Marcello Di Francia si è recentemente affacciato sulla scena letteraria fantastica italiana con il romanzo “Babylon”, un libro che ha tutte le carte in regola per sfondare. Sentiamo cosa ci racconta in merito il suo autore, che abbiamo avuto il piacere di intervistare per voi.
COMINCIAMO CON UNA DOMANDA DI RITO. CHI È MARCELLO DI FRANCIA?
Devo dire innanzitutto, per onestà, che Di Francia è uno pseudonimo. Ho fatto questa scelta perché desidero tener separate la mia vita privata e familiare da quella, diciamo, “artistica”, che ha cioè un’esposizione pubblica. Inoltre ho voluto essere libero di scegliere le persone con cui condividere questa esperienza editoriale.
Sono una persona come tutte, con i miei pregi e miei difetti. Sono toscano e vivo a Firenze, dove svolgo un lavoro d’ufficio come coordinatore. Passo molte ore al giorno tra leggi, regolamenti, atti e numeri… Aiuto!
Nel tempo libero, mi svago andando in palestra, leggendo, scrivendo, guardando qualche film o fiction di breve durata. Amo uscire a cena con amici, amo la cucina italiana, spagnola e cinese, e passare qualche ora in allegria e, qualche volta, non resisto alla tentazione di andare a ballare. È un modo per rivivere un po’ di spensierata giovinezza insieme agli amici. Amo viaggiare e scoprire nuovi posti e nuove culture. Un paese che mi piacerebbe visitare è il Canada. Fin da piccolo, studiando il Nord – America, sono sempre stato affascinato da quel paese bilingue, sotto la corona inglese, che ha dei paesaggi così belli e una natura così imponente che ancora oggi mi è rimasto dentro. Anche la musica è una costante della mia quotidianità. La amo quasi tutta. In base al momento e allo stato d’animo, passo dal genere rock di Vasco Rossi e dei Depeche Mode alla compilation di Rondò Veneziano e al Bolero di Ravel…
In sintesi, quindi, da un punto di vista clinico, direi che è un pazzo caduto dalla culla tanti anni fa e che un giorno si è alzato con l’idea di scrivere un racconto delirante da diffondere in tutta Italia (ahahah). Scherzo ovviamente.
VUOI PARLARCI DELLE TUE PRODUZIONI PRECEDENTI?
Come autore, “Babylon” è il primo racconto che ho scritto e pubblicato. Attualmente sono impegnato con alcune traduzioni dal francese piuttosto complesse per un altro editore.
Devo dire però che, qualche anno fa, ho studiato un po’ recitazione cinematografica e frequentando la scuola, ho contribuito all’ideazione di alcuni testi per i corti e così mi sono fatto del male da solo (ahahah).
Ti racconto brevemente.
Eravamo alla fine dell’anno scolastico, era maggio, e dovevamo pensare al soggetto per un corto. Il protagonista doveva essere un bimbo orfano affetto dalla sindrome di Down e io ideai il personaggio di uno zio milionario che, durante un tentativo di seduzione da parte della cameriera, aveva un malore e restava in coma, scatenando l’avidità di tutti coloro che aveva intorno che cercavano, con ogni mezzo, di circuire il bimbo per rubargli i soldi che avrebbe ereditato alla morte dello zio. Quando il regista mi affidò la parte dello zio, dentro di me pensai, “Chi è causa del suo mal pianga se stesso.”
La cameriera era una ragazza turca dolcissima, la adoro, che però pesava circa 100 kg e mi doveva saltare addosso su una sedia e ribaltarmi all’indietro, mentre io dovevo urlare e cercare invano di liberarmi, fino a simulare un attacco di cuore. La scena descritta così può sembrare banale, ma è stata girata 7/8 volte. Le scene, infatti, devono funzionare e posso dirti che il mestiere dell’attore è uno dei più massacranti che esistano. Ho avuto la soddisfazione del pubblico che si è divertito, ma soprattutto ho avuto la conferma che l’idea ha funzionato. Anima e corpo hanno funzionato. Ho voluto raccontarti questo episodio per far capire da dove è nato il mio interesse per il racconto, anche se finora non è stato propriamente letterario.
RECENTEMENTE È USCITO, COME DICEVAMO, IL TUO ROMANZO INTITOLATO “BABYLON”. VUOI PARLARCENE?
Comincio col dire che “Babylon” è diventato un libro solo dopo essere stato scritto. Inizialmente non era destinato alla pubblicazione, ma l’avevo pensato come semplice base di una sceneggiatura. In seguito, l’ho inviato a qualche editore per valutarne il giudizio e mi sono arrivate alcune proposte editoriali e così è diventato anche un libro.
