Peccato!
Nella lingua dei Tyrsenoí, degli Etruschi, nulla ci è pervenuto di simile alle delicate, allusive dediche di un’aristocratica e raffinata poetessa lirica monodica nata ad Efeso nel 612 a..C. e scomparsa a Mitilene, nell’isola di Lesbo, nel 570 a.C.
Saffo (630 – 570 a.C.) poetessa nata a Eresos, città dell’isola di Lesbo, nell’Egeo… “…giovinezza dilegua e sono nel mio letto sola… e soffro e desidero”.
A Populonia, a Cerveteri, a Volterra sembra non sia mai esistita una donna uguale all’autrice di questi suggestivi versi…
“…Tramontata è la Luna
e le Pleiadi a mezzo della notte:
giovinezza dilegua e sono nel mio letto sola…
e soffro e desidero.”
Insomma, non conosciamo una Saffo… etrusca.
Nella lingua parlata dai popoli della Tuscia che combatterono contro Roma innumerevoli battaglie fino alla totale capitolazione di Veio nel 396 a.C. non ci sono pervenuti carmi comparabili a quelli composti da un neoterico poeta latino, nato a Verona nell’87 a.C. ma vissuto quasi sempre a Roma, dove morì giovanissimo verso il 55 a.C. A Pyrgi, a Tuscania, a Vetulonia sembra non sia mai vissuto un uomo simile all’autore di salaci epigrammi in distico elegiaco ma anche di delicate (ma non troppo…) poesie d’amore dedicate alla bellissima Clodia, da lui chiamata Lesbia…
“… Viviamo, mia Lesbia , e amiamo…
Donami mille baci, poi altri cento
Poi altri mille, poi ancora altri cento…”
Insomma non conosciamo un Caio Valerio Catullo… etrusco.
A dire il vero nulla ci è pervenuto della produzione letteraria di quegli ancora misteriosi popoli che abitarono per almeno cinque secoli gran parte dell’Italia centrale e che chiamavano se stessi Rasenna.
Eppure, le donne etrusche “… curano molto il loro corpo, spesso fanno ginnastica con gli uomini… non ritengono riprovevole mostrarsi nude, banchettano non accanto ai propri mariti ma a chi capita, bevono alla salute di chi vogliono, sono anche grandi bevitrici e belle…” (Fragmenta Historiae Graecorum, I, p. 315) scriveva il maledicentissimus (come lo definì Cornelio Nipote) Teopompo – allievo di Socrate ed esegeta di Filippo il Macedone – nella Grecia del IV secolo a.C.
E a lui faceva eco il più noto Aristotele dichiarando che “… gli Etruschi banchettano con le mogli, sdraiati sotto la stessa coperta…”. Gossip d’altri tempi!
Tarquinia, Tomba degli Scudi, IV secolo a.C. “…gli Etruschi banchettano con le mogli, sdraiati sotto la stessa coperta…” (Aristotele).
La donna etrusca
Il ben noto sarcofago etrusco in terracotta detto “Sarcofago degli Sposi”. Risale al VI secolo a.C. ed è conservato nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma.
Sarcofago di Larth Tetnies e Thanchvil Tarnai (fine del IV – inizio del III secolo a.C.).
La donna nella società etrusca aveva infatti un ruolo di primaria importanza, secondo alcuni studiosi quasi sconfinante nel matriarcato o nella ginecocrazia, decisamente superiore – per certi versi – a quello svolto dalle donne romane.
Ad esempio, le donne libere dei Tyrsenoí possedevano sempre un nome personale e uno di famiglia – come ad esempio Ramtha Kansinai o Ramtha Maturai – contrariamente alle nobili donne romane che, al massimo, erano una Cornelia, una Claudia, individuate cioè con il solo nome di famiglia.
Ma qual è il motivo di questa pressoché totale assenza di fonti scritte sull’Eros presso gli Etruschi?
