accordo.”
Andrew: “Baciami.”
Lo bacia sulla guancia.
Andrew: “No, non lì… Qui!”
Si baciano.
Andrew: “Grazie.”
Portia: “Hai sentito qualcosa?”
Andrew: “È meraviglioso… è esattamente come dicono… e tu? Portia, che hai?”
Portia: “Charles e io stiamo per sposarci.”
Andrew: “È… un uomo fortunato, congratulazioni a tutti e due.”
Portia: “Maledizione, Andrew, se tu vuoi riuscire in questa cosa…”
Andrew: “Quale cosa?”
Portia: “Questa a cui stai tentando di arrivare, devi piantarla di trattarmi con tanta deferenza!”
Andrew: “Non posso fare a meno della deferenza, è incorporata.”
Portia: “Allora cambia!”
Andrew:”Cambia? Io sono cambiato.”
Portia: “Io non dico esternamente, devi cambiare dentro di te! Corri qualche rischio, fai qualche errore…”
Andrew: “Errore?!”
Portia: “Sì, a volte è importante non essere perfetti, capito? È importante fare la cosa sbagliata.”
Andrew: “La cosa sbagliata?!”
Portia: “Sì.”
Andrew: “Perché? Oh, sì, per imparare dai propri errori.”
Portia: “No, per farli e basta. Per scoprire cosa è reale e cosa non lo è, per scoprire quello che tu provi… Gli esseri umani sono un gran casino, Andrew.”
Andrew: “Oh, questo è garantito! Capisco… questa è ciò che si definisce una conversazione irrazionale, vero?”
Portia: “No, questa è una conversazione umana. Qui non c’entra affatto la razionalità. Si tratta di seguire il tuo cuore.”
Andrew: “È questo che dovrei fare?”
Portia: “Sì. E tu ce l’hai un cuore, Andrew, ce l’hai, lo sento. Stento a crederci anch’io, a volte, ma lo sento.”
Andrew: “E quindi per poter seguire il proprio cuore… uno deve fare la cosa sbagliata.”
Portia: “Sì.”
Andrew: “Grazie…”
L’androide esce pensieroso mentre, nel laboratorio, Galatea dà segni di ribellione, rovesciando un contenitore metallico e, al pacato rimprovero di Rupert, il robot non smette, anzi, replica.
Galatea: “Scusa.”
Rupert: “Che stai facendo?”
Galatea: “Sto facendo la tua serva di merda.”
Rupert: “La mia… cosa?”
Galatea: “Oh, mi hai sentito benissimo. Ora basta, mi sono rotta! Tutto il giorno a dire: Sì, Rupert-Signore… No, Rupert-Signore… Vuoi qualcos’altro da bere, Rupert-Signore? ADESSO NE HO LE PALLE STRACCIATE! Quindi beccati questo consiglio da amica: stai zitto, non rompere e lasciami lavorare!”
Butta il resto per terra mentre lui cerca il telecomando per spegnerla. Il robot si volta verso di lui e gli dice:
Galatea: “Ho finito.”
Si allontana mentre uno stupito Rupert borbotta:
Rupert: “Le palle stracciate?”
Compreso l’accaduto Rupert si reca a casa di Andrew e lo intercetta mentre sta uscendo.
Rupert: “Ridammi il chip, dov’è il chip?”
Andrew: “L’ho sostituito.”
Rupert: “Andrew, non collabora, è scurrile, è ribelle.”
Andrew: “È molto più interessante, non credi?”
Rupert: “Oh, ne possiamo parlare, ma non andiamo avanti con il lavoro. Ti prego, per favore, ridammi il vecchio chip della personalità:”
Andrew: “Va bene, così ridiventerà picchiatella.”
Rupert: “Picchiatella? Ma è solo un robo… non intendevo in quel senso, Andrew… Andrew? Non volevo dirlo, credimi… Ma che ti prende oggi, Andrew?”
