PAOLO DI ORAZIO

Curatore delle mitiche riviste a fumetti "Splatter" e "Mostri", pubblicate nei primi anni Novanta, autore di libri horror ("Primi delitti", "Inconnu", "L’incubatrice", "Madre mostro" solo per citarne alcuni), batterista dei "Latte e i suoi derivati", Paolo di Orazio è da anni una delle icone dell’horror made in Italy. Ai tempi de LA ZONA MORTA in versione cartacea lo intervistammo e con grande orgoglio (con la consueta omissione delle domande datate) vi riproponiamo quella breve chiacchierata.
COS’E’ PER TE L’ORRORE?
Il mio orrore non è facile: sta nel verificare una cosa che non si è mai vista. L’orrore è una scoperta che ti dà emozioni particolari: spavento, raccapriccio, ribrezzo. L’orrore che io cerco è sempre qualcosa di nuovo e di spaventoso, ma che può a volte essere anche innocente. C’è un elemento infantile che io cerco dappertutto: nei pensieri, nelle angosce, nei piccoli rituali, nelle fobie. E non c’è inizio né fine: non esiste scampo, non c’è pace, l’orrore non viene risolto. Non mi pongo limiti di orrore, ma mi interesso di tutte le sue forme.
HAI DELLE PAURE PARTICOLARI?
Sì, mi capita spesso di avere paura di rimanere intrappolato in qualcosa, anche in un’idea… qualunque cosa mi dia un senso di prigionia. Ho paura anche di essere rapito, proprio per il fatto della prigionia.
C’E’ QUALCHE TUO INCUBO CHE RICORDI DI AVER SOGNATO CON FREQUENZA?
Mi capita a volte di sognare di fuggire da qualcosa dalla quale non riesco ad uscire: ecco che ritorna in un certo senso il discorso della prigionia. Ricordo che una volta sognavo di scappare dalla scuola media, ma c’era sempre qualcuno che mi inseguiva e sapeva dove io andavo a nascondermi. Una fuga senza scampo.
 
Originariamente pubblicato sul numero 3 de LA ZONA MORTA, luglio 1990
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, marzo 2007

22/03/2007, Davide Longoni