SIM SALA BIT
di Nicola Catellani
⦁ Sim Sala Bit, i Maghi del Computer. Buongiorno, risponde Jago. Come posso aiutarla?
⦁ Oh, Jago, meno male che sei in negozio… Oggi il mio computer non s’accende…
La vecchia signora Mantoia. L’avevo già riconosciuta dal numero sul display. Potendo scegliere, avrei senz’altro ignorato lo squillo del telefono: ma purtroppo quando sei nel commercio devi mostrarti professionale a tutti i costi. Non puoi permetterti di perdere clienti, nemmeno se sono assoluti perditempo come la nonnina Mantoia, che paga solo in fette di torta. La signora ha avuto in regalo il vecchio computer del nipote e ha deciso d’imparare a usarlo. Il nipote, ovviamente, dopo averglielo regalato non s’è più fatto vivo per aiutarla. E qui entra in gioco la Sim Sala Bit.
⦁ Signora, ha controllato se il cavo è attaccato alla presa? La ciabatta ha la luce accesa?
⦁ La lucina del computer è accesa, e sento il rumore della ventola, ma lo schermo è spento.
⦁ Ha premuto il tasto d’accensione dello schermo?
Silenzio colpevole dall’altra parte del cavo. Okay, anche stavolta Jago il Mago aveva fatto il miracolo.
⦁ Ti giuro che prima era acceso. – cercò di giustificarsi lei, imbarazzata – Dev’essere stato il gatto. Scusa, Jago, scusa! Quando passi da me, ti cucino una torta per rimediare.
⦁ Di niente, signora, non si preoccupi. – e chiusi la comunicazione.
Subito, dall’altra stanza, si fece viva la mia collaboratrice:
⦁ Era la Nonnina, vero?
⦁ A quest’ora, chi altri poteva essere? Non occorre essere maghi per indovinarlo.
Già: a parte il fatto che io, mago, lo sono davvero. Beh, più o meno. Secondo la leggendaria tradizione orale della mia famiglia, i nostri antenati medievali erano maghi sul serio: cuocevano pozioni nel pentolone, lanciavano incantesimi a tutto spiano, trasformavano le persone in animali e animali in persone, facevano volare gli oggetti, guarivano i malati con l’imposizione delle mani. Esseri superiori, insomma, invincibili, dotati di fluido soprannaturale. Poi, però, col passare del tempo e i matrimoni misti coi babbani sembra che questa facoltà magica si sia, diciamo, molto diluita nelle generazioni. Fino ad arrivare, per ora, a me. Che di magico ho soprattutto il cognome. Mi chiamo Jago Merlin. Merlin come Merlino, ma qui in Veneto non ci fa caso nessuno. Jago come mio nonno, e il nonno del nonno, e così via. Essendo cresciuto a pane e storie familiari magiche, fin dalle elementari cercai di convincere gli amici a chiamarmi Mago invece che Jago. Mago Merlin suonava benissimo. Ma purtroppo uno non può scegliersi il soprannome. E i miei simpatici amici, invece di cambiare Jago in Mago, hanno preferito cambiare Merlin in Merlo. Così per tutti sono rimasto Merlo… e qui la magia non ha potuto farci proprio niente.
Il telefono squillò di nuovo. Stesso numero. Alzai gli occhi al cielo.
Professionale, professionale sempre, Merlo.
⦁ Sim Sala Bit, i Maghi del Computer. Buongiorno, risponde Jago. Come posso aiutarla?
⦁ Oh, Jago, scusa se ti disturbo ancora, ma non mi si apre più la posta.
⦁ Ha cliccato due volte sull’icona? Due colpi rapidi e decisi.
⦁ Oh… adesso funziona…
Fin da piccolo mitizzavo la tradizione magica di famiglia. Malgrado i miei genitori precisassero sempre che ormai la magia s’era prosciugata, io tentavo ugualmente di fare esperimenti. Con tenace perseveranza, devo dire, ma con risultati non all’altezza delle mie aspettative. Con l’arrivo dell’adolescenza accantonai definitivamente l’idea d’un avvenire da mago.
