Si intitola “Costa – L‘ultima avventura”, il romanzo d’azione, pubblicato nel numero di luglio della Collana Segretissimo Mondadori, dedicato alle avventure del luogotenente Dario Costa creato dalla fertile penna di Secondo Signoroni. Lo sviluppo della storia, ricca di stimolanti e rischiose circostanze, vede il consumato e saggio investigatore dell’Arma dei Carabinieri impegnato in una rischiosa missione ancora una volta negli scenari del continente africano.
Ma chi è Secondo Signoroni, questo popolare maestro di spy story e gialli, inesauribile sorgente di storie e personaggi, che da decenni produce appassionanti romanzi con complotti politici internazionali?
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua casa di Lodi dove vive con la moglie. Signoroni da sette anni, per raggiunti limiti di età, ha lasciato il suo lavoro all’Eni dopo un lungo e onorato servizio svolto nell’ambito della ricerca dell’Ente Nazionale Idrocarburi fondato da Enrico Mattei. Oggi scrive per tre o quattro ore al giorno e ama molto viaggiare nei paesi del Bacino Mediterraneo. Abbiamo colto anche l’occasione per porre al noto scrittore qualche domanda su alcuni misteri italiani.
HAI LAVORATO TANTI ANNI ALL’ENI COME CHIMICO MA TI SEI SEMPRE INTERESSATO DI TRAME POLIZIESCHE E COMPLOTTI TRA SPIONAGGIO E SEGRETI DI STATO. LA PRIMA DOMANDA CHE MI VIENE IN MENTE E’ PROPRIO COLLEGATA A ENRICO MATTEI E ALLA SUA MORTE AVVENUTA IL 27 OTTOBRE DEL 1962 PRECIPITANDO CON L’AEREO A BASCAPE’, IN LOMBARDIA, DI RITORNO DALLA SICILIA. TI SEI MAI CHIESTO QUALI FURONO I POSSIBILI MOVENTI E I RETROSCENA DI QUESTA VICENDA?
Hai detto bene, facevo il chimico e dopo aver girato in varie sedi ho concluso la mia carriera nella sede di San Donato Milanese. Ho avuto modo di parlare con tanta gente che ha conosciuto di persona Mattei e che ha sempre parlato bene di lui definendolo una persona molto alla mano. Certo, Montanelli lo definiva un grande corruttore. Mattei perseguiva una politica tesa a fare grande l’Ente di stato italiano e anche a metterlo in concorrenza con le Sette Sorelle e ciò gli procurò molti nemici”.
E CHE IDEA TI SEI FATTO SULLA SUA MORTE?
Di un intricato omicidio di Stato. Nei corridoi dell’Eni si vociferava che fosse implicato un alto funzionario che era stato vicino a Mattei e che tempo dopo la sua morte – non sto parlando di Marcello Boldrini – divenne presidente dell’Eni. Pare anche che questo personaggio fosse un agente dello spionaggio americano. Ne ha parlato anche Pasolini nel suo romanzo “Petrolio”. Comunque, dopo la morte di Mattei, l’Eni si allineò alle posizioni statunitensi in materia di politica petrolifera.
HAI MAI PENSATO DI SCRIVERE UN GIALLO IN PROPOSITO?
No, ma a pensarci magari qualche battuta in merito la potrei inserire in un mio romanzo.
ANCORA IN TEMA DI VICENDE IRRISOLTE, MA DI TEMPI PIU’ RECENTI, POSSO CHIEDERTI COSA PENSI DELLA TRISTE VICENDA, RISALENTE AL 2016, DELL’OMICIDIO IN EGITTO DEL GIOVANE RICERCATORE TRIESTINO GIULIO REGENI CHE VEDE SEMPRE ACCESO IL DIBATTITO POLITICO ATTORNO ALLA SUA TRAGICA MORTE?
Darei un’occhiata a ciò che è successo a Cambridge, università dalla quale proveniva e per la quale svolgeva la sua tesi di dottorato. Perché lo hanno mandato in Egitto allo sbaraglio? Sappiamo che l’Università di Cambridge è stata sempre una fucina di raccolta di informazioni e materiale che poi viene passata ai Servizi inglesi. Ciò che lascia perplessi è che il giovane italiano fosse in Egitto, che certamente non è uno Stato democratico, a porre domande difficili e che avesse pagato l’informatore che poi lo ha tradito.
VENIAMO AL LUOGOTENENTE COSTA, PROTAGONISTA DI UNA VENTINA DI TUOI ROMANZI. CI PUOI RACCONTARE COME NASCE, LE SUE CARATTERISTICHE E PERCHE’ HAI SCELTO UN CARABINIERE?
L’Arma mi ha sempre dato un senso di sicurezza. Costa poi è una persona tranquilla, reale. Non è uno “spaccamontagne”, tra l’altro è oramai prossimo alla pensione, è un uomo razionale, intuitivo, mantiene sempre la sua lucidità e ragiona sulle cose, ricostruisce gli avvenimenti ed è funzionale al racconto poliziesco.
IL GENERE POLIZIESCO ATTUALMENTE VA MOLTO. SE PENSIAMO A CAMILLERI MA ANCHE AI VARI DE GIOVANNI, DE CATALDO O ALLO STESSO CAROFIGLIO, FINALISTA (PER LA SECONDA VOLTA) AL PREMIO STREGA CON “LA MISURA DEL TEMPO”. COME TE LO SPIEGHI?
Con “Qui commissariato di zona”, “Petrosino e i baffi a manubrio” e “Testimonianza d’accusa” nel 1975, 1976 e 1977 vinsi il “Premio Gran Giallo città di Cattolica” come Miglior romanzo giallo, ma allora, dopo il grande Giorgio Scerbanenco, eravamo solo un pugno di scrittori tra gli italiani tra cui Macchiavelli, Casacci, Giambricco e nessuno si curava di noi. Poi nel 1980 arrivò la spallata di Umberto Eco con il giallo filosofico “Il nome della Rosa” (che vinse il Premio Strega nel 1981, ndr) che aprì la strada al genere. E’ stato un percorso lungo, ma adesso Franco Forte editor di Giallo Mondadori e direttore di Segretissimo mi dice che da noi oramai gli italiani vanno più degli americani.
UNA GRAN BELLA SODDISFAZIONE PER UN MAESTRO COME SECONDO SIGNORONI E PER TANTI ALTRI SCRITTORI CHE COME LUI, CON GRANDE IMPEGNO, HANNO LAVORATO PER DARE DIGNITA’ A QUESTO GENERE LETTERARIO!