Partiamo dal titolo: Babylon. Come sappiamo, la Babilonia è stata una regione storica dell’Asia, più o meno corrisponde all’odierno Iraq, in cui regnava il caos più assoluto, per stirpi, lingue, e così via. Il termine, quindi, già evoca un racconto piuttosto dinamico e lascia intuire che siamo di fronte a personaggi, adulti, molto diversi tra loro che s’incontrano vivendo la loro quotidianità, nella quale manca sempre qualcosa o anche più di qualcosa. Come nella vita reale, s’instaurano relazioni e rapporti che spaziano dal campo affettivo a quello lavorativo.
Come ho anche descritto nella prefazione, Babylon è una storia di fantasia che descrive l’espressione dell’animo umano in tutte le sue forme in un’evoluzione continua di amori proibiti e passioni illecite che fanno emergere paure e fragilità alle quali ognuno reagisce a modo suo.
Ho toccato vari aspetti della nostra vita contemporanea, tra i quali ci sono l’affettività, l’amicizia, il lavoro, relazioni passionali di ogni genere, la paura della solitudine, il divismo femminile e il narcisismo maschile quali strumenti, l’illusione effimera che porta alla frustrazione, l’opportunismo che giustifica ogni mezzo, la violenza e il raggiro.
In sintesi, ho cercato di fare una descrizione di una realtà contemporanea, che non vuole dare risposte a senso unico, bensì stimolare domande e riflessioni. Non ho voluto tracciare linee nette di demarcazione tra ciò che è giusto o sbagliato, ma lasciare al lettore la libertà di immedesimarsi in un personaggio piuttosto che in un altro.
COME È NATA L’IDEA DI PARTIRE DAL TEMA DELLA VITA QUOTIDIANA CON TUTTE LE SUE SFACCETTATURE PER GIUNGERE POI VERSO TRAGUARDI PIÙ INQUIETANTI?
Se ci pensiamo un attimo, la nostra vita è costellata, nostro malgrado, di traguardi inquietanti, ahimè. Il problema vero è che noi lo capiamo solo dopo esserci arrivati e capiamo anche come, a volte, la causa siamo noi stessi e i nostri errori.
Scherzi a parte, l’obiettivo del racconto non è tanto arrivare a un traguardo inquietante, questo aspetto è una conseguenza degli eventi, quanto delineare piuttosto come le scelte fatte dai vari personaggi, di fronte a un problema, influenzino l’epilogo.
Ogni conclusione delle diverse situazioni, perché sono più di una e s’intrecciano, segue il suo percorso ed è esattamente quello che la trama vuole suggerire.
Alla base è sempre un obiettivo che muove gli attori, ma il messaggio non è tanto chi fa cosa, bensì come e da quale stato d’animo è mosso il personaggio.
Per fare qualche esempio, alcuni rappresentano la razionalità e l’equilibrio (Oscar e Amanda, ma anche altri), alcuni rappresentano, invece, l’impulsività e l’istinto (Angela e Maurice, ma anche altri). Alcuni ancora rappresentano una guida ferma e affidabile (Oscar, Amanda, Lisa…), alcuni altri cercano invece un punto di forza e di riferimento, magari trovandolo, al contrario di altri (Angela, Rebecca, David, Maurice, Rocco…). Detta così è chiaramente una palese semplificazione, perché ogni personaggio ha una sua personalità e segue un suo cammino, talvolta obbligato per dar senso alla trama.
Se ci riflettiamo, anche l’equilibrio talvolta vacilla, così come l’impulsività, a volte, ha una sua base razionale. Nessun personaggio è positivo o negativo in assoluto. Tutto questo s’inserisce in una trama che ho cercato di rendere intrigante in modo da stimolare l’interesse per il seguito della storia.
QUAL È STATA LA PARTE PIÙ DIFFICILE NELLA CREAZIONE DEI PERSONAGGI?
Come sai bene anche tu, come autore, l’inizio di una storia comincia dalla fine. Alla base c’è un’idea di massima, ma poi occorre sempre strutturare i vari passaggi e le varie dinamiche. In questo caso specifico lo è stato ancor di più, perché ho dovuto seguire il più possibile le regole della sceneggiatura.
La prima difficoltà è stata stabilire quali e quanti erano gli attori del racconto e cosa dovevano “dire” con la loro personalità, dargli un volto e inventargli un nome, e soprattutto un ruolo in relazione agli altri all’interno della storia.
Non è stato sempre semplice gestire otto personaggi senza perderne qualcuno per strada, considerando anche che se ne aggiungono anche altri.
Devo dire, ad esempio, che la descrizione analitica del loro aspetto fisico è imprescindibile dal messaggio che il loro ruolo deve dare. La bellezza come dono che, però, può diventare una pericolosa arma a doppio taglio se non la si sa gestire.
