Fine estate italiana del 2019.
Jeanne Malvetu è una giovane turista francese. Jeanne frequenta L’école nationale supérieure des beaux-arts di Parigi. Il disegno e la pittura sono le sue passioni. Come molti stranieri, Jeanne rimane incantata dall’arte italiana. Visita il Duomo di Milano, la Pinacoteca di Brera, a Torino rimane incantata dalla Mole e dal suo Museo Egizio, ma è a Firenze che la bellezza dell’Arte le si spalanca davanti come un fiore carnivoro che la proietta in un mondo di volti eterei, figure preziose e colori. Negli Uffizi, tra i quadri fiamminghi, statue romane e la Sala del Botticelli, Jeanne si sente dissolvere dentro quei dipinti, precipitata dentro il paesaggio palpitante. Nella sua estate italiana Jeanne non colleziona solo paesaggi e musei: zaino in spalla, la giovane frequenta ogni tipo di mercatino dell’usato, in cerca di vecchie pubblicazioni a fumetti degli anni ’70. Si tratta di tascabili dell’orrore, storie di carta impregnate di un erotismo malsano e gotico a buon mercato. Collane come Oltretomba gigante, Terror gigante, Lo scheletro presenta, o come il pocket di Jacula, giovane diciottenne benestante di Zalau, cittadina della Transilvania, che si spoglia dei panni della giovinetta ingenua e nevrotica per divenire una spietata schiava sessuale di Satana. Il fumetto di Jacula è uscito nelle edicole italiane tra il 1969 e i primi anni ‘80, mentre succedeva di tutto: il clima incandescente dell’Autunno caldo, la bomba a Milano, la nascita della sinistra extra-parlamentare di Lotta Continua, la crescita dell’eversione nera, il tentato Golpe Borghese, la bomba a Brescia, la nascita delle BR, fino alla rimonta delle sinistre e un generale mutamento di clima dopo il 1974 con le dimissioni di Richard Nixon.
Jeanne di tutto questo sa poco o nulla: gira i mercatini delle pulci e le fumetterie del Belpaese in cerca di quei fumetti neri. Di Jacula appunto, Jeanne ha scovato un rigattiere che le ha venduto la serie completa della ristampa Jacula collezione. Lo stock è già stato spedito in Francia all’indirizzo dei suoi genitori, nello zaino ne ha tenuto solo alcuni, tanto per ingannare il tempo ed esercitarsi col suo album da disegno. Jeanne è incantata dai colori di quelle copertine a tempera, opera di misconosciuti pittori degli anni ’70 che usavano fotografie di modelle o ricalcavano i flani e le locandine del cinema horror di allora. Jeanne ne carpisce lo stile e la sera, negli ostelli in cui alloggia, si diverte a disegnare utilizzando la tempera su cartoncino, proprio come facevano gli illustratori di quelle meravigliose testate. Nei suoi schizzi rivivono i mostri della Universal mescolati in modo surreale a belle ragazze nude coi collant, o mummie infoiate tra i seni di procaci donnine in reggicalze rosse. Jeanne con quei disegni spera di poterci vivere un giorno. Dopo la scuola vuole mettersi in società con alcuni compagni e aprire uno studio di grafica e illustrazioni…
Ora però Jeanne ha lasciato Firenze ed è in giro per la campagna toscana. Vuole dormire all’aperto, così si sistema in un boschetto dalle parti dell’Abbazia di San Miniato a Monte. È il pomeriggio del 9 settembre. Finisce di montare la tenda, poi si rilassa, fuma una sigaretta, ascolta un po’ di musica con l’i-Phone. Scende la sera. Il frusciare degli alberi, i mille suoni del bosco, lo stemperarsi dei colori brillanti della vegetazione mediterranea. Nella notte, la macchia sempreverde pulsa come un quasar bluastro, in alto, nel cielo, le stelle appaiono come ceri immobili sopra la punta degli alberi. La notte è invasa dalle vibrazioni ipnotiche dei grilli. Jeanne ripone i colori e i fogli, mangia una focaccina comprata nel pomeriggio, fuma un’altra sigaretta, poi si distende nell’erba. L’afa le carezza la pelle, così decide di dormire all’aperto, a pochi passi dalla tenda. Si sfila i jeans e li usa come cuscino. Anche lei è mescolata alla trasparenza cristallina della notte, delle erbe, dei rami coi loro fiori, i frutti.