Ma pochi anni dopo, inaspettatamente, la magia si manifestò in me. Avevo terminato le superiori, ed ero stato assunto come collaboratore part-time nello studio tecnico di un amico di mio padre, per fare un po’ d’esperienza. Qui, aiutando le tre segretarie che si occupavano di gestire pratiche al computer, scoprii il mio potere. Almeno un paio di volte al giorno esse si scontravano con qualcosa che non funzionava: la stampante non riceveva il file, lo schermo si bloccava, i programmi mandavano incomprensibili messaggi d’errore, cose così. Le tre signore s’arrabattavano per cercare di risolvere il problema, senza risultato: poi arrivavo io. In genere mi bastava toccare la stampante per far stampare il file, o spegnere e accendere il computer per far ripartire i programmi, o spingere i cavi d’alimentazione ben dentro le prese, e tutto tornava a funzionare.
Dov’è la magia, direte voi? Semplice. Tutto questo funzionava dopo che le tre segretarie avevano già provato a fare le stesse identiche cose. Le facevano loro: niente. Arrivavo io a fare le stesse cose: tutto riprendeva a funzionare.
Si sparse la voce che avevo il tocco magico. Dopo un po’ finii per crederci anch’io. Se tanti indizi fanno una prova, di prove ne accumulai un bel po’. In fondo sia la magia che l’informatica sono questioni di fede: nessuno sa veramente come funzionano.
Il telefono squillò per la terza volta, e naturalmente il numero era il solito. Dovevo davvero risponderle ancora io? D’accordo la professionalità, ma in quel negozio eravamo in due!
⦁ Lapp, è la Nonnina. Dai, rispondile tu stavolta, per favore. – le chiesi.
Dall’altra stanza arrivò all’istante la replica:
⦁ No, Merlo, sono bloccata con un lavoro. Non riesco proprio, adesso.
Una banale scusa, ovvio. Ma d’altra parte tra noi due la vera professionista è lei, quindi…
⦁ Sim Sala Bit, i Maghi del Computer. Buongiorno, risponde Jago. Come posso aiutarla?
⦁ Oh, Jago, scusa scusa ancora, ma… non ricordo più come si mettono gli allegati nelle mail… Devo mandare una foto alla mia amica.
La sua amica abitava due piani sopra di lei, e c’era pure l’ascensore, ma vuoi mettere la tecnologia informatica?
⦁ Deve cliccare in alto sul simbolo della graffetta…
Per fortuna abbiamo qualche altro cliente nel quartiere, anche grazie – devo ammetterlo – all’entusiastico passaparola della signora Mantoia. Ciò non toglie però che la Nonnina sia talvolta un po’ molto assidua nelle sue richieste.
Riagganciai la cornetta e andai a vedere cosa combinava Lapp. L’altra stanza pareva deserta. C’era un PC portatile acceso sul tavolo, e al fianco il vecchio cellulare StarTAC aperto, segno che lei era in giro.
Probabilmente dentro il portatile.
Sì, intendo proprio fisicamente dentro il computer, perché la mia collaboratrice Lapp non è precisamente un essere umano. Ha l’aspetto di una ragazzina (per essere precisi, di un manga giapponese) ma è alta solo quindici centimetri, ed è… beh, virtuale. Incorporea, olografica, o qualcosa di simile. Lei si definisce “elementale 2.0”. Gli elementali sono quegli esserini mitologici tipo silfidi, ondine, coboldi, salamandre, nati dai quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Lei è nata… o è apparsa… o l’ho evocata (l’evento non mi è ancora chiaro) mentre tentavo un rito di magia simpatica su un computer particolarmente recalcitrante. Infatti, dopo aver studiato un po’ di magia su vecchi testi e un po’ d’informatica su Wikipedia, avevo aperto questo negozio di piccole riparazioni, Sim Sala Bit, confidando più nel tocco magico che nella mia competenza tecnica. Ai clienti, naturalmente, non citavo la magia. Ero impegnato in uno dei miei primi interventi, ed ero piuttosto teso. Proprio in quel momento si verificò un corto circuito e il maledetto PC prese fuoco. Nel caos di formule magiche, elettricità, fuoco, fumo e schiuma da estintore… dallo schermo saltò fuori lei! Si guardò attorno, mi fissò con odio, squittì qualcosa tipo “umano incompetente” e si tuffò, svanendo, nel primo oggetto elettronico nelle vicinanze. Il mio smartphone. Così me la portai a casa.