La risposta è semplice: perché, dal punto di vista prettamente letterario, nulla è giunto a noi di questo popolo che, ogni tanto, riserva ancora qualche sorpresa anche agli studiosi più accreditati. Ebbene sì: gli Etruschi non scrivevano altro che innumerevoli, brevi, didascaliche frasi su qualche monumento (per lo più funerario…) o semplici epigrafi.
È vero che conosciamo l’iscrizione trilingue sulle lamine d’oro di Pyrgi, datate al 500 a.C., rinvenute nel 1964 in quello che fu il porto di Caere…
Testo in lingua etrusca inciso su tre fogli di lamina d’oro, esposto al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma.
… è vero che conosciamo la strana, iscrizione spiraliforme sulla lamina in piombo di Magliano (l’etrusca Heba) e non possiamo certamente dimenticare i cinquantadue nomi riportati sul notissimo modello bronzeo del fegato rinvenuto a Settima (Piacenza), né il più lungo testo etrusco – il liber linteus zagrebiensis – rappresentato da un libro sacro scritto su bende di lino utilizzate poi per avvolgere la celeberrima ‘mummia di Zagabria’, ma nulla, assolutamente nulla di tutto ciò può essere minimamente paragonato alla produzione letteraria di altri popoli coevi.
E tutto ciò – molto stranamente! – né quando la civiltà etrusca aveva raggiunto il proprio apogeo, verso il VI secolo a.C., quando cioè in Grecia si sviluppava la lirica lirica “erotica” di quella Saffo che abbiamo appena lasciata, o di un Anacreonte o ancora di un Alceo, né, tantomeno, in epoca molto tarda quando il già citato Catullo, o Quinto Orazio Flacco o anche Publio Ovidio Nasone lasciavano indelebili tracce nella storia della letteratura latina mentre il popolo etrusco svaniva nelle nebbie della Storia.
Forse la spiegazione di molti “misteri” è contenuta nelle parole di Dionigi di Alicarnasso quando parlava dell’Etruria “… poiché sappiamo che essa è una nazione antichissima e non rassomiglia a nessun’altra né per la lingua né per le usanze di vita…”. Chissà, forse è proprio così?
Iscrizione spiraliforme sulla lamina in piombo di Magliano (l’etrusca Heba).
Infine, non possiamo certamente dimenticare i cinquantadue nomi riportati sul notissimo modello bronzeo del fegato rinvenuto a Settima (Piacenza).
Modello bronzeo del fegato di pecora rinvenuto a Settima (Piacenza), usato dai sacerdoti aruspici per le divinazioni.
La “mummia di Zagabria” scoperta nella metà dell’Ottocento dal croato Mihail de Brariæ.
Il “Liber linteus zagrebiensis”, lunghe bende di lino utilizzate poi per avvolgere la celeberrima “mummia di Zagabria”.
L’Eros dei Rasenna e le due tombe… erotiche
Eppure in moltissime raffigurazioni parietali, in moltissimi reperti appartenenti alla stupenda produzione vascolare etrusca non pochi sono gli espliciti “accenni” – definiamoli “pudicamente” così… – ai rapporti amorosi tra i due sessi e, a volte, tra rappresentanti dello stesso sesso.
E tutto ciò avrebbe dovuto far nascere nei Rasenna anche il desiderio di immortalare l’eterna, piacevole “lotta” tra le due metà del cielo con opportune parole, con “immaginifiche” frasi, con “calde” espressioni atte a manifestare nel modo più esplicito i propri sentimenti, la propria “corporeità”.
E invece ciò non avvenne – come non avvenne riguardo ogni altro campo dell’esistenza – in terra etrusca. Mentre qualcosa, non molto in verità, ci è rimasto nel campo delle arti plastiche e figurative.