Si addormenta.
Poi riemerge.
Le sembra che qualcuno le stia sfilando i pantaloni da sotto il capo. Confusa si tira su di scatto, ma la radura è immobile. L’afa ha lasciato spazio a un fresco minerale. Anche il buio si è fatto più marcato, rendendo indistinguibili i sentieri. La città brilla lontana con le sue luci da favola. Jeanne rientra nella tenda e chiude la cerniera. Il sonno la cattura quasi subito.
Passa altro tempo.
Un’ora, forse meno.
Poi un altro rumore la fa riemergere dalla sonnolenza. Forse immagina di sentire dei passi nell’erba. Qualcuno fuori dalla tenda. Jeanne rimane per qualche istante in ascolto, non sente più nulla, fa per rimettersi a dormire, quando i passi riprendono.
Lei non fa in tempo a spaventarsi che qualcuno prova a tirare già la cerniera della tenda. La lama di un taglierino ne squarcia una parte. Ora Jeanne è spaventata. I suoi sensi si riaccendono all’istante. La ragazza non perde un secondo, esce dal sacco a pelo e si lancia in fuori. L’anarchia della paura la rende dinamica e veloce. Le grida di Jeanne rischiarano la notte come un fulmine che lacera un cielo grigio di nebbia. La ragazza non cede all’inerzia del panico. Mentre corre verso gli alberi, si gira per un istante, il tempo di scorgere un’ombra piegata sull’ingresso della tenda e un’altra lungo il muro di cinta dell’abbazia. Mentre corre febbricitante, nella sua testa ribollono le teste tagliate e imbalsamate, le mummie e i vampiri della sua immaginazione; attorno a lei le ombre scintillanti del bosco la circondano come in un cerchio magico, i rami le carezzano le guance arrossate, le radici sporgono voluttuose dal terreno come mani adunche di streghe. Jeanne si muove con agilità in quel complicato mandale di foglie e tronchi. Corre per un tempo imprecisato e lancia rapide occhiate al buio alle sue spalle, poi il fiatone e la ragionevolezza le rallentano i battiti del cuore. È arrivata su una strada. I fari di un’auto rischiarano l’asfalto. È una macchina sportiva, rossa, non saprebbe dire altro. Dalla vettura scendono due uomini. Uno tarchiato, l’altro magrolino. Quello tarchiato si mette davanti ai fari, impedendole di scorgerne meglio i tratti.
- Hai bisogno d’aiuto?
- Oui, s’il vous plaît, quelqu’un m’a attaqué… J’ai laissé mes affaires dans une tente! – dice Jeanne sentendo le gambe cedere, ormai incapaci di sostenerla.
L’uomo le si avvicina lentamente e si guarda intorno. La invita a salire in macchina, rimanere in mezzo alla strada è pericoloso. Jeanne capisce a fatica quello che dice, ma non vuole rimanere ancora lì all’aperto e poi ha lasciato tutto nella tenda.
- Je dais récupérer mes affaires, s’il vous plaît!
L’omone la guarda senza capire. Jeanne scorge un faccio da bambino, gli occhi inespressivi e un paio di baffi folti. La voce dello sconosciuto è gentile, ma sembra faticare nell’articolare le parole.
- Sì, sì, sali, dai.