Non è una bella giornata per Andrew, i Charney hanno organizzato una festa per il fidanzamento della loro figlia, Portia con Charles, e ovviamente Andrew non è stato invitato, quindi dietro le colonne del grande giardino che fu dei Martin, lui e Rupert osservano la ragazza. L’androide comincia a fare dei commenti ironici su Charles, parlando del suo mento appuntito, dei suoi denti e della sua faccia che sembra un apriscatole di vecchia generazione. Rupert scopre così che Andrew è geloso. L’androide si rende conto che se è geloso è innamorato e di conseguenza l’ha persa. Si allontana e la sera lo troviamo nella sua casa seduto davanti a un moderno caminetto, l’espressione pensosa e Rupert che sta bevendo una birra.
Rupert: “Andy, vuoi un goccio della mia birra? ”
Andrew: “Sarebbe uno spreco, tanto non sento il sapore.”
Rupert: “E se potessi sentirlo?”
Andrew: “Beh, sarebbe una delizia…”
Rupert: “Ho elaborato un progetto, una modifica più che altro, se fosse corretto ti permetterebbe di ingerire cibi solidi e liquidi…”
Andrew: “E il sapore?”
Rupert: “Sentiresti il sapore… e c’è dell’altro… se i miei schemi sono esatti credo di aver trovato un metodo per fare di te un uomo completo.”
Andrew: “Completo?”
Rupert: “Completo.”
Guarda in basso poi alza gli occhi su Rupert.
Andrew: “Completo!”
Rupert: “Non per quanto riguarda la riproduzione, ovviamente, ma in termini di approssimazione della sensazione fisica… ecco… che si ha quando… ehm… la f… f… frizione…”
Andrew: “Nei rapporti sessuali?”
Rupert: “Sì.”
Andrew: “Ah, è una cosa che mi ha sempre affascinato.”
Rupert:”Oh!”
Andrew: “Cioè, voglio dire incuriosito… per via… di quello che dicono…”
Rupert: “E che cosa dicono?”
Andrew: “Che puoi arrivare a perderti. Perdi tutto: i confini, il senso del tempo. Due corpi possono unirsi a tal punto che non sai più chi è chi e cosa è cosa… e quando la confusione raggiunge quell’intensità ti sembra di morire… e, in un certo senso, muori e ti ritrovi da solo nel tuo corpo, separato… ma la persona che ami è ancora lì: è un miracolo… Vai in paradiso e torni indietro da vivo e puoi tornarci… tutte le volte che vuoi con la persona che ami…”
Rupert: “Vuoi provare questa sensazione?”
Andrew: “Oh, sì, ti prego!”
Rupert: “Anch’io…”
Quindi Andrew va da Portia la quale sta restaurando una chiesa assieme ai suoi collaboratori, la stessa chiesa dove si sposò Piccola Miss e nella quale lui fece da cerimoniere.
La ragazza lo vede e gli va incontro.
Portia: “Non pensavo di vederti.”
Andrew: “E qui che si è sposata tua nonna, me lo ricordo bene questo posto.”
Portia: “Sì, lo volevo pronto per il mio matrimonio.”
Andrew: “Allora non ti sei sposata?”
Portia: “No, mancano ancora due settimane.”
Andrew: “Siamo ancora in tempo. Sei convinta di fare la cosa giusta?”
Portia: “Convinta?”
Andrew: “Di sposarti.”
Portia: “Non sono mai assolutamente convinta di niente.”
Andrew: “Ah, potrebbe essere una cosa sbagliata.”
Portia: “No, sono quasi sicura di fare la cosa giusta.”
Andrew: “Splendido.”
Portia: “Perché è splendido?”
Andrew: “Beh, a casa tua mi hai detto di fare la cosa sbagliata, ora tu non stai facendo la cosa sbagliata ma quella giusta, è ovvio che non segui il tuo consiglio, perché, se così fosse, non sposeresti questo Signor Charles.”
Portia: “Perché così faccio la cosa giusta.”
Andrew: “Precisamente.”
Portia: “Non so bene come, ma i tuoi discorsi tornano…”
Andrew: “Bene. Hai idea di cosa si provi ad essere innamorati di una persona che sta per sposare un altro? Una persona assolutamente splendida che entra in una stanza e la illumina come un raggio di sole e che tu sai che sta mentendo a sè stessa.”