Ad esempio, nel Museo Archeologico di Tarquinia sono conservate due coppe di ceramica attica a figure rosse provenienti dalla necropoli di Monterozzi e datate al V secolo a.C. in cui viene raffigurato un “normale” amplesso tra un uomo e una disinibita etèra, mentre nel Museo Etrusco di Villa Giulia (Roma) è conservato un vero vaso appartenente alla produzione coroplastica etrusca, del VII secolo a.C., noto come Vaso di Tragliatella, in cui sono raffigurati accoppiamenti… di stretta osservanza. Ma le raffigurazioni più osé le possiamo ammirare avventurandoci nell’area archeologica di Tarquinia, a pochi chilometri da Roma.
Ciotola in ceramica del V secolo a.C. dalla necropoli di Monterozzi.
A parte alcuni affreschi parietali in cui le donne, delle danzatrici, appaiono – avrebbe detto il “pettegolo” Teopompo – “…grandi bevitrici e belle…”, la nostra attenzione dovrebbe concentrarsi soprattutto su due tombe dell’area archeologica di Tarquinia: la Tomba dei Tori e la Tomba della Fustigazione.
Situate nella necropoli di Monterozzi, le due tombe presentano raffigurazioni che poco lasciano alla fantasia del visitatore.
La Tomba dei Tori – così denominata per i due animali, uno furente e l’altro più mansueto, che la contraddistinguono – è datata al 550 – 540 a.C., fu scoperta nel 1892, fu visitata nel 1927 anche da D.H. Lawrence (ma sì, quello del “proibito” L’amante di Lady Chatterley) e descritta brevemente nel suo interessantissimo “diario di viaggio” intitolato Paesi etruschi (Edizioni Nuova Immagine, Siena 1997).
Ma a cosa si riferisce la frase “… un po’ di pornografico…” – come la guida di Lawrence definì le scene dipinte! – ciò che è possibile ammirare nella prima camera, quella più antica, della tomba?
È un episodio che verosimilmente si ispira alla mitologia greca, all’episodio che vede come protagonisti il “pelìde” Achille e Troilo, ultimo nato dei moltissimi figli di Priamo. Era scritto che la città di Troia non sarebbe mai caduta in mano nemica finchè egli vivesse, ma Troilo ebbe la sventurata idea di sfidare Achille e da questi fu ucciso, facendo cadere la città in mano ai Greci.
Vuole la tradizione che Troilo fu barbaramente ucciso proprio perché Achille si era perdutamente invaghito di lui ma ne era stato respinto, ma una tradizione più osé vedrebbe la morte del giovane a causa degli… eccessi amorosi su di lui esercitati dal (quasi) invulnerabile re della Tessaglia. Lasciamo questi “pettegoli” dettagli mitologici ed osserviamo più da vicino ciò che è raffigurato tra il frontone e la parte superiore delle due porte di accesso alle camere laterali.
A sinistra appare un placido, quasi distaccato toro che sembra osservare il visitatore, mentre poco distante si sta svolgendo una sorta di…kamasutra etrusco in cui un uomo in posizione carponi sostiene sulla schiena una leggiadra fanciulla “posseduta” da un terzo partecipante in evidente stato itifallico. Qualcuno – ad esempio lo studioso Giuseppe Moscatelli – ha voluto ravvisare nell’uomo carponi una funzione per così dire “esaltatrice” della condizione itifallica dell’uomo esercitante il ruolo “attivo” nel complesso ed acrobatico giuoco erotico. Una “seconda” alternativa, insomma…
Tarquinia, “Tomba dei Tori”, V secolo a.C. Acrobatica scena erotica, quasi una sorta di… “kamasutra” etrusco.
A destra, dopo la scritta che ci fa capire che il proprietario della tomba era tale Aranth Spurianas, l’ignoto artista ha raffigurato un rapporto omosessuale tra due uomini mentre un toro molto meno “tranquillo” del primo – anzi apparentemente… troppo partecipe! – sembra proprio minacciare il poco ortodosso rapporto sessuale. Il soggetto “passivo” osserva l’infuriato animale mentre l’uomo in evidente stato itifallico si volge indietro come per controllare la situazione… alle sue spalle.
Tarquinia, Tomba dei Tori datata al 550 – 540 a.C., con inusuale scena erotica.
