L’INIMMAGINABILE REALTA’
di Fulvio Gagliardi
Correva l’anno 2030. Al Large Hadron Collider di Ginevra erano tutti eccitatissimi per l’avvio del nuovissimo emozionante esperimento: la collisione di due quarktop.
La cosa pareva impossibile e molti erano contrari e convinti che lo scontro di due quarktop non sarebbe mai potuto avvenire visto il loro brevissimo tempo di vita, dell’ordine di grandezza di un milionesimo di milionesimo di secondo. Il tempo di vita delle particelle era meno di un soffio e probabilmente esse sarebbero immediatamente decadute in particelle innocue prima che avessero potuto scontrarsi tra di loro.
Al Tevatron, tanti anni prima nei pressi di Chicago, era stata prodotta una coppia di quarktop e quarkantitop dalla collisione protone antiprotone. Dal Large Hadron collider che aveva un’energia più che tripla di quella del Tevatron, era stato possibile evidenziare l’esistenza del Bosone di Higgs e ora si voleva andare ben oltre nella conoscenza di come era costituita la materia, di come era fatta l’intima natura dell’universo.
Il nuovo LHC aveva capacità notevolmente potenziate rispetto a quelle che avevano permesso la scoperta del Bosone di Higgs e si sperava di assistere a nuove mirabolanti scoperte nel campo dell’infinitamente piccolo.
L’energia che sarebbe scaturita era inimmaginabile e sulla base dei calcoli dallo scontro si sarebbero liberati fino a 138 meV, mentre in una reazione di fusione nucleare si sprigionano al massimo 18 meV. Inoltre le radiazioni sprigionate avrebbero avuto frequenze molto superiori a quelle dei raggi gamma.
I raggi gamma erano pericolosissimi per la salute e ciò che sarebbe emerso da quest’ultimo esperimento sarebbe stato di sicuro molto più letale e perciò infinite precauzioni erano state prese.
L’uomo non avrebbe potuto partecipare di persona all’esperimento e sarebbe stato sostituito da sistemi di controllo, registrazione e analisi a distanza.
A parte l’enorme energia sprigionata ciò che si temeva maggiormente era di poter finire in una zona in cui la fisica non avrebbe avuto più senso, in presenza di radiazioni di frequenza eguali se non superiori a quella dell’inverso del tempo di Plank. I fisici teorici infatti temevano che lo stesso concetto di tempo e il suo scorrere avrebbe potuto non esistere più e che si sarebbero trovati in presenza di qualcosa di inimmaginabile, scaraventati fuori dalla realtà fisica in un qualcosa di assolutamente sconosciuto, forse nel Trascendente.
Mai l’uomo aveva rischiato tanto, mai aveva osato tanto e la storia della torre di Babele avrebbe potuto ripetersi per la tracotanza dell’umanità di voler esplorare l’inesplorabile, di voler invadere il regno stesso del Creatore.
Nonostante tutti i timori e i numerosi pareri contrari venne deciso di dar corso all’esperimento.
Nel pre-acceleratore l’elio gassoso venne ionizzato e accelerato mediante un potenziale elettrico ad altissima energia. Gli ioni negativi vennero ulteriormente accelerati in un altro acceleratore e portati ad energie ancora più elevate mediante campi magnetici. Sottratti gli elettroni dagli ioni rimasero i protoni i cui fasci vennero ulteriormente “strizzati” e concentrati da potentissimi magneti e successivamente lanciati nel lunghissimo anello dell’acceleratore fin quasi alla velocità della luce. I protoni furono costretti a procedere a zig zag e collisero tra loro generando un plasma di quarktop, antiquark e gluoni. I quark e gli antiquark sarebbero immediatamente decaduti, ma alcuni di essi grazie a potentissimi magneti oscillanti vennero fatti collidere subito, appena generati e appena in tempo prima di decadere.
La strumentazione installata per registrare gli eventi venne invasa da immensi campi di energia e subito dopo inspiegabilmente tutto si fermò. Pareva che non succedesse più nulla nella camera del Detector dell’acceleratore e nonostante i numerosi interventi inviati dalle distanti postazioni nulla accadeva.
Cosa era successo? Possibile che tutto il sistema si fosse improvvisamente guastato?