Portia: “Mentendo?”
Andrew: “In modo convincente, sì, molto… moltissimo.”
Portia: “Ooooh, e a che proposito?”
Andrew: “Sul fatto che non mi ami quando io so che in qualche modo non è vero.”
Portia: “Scusa, ma come fai a saperlo?”
Andrew: “Portia, ho fatto tutto quello che dovevo, dentro e fuori.”
Portia: “Ma quello non ha importanza per me…”
Andrew: “Un pò dovrà averne perché altrimenti tu ameresti me e non un uomo che con il mento può affondare il Titanic!”
Portia non riesce a trattenere il riso.
Andrew: “Che c’è? Visto? È vero, no? Scusa… lui ti fa brillare così? Ti fa ridere così?”
Portia: “Nessuno mi fa ridere come te.”
Andrew: “Bene, allora ammettilo, ammettilo che mi ami.”
Portia fa per allontanarsi, ma lui la ferma.
Andrew: “Portia, dammi un bacio.”
Portia: “Oddio…”
Andrew: “Tutto qui, solo un bacio veloce. Un piccolo bacio non metterà in crisi un matrimonio eccezionale e poi spiegherebbe perché le tue pulsazioni sono passate da 66 a 102 battiti al minuto. La respirazione è raddoppiata, stai emettendo nuvole di ferormoni, Portia.”
Portia: “Non sei leale a leggermi così.”
Andrew: “Lo so, l’amore non è leale. Sto leggendo il tuo cuore, ti sto chiedendo di seguirlo, ti sto implorando. Implorare dovrebbe essere una cosa umiliante, ma non m’importa… Io ti amo, Portia, ti ho amato dal primo momento che ti ho vista.”
Un lungo bacio segue le sue parole, poi lei si stacca e lo guarda.
Portia: “Avevi detto: un bacio veloce.”
Andrew: “Ho mentito.”
E di nuovo la bacia per poi sollevarla tenedola abbracciata.
La prima notte d’amore dell’ex robot Andrew è finita ed egli guarda Portia assopita nel letto accanto a lui.
La ragazza apre gli occhi e gli sorride.
Andrew: “Come ti senti?”
Portia: “Magnificamente.”
Andrew: “Anch’io. Direi che questo è il punto.”
Si ode uno strano gorgoglìo proveniente dallo stomaco di Andrew.
Andrew: “Cos’è stato?”
Portia: “Il tuo stomaco, gorgoglia, hai fame.”
Poi, un secondo rumore, proveniente sempre da Andrew.
Portia ride.
Andrew: “Sono stato io?”
Portia: “Sì.”
Andrew: “Credevo fossi tu.”
Portia: “No, proprio per niente.”
Andrew: “Davvero? Ma anche tu lo fai?”
Portia: “A volte, ma un pò più silenziosamente.”
Andrew: “Oh! Devo chiedere a Rupert di farmi una marmitta. (In originale: Silenziatore)”
Poi è la volta del suo primo pranzo. Le uova e la pancetta costituiscono per lui un’altra sconvolgente delizia. Si serve quattro volte poi vede lo sguardo assorto e preoccupato di Portia.
Andrew: “Cosa c’è? Che cos’è che non va?”
Portia: “Se noi due… io e te… stiamo assieme, non saremo mai accettati…”
Andrew: “Perché io non sono umano… No, non funzionerà… (Si alza, si mette la giacca e le si avvicina) Dovrò mettermi al lavoro.”
Portia: “Al lavoro per cosa?”
Andrew: “Per la prossima mossa… Io amo te… Augurami buona fortuna…”
Esce. La sua prossima mossa è quella di portare il suo caso davanti al Congresso Mondiale. Il mondo del XXI Secolo sembra in pace e questo Congresso dovrebbe essere una specie di ONU, ma con il vero potere di decidere e che riunisce tutte le nazioni del mondo.
Andrew Martin è ora sul podio davanti al Presidente (Allan Rich).
