L’importante è raggiungere la vetta
Berk
I morti sono molto aggressivi. Sono la popolazione più numerosa al mondo
Anton
Vi presentiamo con piacere MINUETTO PER CHITARRA (A VENTICINQUE COLPI) di Vitomil Zupan, su traduzione di Patrizia Raveggi, pubblicato dalle Edizioni Voland (516 pagine; 20 euro).
È con grande orgoglio che recensisco quest’opera di Vitomil Zupan. Aldilà dell’indubbio valore letterario, tanto palese che c’è da chiedersi in quale anfratto distopico stesse cercando l’ennesimo noir islandese la grande editoria, vi è la personale soddisfazione di constatare come il percorso di Patrizia Raveggi, traduttrice e curatrice dell’opera, abbia qui uno svolgimento prospero e fecondo. La sua dedizione nei confronti della cultura slovena – così vicina eppure così distante da noi – non è meno sanguigna e ardente di quella che a suo tempo mosse una certa Fernanda Pivano alla scoperta della Beat Generation, rivelandola poi al piccolo e provinciale stivaletto di casa nostra.
Lampi di quella corrente, d’altronde, nel Minuetto di Zupan ci sono: flussi di coscienza sgorgano dai ricordi del soldato Berk, alter ego dello stesso autore, che in un saliscendi di sintassi a volte mitragliata, racconta in tempo reale le atrocità della Seconda Guerra Mondiale. Parallelamente, a distanza di quasi 30 anni, si dipana il confronto fra Berk e l’ex ufficiale tedesco Joseph Bitter, che, in vacanza a Palma di Maiorca, ci offre la dolorosa disamina di un evento che non può essere dimenticato nonostante la distanza e il tempo.
La storia si svolge in 492 pagine gravide di temi, stili, spunti di riflessione. Carpirli tutti non è semplice, complice anche una scrittura corposa ma mai ridondante, di certo viva, pulsante, che ha come intento quello di strappare il lettore dalla sua comoda poltrona per farlo precipitare direttamente nella campagna slovena, fra pallottole che volano, ferite purulente, zecche impazzite di sangue come i tedeschi nascosti nella boscaglia.
C’è un lirismo provocatorio, una poetica stridente nel doloroso memoriale di Zupan; lo si evince dal titolo, che allude all’ opera in la minore di Fernando Sol e che aleggia nel romanzo come un motivo spettrale; lo si nota nelle citazioni colte, nelle riflessioni letterarie, veri e propri spasmi che contraggono gli stomaci di Anton e Berk, dispersi dopo l’ultimo assalto dei tedeschi – Cankar, Prešeren, Župančič, ma anche Machiavelli, Sartre, Celine – solo per citarne alcuni. Fantasmi, o se vogliamo presenze salvifiche che permettono di riconoscersi ancora umani, in virtù di una guerra che abbrutisce e abbatte ogni tipo di identità, da quella nazionale a quella culturale.
E mentre Berk e i suoi improvvisati compagni di sventura avanzano senza apparente meta, né con un chiaro scopo nella mente, ecco stagliarsi all’orizzonte altre figure oblique: le donne, alle quali è da attribuire la stessa funzione salvifica che esercitano nel libro la musica e la letteratura. Definite a sprazzi, quasi a schizzi, esercitano su Berk un richiamo irresistibile alla vita e al dono della stessa. Ecco quindi che si sgrana totalmente a loro, in una devozione da rosario profano, sia che si tratti di amore etereo, impalpabile, consumato solo nella testa, come accade con la ribattezzata Crudelia (pg.131-132), o che si sviluppi in rapporti carnali, furiosi, al limite delle fantasie di stupro, come accade con Vesna (pg. 85-86-87) o con Sabina (pg. 396-397) o magari che siano inni alla levità, companatico da condividere, come Meta (pg .427-428).
Come ci ricorda Raveggi nella postfazione, Zupan avrà anche per pagine come queste la scomoda etichetta in patria di scrittore greve, volgare, comunque privo di qualità morali ed etiche. Ma c’è molto di più nella narrazione densa e anarchica di Zupan; c’è un ribollire di emozioni che sgorga tramite la moltitudine di vite vissute dall’autore: maestro di sci, pugile, installatore di parafulmini, ingegnere edile, ma comunque prima di tutto poeta e scrittore. Il merito di Raveggi è senz’ altro quello di aver portato alla luce un autore e un libro così pregevoli, nel rispetto di una lingua non solo poco frequentata ma in questo caso sincopata, se non aritmica – spesso al limite dell’ infarto narrativo – . Un plauso infine a Voland per avercelo proposto con l’augurio che questa non sia un’uscita isolata, ma la prima di una serie di libri altrimenti ignoti a un pubblico di lettori assetati di belle storie.