Le ombre del bosco sembrano sul punto di divorare la strada. Jeanne si convince a salire (cos’altro potrebbe fare?). Seduta nei sedili posteriori, riprende fiato e scruta l’oscurità ai lati del finestrino mentre ingaggia una lotta coi fari giallognoli dell’auto. La macchina procede a bassa andatura e nessuno sembra sbucare dagli alberi. L’uomo robusto le parla con dolcezza, cercando di rassicurarla, mentre quello più giovane rimane in silenzio. Jeanne si accorge del sangue sulle ginocchia escoriate. L’auto arriva a una casa. Una casa in mezzo al bosco. Una casa illuminata, forse abitata da qualche presenza umana. Lì potrà telefonare alla polizia. Con lei entra solo l’uomo robusto. Da quel che capisce, quello le dice che nella casa c’è una donna. L’uomo gesticola con le braccia, indica un punto fuori, nell’oscurità e lei capisce che vuole tornare alla tenda, che le andrà a prendere le sue cose, che deve stare tranquilla. Jeanne prova a fargli capire che vuole telefonare, ma l’omone scrolla la testa. Poi lo vede tornare alla macchina, salire e far manovra per tornare indietro. Lei riamane alla finestra a spiare le sagome immobili dentro l’auto mentre svaniscono oltre una curva.
Ora è nuovamente sola. Il freddo, le ferite alle braccia e alle gambe, la febbre del panico, fanno sembrare quella situazione quasi irreale. Jeanne si muove nella casa, in cerca di un’altra presenza. Le stanze sono arredate con un gusto un po’ desueto, con contrasti cromatici e la carta da parati coi fiori. Vede un vecchio giradischi e un grosso registratore a nastro con le bobine inserite. Da qualche parte trova pure un vecchio telefono grigio col disco a rotella, ma è inservibile. Tutto nella casa rimanda agli anni ’70… Jeanne si aggira nelle stanze, poi si accascia su una poltrona. Su una credenza accanto a lei ha trovato un pacchetto di Nazionali con un accendino. L’odore intenso del tabacco l’aiuta a rilassarsi, ora le cose le appaiono meno spaventose. Forse si è trattato solo di un sogno? Poi nota una cartellina ricolma di vecchi ritagli ingialliti. Sono presi da alcuni quotidiani di almeno trent’anni prima e parlano di alcuni delitti avvenuti nella campagna fiorentina. Un maniaco o più di uno che uccideva delle coppiette. Il pazzo usava un comune taglierino per praticare delle orribili escissioni sul corpo femminile. Jeanne si lascia trascinare da quel vortice di parole, cercando di tradurre al meglio quello che legge…
“Siamo portati a escludere che si tratti di un malato mentale… si tratta di un soggetto che è andato incontro, di delitto in delitto, ad una progressiva espansione di sapore paranoideo perché tendenzialmente volta a sottolineare in termini sempre più espliciti rispetto al passato il suo vissuto di onnipotenza”…
“Nel 1981 vi era un medico che cercava di fare esperimenti di mummificazione in una casa nel bosco vicino a Faltignano, che da quello che sapevo sembra l’avesse comprata sotto falso nome”…
“In quella casa si facevano delle vere e proprie orge. C’era il Lotti, il mago Indovino e la Milva Malatesta, il medico di Perugia”…
“Un esorcismo egizio, feticismo curativo – ne consegue che dal giugno ’81 all’84, è sopraggiunto un male al seno – tesi esorcistica, il meshawe, un’isteria africana che produce i sintomi e le conseguenze di una possessione maligna – il simbolismo ermetico – “Jack” era il primo ermetismo – poi venne il figlio di Sam, infine le Brigate Rosse, col cadavere di Moro lasciato in perfetta equidistanza, a cinquanta metri dalla sede della Democrazia Cristiana – è la scuola di Alexander e Margarethe Mitscherlinch, galassie lontane per i De Fazio e i Bruno – dall’81 all’85, Cerchio Firenze 77, il più formidabile centro di medianità onore ai compagni trucidati dai Carabinieri a Milano. Nelle nostre lotte non li dimenticheremo nel processo espansionistico delle multinazionali”…
Il motore di un’auto che si spegne la strappa dal mondo di fantasie occulte in cui è precipitata. L’eccitazione e la curiosità le hanno fatto dimenticare la paura e il brivido dell’esperienza notturna. Jeanne rimette in fretta i ritagli nella cartellina. Ora i due uomini sono di nuovo nella casa. Questa volta riesce a vedere anche l’altro, più giovane, magrolino, una polo verdina, i tratti regolari del viso. L’omone coi baffi ha fretta, le dice che le ha recuperato tutto, che non ha visto nessuno, forse si è solo trattato di suggestione. Fantasmi della mente. Le offrono un passaggio fino a Firenze, in qualche albergo del centro. Jeanne ringrazia, per quella notte ne ha abbastanza di incubi. Mentre si allontanano si volta un’ultima volta verso la casa con tutte le luci accese. Per un attimo le sembra di scorgere un’ombra alla finestra…
Un anno dopo. Qui e ora nel 2020.