Rocco, Maurice e Lens sono fisicamente strutturati e così ho pensato dovesse essere, perché attraverso la loro fisicità comunicano, ma la vivono tutti e tre in modo diverso.
Il ruolo di Oscar e di David non ha bisogno di una fisicità marcata e costruita per comunicare.
Lo stesso può dirsi per le figure femminili. Angela deve avere delle caratteristiche fisiche particolarmente marcate che per Amanda, Sara e Rebecca non serve enfatizzare, pur essendo anch’esse belle donne.
In sintesi, ci sono simili che si scontrano e opposti che si attraggono e compensano. La difficoltà è stata, come puoi comprendere, farli rapportare tra loro seguendo una logica dinamicità degli eventi.
Sono rimasto piuttosto fedele alla consuetudine, descrivendo lo scontro più sul piano fisico, ma non solo, per i maschi e più su quello emotivo e verbale, ma non solo, per le femmine.
SI NOTA DAL TUO ROMANZO UNA CERTA PREDILEZIONE PER IL FANTASTICO. CHE SIGNIFICATO HA PER TE QUESTA TEMATICA?
In realtà, in questa storia, l’aspetto fantastico è stato più strumentale che la vera finalità, anche se mi è piaciuto tantissimo trattarlo.
Leggendo il libro ci si accorge che anche la parte fantastica, poggia le sue basi su alcune realtà tangibili, tranne ovviamente dove non potevano esserlo. L’astrologia, la cartomanzia, gli esorcismi e i rituali, anche se sono relegati ad ambiti particolari, sono tutt’altro che un’invenzione astratta. Sicuramente, l’aspetto fantastico che mi ha spinto a dotare i gemelli di poteri magici, mi ha permesso di utilizzare strumenti inusuali per creare la trama e far muovere gli eventi. Non ultimo e meno importante poi, la magia mi ha consentito di dare qualche pennellata di stile gotico, disegnando ambienti suggestivi e atmosfere surreali, d’impatto. I profumi e i colori evocano il mistero da scoprire e solleticano la curiosità.
Sì, devo dire che il fantastico è stato un prezioso alleato.
VENIAMO A UNA DOMANDA PIÙ GENERALE. DOVE TRAI ISPIRAZIONE PER TUTTE LE TUE STORIE?
Devo dire che le mie fonti d’ispirazione sono diverse.
La prima, forse la più importante, è la cronaca. Le notizie aiutano a trovare gli spunti che poi si arricchiscono di particolari. I racconti e le esperienze che ogni giorno le persone ci raccontano consentono di elaborare contesti e situazioni. Ad esempio, un posto frequentato da qualcuno in un determinato week end, può idealmente diventare una location in cui ambientare una pagina del libro. Oltre alla cronaca che dà ottimi spunti d’ispirazione, un’altra ottima fonte sono i film e alcune serie televisive. Oltre a valide idee sulla creazione dei personaggi, forniscono importanti strumenti tecnici per legarli e farli esprimere interagendo nelle situazioni prestabilite.
Altra fonte di grande importanza per sviluppare delle idee sono i libri. Rispetto al film, il libro è un po’ più impegnativo perché oltre alla lettura, obbliga alla riflessione e alla ricerca del messaggio che un personaggio o una situazione vuole comunicare. In altre parole, il libro è formativo e impone una partecipazione attiva del lettore che vuole capirlo e apprezzarlo.
Se si perdono due o tre scene di un film, forse, si arriva in fondo con un’idea di massima, anche se non ci si accorge che si sono persi dei passaggi importanti, ma se di un libro si saltano due o tre capitoli, a metà ci si comincia a chiedere: “Che sto leggendo?”, “Questo chi era?”.
Per concludere, credo sia importante dire che qualunque cosa può essere d’ispirazione. Una parola, un volto o un oggetto possono fornire ispirazione e lo strumento da usare per elaborarla è l’osservazione, calma e silenziosa.
QUALI SONO I TUOI SCRITTORI PREFERITI?
Allora, diciamo che non ho uno scrittore preferito in assoluto. Generalmente leggo un po’ di tutto e non solo libri, non mi faccio mancare anche la lettura di approfondimenti, di articoli, di reportage, ecc. che possono essere davvero interessanti.
Riguardo ai libri, giusto per far qualche nome che mi viene in mente in quest’istante, posso dire che mi sono piaciuti i romanzi di C.R. Zafon, i polizieschi di Connelly e altri americani, i libri storici di Arrigo Petacco e molti altri.