Nessuno degli scienziati e ingegneri aveva il coraggio di recarsi alla camera del Detector per esaminare la strumentazione, eppure qualcosa bisognava fare. La realizzazione dell’esperimento era costata diverse decine di miliardi di euro e non si poteva non analizzare subito ciò che era accaduto. I dati che si pensava di esaminare a distanza non erano giunti e ormai si era certi che non sarebbero mai giunti. D’altra parte l’esperimento era concluso, non c’era stata alcuna esplosione e forse non ci sarebbe stato alcun pericolo ad avvicinarsi alla camera del Detector.
Così fu che prima uno, poi altri, presero coraggio e si recarono ad osservare da vicino i risultati dell’esperimento.
Indossate le pesanti tute schermate contro le possibili radiazioni si diressero alla camera. Non erano ancora giunti ad essa che una strana sensazione si impadronì di loro. I rivelatori della presenza di radiazioni erano impazziti e a fondo scala. Il timore che la zona fosse investita da radiazioni di elevatissima frequenza sembrava essersi concretizzato .
La stranissima sensazione di non essere più nella realtà del mondo andava acuendosi man mano che essi si avvicinavano al Detector, i loro passi si stavano facendo sempre più pesanti e rallentati e sentivano la fatica di connettere le idee che parevano sempre più grevi e schiacciate sul fondo della scatola cranica.
Ogni cosa pareva rallentata e ad un certo punto ferma e immobile, senza un passato e senza un futuro.
Ne erano ormai certi, senza la necessità di pensarci: il tempo era svanito e tutto era come era, senza alcun cambiamento di sorta.
Sarebbero rimasti così per sempre, immobili senza possibilità di uscirne se le cause che avevano prodotta quella situazione non fossero cessate da sole.
Iniziarono di nuovo a pensare e a muoversi e fatto dietro front l’unica cosa che volevano e che fecero fu quella di fuggire il più rapidamente possibile da quella camera.
Iniziarono allora a ricordare ciò che avevano visto e di cui non avevano potuto rendersi conto prima, immobili e fuori dal tempo come erano.
La camera era stata invasa da una luce incredibilmente bianca, di un bianco innaturale e indescrivibile, e allo stesso tempo una sensazione di pace e felicità li aveva circondati e penetrati in tutto il loro essere.
Poi in quel regno di immensa serenità erano stati colpiti come da stilettate in più punti del loro essere, forse da esseri invisibili ed estranei, esseri che si erano successivamente allontanati svanendo nelle profondità dell’immenso tunnel circolare del LHC.
Presero ansimanti il trenino che portava all’uscita del tunnel e poi gli ascensori per poter finalmente vedere il cielo.
Sulle pareti esterne agli ascensori erano apparse impronte di fuoco dalla forma di mani umane e alcune macchie scure dalla forma vagamente di volti umani sofferenti. Inspiegabili rumori e ululati di sofferenza avevano pervaso la parte terminale del tragitto fino all’uscita dal LHC.
Poi più nulla.
Riacquistata la calma e la padronanza di se stessi tennero una riunione per cercare di raccogliere le idee e le fila di quanto accaduto.
Purtroppo non esisteva alcuna registrazione degli eventi e si dovettero accontentare di ciò che avevano visto.
La conclusione fu che probabilmente dalla collisione dei quarkup si era generata una radiazione di immensa potenza e elevatissima frequenza. Non pareva fosse stata prodotta alcuna particella costituente i quark, che dovevano essere la più piccola particella esistente ma, oltre a qualche barione più pesante, soltanto tanta, tanta energia, pura energia che doveva essere la più intima realtà del Creato, forse anche del Trascendente.
Con molta probabilità erano riusciti per qualche istante a essere al cospetto del Trascendente, fuori dalla realtà del nostro universo e fuori dal tempo.
Ma cosa erano le impronte che avevano visto e i rumori e gli ululati?
Manifestazioni di pura energia che in quella frazione di tempo dell’esperimento erano penetrate nel nostro mondo?
Chissà, con gli elementi che avevano a questo non potevano rispondere con certezza.
La giornata era stata stressante e Davide presa la sua auto si diresse verso casa.
Fatti pochi chilometri l’auto iniziò a non rispondere più ai suoi comandi e, come se fosse guidata da altre mani, prese altre strade nonostante gli sforzi di Davide per correggerne la traiettoria. Lui era atterrito, la paura di un incidente e il sospetto che uno spettro avesse preso il controllo della macchina avevano annebbiato la sua mente.
Per fortuna tutto questo improvvisamente cessò così com’era iniziato, e sia pur con fatica Davide riuscì a tornare a casa.
