ANIMAZIONI E CONTAMINAZIONI (2004)
Iniziamo a dare uno sguardo al 2004 con un film che ci porta molto più avanti nel futuro: 2046 (2046) di Wong Kar-wai. Solo in parte fantascientifico, questo affresco complesso e labirintico diretto dal sofisticato regista cinese Wong Kar-wai, riprende il protagonista dei suoi precedenti film The Days of Being Wild (The Days of Being Wild, 1990) e In the Mood for Love (In the Mood for Love, 2000). Il giornalista Chow Mo-wan (Tony Leung) vive varie vicende amorose in diversi luoghi nel corso degli anni Sessanta, alle quali si interseca la vicenda del romanzo 2046, da lui scritto, in cui il suo alter-ego giapponese Tak (Takuya Kimura) viaggia su un treno che permette di tornare un anno indietro nel tempo e rivivere le storie d’amore. Gli amori di Chow e Tak sono interpretate dalle più famosi attrici cinesi (Maggie Cheung, Gong Li, Zhang Ziyi), e tutto il film è un fin troppo raffinato gioco narrativo, volutamente privo di uno sviluppo cronologico. I ritratti femminili sono suggestivi, come pure l’eleganza visiva continuamente sciorinata dal regista, e la trovata del treno-macchina del tempo è azzeccata, ma il ritmo lento e una certa ripetitività finiscono con lasciare un senso di stanchezza già a metà film.
Steamboy (Steamboy) di Katsuhiro Otomo ci porta in un 1866 alternativo, dove il giovane inglese Ray vive un rapporto conflittuale e altalenante con il padre Edward e il nonno Lloyd, ingegneri impegnati nella costruzione di un rivoluzionario motore a vapore. Ray si troverà combattuto fra i due, quando scoprirà che il primo vuole usarlo a scopi pacifici, mentre il secondo lo vende a potenze straniere che useranno Londra come campo di battaglia… Il fumettista giapponese Katsuhiro Otomo torna al cinema d’animazione dopo Akira (Akira, 1988). Steamboy è frutto di una lavorazione complessa, durata 10 anni, che miscela tecniche digitali e tradizionali. Graficamente eccellente (splendide le ricostruzioni storiche e la ricchezza di particolari), il film è uno spettacolo avvincente e suggestivo, ricco di trovate brillanti, dai personaggi insolitamente ambigui ma ben riusciti. Attenzione ai titoli di coda, che raccontano la vita futura dei protagonisti.
Immortal, ad vitam (Immortal, ad vitam) di Enki Bilal è ambientato nella New York del 2059, dove si intersecano le vicende della mutante Jill (Linda Hardy), studiata dalla dottoressa Turner (Charlotte Rampling), e quelle nientemeno che del dio egizio Horus, che scende in città per trovare una donna da fecondare. Horus risveglia Nikopol (Thomas Kretschmann), ibernato 30 anni per il suo attivismo contro lo strapotere delle Eugenics, multinazionale di ingegneria genetica che domina la società. Lo scopo di Horus è usare il corpo di Nikopol per fecondare Jill, scelta per il suo patrimonio genetico “compatibile” con quello divino di Horus. Ma fra Nikopol e Jill nasce l’amore, cementato dalle persecuzioni della Eugenics… Terzo film del fumettista francese Enki Bilal, è tratto dalle sue graphic-novel La foire aux Immortels e La femme piège. Una manciata di attori si muove in uno sfondo quasi interamente digitale, interagendo con altri personaggi animati. L’animazione di questi ultimi è meno riuscita di quella degli sfondi e dei macchinari, davvero originali e inventivi (nonostante le inevitabili influenze di Blade Runner). Il pastiche fra fantasy e sf risulta convincente e il personaggio di Jill trova il suo posto nell’immaginario fantastico, come pure l’ironico, ancorchè cinico e violento, dio Horus.
Io, Robot (I, Robot) di Alex Proyas si svolge a Chicago nel 2035. Lo scienziato robotico Lanning muore, all’apparenza ucciso da uno dei suoi robot, in violazione delle Leggi della Robotica. Il detective Spooner (Will Smith) indaga sulla cosa e scopre un complotto spaventoso, che osteggia con l’aiuto della dottoressa Calvin (Bridget Moynahan), esperta robopsicologa… Nominalmente tratto dall’antologia Io, robot di Isaac Asimov, in realtà il film prende vari spunti da alcuni dei suoi racconti e li combina con un precedente copione di Jeff Vintar, poi rivisto da Akiva Goldman, sceneggiatore di fiducia di Will Smith, fan di Asimov. Al film fu così data l’impronta di un poliziesco d’azione, ma con molti elementi asimoviani, a cominciare dalla Tre Leggi della Robotica. I robot sono effetti digitali, ma ricalcati su movenze di mimi umani, trasposti con la tecnica del motion capture da un computer allo schermo. La Chicago del futuro è in realtà Vancouver, ripresa con un misto di riprese reali e manipolazioni digitali. Un buon successo di pubblico per un film divertente e ben girato, molto giocato sulla presenza divistica di Will Smith.
The Chronicles of Riddick (The Chronicles of Riddick) di David Twohy, dopo il successo di Pitch Black, è l’immancabile seguito, ancor più giocato sulla presenza di Vin Diesel, nel frattempo assurto al rango di star del cinema d’azione. Stavolta Riddick, l’uomo più ricercato della Galassia, raggiunge il pianeta Helion, dove reincontra Imam (Keith David) e Jack (Alexa Davalos), reduci del primo film, e i tre si trovano invischiati nella guerra fra i cattivi Necromanger e i buoni Elementali, guidati da Aereon (Judi Dench), capace di volatilizzarsi e di leggere il futuro. Ovviamente i nostri si schierano con questi ultimi, e la lotta senza esclusione di colpi, in una natura che dire estrema è dire poco, comincia… Se Pitch Black era un film di serie B, qui l’interprete e il regista Twohy (lo stesso del primo film) possono contare su scenografie grandiose ed effetti speciali curatissimi, oltre a un grande nome come l’inglese Judi Dench. Lo spettacolo è sontuoso e brillante, ma forse troppo sofisticato per i fan del cinema muscoloso di Diesel, che decretarono un successo modesto. Di grande impatto il “muro di fuoco” che invade il deserto di Helion.
In The Day After Tomorrow (The Day After Tomorrow) di Roland Emmerich, il riscaldamento globale causa lo scioglimento dei ghiacci polari e quindi il raffreddamento degli oceani, con tempeste gelide che portano a un’imprevista glaciazione dell’emisfero nord. Il climatologo Jack Hall (Dennis Quaid) lotta come tutti per la sopravvivenza, mentre cerca di raggiungere il figlio Sam (Jake Gyllenhall), rimasto intrappolato in una New York congelata. Ma come se non bastasse un megavortice di aria gelida incombe sul pianeta… Roland Emmerich, reduce da grossi successi fantascientifici come Stargate e Independence Day si ispira al tremendamente attuale problema del riscaldamento ambientale per costruire un disaster-movie di grande impatto visivo e spettacolare. Il regista mischia eventi e problematiche reali, come lo scioglimento della calotta polare, con altri più fantasiosi e improbabili, come una glaciazione repentina e soprattutto la trovata di un megarisucchio di aria gelida dalla stratosfera. Se non si fa troppo caso alla verosimiglianza scientifica, le scenografie di città devastate e congelate restano vivide e impressionanti. Fino a quel momento restio agli effetti digitali, Emmerich stavolta ne fece un gran ricorso, insieme a tecniche tradizionali, per ottenere scenografie così riuscite.