Non starò a raccontarvi i giorni seguenti per filo e per segno: vi basti sapere che alla fine siamo entrati in società perché lei, essendo nata all’interno dei circuiti operativi del computer, si è rivelata essere una specialista del ramo. Conosce tutti i segreti dell’informatica, o quasi. Entra nel computer e ripara. Così l’ho assunta come collaboratrice… virtuale. A lei va bene, anche perché, siccome l’avevo più o meno evocata con una formula magica, a quanto pare questo la lega a me per un po’. Finora c’è ancora, e son già sei mesi che è alla Sim Sala Bit. Abbandonò quasi subito il mio smartphone e scelse d’abitare in un vecchio StarTAC: dice che le piace quando si apre e la fa apparire come Venere sulla conchiglia. Contenta lei.
Nel negozio io mi occupo delle riparazioni veloci, piccole magie da contatto, esorcismi e così via. Più o meno quello che facevo prima. Quando invece la magia non funziona entra in azione lei.
Non credevo, ma le passo un sacco di lavoro. D’altra parte lei si diverte e risolve davvero i problemi: come dire, è nel suo elemento.
Questa elementare 2.0 nata dall’elettricità e dal silicio avrebbe anche un nome proprio, ma è chiaramente impronunciabile da labbra umane. Dato che vive nel cellulare, io la chiamo Lapp: Lapp del telefono.
Non so se ha capito il gioco di parole, ma non si è mai lamentata.
Come previsto, Lapp sbucò fuori dallo schermo del computer, ricomponendo sul tavolo da lavoro la propria immagine olografica da manga. Dice che potrebbe modificare in qualsiasi modo il proprio aspetto, ma si piace così. Perciò appare sempre (e solo a me, naturalmente) con questo look heroic fantasy con lunghe gambe e grandi occhi. Cambia spesso i vestiti, ogni tanto la pettinatura, la lunghezza e il colore dei capelli, e nient’altro.
⦁ Hai accontentato la Nonnina, Merlo? – mi chiese, col suo sorriso furbetto e la sua vocina quasi infantile.
⦁ Come al solito. Efficienza e qualità è il mio motto. – garantii, sprezzante – Comunque la prossima volta le rispondi tu. Io ho già dato tre volte, oggi.
Detto fatto, il telefono squillò di nuovo. E Lapp si rituffò nel computer.
A volte sospetto che voglia farmela pagare perché l’ho evocata.
Andai rassegnato a rispondere, e non sto nemmeno a dirvi che numero era.
⦁ Sim Sala Bit, i Maghi del Computer. Buongiorno, risponde Jago. Come posso aiutarla?
⦁ Jago… Jago… – la Nonnina pareva molto preoccupata… ma quando mai non lo era? Le piaceva trafficare col computer, però lo considerava un po’ come un campo minato, pronto a esplodere al minimo passo falso – Il computer… il computer… sta facendo delle cose… da solo!
⦁ Delle cose?
⦁ Sì, da solo!
Eccoci. Delle cose. Da solo. La parte più complessa del rapporto telefonico coi clienti è capire il problema a partire dalla loro descrizione approssimativa e incompetente.
⦁ Non so, Jago… Sono comparsi dei rettangoli… sta scrivendo delle cose da solo… la freccia si muove per conto suo e sta aprendo delle finestre… Jago, cos’ho fatto? Ho premuto qualcosa che non dovevo?
La Nonnina sembrava più angosciata e ansiosa del solito. E la sua descrizione non m’aiutava granché. Poteva essere sia un virus che una maledizione…
Vi ho già parlato delle maledizioni dei computer? Sono come i virus, sapete, e anche per me non è facile distinguerli l’uno dall’altro. Se la mia magia fosse potente potrei intervenire a distanza per debellarli, ma purtroppo agisce quasi solo per contatto.
