ARRIVA IL NUOVO MILLENNIO (2000)
Nell’immaginario collettivo, e nell’ambito fantascientifico, l’anno 2000 è sempre stato visto come un passaggio epocale. Il passaggio da un millennio all’altro, evento già di per sé carico di ansie e aspettative, in questo caso seguiva un secolo, il 20°, che aveva visto uno sviluppo scientifico e tecnologico senza precedenti, unito alla nascita e alla diffusione di un genere letterario e cinematografico, la fantascienza, incentrato proprio sull’analisi dei possibili, ulteriori e futuri sviluppi della scienza. L’elenco dei film e dei romanzi ambientati nell’anno 2000 sarebbe lungo. Nella realtà, poi, l’arrivo dell’anno 2000 capitò nel pieno della rivoluzione di internet, la rete telematica che oggi è forse la spina dorsale della nostra società e della nostra economia. Sintomaticamente, il 1999 fu attraversato dalla paura del Millenium Bug, la paura, rivelatasi poi infondata, che i computer sarebbero andati in tilt nel passaggio delle date dal ‘99 allo 00: equivalente moderno della paura della Fine del Mondo che colpì i contemporanei dell’anno 1000, ma anche segno di quanto l’informatica e la telematica, già 20 anni fa, fossero importanti nella nostra vita quotidiana.
Nel campo del cinema di sf, l’anno 2000 vide la produzione di un certo numero di film interessanti. Ricordiamo di seguito i titoli più salienti.
Mission to Mars (Mission to Mars) di Brian De Palma.
La carriera di Brian De Palma si può dividere in due. Thriller ispirati ai classici di Alfred Hitchcock, caratterizzati da uno stile registico sofisticato e calligrafico, ma anche molto personali e nati da progetti personali, e film di altro genere, realizzati su commissione, in cui comunque si possono ravvisare tematiche e stilemi a lui cari. Mission to Mars appartiene alla seconda categoria, ed è il suo secondo film etichettabile come sf dopo Fury (The Fury, 1978).
Ambientato nel 2020, racconta le avventure della missione Mars 2, inviata in soccorso alla precedente missione Mars 1, colpita da una tempesta marziana dopo il ritrovamento di una gigantesca scultura, segno evidente di una civiltà extraterrestre, che i nostri eroi finiranno con l’incontrare. Il film mostra un cast di indubbio valore: Gary Sinise, Tim Robbins, Don Cheadle, Armin Mueller-Stahl, ulteriore segno che i grandi attori di Hollywood non disdegnano più i film di sf, in quanto non più di “serie B”. Il film è caratterizzato da una grande accuratezza scientifica, soprattutto nella prima parte che descrive il viaggio spaziale. Un po’ meno nella seconda parte, dove la vita sul pianeta rosso è descritta con qualche “licenza poetica”. Notevole importanza ha anche la caratterizzazione psicologica dei personaggi, e ci si sofferma molto sulle loro vite familiari e sui rapporti d’amicizia che legano i componenti della missione.
Di grande complessità e impegno gli effetti speciali, che sono un misto di riprese dal vivo, animazioni digitali e tradizionali mezzi meccanici. Il deserto di Marte è in realtà una cava di sabbia vicino a Vancouver, arricchito di sfondi fotografici delle Canarie e di Wadi Rum, una località nel deserto della Giordania famosa per le sue sabbie rosse.
Il commento musicale è del grande compositore italiano Ennio Morricone, in una delle sue rare collaborazioni a un film di fantascienza.
Pianeta rosso (Red Planet) di Anthony Hoffman.
Prodotto dalla Warner Bros., questo film fu concepito un po’ come il “rivale” di Mission to Mars, prodotto dalla Disney. Ambientato nel 2056, racconta di una missione (chiamata anch’essa Mars 1!) inviata su Marte allo scopo di iniziarne la colonizzazione, essendo la Terra ormai inabitabile. Su Marte nasceranno rivalità mortali fra gli astronauti, ma si scopriranno anche delle sorprendenti forme di vita e fonti d’ossigeno.
Il film è l’esordio nel cinema narrativo di Anthony Hoffman, regista sudafricano di documentari e spot pubblicitari. Il copione originale si intitolava Alone, ed era incentrato su due astronauti sperduti sul pianeta rosso. Hoffman lo rielaborò completamente, prendendo a modello film bellici da lui amati come Platoon e Il grande Uno Rosso: storie di uomini ora uniti, ora in conflitto fra loro e con l’ambiente circostante.
L’ambiente marziano fu ricreato ancora una volta nel deserto giordano e a Coober Pedy, brulla località mineraria nel deserto australiano. Le libertà scientifiche sono ancora maggiori che in Mission to Mars: per dirne una, gli astronauti nello spazio non fluttuano, e l’idea di una fauna e una flora marziana regge poco alle spiegazioni fornite nel corso del film.
In ogni caso Hoffman conosce il suo mestiere e imbastisce una vicenda spettacolare e avvincente, che purtroppo non trovò il consenso del pubblico, e il fiasco del film causò la fine della carriera cinematografica del regista, che tornò alla pubblicità.
