6: VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA – PARTE 01
“Sto morendo, ma il mio lavoro non deve andare perduto. Chiunque scenda nel cratere dello Snaeffels Jokul può raggiungere il centro della Terra. Io l’ho fatto.
Arne Saknussen”.
(Viaggio al centro della Terra di Henry Levin – 1959)
Una delle ipotesi che è poi diventata alimento per libri e film, sulla composizione della Terra nel suo interno, è molto antica: lo stesso Lucrezio nel suo “De rerum natura”, affermava che “la Terra è piena dappertutto di caverne dove soffiano i venti”.
La fantastica ipotesi di una Terra cava è rimasta soprattutto nella letteratura più che in quella scientifica ed è stata sfruttata da autori di viaggi immaginari, come Ludvig Holberg, nel suo “Il viaggio sotterraneo di Niels Klim” (“Nicolai Klimii Iter Subterraneum”), scritto nel 1741.
Proseguendo nel tempo per quanto riguarda i greci e i romani l’idea era che all’interno della Terra ci fossero gli Inferi, dimora dei morti quali che fossero i loro meriti. Gli Inferi di Ade non avevano alcun rapporto con le fucine di Vulcano, però vi si poteva accedere da vulcani spenti, come il lago Averno, lago appunto vulcanico. Inoltre il Tartaro era uno spazio “bruciato da fuoco intenso”, dove i cattivi subivano il loro supplizio, un luogo inteso come la realtà tenebrosa e sotterranea (katachthònia), e quindi il dio che lo personifica, venuto a essere dopo Chaos e Gaia. Zeus vi rinchiuse i Titani, stirpe divina e padri degli dei dell’Olimpo, dopo averli sconfitti a seguito della Titanomachia. Lì, inoltre, si trovavano altri mostri.
Per gli ebrei lo Sheol, un termine usato nell’Antico Testamento, o Tanakh, e che stava appunto ad indicare il regno dei morti non aveva tale carattere, anche se è vero che, come cita Gesù la Geenna era il luogo dove si bruciavano le immondizie e veniva spesso associata a un luogo metaforico in cui si punivano i peccati. Tuttavia l’idea che il fuoco infernale abbia la sede nelle regioni centrali della Terra non è sempre stata accettata né codificata: Dante Alighieri nell’Inferno, per esempio, osserva Lucifero imprigionato nel ghiaccio.
Per Athanasius Kircher, un gesuita, filosofo, storico e museologo tedesco del XVII secolo, al centro della Terra vi è il fuoco dell’Inferno, che alimenta i vulcani, invece lo studioso Jeremy Swinden affermò che l’Inferno era al di fuori del centro della Terra, secondo lui, e formalmente non era molto lontano dalla verità, perché non vi sarebbe tutto il posto necessario per gli innumerevoli dannati, come già Tommaso d’Aquino (1225 – 1274) aveva ampiamente affermato. Anzi secondo questo grande filosofo, per quanto concerne l’Inferno, il Nuovo Testamento era stato estremamente chiaro: il destino degli uomini giusti e quello degli uomini empi dopo la morte e alla fine dei tempi sarà diverso. Ricordava che i Vangeli erano stati estremamente chiari al riguardo: “Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”.
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capi alla sinistra” (Mt. 25, 31-33).
Il destino ultraterreno dei malvagi comporta l’esclusione definitiva di quella situazione che il Nuovo Testamento definisce “vita eterna”: “Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt. 25, 41).
Il concetto di impedimento assoluto dei cattivi dal regno celeste di Dio è assai frequente in S. Paolo: “O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio?” (1 Cor. 6, 9).
