IL GUARDIANO
di ROBERTO GUARNIERI
Nelle Università italiane, e in tutta la nostra società attuale, una specializzazione in lingue antiche conta ormai ben poco. Rimasi perciò stupito quando Kevin mi convocò a Ginevra, nella sede del CERN. Kevin Mallory è uno dei migliori talenti in fisica quantistica e applicazioni tecnologiche connesse, ma, tranne una solida amicizia che dura da parecchi anni, tra i nostri settori non c’era mai stato nulla in comune.
O perlomeno così pensavo.
Mentre caricavo la pipa, seduto nel suo laboratorio ingombro di documenti, cavi di connessione volanti e laptop in funzione, Kevin si accese una sigaretta e mi rivolse un sorriso sornione.
“Ti chiederai perché ti ho fatto venire qui. Il motivo è semplice. Mi serve un esperto in latino.”
Prima che potessi replicare continuò ” Potrei riempirti la testa con una spiegazione teorica complessa, che tu non capiresti, fatta di elementi sub atomici che ondeggiano nello spazio probabilistico. Non è il caso. Verrò subito al punto finale. Abbiamo ormai appurato che la possibilità di viaggiare nel tempo è reale.”
Sobbalzai sulla poltroncina “Reale?” esclamai “Vuoi dire che hai una teoria che riesce a dimostrarlo?”
“Più di una teoria, vecchio mio” Kevin adorava le pause a effetto ”abbiamo i mezzi tecnici per realizzare una macchina del tempo.”
” Che diavolo significa, in termini concreti?”
“Che siamo in grado di costruirla.” sentenziò. Abbiamo intenzione di spedirla nell’Antica Roma e ci serve qualcuno esperto del periodo.” Esitò un attimo poi concluse “Per fare l’interprete.”
La parola interprete mi fece sussultare e mi instillò un leggero sospetto. Guardai Kevin dritto negli occhi “Per la consulenza non ci sono problemi. Ma non mi stai proponendo di fare la cavia da lancio, vero?”
“Molto meglio” concluse Mallory “Ti sto invitando al viaggio inaugurale. Io e te nel Primo Secolo dell’era Cristiana!”
Il Dipartimento di Fisica, in segreto, avrebbe costruito la macchina. In seguito, mi augurai dopo un serio collaudo, avremmo effettuato il salto nel passato. L’obiettivo era visitare la Roma Imperiale di Augusto, un periodo di relativa pace e stabilità politica, tornando con prove che avrebbero confermato il successo dell’esperimento. La mia funzione era quella di interprete. L’interprete più importante della storia dell’Umanità.
I lavori durano più di un anno. Fu assemblata la macchina, effettuati i primi lanci di prova, studiate teorie sui paradossi e sugli universi paralleli. Tutti i test erano positivi e persino l’ipotesi del non ritorno, legata alla creazione di una seconda linea temporale alternativa, sembrava essere caduta.
Cercammo un sito adatto, vicino Roma ma lontano dalle zone urbanizzate attuali. Questo avrebbe comportato un viaggio a piedi verso l’antica Capitale, ma era l’unica maniera per poter piazzare la macchina inosservati. Scegliemmo le rovine di una villa a sud della città, una complessa struttura circondata da campi coltivati e resti di antiche fattorie, ben collegata in epoca imperiale.
“Entreremo lungo la Via Appia” poggiai la matita su una carta topografica “e da qui dritti sino alla zona dei Fori Imperiali. Possiamo farcela in due o tre ore di cammino”
“Filmeremo tutto.” confermò Kevin “rientrando in giornata. Le probabilità che qualcuno scopra il veicolo in un lasso di tempo così ridotto sono minime.”
“I ragazzi del dipartimento della difesa ci forniranno reti mimetiche di ultima generazione. Sembrerà un piccolo ammasso di rovi.”
Sezioni specializzate dell’Università confezionarono abiti ricostruiti con minuziosa cura, attingendo a tutte le fonti disponibili, mentre i laboratori fornirono un corredo di microcamere a batterie solari.
In segreto, assieme a una piccola carovana di tecnici e aiutanti, trasferimmo l’attrezzatura sul posto e, all’alba del giorno stabilito, io e Kevin, vestiti con toghe bianche e porpora e scomodissimi calzari in cuoio, salimmo in bilico sulla macchina, pronti ad azionare i comandi per la partenza.
Lo so che sembra banale, ma tutto quello che provai, appena si accese il motore probabilistico, fu un normalissimo senso di vertigine.
Poi iniziarono i guai.
Sapete perché li chiamano scavi? Perché bisogna scavare per raggiungere il livello del terreno originale. Che nel caso in esame era circa tre metri sotto il suolo. La macchina del tempo si materializzò a mezz’aria e rotolò cadendo a peso morto. Mi aggrappai alle barre di comando con lo stomaco in gola, ma fui buttato fuori dal impatto con terreno. I circuiti si frantumarono, il generatore si spezzò in due. Lampi di elettricità mi bruciarono il viso e uno spruzzo di sangue mi colpì come uno sputo. Il corpo di Kevin rimase schiacciato sotto l’acciaio contorto. La ventola rantolò un’ultima volta e si spense con un sibilo sinistro.
Ero sotto choc. Ferito, sporco e confuso a duemila anni di distanza dalla mia data di nascita. Un attimo dopo il sistema di sicurezza di ritorno, evidentemente ancora integro, si attivò. Il motore quantistico di emergenza fece un rumore sgraziato e, con un debole risucchio di aria, la macchina del tempo scomparve con il suo macabro contenuto, lasciandomi solo in mezzo al campo arato.
In un racconto di fantascienza lo sviluppo degli eventi sarebbe ovvio. Sarei arrivato a Roma, entrato in contatto con qualche senatore e introdotto alla corte di Augusto, diventando, per le mie conoscenze scientifiche avanzate, un inventore e pensatore in anticipo con i secoli. Il Leonardo Da Vinci dell’epoca Imperiale.
Non è andata così, purtroppo. Arrivai mezzo zoppo alle stalle della tenuta cercando aiuto. Capii subito che il Latino classico, che crediamo di comprendere così bene, non ha nessuna parentela con la lingua parlata dell’epoca. Il dialetto spezzettato e gutturale del contadino che mi accolse e, in seguito, quello più fluente ma sempre incomprensibile del capo fattore non mi permisero di stabilire un contatto che andasse oltre frasi elementari accompagnate da ampi gesti delle mani. Cercare di far capire chi ero? Farmi accompagnare in città per contattare qualche patrizio romano? Non avevo nessuna speranza.
Ai loro occhi ero un barbaro, analfabeta e vestito in maniera stravagante. Per fortuna avevano bisogno di manodopera e non mi uccisero.
Sono stato preso in forza nella fattoria della Villa, il cui Signore non ho ancora mai visto nemmeno da lontano. Grazie alle mie abilità, alla mia cultura e al mio sapere, sono diventato un ottimo guardiano.
Di porci.