Così, dovevo cercare di capire meglio cos’aveva quel PC.
⦁ Signora, ci sono delle frasi sui rettangoli? Cosa sta scrivendo il computer?
⦁ Non so… sono parole straniere… appaiono e scompaiono… la freccia non sta mai ferma… – la Nonnina non mi era di molto aiuto. Sospettavo che ulteriori domande non avrebbero portato a nulla e m’avrebbero solo fatto perder tempo. Stavo per consigliarle il Rimedio Supremo Informatico di Salvatore Aranzulla, “Spenga e riaccenda il computer”, quando d’improvviso la sentii gridare. Fu un urlo d’angoscia, subito seguito da una serie di “oh, no, no, no!”, e il telefono divenne muto.
⦁ Signora? Signora? – Cosa diavolo aveva combinato? La linea era caduta o aveva riappeso? Provai a ritelefonarle: suonava libero, ma non rispondeva nessuno. – Dannazione, vuoi vedere che le è venuto un colpo?
Riflettendoci a mente fredda, avrei dovuto chiamare il 118, e finirla lì. Ci pensassero loro. Invece rimasi intontito per un paio di secondi col telefono in mano, quindi entrai in azione. Scattai nell’altra stanza, esclamando:
⦁ Lapp, forse la Nonnina sta male! Entra nello StarTAC, andiamo a vedere.
Lapp può essere recalcitrante, a volte, ma quando c’è da uscire dal negozio è un fulmine. La intravidi guizzar fuori dallo schermo e tuffarsi nel cellulare. Nel minuscolo display apparve il suo viso a farmi l’occhiolino. Chiusi lo StarTAC e corsi fuori.
La signora Mantoia era vedova e viveva in un condominio a un paio d’isolati dal nostro negozio. C’ero stato tante volte a sistemarle il computer che avrei potuto raggiungerlo bendato. Arrivarci di corsa fu un attimo. Come sempre, trovai aperto il portone d’ingresso. Volai sulle scale due gradini per volta, fino al suo piano. Qui m’attaccai al campanello. Nessuna risposta, e la porta dell’appartamento era chiusa.
⦁ Proverò un incantesimo di sblocco. – mormorai, cercando di ricordare qualche formula. Negli anni, nessuna aveva mai funzionato, ma chissà…
⦁ Hai guardato sotto lo zerbino? – la vocetta di Lapp sussurrò dalla mia tasca – Una volta la Nonnina ha detto che metteva lì la chiave.
C’era. Meglio così. Mi precipitai dentro, chiamando la signora Mantoia a gran voce, ma senza risposta. Il corridoio d’ingresso era vuoto, la cucina pure. Diedi un’occhiata di sfuggita al salotto e terminai nella camera da letto e in bagno. Nessuna traccia della Nonnina, nemmeno nello sgabuzzino. Solo il suo gatto nero, chiaramente svegliato dal rumore del nostro ingresso, gironzolava osservandoci incuriosito. Il telefono cordless era appoggiato malamente sulla mensola dell’ingresso.
⦁ Signora? – chiesi ancora, incerto, tornando verso il salotto. Che fine aveva fatto?
Poi, sul tavolo del salotto, vidi lo schermo del computer acceso. Il nipote le aveva rifilato un PC fisso vecchio modello, con torretta dell’hard disk, tastiera e mouse tutti separati. Mi avvicinai a guardare lo schermo. Da lontano il desktop sembrava diverso dal solito. Emisi un gemito angosciato quando capii perché.
⦁ Lapp! La Nonnina… è stata inghiottita dal computer!
⦁ Cosa stai dicendo, Merlo? – vibrò il cellulare – Tirami fuori, voglio vedere.
Con mani tremanti poggiai lo StarTAC sul tavolo. La conchiglia si spalancò di scatto, e Lapp ne sbucò fuori, una figurina evanescente nell’aria. Puntò dritta allo schermo del computer dove effettivamente appariva prigioniera la signora Mantoia. Anche il gatto saltò sul tavolo a seguire la vicenda.
