L’inizio del 2020, tra le altre cose negative ancora in corso, ci ha portato via anche Max von Sydow, veterano del cinema a livello internazionale, 90 anni, passati fino a quasi la fine a calcare le scene nei ruoli più vari.
Svedese di nascita e francese d’adozione Max von Sydow iniziò la sua carriera con il sodalizio artistico con il regista Ingmar Bergman, con cui interpretò film di introspezione psicologica, ma anche un classico del cinema fantastico, Il settimo sigillo del 1957, l’indimenticabile partita a scacchi con la morte di un cavaliere medievale con sullo sfondo malefici e icone dalla tradizione leggendaria nordica, ispirazione anche per il surreale La fontana della vergine, sempre di Bergman, nel 1959.
Molte le pellicole di genere fantastico a cui ha partecipato: fu padre Merrin nel classico horror L’esorcista, il Barone nel post apocalittico Gli avventurieri del pianeta Terra, il perfido imperatore Ming nel fumettistico Flash Gordon, re Orsic in Conan il barbaro con Arnold Schwarzenegger, il dottor Kynes in Dune di David Lynch, l’infido Leland Gaunt in Cose preziose da Stephen King, il poliziotto Ulisse Moretti alle prese con un cold case che diventa attuale in Non ho sonno di Dario Argento, il capo del sistema di sicurezza Lamarr Burgess in Minority Report di Spielberg.
In tempi recenti era comparso nel ruolo del padre del protagonista Josiah in Solomon Kane, come fabbro Eyvind nel film per la TV La saga dei Nibelunghi e in Star Wars: Il risveglio della forza come Lor San Tekka, un cameo che resta. Le generazioni più giovani l’hanno però conosciuto per il ruolo del Corvo dai Tre Occhi in Game of Thrones, che guida il giovane Bran Stark verso la sua strada di sovrano.
Un attore poliedrico e capace di colpire, un grande vecchio del cinema di cui si sente già la mancanza.