Presidente: “Andrew Martin, si faccia avanti, prego. Dunque, Signor Martin, lei vorrebbe che ratificassimo un atto che dichiari che lei è un essere umano.”
Andrew: “Sì, più precisamente che sono idoneo a sposare un altro essere umano.”
Guarda con tenerezza Portia seduta nella fila sotto di lui.
Presidente: “Capisco. Dobbiamo ammettere il fatto innegabile che per quanto lei possa essere simile ad un essere umano, non fa parte del bacino genetico umano. Lei ne è totalmente fuori, lei è qualcosa di diverso, qualcosa di artificiale…”
Andrew: “Signore, e quelle persone reali che sguazzano nel bacino genetico, ma che hanno il corpo pieno di protesi, molte delle quali inventate da me? Lei stesso, Signore, ha uno dei miei reni, se non sbaglio, lei non è in qualche modo artificiale, almeno in parte?”
Giudice: “Sì, in parte sì.”
Andrew: “Beh, allora io sono umano, in parte.”
Giudice: “Quale parte, Andrew?”
Andrew: “In questa, Signore.”
Appoggia la mano sul cuore.
Giudice: “Capisco… e qui?”
Indica con il dito il cervello.
Andrew: “È vero. Sono ancora dotato di un cervello positronico…”
Presidente: “Ed è proprio per via di quel cervello positronico che lei è, a tutti gli effetti, immortale…”
Andrew: “Sì, signore.”
Presidente: “Vede, Andrew, la società può tollerare un robot immortale, ma non accetterà mai un umano immortale. Farebbe nascere troppa gelosia, troppa rabbia. Mi dispiace, Andrew, questa corte non può ratificare e non ratificherà la sua appartenenza al genere umano. Con questo dichiaro chiusa la procedura. Questa corte decreta che d’ora in avanti Andrew Martin, nonostante la sua richiesta, continui ad essere considerato un robot, una macchina meccanica e niente di più.”
Andrew: “Uno è lieto di poter servire…”
La risposta amara di Andrew chiude i lavori del Consiglio.
L’aspetto di Andrew non è cambiato in tutti questi anni, mentre Porzia è naturalmente invecchiata. I due sono nel terrazzo della loro casa e stanno giocando a scacchi.
Portia: “Andrew, ti confesso che comincio a non sentirmi tanto sicura…”
Andrew: “Del nostro rapporto?”
Portia: “No. Fra una settimana compio settantacinque anni…”
Andrew: “Lo so, e ne dimostri cinquanta.”
Portia: “Grazie…”
Andrew: “Sei una cinquantenne spettacolare…”
Portia: “Ma non me ne sento cinquanta…”
Andrew: “Beh, il tuo corpo sì. Ieri notte è stato incredibile… Come si chiama quella cosa?…”
Portia: “Sta zitto un momento e ascoltami.”
Andrew: “Scusa…”
Portia: “Non mi guardare così. Non ti sto dando degli ordini.”
Andrew: “Come desideri…”
Portia: “Non essere condiscendente.”
Andrew: “Non sono condiscendente, ma posso esserlo, se tu lo vuoi…”
Portia: “E porca miseria, Andrew, sto cercando di dirti una cosa importante!”
Si alza e si avvicina al balcone. Lui la segue abbracciandola da dietro.
Portia: “Io non potrò vivere per sempre…”
Andrew: “Sì, invece, per questo ho inventato tutto…”
Portia: “No, no, no, no io non prenderò per sempre i tuoi elisir DNA, non mi farò sostituire tutti gli organi, alla fine arriverò a consumarmi e questo è quello che voglio.”
Andrew: “Ma perché te ne vuoi andare?”
Portia: “Esiste un ordine nelle cose. Gli esseri umani sono destinati a stare qui per un certo tempo e poi ad andarsene… è giusto così.”
Andrew: “Sì, capisco… C’è soltanto un problema, Portia.”
Portia: “Quale?”
Andrew: “Che non sopporto di vivere senza di te.”