⦁ Ma è una foto sullo sfondo del desktop! – esclamò Lapp, delusa.
⦁ E secondo te la Nonnina avrebbe messo una foto del genere? – contestai, precisando – Non le ho mai nemmeno spiegato come si fa.
L’immagine in questione, parzialmente coperta dalle icone dei programmi, mostrava un primissimo piano del viso della signora Mantoia, un po’ mosso, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta e distorta come per un gemito. Per nessun motivo avrebbe messo una simile foto sul desktop. La Nonnina sembrava schiacciata nello schermo, disperatamente prigioniera. Poco prima aveva gridato nel telefono, era scomparsa, e ora quello: era palese che c’era di mezzo una forza oscura.
⦁ Entro a vedere cos’è successo. – dichiarò Lapp, pronta a lanciarsi nello schermo.
⦁ Stai lontana dal computer. – le ordinai, secco. – Qui c’è della magia nera all’opera.
⦁ Magia nera?? – Ecco, ogni volta che nomino la magia, Lapp si scandalizza. Come se lei stessa non fosse una creatura magica. – Merlo, è una foto del desktop. Perché vuoi sempre infilare la magia dapper…?
⦁ E dov’è la signora, allora? – la rimbeccai, indicando l’appartamento vuoto.
⦁ Di certo non nel computer.
⦁ Lo vedremo. Fatti da parte.
Estrassi dalle tasche i miei inseparabili oggetti da lavoro: un omino Lego, un modellino di computer in plastica alto due centimetri, alcune vecchie pedine e un albergo del Monopoli. Quando li estraggo Lapp alza sempre uno sguardo sconsolato al cielo, ma sono fondamentali per la magia simpatica: è per il principio della similarità, dove agendo sulla copia in miniatura poi l’effetto si ripercuote sull’originale. Secoli di magia ne certificano l’efficacia. Li sistemai attorno allo schermo: l’omino rappresentava la Nonnina, il computerino rimandava al computer, l’albergo all’appartamento, e così via per le altre pedine. Poi ci sono delle formule magiche specifiche da recitare. Cominciai.
Sapete, non è facile concentrarsi sulla magia simpatica mentre un gatto cerca di giocare con le tue pedine, ma feci del mio meglio. Lapp, nel frattempo, non potendo entrare nel computer stava osservandolo attentamente da fuori. Sullo schermo, oltre alla Nonnina in trappola, c’era del movimento. In effetti non ci avevo fatto caso, ma, come aveva affermato la signora al telefono, il cursore del mouse si stava muovendo da solo, e ogni tanto apriva, spostava e chiudeva finestre nel video. Sembrava posseduto. Stavo ripetendo il mantra magico per la terza volta, quando Lapp esclamò:
⦁ Ma il computer è in teleassistenza!
⦁ Non può essere! – mi sfuggì detto – La Nonnina non saprebbe nemmeno come… – poi guardai meglio.
Ci poteva essere del vero. Il cursore sembrava sapere il fatto suo: non apriva cartelle a caso. Spostava, cancellava, rimuoveva… In effetti, dovetti ammettere che dava proprio l’idea d’essere guidato in remoto da qualche tecnico dell’assistenza.
Ma il tecnico della signora Mantoia ero io, che diamine! E m’ero ben guardato dall’installarle programmi di teleassistenza: figuriamoci, quella mi avrebbe chiamato ogni minuto per chiedermi d’aiutarla prendendo il controllo del computer.
⦁ Ecco perché diceva che il computer faceva delle cose da solo. – constatò Lapp, irresistibilmente attratta dallo schermo.
⦁ Questo non risolve la faccenda. – replicai – Chi è collegato al suo computer? E cosa ci fa la signora nel desktop?
⦁ Il mago sei tu. – osservò lei, sbarazzina, allargando le braccia. Era il suo modo gentile per dirmi “arrangiati”.
Stavo pensando di replicarle in modo arguto (ma non mi riesce mai) quando accaddero due fatti imprevisti a pochi secondi l’uno dall’altro.