Il già citato Moscatelli ha fatto acutamente osservare come il copricapo – munito di una sorta di svolazzante coda – indossato da chi esercita il ruolo “attivo” è molto simile a quello di Troilo così come viene raffigurato nel pannello centrale posto tra le due porte di accesso alle camere laterali. Forse il ruolo “attivo” è qui esercitato proprio da Troilo, sovvertendo la tradizione classica che attribuiva invece ad Achille il ruolo di amante, mentre Troilo era l’amato?
Forse l’ironico artista che ha raffigurato la scena voleva così prendere in giro chi – i Greci, ovviamente – i quali della paidèia, della pederastia a fini pedagogici (e dei suoi quasi inevitabili ‘risvolti…) aveva fatto una regolare istituzione? Chissà…
Addentriamoci ora nella seconda tomba, quella denominata della Fustigazione.
È una tomba con un’unica camera ed è datata alla fine del VI secolo a.C.
In un riquadro situato sulla parete di destra appaiono due uomini ed una donna in “costume adamitico”.
La leggiadra pulzella si sta esibendo in una duplice prestazione: mentre pratica la fellatio ad uno dei partner, consente all’altro – assumendo la posizione più… “ergonomica” – di “possederla”, diciamo così, forse “sodomiticamente”.
Questo secondo partner, evidentemente non del tutto soddisfatto ma desideroso di più intense sensazioni erotiche, tenta inoltre di fustigare la donna con una sorta di verga, mentre anche l’altro partecipante al giuoco erotico, ispirato dal “sadismo” ante litteram del primo, si accinge a… sculacciare la procace fanciulla.
Dall’espressione quasi estatica che l’ignoto artista è riuscito a raffigurare sul volto dei tre, si direbbe che l’incontro … sia ben riuscito!
Tutto ciò ci conferma come (ma ci sono forse dubbi in tal senso?) che anche in campo sessuale… “Nihil sub sole novum”.
Tarquinia, Tomba della Fustigazione, 510 500 a.C.
Purtroppo non altrettanto ben riuscito è lo stato di conservazione dell’affresco che nei “punti strategici” mostra delle macchie nerastre verosimilmente dovute (ma solo qui?) all’incessabile sfioramento di tali “punti” – con intenti… propiziatori? – da parte dei visitatori che si sono avvicendati nel corso degli anni all’interno della tomba.
In ultima analisi i Tyrsenoi, venticinque secoli or sono, hanno descritto una sorta di ménage a trois in cui due uomini “possiedono” contemporaneamente la volenterosa fanciulla di turno, esprimendo nella maniera più esplicita come anche il loro popolo – non sempre afflitto da cupe interpretazioni del volere degli dei, non completamente affaccendato a scrutare il futuro sulle interiora degli animali sacrificati secondo i dettami dell’aruspicina – trovava fortunatamente spazio anche per la dea Turan – l’Afrodite etrusca – per un sano e gioioso erotismo, per una fantasiosa visione dei rapporti “fisici” tra uomo e donna, quasi una simbolica esaltazione “rituale” del godimento sessuale e della Vita in genere.
Roberto Volterri
Non perdetevi il nuovo libro di Roberto Volterri intitolato “Tombe perdute”, pubblicato da Enigma Edizioni: da Alarico Re dei Goti ad Alessandro Magno, da Archimede a Virgilio, un’appassionante avventura archeologica che non ha ancora fine. Potrebbe apparire strano cercare le “ultime tracce”, ossia il luogo dove potrebbero ancora esistere concreti elementi, reperti, testimonianze legati ad alcuni personaggi che hanno “fatto la Storia”. Potrebbe sembrare curioso cercare di ripercorrere ardui sentieri sui quali si sono incamminate generazioni di archeologi, ma non dimentichiamo che, in fin dei conti, anche l’omerica città di Troia appariva a tutti “leggendaria” e “introvabile”, ma a Heinrich Schliemann, così facendo, non andò molto male!