Emergenza Covid, pandemia globale. Anche Jeanne se n’è rimasta in quarantena in una Parigi bloccata e spettrale. Scuole chiuse, negozi chiusi, controlli di polizia, poca gente in giro con le mascherine. Siamo quasi in estate e le misure di contenimento vengono allentate. Jeanne ripensa ai bellissimi mesi passati in Italia, all’arte del Botticelli, ai fumetti neri che ha comprato. Chissà quando potrà tornarci. Nel frattempo ha ripreso la sua vita, frequenta alcuni amici, segue da Skype le lezioni dell’école; ha fatto numerosi dipinti, quasi tutti ispirati ai fumetti neri italiani e alla vampira Jacula. Proprio mentre cerca su internet altre informazioni sul personaggio, si imbatte in uno strano articolo che collega un albo a fumetti di Jacula con una serie di sardi implicati in una serie di delitti avvenuti a Firenze negli anni ’80. Più legge su internet più si ricorda di quella notte di paura e degli articoli che ha sfogliato nella casa nel bosco. Su Google trova una serie di foto sui luoghi dei delitti, vecchi scatti in bianco e nero dei fidanzatini uccisi abbracciati tra loro, notizie sui processi, le condanne, le assoluzioni. Il mistero sul “mostro”, a detta di molti, è ancora insoluto. Poi Jeanne si imbatte in alcune fotografie dai colori slavati. Un omone coi baffi, la faccia da bambino. Il cuore le batte nel petto. Uno dei sospettati dei delitti rituali. La data sotto la foto riporta il decesso avvenuto ormai da quasi vent’anni. Non è possibile… Quasi in apnea, ammutolita, continua a scorrere le foto. L’immagine di un corpo ripescato da un lago. Un cadavere gonfio e annerito. Il doppio cadavere, fatto sparire più di trent’anni prima, di un giovane medico anche lui implicato nei delitti. Le immagini le restituiscono il volto sorridente di un uomo sulla trentina, magrolino, i tratti regolari del viso. Jeanne si sente morire dentro.
Poi l’assurdo silenzio della notte è rotto dal crepitio di alcuni spari. Degli scoppi. Tremante, la ragazza si affaccia alla finestra. Lontano, colonne rosse di fumo si levano da vari quartieri di Parigi. Dal palazzo di fronte, incorniciato dal diafano rettangolo di una finestra accesa una donna la osserva. Ha gli occhi rossi, la bava alla bocca. Sotto le labbra, orribili denti seghettati. Le unghie della donna rigano il vetro. Il cervello di Jeanne registra impotente quello che accade. Elicotteri nel cielo, bagliori lontani di altre deflagrazioni, le strade deserte, molte macchine ferme in mezzo alla corsia, alcune con lo sportello aperto. È scoppiata una guerra? O il virus è mutato ancora?
Poi li vede.
Sotto al suo palazzo, immobili, rischiarati dal neon intermittente del lampione. Un gruppo di uomini. Uno è basso e tarchiato e mastica con nervosismo uno stuzzicadenti. Un altro, macilento avvolto in un pigiama azzurro si massaggia i genitali scoperti. Uno con gli occhiali e i capelli bianchi, un sorriso gelido e qualcosa tra le mani: un fumetto sgualcito, uno Jacula! Insieme a loro, un omone coi baffi e gli occhi vuoti e un giovane con la polo verdina. Jeanne sente una scarica di adrenalina attraversarle i neuroni. Le loro immagini semitrasparenti continuano a fluttuare sotto le palpebre abbassate.