Il primo: il gatto smise di giocare con le pedine e decise di passare al mouse, per poi passeggiare sulla tastiera del computer pestando tasti a casaccio, con ripercussioni altrettanto random nelle finestre dello schermo, seguite da immediata reazione incontrollata del cursore in teleassistenza. L’animale sembrava abituato a quel tipo di passeggiata devastante. Ipotizzai che fosse posseduto da uno spirito maligno, ma ciò non m’impedì d’afferrarlo al volo e gettarlo miagolante lontano dal tavolo.
Il secondo fatto: apparve una persona sulla porta d’ingresso che sbadatamente avevamo lasciato aperta. La persona cacciò un urlo, seguito da un disperato grido:
⦁ Aiuto! Ladri in casa!!
Lapp non ebbe esitazioni e si tuffò nel cellulare, chiudendoselo dietro e lasciandomi da solo a dare spiegazioni alla persona.
Che era la Nonnina.
⦁ Jago!
⦁ Signora!
Restammo un po’ scioccati entrambi, nel riconoscerci: in quel momento nessuno dei due s’aspettava d’incontrare l’altro, per motivi diversi. Il primo a riprendersi fui io, e le diedi il buongiorno, evitandole così l’infarto. Seguirono i reciproci chiarimenti al tavolo della cucina, dove non potei evitare l’assaggio plurimo di fette della torta del giorno.
La signora Mantoia non è un prodigio di chiarezza quando parla, ma dal vivo interagisce meglio che al telefono, e comunque la torta era buona. In breve, credo che i fatti siano andati così. Sembra che l’icona di collegamento con la teleassistenza sia stata dimenticata sul desktop dal nipote, e attivata per puro caso da una passeggiata del gatto. Da remoto, il povero tecnico aveva cercato d’interagire con la signora, ottenendo solo il risultato d’allarmarla, e, pur senza ricevere un feedback alla chiamata, avrebbe comunque provato a esaminare il computer alla ricerca di malfunzionamenti. Pare inoltre che il volto sofferente e prigioniero sul desktop sia effettivamente una semplice foto, frutto anch’essa d’un tasto erroneamente pigiato dalla signora il giorno prima mentre stava osservando da vicino la telecamera del monitor. Infine, da quanto dice lei, il suo gemito e la chiusura improvvisa della telefonata sarebbero dovuti al fatto che s’era ricordata all’improvviso d’aver promesso alla sua amica d’andare a prendere il tè da lei, ed era in forte ritardo. Così era scappata due piani più su, ed era ancora là quando siamo arrivati noi nell’appartamento.
Avrete forse notato che nutro dubbi su questa ricostruzione degli eventi. In alcuni punti è macchinosa e inverosimile. La passeggiata del gatto, i tasti pigiati a caso, la fotografia… Dai, è un po’ come la storia delle scimmie che battono a caso sui tasti di un computer e ne esce un capolavoro. Troppo improbabile. Non è che non mi fidi della signora, sia chiaro, ma potrebbe essere stata tratta in inganno ed essere vittima di un maleficio. Voglio dire: perché scomodare l’incompetenza informatica delle persone e l’improbabilità statistica per voler trovare a ogni costo una spiegazione razionale a tutto questo, quando invece la magia potrebbe chiarire ogni cosa in modo molto più semplice? Qui c’è dietro una maledizione, una fattura, un malocchio. E’ evidente. C’è pure un gatto nero di mezzo!
Quindi, per passare dalle parole ai fatti, ho deciso di tener d’occhio il computer della signora Mantoia (e già che ci sono, anche il gatto), e da una settimana a questa parte sono un assiduo assaggiatore di torte appena sfornate.
Ogni volta che la Nonnina mi chiama corro da lei. Porto sempre con me amuleti, formule, pedine e anche Lapp nel cellulare (suo malgrado): ma son certo che prima o poi il colpevole farà un passo falso, e allora io potrò dimostrarle d’aver ragione.
Naturalmente Lapp mi disapprova cordialmente, ma alla Sim Sala Bit il mago sono io.