Sembra da non credersi, eppure la Terra, inteso come pianeta, e i corpi celesti in generale producono suoni particolari e musiche misteriose… perfino sul nostro stesso pianeta ci sono luoghi che “cantano” e “suonano”, laddove nessuno se lo aspetterebbe.
Il suono della Terra, per come il pianeta viene trattato ultimamente dall’uomo, verrebbe da pensare sia un lamento piuttosto che una dolce armonia… e in un certo senso è proprio così! Il corpo planetario su cui appoggiamo i piedi ogni giorno borbotta e produce una musica che non è percepibile dall’orecchio umano ma che incuriosisce gli scienziati da molti decenni.
Il cosiddetto suono della Terra è stato analizzato alcuni anni fa dai ricercatori dell’Università californiana di Berkeley che avevano pubblicato i risultati delle loro ricerche sulla prestigiosa rivista americana Nature. I geofisici sostenevano che il rumore di sottofondo del pianeta, una vibrazione compresa tra i 2 e i 7 millihertz, fosse generata dall’acqua. L’origine dei suoni era nel profondo degli oceani e si ipotizzava fosse dovuta al susseguirsi di terremoti e grandi tempeste sul fondo marino. In seguito, dato che la relazione con i terremoti non era conseguente e la vibrazione esisteva anche in loro assenza, altri studiosi cambiarono teoria.
Pensarono allora che il suono della Terra fosse dovuto alla pressione atmosferica e che non riguardasse solo il nostro, ma tutti i pianeti, ognuno con un suono diverso. Teoria affascinante che preludeva ad una misteriosa sinfonia dell’universo.
E allora, cos’è il suono della Terra?
Pensate che per individuarlo sono stati così piazzati 57 sismografi direttamente nelle profondità oceaniche, sul fondo dell’Oceano Indiano a est del Madagascar.
Il suono della Terra è stato così finalmente rilevato nella sua unicità. Sofisticati software hanno separato il segnale dai rumori di fondo causati da onde, terremoti e altri fenomeni naturali. In questo modo si sono ascoltate altre vibrazioni più precise tra i 2,9 e 4,5 millihertz, ma la loro origine rimane comunque ancora un mistero. Si pensa che, dato che il 70% della superficie terrestre è coperta dagli oceani, ascoltando questi suoni in futuro gli scienziati potranno comprendere meglio cosa succede davvero sotto la crosta terrestre e magari arrivare a prevedere i terremoti.
Ma oltre al nostro pianeta, anche il Sole ha un proprio suono.
La nostra stella produce rumori e ronzii a bassa frequenza che rivelano i fiumi di materiale solare che scorrono al suo interno. Si tratta ovviamente di elaborazioni di vibrazioni captate con telescopi e altri sistemi e portate successivamente nel range udibile dell’udito umano. Non si tratta però di una vera musica celeste, ma quanto basta per volare con la fantasia nei misteri dello spazio e della nostra vita.
Tornando con i piedi sulla Terra, nei deserti, riconosciuti come luoghi di silenzio per antonomasia, si ascoltano invece dei rumori, o meglio dei canti. Il canto del deserto delle dune di Sand Mountain in Nevada è un suono davvero pulito che dipende dalla grandezza dei grani di sabbia che “cantano” note nella tonalità di Do maggiore, due ottave sotto il Do centrale del pianoforte.
Badate bene, non stiamo parlando di una leggenda, ma di una realtà che oltre ad incuriosire i turisti e far guadagnare tour operator, ha spinto vari ricercatori a studiare il fenomeno. Ad esempio, si è scoperto che fra tutti, il canto del deserto più bello proviene dalle dune dell’Oman, nella penisola araba.
Il canto del deserto nasce tra dune che si trasformano in veri e propri strumenti musicali, ma si può propagare e ascoltare a molti chilometri di distanza. Marco Polo nei suoi viaggi in giro per il mondo aveva ascoltato i suoni dei deserti e pensato si trattasse di spiriti maligni. Anche Charles Darwin ne era stato affascinato senza riuscire a darsi una spiegazione. Gli scienziati moderni sono andati oltre, realizzando ricerche sul campo, analizzato i suoni registrati con computer e facendo esperimenti di laboratorio. Studiando il comportamento dei singoli granelli di sabbia hanno scoperto che il suono è prodotto dai grani di sabbia che spinti dal vento si sincronizzano e scivolando giù per le dune entrano in risonanza.
Le dune infatti sembrano montagne fisse e statiche, ma in realtà sono masse in continuo movimento. Secondo gli studi dei ricercatori dell’Università di Cambridge se si verificano determinate condizioni in fase di scivolamento è l’intera duna a vibrare, un po’ come fosse un altoparlante di un impianto stereo. Quindi non è solo l’attrito e lo scivolamento a generare il suono, che può perdurare anche per lungo tempo dopo la valanga di sabbia.
Ogni deserto vibra ad una certa frequenza. Mediante degli esperimenti in laboratorio pubblicati su Phisical Rewiev, gli scienziati hanno anche scoperto che l’altezza della nota dipende dalle dimensioni dei granelli. Nel deserto cileno le dune cantano nella tonalità di Fa maggiore, mentre le dune del Marocco cantano in Sol minore. Poi ci sono quelle del Sahara e via dicendo.
Lo stesso vale per i ghiacciai: infatti è stato da poco registrato anche il “canto” dei ghiacci antartici: in questo caso è il suono prodotto dalle vibrazioni generate dai venti sulle dune gelate. Registrato grazie a una rete di sismografi installata sulla piattaforma di ghiaccio del Mare di Ross, consente di studiare i movimenti dei ghiacci e di monitorarne meglio il comportamento. È quanto è emerso dallo studio pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters, coordinato da Julien Chaput, dell’Università di Stato del Colorado.
Il canto dei ghiacci è il risultato dei dati raccolti in più di due anni di monitoraggio, dalla fine del 2014 all’inizio del 2017 e poi rielaborato negli anni seguenti. La “voce” dell’Antartide ha però frequenze troppo basse per essere ascoltate dall’orecchio umano. Per renderlo udibile, i geologi hanno, quindi, dovuto accelerarlo di circa 1.200 volte.
La piattaforma del Mare di Ross è la più grande dell’Antartide: spessa centinaia di metri, è grande come lo stato del Texas. Secondo i ricercatori, grossi blocchi della banchisa possono collassare improvvisamente nell’oceano, senza dare segnali di preavviso, come accaduto alla piattaforma Larsen B nel 2002. Per questo, gli esperti hanno installato una stazione sismica fatta da 34 sensori sepolti nei ghiacci antartici. L’obiettivo è monitorare le vibrazioni e in generale lo stato di salute dei ghiacci, minacciati dal riscaldamento globale.
Insomma, ce né davvero per tutti i gusti: buon ascolto!