L’OLOCAUSTO NEL ROMANZO DI FRANCO FORTE E SCILLA BONFIGLIOLI

Dallo scorso 14 gennaio è in libreria il romanzo, scritto a quattro mani da Franco Forte e Scilla Bonfiglioli, “La bambina e il nazista” (Mondadori), trasfigurazione letteraria della tragedia vissuta dal popolo ebreo nei campi di concentramento durante il secondo conflitto mondiale. Nella storia si narrano le sofferenze dei deportati, in particolare di una bambina di nome Leah, ma anche dei sensi di colpa e delle conseguenti azioni  di un ufficiale tedesco del campo di sterminio nel quale Leah è prigioniera. Abbiamo chiesto a Franco Forte, che oltre a essere editor di varie Collane Mondadori è autore di fortunati romanzi storici, di raccontarci la genesi del volume.

E’ STATO DIFFICILE SCRIVERE DI UN TEMA COMPLESSO E DRAMMATICO COME QUELLO DEI LAGER NAZISTI?

La vera difficoltà è stata cercare di immedesimarsi in persone che hanno vissuto un periodo atroce della storia, per comunicare al lettore emozioni forti. Dopodiché, il processo più complesso è stato quello della raccolta della documentazione necessaria a ricostruire lo scenario dei campi di concentramento nazisti in Polonia. Fatto questo, abbiamo lasciato che i nostri personaggi prendessero il sopravvento, e l’angosciante tentativo di Han Heigel, il nostro protagonista, di tenere in vita la piccola Leah, è uscito fuori quasi da solo, con tutta la drammaticità della situazione in cui l’abbiamo collocato.

CHE GENERE DI DOCUMENTAZIONE AVETE UTILIZZATO?

Abbiamo studiato tanto: sui libri, nei video d’epoca, attingendo alle testimonianze di chi nei campi di concentramento ci è stato davvero. Materiale ce n’è fin troppo, e dunque è quanto mai assurdo che ci sia ancora qualcuno che cerchi di negare quanto è accaduto.

“LA BAMBINA E IL NAZISTA” SI ISPIRA AD UN FATTO VERO?

Tutto nasce quando, diversi anni fa, studiando le carte del processo di Norimberga per uno sceneggiato per la TV, mi sono imbattuto in poche righe in cui si diceva che una bambina aveva testimoniato a favore di un ufficiale nazista, che l’aveva salvata dalle camere a gas a rischio della sua stessa vita. Tutto qui, nessun’altra informazione, per quanto io abbia cercato ovunque per tanti anni. Alla fine ho deciso di partire da questa suggestione per scrivere una storia di fantasia, ambientata in un contesto reale e ricostruito nel dettaglio. È da queste premesse che si sviluppa la storia del libro, che è quella che si può leggere nei risvolti di copertina, oppure sugli store online.

COME SI SVILUPPA LA TRAMA?

La ricapitolo qui: “Germania, 1943. Hans Heigel, ufficiale di complemento delle SS nella piccola cittadina di Osnabrück, non comprende né condivide l’aggressività con cui il suo Paese si è rialzato dalla prima guerra mondiale; eppure, il timore di ritorsioni sulla propria famiglia e la vita nel piccolo centro, lontana dagli orrori del fronte e dei campi di concentramento, l’hanno convinto a tenere per sé i suoi pensieri, sospingendolo verso una silenziosa convivenza anche con le politiche più aberranti del Reich. Più importante è occuparsi della moglie Ingrid e, soprattutto, dell’amatissima figlia Hanne. Fino a che punto un essere umano può, però, mettere da parte i propri valori per un grigio quieto vivere? Hans lo scopre quando la più terribile delle tragedie che possono capitare a un padre si abbatte su di lui, e contemporaneamente scopre di essere stato destinato al campo di sterminio di Sobibór. Chiudere gli occhi di fronte ai peccati terribili di cui la Germania si sta macchiando diventa d’un tratto impossibile… soprattutto quando tra i prigionieri destinati alle camere a gas incontra Leah, una bambina ebrea che somiglia come una goccia d’acqua a sua figlia Hanne. Fino a che punto un essere umano può spingersi pur di proteggere chi gli sta a cuore? Giorno dopo giorno, Hans si ritrova a escogitare sempre nuovi stratagemmi pur di strappare una prigioniera a un destino già segnato, ingannando i suoi commilitoni, prendendo decisioni terribili, destinate a perseguitarlo per sempre, rischiando la sua stessa vita… Tutto, pur di non perdere un’altra volta ciò che di più caro ha al mondo.”

PRIMO LEVI (1919-1987), AUTORE DEL CELEBRE LIBRO “SE QUESTO E’ UN UOMO”, DICEVA DI TEMERE I TEMPI FUTURI QUANDO VIA VIA SAREBBERO SCOMPARSI I TESTIMONI DELLA SHOAH. IL VOSTRO ROMANZO E’ FINALIZZATO ANCHE A TENERE VIVA LA MEMORIA?

Non solo. È anche, più semplicemente, una bella storia, una sorta di thriller ambientato nei campi di sterminio, in cui l’amore (soprattutto di un padre per la figlia, ma non solo) deve cercare di sopravvivere alla follia.

LA SENATRICE A VITA LILIANA SEGRE IN UN’INTERVISTA HA DICHIARATO CHE CHIEDERA’ AL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE, LUCIA AZZOLINA, DI POTENZIARE LO STUDIO DELLA STORIA NELLA SCUOLA AFFINCHE’ I RAGAZZI LA CONOSCANO IN MANIERA PIU’ APPROFONDITA. COSA NE PENSI?

Mah, non è questione di studiare poco, ma di farlo nel modo migliore. Oggi l’insegnamento scolastico è noioso, e dunque è difficile fare appassionare gli studenti. La narrativa può servire in parte a mitigare tutto questo, trasportando chi legge nelle epoche storiche raccontate, per farli divertire e appassionare un po’ di più che restando ad ascoltare qualcuno che parla e spiega le cose, insistendo soprattutto su nomi e date.

COM’E’ STATO LAVORARE A QUATTRO MANI CON SCILLA BONFIGLIOLI? IN CHE MODO VI SIETE ORGANIZZATI NELL’ELABORAZIONE DEL TESTO?

Tutto abbastanza semplice e fluido. Lavoriamo insieme da tempo su molti progetti, e il mio ruolo non solo di autore ma anche di editor è stato fondamentale per coordinare il tutto e dare uniformità a ciò che abbiamo scritto.

CAMBIO ARGOMENTO, ANCHE SE RIMANIAMO IN CAMPO LETTERARIO. COME STATE AFFRONTANTO IN AMBITO LAVORATIVO, L’EMERGENZA CORONAVIRUS, CON LE VARIE COLLANE EDITORIALI DELLA MONDADORI?

Con lo smart working da casa. Nella speranza che si torni presto alla normalità.

SUPEREMO SENZ’ALTRO QUESTO DIFFICILE MOMENTO NON DIMENTICANDO DI COMPORTARCI CON IL MASSIMO SENSO CIVICO, COME  RACCOMANDANO LE AUTORITA’. GRAZIE A FRANCO E A SCILLA PER AVERCI PROPOSTO UN ROMANZO CON UN TEMA IMPORTANTE CHE NON DEVE SCIVOLARE NELL’OBLIO.

Filippo Radogna