Il sospetto che dall’esperimento fossero uscite energie malefiche prese sempre più corpo in lui. Quella notte dormì agitato nell’attesa del nuovo giorno e nell’urgenza di riferire in riunione quegli eventi.
Il giorno successivo all’ospedale de La Tour di Meyrin, piccolo centro sede del CERN, avvenne un episodio singolare. Un infermiere notò un grasso signore che pareva si divertisse a infastidire un paziente, sedendoglisi sulla pancia mentre questi era a letto. L’infermiere adirato entrò nella camera per cacciar via l’intruso molestatore, ma questo con un ghigno satanico si rifugiò nel bagno dove poi scomparve. Il paziente morì il giorno successivo ma a nessuno venne in mente di collegare i due eventi.
Sempre a Meyrin uno stuolo di cani randagi scorrazzò per la città mordendo quanti si trovavano sui loro passi e vomitando schiuma verde dalla bocca. Il servizio accalappiacani, subito intervenuto, non ne riuscì a catturare neanche uno perché come li acciuffavano al laccio questo inspiegabilmente si rompeva.
L’episodio più incredibile e impressionante accadde invece a Ginevra, poco distante dal CERN, tre giorni dopo quell’esperimento.
Erano circa le ore 13 quando uno sconosciuto, vestito di un lungo abito nero e dal volto irriconoscibile per la presenza di un largo cappuccio, sulla scalinata di fronte al colonnato del Palazzo delle Nazioni aggredì numerosi passanti afferrandoli per il braccio e lanciandoli letteralmente in alto sul colonnato del palazzo. Quell’uomo, se di uomo si trattava, doveva avere una forza sovrumana per come lanciava in alto la gente come se fossero piccoli pupazzi di stoffa. Un altro aspetto inquietante era che non gli si potevano vedere i piedi perché la parte inferiore del suo corpo era come avvolta da una nera nube evanescente. La stessa polizia non ebbe il coraggio di avvicinarglisi e così quello scempio continuò fino a che la nera nebbia che avvolgeva la parte inferiore del suo corpo non lo avvolse tutto facendolo scomparire. Una decina di persone morirono sfracellate per l’impatto sul colonnato.
Nei giorni seguenti tanti altri episodi meno gravi ma non per questo meno impressionanti avvennero nei dintorni di Ginevra.
Una vecchina male in arnese girando per La Graviere, un quartiere di Ginevra, insultò tutti i passanti gridando loro . I passanti e la polizia la ignorarono pensando che fosse soltanto una pazza.
All’aeroporto internazionale invece la Polizia fu a più riprese impegnata nel vano tentativo di acciuffare un individuo, triste e male in arnese, che saliva sugli aerei fermi allo scalo mettendone in moto i motori e poi inspiegabilmente scomparendo per ricomparire su un altro aereo.
Molte case di quella zona della Svizzera riceverono presenze di Entità malevole con rumori alle porte e alle finestre, sbatter d’ali, pesanti passi all’interno, gorgoglii, urla e qualcuno degli occupanti ha anche raccontato di aver ricevuto sonori ceffoni senza poter vedere chi glie li stesse dando.
Tutto questo durò un paio di settimane, poi, lentamente, così come era iniziato terminò e non si ebbero più notizie di eventi del genere.
I soli a sospettare, pur non essendone certi, a cosa fossero dovute queste strane vicende e apparizioni erano coloro che avevano partecipato all’esperimento: solo una ristretta cerchia della comunità scientifica del CERN.
Anche costoro in realtà facevano fatica ad ammettere la correlazione di questi fatti con l’esito dell’esperimento effettuato al LHC: una fuga di fantasmi attraverso il varco aperto dall’esperimento? Eppure non c’era alcuna altra spiegazione logica, se di logica si può parlare per eventi che sfuggivano alla logica scientifica.
Come spiegare poi la repentina scomparsa di tutte queste manifestazioni?
La spiegazione, a metà tra scienza e superstizione, pareva semplice: quegli spettri erano manifestazioni di pura energia che, abbandonata la zona del Trascendente e entrati nel mondo materiale, si erano trovati a fare i conti con le leggi della fisica, dove in particolare domina la seconda legge della termodinamica. L’entropia che è in continuo e incessante aumento e i picchi di energia che sono costretti a livellarsi per raggiungere il più basso stato possibile.
I poveri fantasmi questo non lo sapevano e la loro energia sfumò con essi facendoli scomparire dal mondo.