Vorrei dedicare un po’ più tempo alla lettura dei libri di autori esordienti, in quanto ho letto qualcosa e credo ce ne siano di davvero bravi che meritano di essere letti. Devo confessare che ho qualche difficoltà a leggere libri molto lunghi o complessi anche se scritti molto bene da autori noti. Talvolta li trovo un po’ dispersivi. Io amo leggere nuove storie e scoprire nuovi stili e, poiché non ho moltissimo tempo, purtroppo, da dedicare solo alla lettura, preferisco scegliere libri di vario genere, ma possibilmente non troppo lunghi. Ciò non toglie, ovviamente, che se un libro vale la pena leggerlo, lo si fa anche se è impegnativo.
E PER QUANTO RIGUARDA I FILM, CHE CI DICI?
Come dicevo prima, anche i film e alcune fiction mi piacciono molto, purché abbiano ritmo. Credo che il cinema e i video siano un’altra bellissima forma di espressività e di comunicazione.
Il requisito principale che mi fa amare più o meno un film è la sua trama intrigante e/o dinamica.
Tra i generi che preferisco, ci sono i gialli, i thriller e i noir. Innegabile è la genialità di registi come Stanley Kubrick, Brian De Palma, David Lynch, Dario Argento e Carlo Vanzina, giusto per citarne alcuni, per questo genere di trama.
Adoro il film narrativo, la cui maggiore espressione l’ho incontrata in alcuni film italiani di Carlo Verdone, di Fernan Ozpetek, Michele Placido, insieme a molti altri. Nella loro diversità hanno creato storie intense e colme di significato, senza troppi convenevoli… Altro regista il cui nome dice tutto è lo spagnolo Pedro Aldomovar, riesce a trattare temi difficilissimi con una capacità straordinaria e sempre senza paura e ipocrisia.
Mi piacciono anche il genere storico e d’azione. Steven Spielberg, James Cameron, giusto per citarne due dei tanti, hanno diretto dei bellissimi film storici tra cui “Schindler’s List” e “Titanic”, che credo abbiano anche una funzione educativa da un punto di vista storico per i più giovani.
Seguo volentieri anche il genere d’azione, purché non si riduca tutto a risse e volgarità. Di questo genere ce ne sono tanti generi, ma uno dei registi ed interpreti che preferisco è Vin Diesel. Pur specializzato nel ruolo di agente segreto e leader di un gruppo, credo abbia fatto delle belle cose.
Ho comprato recentemente “Fast and Furious” e devo dire che è riuscito a esprimere, con semplicità e senza sbavature, molto bene anche l’aspetto umano e sentimentale dei personaggi. È stato una bella sorpresa e mi è piaciuto davvero.
Uno dei pregi dei film d’azione, credo sia il messaggio d’impegno e di movimento necessari per raggiungere un obiettivo. Se ci pensiamo bene, questo messaggio è importante, specie per i giovani, ma non solo, considerando che l’apatia e il disinteresse verso tutto si stanno diffondendo sempre più nelle nostre società. Mi fermo, se no tra due settimane siamo ancora qui a parlare (ahahah).
ULTIMA DOMANDA, POI TI LASCIAMO AL TUO LAVORO. QUALI PROGETTI HAI PER IL FUTURO E QUAL È IL TUO SOGNO (O I SOGNI) CHE HAI LASCIATO NEL CASSETTO?
L’ultima e la più difficile a cui dare una risposta.
Guarda Davide, io cerco di vivere giorno per giorno e cerco sempre di guardare le cose come sono senza prefiggermi obiettivi troppo ambiziosi che, con ogni probabilità, rischierebbero di tradursi solo in delusioni.
Posso dire che mi piacerebbe aver più tempo per creare o contribuire a creare qualcosa di bello che possa comunicare e trasmettere qualcosa di importante nel modo giusto. Lavorando non mi è facilissimo, come ho già detto prima, l’impegno ce lo metto volentieri, tuttavia non voglio pesare su nessuno e i soldini del lavoro sono necessari per vivere. Ma come sempre ho fatto, cercherò di organizzarmi.
Vorrei proseguire con un’altra stagione di “Babylon” per trattare altre tematiche, seguendo la storia iniziale. Qualche idea l’ho già scritta. In questo momento, come ho detto, sono impegnato con la traduzione di un testo dal francese di un’autrice franco-canadese, per un altro editore. Spero di terminare fra qualche mese.
Sai meglio di me che oggi il mercato letterario e cinematografico è quanto mai difficile sotto vari aspetti, tuttavia, se avrò la possibilità di valutare qualche proposta seria di collaborazione, lo farò con interesse e, a quel punto, potrò fare anche scelte opportune in merito al mio lavoro vero e proprio.
Ti terrò informato.
Prima di concludere, permettimi di esprimere un pensiero di affetto e solidarietà verso il Giappone, che in questo momento sta vivendo momenti davvero drammatici. Grazie.
GRAZIE A TE!