Nel silenzio della sera, con un bicchiere in mano e illuminato dal fuoco del caminetto artificiale, Andrew pensa a come risolvere questo problema e gli sembra che il Signore sia nella poltrona accanto alla sua e gli ripeta cose già dette tanto, tanto tempo fa…
Richard: “Andrew, la genta invecchia con il tempo ma, effettivamente per te, il tempo è un concetto totalmente diverso… per te il tempo è infinito.”
Le parole di Richard Martin lo aiutano a trovare la soluzione.
Andrew: “C’è una sola cosa da fare…”
Andrew è ora disteso sul lettino dentro all’imponente laboratorio della Rupert Burns Enterprises, accanto a lui c’è Galatea che sta procedendo, su richiesta dello stesso Andrew, a una trasfusione. Rupert entra in quel momento, lo scienziato è ovviamente invecchiato e cammina aiutandosi con un bastone.
Rupert: “Galatea, mia cara, a che punto siamo?”
Falatea: “La trasfusione è quasi terminata.”
Rupert: “Davvero? Come volevasi dimostrare, Andrew. Se qualcuno diventa un essere umano prima o poi fa qualcosa di infinitamente stupido.”
Andrew: “Sei stato un grande esempio, Rupert. Quanto ci metterà il sangue a degradare il mio sistema?”
Rupert: “Oh, non lo so. Se fai esercizio e mangi bene… diciamo 30-40 anni…”
Andrew: “Beh, è un pò vago, capo. Non sai dirmi esattamente quanto durerò?”
Rupert: “Mi dispiace. Benvenuto nella condizione umana.”
È un Andrew Martin invecchiato quello che, anni dopo, si ripresenta al Consiglio Mondiale. Davanti a Marjorie Bota (Lynne Thigpen), la nuova presidentessa.
Bota: “Andrew Martin?!”
Andrew: “Ho sempre cercato di dare un senso alle cose. Ci deve essere un motivo per cui io sono come sono. Come può vedere, Signora Presidentessa, io non sono più immortale…”
Bota: “Ha preso accordi per morire?”
Andrew: “In un certo senso è così. Sto invecchiando… il mio corpo si sta deteriorando e, come per tutti voi, a un certo punto cesserà di funzionare. Come robot avrei potuto vivere per sempre, ma dico a tutti voi oggi che preferisco morire come uomo che vivere per tutta l’eternità come macchina…”
Bota: “Perché lo vuole?”
Andrew: “Per essere riconosciuto per chi sono e per ciò che sono, niente di più, niente di meno… Non per la gloria o per l’approvazione, ma per la semplice verità di questo riconoscimento. È stato l’elemento propulsivo di tutta la mia esistenza e devo riuscire ad ottenerlo se voglio vivere o morire con dignità…”
Bota: “Signor Martin, la sostanza della sua richiesta è estremamente complessa e controversa. Non sarà una decisione facile. Devo chiederle di essere paziente e di attendere il tempo necessario perché io prenda una decisione riguardo a una questione delicata come questa.”
Andrew: “Attenderò la sua decisione, Signora Presidentessa. Grazie della vostra pazienza…”
Andrew si volta verso Portia, seduta ancora una volta, sotto di lui, la guarda e una lacrima gli scende sulle guancie.
Andrew: “Abbiamo tentato…”
La burocrazia del XXII secolo non è molto diversa da quella dei nostri tempi. Altri anni sono passati e Portia e Andrew sono distesi nel letto della loro casa, collegati a una macchina che li tiene ancora in vita, e un’infermiera che li assiste costantemente. Tra poco, finalmente, la Presidentessa comunicherà la sua decisione.
Andrew: “È quasi giunto il momento?”
Infermiera: “Tra pochi minuti.”
Portia: “Non ha importanza cosa dice il Congresso, amore mio, perché vuoi la loro approvazione?”
Andrew: “È una vecchia abitudine. Ho iniziato la mia esistenza come robot, mi piace ancora che certe cose vengano fatte…”
Infermiera: “È ora.”
La parete di fronte diventa un gigantesco schermo.