Gli interpreti principali sono Val Kilmer, Tom Sizemore, Carrie-Ann Moss e il grande attore inglese Terence Stamp. Si racconta che fra Kilmer e Sizemore, un tempo amici, sia nata un’accesa rivalità che sfiorò la rissa più di una volta e che complicò non poco la lavorazione del film.
Space Cowboys (Space Cowboys) di Clint Eastwood.
Un satellite russo sta per precipitare sulla Terra e un gruppo di vecchi astronauti viene richiamato in servizio e mandato nello spazio per disinnescarlo. Su questo tema, semplice e non originalissimo, Clint Eastwood, interprete e regista, costruisce un’accattivante avventura, coadiuvato da un cast di vecchie glorie come Donald Sutherland, Tommy Lee Jones e James Garner.
Restio al genere, Eastwood fu convinto a dirigere il film dopo la notizia che il veterano astronauta John Glen sarebbe tornato nello spazio, nel 1998.
Il film ebbe un grande sostegno dalla NASA, che fornì a scenografi e costumisti tutte le informazioni necessarie per la riproduzione dello Shuttle e delle tute spaziali EMU (External Mobility Unit).
Pitch Black (Pitch Black) di David Twohy.
È il film che lanciò il muscoloso ma espressivo Vin Diesel nell’alveo dei divi del cinema d’azione, dopo una lunga gavetta nel teatro sperimentale e nel cinema indipendente.
Un’astronave con a bordo 40 passeggeri atterra in seguito a un incidente su un inospitale pianeta, popolato da fameliche creature notturne. Fra loro c’è il detenuto Riddick, e la lotta per la sopravvivenza degli altri dovrà fare affidamento sulle sue doti di combattente.
A metà fra l’action, l’horror e il western (la trama in fondo è una variante di Ombre rosse), presenta una grande attenzione alle psicologie dei personaggi e un’insolita ambiguità morale nelle loro caratterizzazione, ma il risultato è comunque piacevole e ben condotto, oltre che ben recitato. Come molti altri film di sf, Pitch Black fu girato a Coober Pedy, scelta per il suo paesaggio insolito, adattissimo a simulare ambienti extraterrestri. Nel progetto originale Riddick muore, ma i produttori all’ultimo momento cambiarono idea, vedendo in lui il potenziale per un seguito. E in effetti…
L’uomo senza ombra (The Hollow Man) di Paul Verhoeven.
Il regista olandese Paul Verhoeven, al suo sesto film hollywoodiano e al suo terzo di sf, rivisita la vicenda dell’uomo invisibile di H.G. Wells. Il geniale, ma esaltato scienziato Sebastian Caine progetta con il suo team un siero per l’invisibilità che funziona sulle cavie animali, ma, testato su lui stesso, non produce il ritorno alla visibilità. Caine scopre così che essere invisibili è la condizione ideale per compiere omicidi, stupri e vendette. Un ottimo Kevin Bacon ed effetti speciali di straordinario realismo sono i punti di forza di una vicenda che per il resto si snoda piuttosto prevedibile e scontata. Lo stesso regista, deluso dal risultato, decise di interrompere la sua carriera americana e tornò in patria.
Supernova (Supernova) di Thomas Lee (Walter Hill, Jack Sholder, Francis Ford Coppola).
Nel 22° secolo l’astronave di soccorso Nightingale 229 riceve la richiesta di aiuto da una base mineraria. I soccorritori troveranno un solo superstite, e molti pericoli.
Supernova è un buon thriller spaziale, dalla trama avvincente, con validi effetti speciali e ottime interpretazioni da parte di un cast prestigioso: James Spader, Angela Bassett, Robin Tunney, Lou Diamond Phillips. Eppure ebbe una lavorazione travagliatissima, con continue modifiche al copione e il passaggio di mano di ben tre registi. Walter Hill, inizialmente designato, diede alla vicenda un tono cupo e orrorifico che non piacque ai produttori della United Artists/MGM, e fu sostituito da Jack Shoulder, che impostò una regia più ritmata e un’atmosfera più soft. I produttori stavolta approvarono, ma convocarono lo stesso il grande regista Francis Ford Coppola (che all’epoca si prestava a lavori su commissione) per girare alcune scene aggiuntive. Tutto questo portò a un film “senza firma” (Thomas Lee è infatti inesistente), ma anche senza successo commerciale, causando il secondo fallimento della United Artists dopo quello causato da I cancelli del cielo (Heaven’s Gate) di Michael Cimino all’inizio degli anni ’80.
Titan A.E. (Titan A.E.) di Don Bluth e Gary Goldman.
Spettacolare e suggestivo film d’animazione, basato sulle avventure dell’astronave Titan A.E., il cui equipaggio è composto dagli unici esseri umani sopravvissuti alla distruzione del pianeta Terra, nel 31° secolo, alla ricerca di un nuovo mondo da abitare.
Un uso innovativo dell’animazione digitale, combinato con tecniche tradizionali, è al servizio di un film ricco di personaggi pittoreschi e di sense of wonder, ma che purtroppo non trovò il favore del pubblico, stroncando la carriera della coppia di animatori/registi, dopo una serie di grandi successi coma Brisby e il segreto di Nimh (1982), Fievel sbarca in America (1986), Anastasia (1997).