CARLA ROMANELLI… IL CINEMA, IL TEATRO E SPAZIO 1999

E’ reduce da Budapest, la capitale ungherese, dove Carla Romanelli si reca spesso e dove è molto conosciuta per via dei film cui prese parte soprattutto negli Anni ’70. Tra questi ricordiamo A Strange Role di Sandor Pàl del 1976, vincitore dell’Orso d’argento al Festival di Berlino. Attrice eclettica, nata ad Arezzo e cresciuta in una famiglia dove poesia e cultura erano pane quotidiano, ha lavorato accanto a grandi attori del calibro di Jean Paul Belmondo, Klaus Kinski, Arnoldo Foà, Franco Franchi. Tante le sue interpretazioni e ruoli in film di genere drammatico, poliziesco, western sino alla commedia brillante sexy all’italiana. Abbiamo incontrato Carla alla Spacecon Two di Modena. La convention dedicata all’universo di  Spazio 1999 e UFO si è svolta il 14 e 15 settembre presso l’RMH Modena Des Art ed è stata organizzata dal Club Moonbase ‘99. La splendida attrice, che nella prima serie di Spazio 1999 interpretò la bella Melita moglie dell’astronauta Kelly (l’attore era Shane Rimmer) nell’episodio Il cervello spaziale, ha incantato il pubblico con la sua presenza e con il racconto della sua lunga e feconda carriera. “Quando ero molto giovane – ci ha riferito – ho girato vari film in Ungheria, tra questi uno fu candidato all’Oscar, un altro vinse l’Orso d’argento a Berlino e gli altri hanno ricevuto premi importanti. Lì ancora oggi sono proprio un’icona”.

MA CHE GENERE DI FILM ERANO?

Per lo più drammatici, ma anche umoristici. La cinematografia ungherese è straordinaria, di grande spessore e livello artistico. I registi ungheresi sono maestri, come lo erano i nostri.

QUALI SONO LE BASI DELLA TUA FORMAZIONE ARTISTICA?

Io faccio teatro, mi sono formata con il teatro fin da piccola. Mia madre scriveva il teatro per i bambini ed io ero quasi sempre una delle sue protagoniste, sono nata sul palcoscenico. Poi la mia era una famiglia di poeti:  il nonno, la nonna, gli zii. Mio zio Edilio Romanelli è stato il maestro anche di Benigni e gli ha insegnato a leggere Dante. Al Museo Pompidou di Parigi c’è un angolo tutto riservato a lui che è stato il più grande poeta estemporaneo del ‘900. Nonna e nonno erano poeti e mia nonna era anche una bravissima cuoca, per cui a casa dei nonni la sera  si organizzavano tante squisite cenette cui partecipavano i poeti, si sedevano a tavola e declamavano  Ariosto, Tasso, Petrarca. Io ascoltavo.

SCRIVI POESIE?

Sì, le leggo e scrivo anche poesie haiku, sono componimenti molto brevi.

E FRA LE ARTI QUALI PREFERISCI?

Tutto! E’ come per un pittore, puoi  levare un colore ad un pittore? Gli mancherebbe qualcosa. Secondo me un attore si arricchisce se studia tutte le tecniche teatrali, cinematografiche, televisive, l’improvvisazione, la poesia. Ogni anno partecipo in Ungheria ad un festival letterario dedicato a Salvatore Quasimodo dove si riuniscono poeti di tutto il mondo.  Io ci vado  e leggo in italiano le poesie vincitrici.

CI VUOI PARLARE DELLA TUA ESPERIENZA IN SPAZIO 1999?

Mi sono divertita tantissimo. Erano tutti molto gentili, giravamo le scene negli studi  Pinewood vicino Londra. Nell’episodio avevo come marito Shane Rimmer che doveva essere qui con noi alla convention ma è deceduto a marzo e mi è dispiaciuto molto. Ho un bel ricordo di lui, di Martin Landau e di Barbara Bain che erano persone meravigliose e grandi professionisti.

C’E’ QUALCHE MOMENTO PARTICOLARE, UN ANEDDOTO CHE RICORDI?

Sì. Ci fu un incidente voluto che però scappò di mano a tutti. Mentre giravamo  alcune scene a un certo punto c’era una schiuma che veniva dallo spazio e che doveva invadere la base lunare, ma era tantissima, aumentava e non se ne andava più. Ne fummo letteralmente ricoperti, specialmente il regista. Ridemmo molto. Spazio 1999 è stata una bella esperienza, sono felice di avervi partecipato, anche perché, vedi?, mi ha portato qui tra voi a Modena!

HAI ANCHE STUDIATO DA INTERPRETE PARLAMENTARE E TRA I TUOI TANTI INCARICHI HAI ACCOMPAGNATO E TRADOTTO IL FISICO, PREMIO NOBEL PER LA PACE, ANDREJ SACHAROV…

E’ stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Mentre facevo l’attrice e dirigevo anche l’Aspen Institute Italia. Avevo contatti con il Prof. Carlo Rubbia,   Premio Nobel per la Fisica nel 1984, per il quale lavoravo qui in Italia. Un giorno mi telefonò dicendomi di andare ad accogliere e accompagnare il Prof. Sacharov con la moglie all’aeroporto. Sono stata tre giorni con loro e ogni momento mi ha arricchito. Lui ha sofferto molto per quanto aveva dovuto subire nel suo Paese anche per questo è di una saggezza infinita.

CHE IDEA HAI DEL CINEMA ITALIANO ODIERNO?

Penso che ci sia la voglia, il coraggio e la dignità di riportare il bel cinema in Italia  perché si era perso, anche i film prodotti dalla Rai e dal Ministero non erano più di qualità. Adesso piano piano stiamo migliorando. E’ tornato l’orgoglio. Noi siamo maestri del cinema. Mio marito, lo scrittore e regista John Crowther (sposato con Carla dal 1970, ndr), che purtroppo non c’è più, era figlio di Bosley Crowther, celebre critico del New York Times che portò il nostro neorealismo negli Usa facendolo conoscere, esaltando il cinema italiano. Infatti, quando veniva a casa sua a Roma andavano a trovarlo Fellini, Giulietta Masina, De Sica. Lui sosteneva che la cultura, soprattutto nel cinema, ha una potenza straordinaria perché ti arriva direttamente dentro la coscienza, per cui la responsabilità degli autori, dei registi degli attori, è grande perché possono davvero illuminare la coscienza e diceva anche che la cultura deve stuzzicare le papille dell’intelletto come fa un buon bicchiere di vino d’annata, come il Lambrusco!

Filippo Radogna