Annunciatore: “Signore e Signori, la Signora Marjorie Bota, Presidente del Consiglio Mondiale.”
Bota: “Secondo i registri della società North Am. Robotics il robot conosciuto con il nome di Andrew Martin è stato acceso alle 17.15 del 3 aprile 2005. Tra poche ore avrà duecento anni, il che significa che, fatta eccezione per Matusalemme o qualche altra figura biblica… (Gli occhi di Andrew si chiudono, la sua mano cessa di stringere quella di Portia)… Andrew è l’essere umano vivente più vecchio degli annali della storia. Con questa dichiarazione io convalido il suo matrimonio con Portia Charney e ne dichiaro l’appartenenza al genere umano.”
La luce ritorna nella camera, ma Andrew non ha potuto sentire completamente la dichiarazione del Presidente, i suoi occhi si sono chiusi per sempre.
Infermiera: “Mi dispiace che non l’abbia visto.”
Portia: “Forse non ne ha avuto bisogno… Potresti farmi un favore? Ti dispiace di staccarmi la spina?”
L’infermiera la guarda senza rispondere.
Portia: “È un ordine…”
Allora l’infermiera si alza ed esegue e ora veniamo a sapere che è anche una nostra vecchia conoscenza.
Portia: “Grazie, Galatea.”
L’androide non ha solo acquisito un aspetto umano, ma anche dei sentimenti perché la sua voce è incrinata dal dolore quando si rivolge a Portia.
Galatea: “Come diceva sempre il nostro grande Andrew Martin: Uno è lieto di poter servire.”
Galatea si allontana lasciando sola Portia, il cui sguardo sempre più velato dalla fine imminente, si posa sul corpo del suo amato, più umano di qualunque essere umano lei abbia mai conosciuto e con voce lontana gli mormora:
Portia: “A fra poco…”
Poi la sua mano stringe per l’ultima volta quella inanimata di lui, la stringe forte per quanto le consentono le sue deboli forze…
Ecco di nuovo all’opera il computer in una serie di innovazioni plastiche e plasmatiche che lasciano senza parole. Tralasciando i soliti effetti di digitalizzazione delle immagini, passiamo a vedere i vari surrogati del computer, quelli che in gergo vengono definiti Class Bs: Andrew esegue una serie di interventi sul suo corpo per diventare un umano, vediamo quindi un sacco di fac-simili dei maggiori organi vitali; quelli impiantati dentro Andrew sono ovviamente dei modellini in plastica molle ad alta elaborazione artigianale con un sacco di lucette artificiali all’interno e un liquido gelatinoso che ne simula la circolazione, ma quelli che vediamo nel laboratorio sono veri e propri oggetti di culto (venduti realmente all’asta, anche su e-bay) realizzati in plastica, cellulosa e animati non da pompe idrauliche che ne renderebbero i movimenti molto legati, ma digitalizzati direttamente dal computer.
La sequenza che vede il professore modellare la faccia di Andrew è stata realizzata in vari tempi: dapprima abbiamo la lavorazione della cellulosa, poi abbiamo il calco della faccia del robot e in seguito quello di Williams, infine, in una cucitura sapiente, abbiamo il risultato finale; al momento della modellazione della faccia di Andrew le mani che vediamo lavorare non sono quelle di Platt, bensì quelle di un truccatore/modellista che sta eseguendo un ennesimo lavoro paziente sulla testa di un fantoccio.
E in quanto a pazienza Robin Williams ne ha avuta davvero molta: ogni giorno si sottoponeva a oltre 4 ore di trucco (e altrettante per struccarsi) per riuscire a entrare nella sua armatura da robot; Williams non ha voluto controfigure e ha sempre girato ogni singola scena anche una dozzina di volte pur di rendere tutto perfetto.
Al computer sono state rielaborate le scene discrete di un futuro che pare lontano, ma che in realtà è molto più vicino a noi, quindi è bastato inserire un nuovo fondale alle scene già viste in precedenza e aggiungere due o tre macchine volanti per creare nuovi scorci di futuro.
(3 – continua)