Per parecchi secoli, in un modo o nell’altro e sotto diverse versioni, fu in auge la teoria detta della “Terra cava” nella quale confluirono diverse teorie formulate da pensatori in varie epoche storiche, secondo cui il pianeta Terra sarebbe cavo al proprio interno. Secondo alcune di queste teorie, sotto la superficie terrestre vi sarebbero altre superfici concentriche, che potrebbero a loro volta essere abitate o abitabili. Questa teoria fu formulata in termini scientifici a partire dal XVII secolo, per essere resa popolare nei secoli successivi da romanzi fantastici che la sfruttavano come artificio narrativo. Pur essendo ampiamente confutata dalla scienza moderna (geologia, geofisica e astrofisica) e quindi relegata alla pseudoscienza, ancora oggi la teoria della “Terra cava” trova un certo seguito presso alcuni sostenitori di teorie del complotto.
Una volta per tutte, cosa sia il principio della “Teoria del Complotto” ce lo spiega, con estrema chiarezza, Wikipedia: “Una teoria del complotto (o della cospirazione) è una teoria che attribuisce la causa prima di un evento o di una catena di eventi (in genere politici, sociali o talvolta anche naturali) a un complotto o una cospirazione. Si tratta in genere di teorie alternative più complesse ed elaborate rispetto alle versioni fornite dalle fonti ufficiali e critiche nei confronti del senso comune o della verità circa gli avvenimenti comunemente accettata dall’opinione pubblica. Tali ipotesi non sono provate per definizione, dal momento che cesserebbero di essere “teorie”, e vengono spesso elaborate in occasioni di eventi che suscitano forte impressione nell’opinione pubblica come ad esempio eventi tragici legati alla morte di personaggi più o meno famosi o grandi disastri civili, ambientali, o atti terroristici, vuoi anche per effetto dell’ampia diffusione e trattazione da parte dei media”.
Edmund Halley, famoso ai più per aver calcolato la periodicità della cometa (ogni 76 anni) che porta il suo nome, nell’opera “Philosophical Transactions of Royal Society of London” (1692) propose l’idea che la Terra fosse formata da un guscio esterno spesso 800 km, con due altri gusci interni concentrici e un nocciolo interno. Questi gusci avrebbero avuto le dimensioni dei pianeti Venere, Marte e Mercurio, e sarebbero separati da atmosfera. Ogni guscio avrebbe i propri poli magnetici, e i vari gusci ruoterebbero a velocità differenti. Halley propose questa teoria per cercare di spiegare alcuni risultati anomali ottenuti dalla bussola, per poi spingersi a teorizzare che l’atmosfera interna fosse luminescente, che i continenti interni fossero abitati e che i gas sfuggiti dai passaggi ai poli fossero la causa dell’aurora boreale.
Lo scrittore di fantascienza L. Sprague de Camp e il divulgatore Willy Ley hanno sostenuto nel documentario “Lands Beyond” del 1952 che anche Eulero avrebbe proposto l’idea di una “Terra cava”, ma senza strati multipli; in compenso, al centro della cavità vi sarebbe un sole di 1000 km di diametro, che illuminerebbe l’interno e sosterrebbe una civiltà avanzata. Il documentario tuttavia non riporta fonti attendibili e anzi, nella “Lettera alla principessa tedesca”, Eulero descrive un esperimento mentale che postula una Terra solida. De Camp e Ley affermano inoltre che sir John Leslie avrebbe espanso l’idea di Eulero, immaginando non uno ma due soli (Plutone e Proserpina, secondo i nomi presi dal mito greco). Leslie in realtà propose la teoria della “Terra cava” nel 1829, nel trattato “Elements of Natural Philosophy” (pp. 449–453), ma non menziona soli interni.
Nel 1818 John Cleves Symmes, Jr. avanzò l’ipotesi che la Terra fosse formata da un guscio cavo di 1300 km di spessore, con due cavità di 2300 km di diametro su entrambi i poli geografici. Oltre alla crosta esterna ci sarebbero quattro gusci interni, anch’essi con aperture ai poli. Symmes ottenne grande rilievo come uno dei primi e più famosi assertori della teoria della “Terra cava” e fu il primo a proporre una spedizione alla ricerca del foro che sarebbe collocato al Polo Nord, che venne sostenuta di fronte al Congresso degli Stati Uniti da parte del senatore Richard M. Johnson il 28 gennaio 1823. Portò avanti il progetto con l’aiuto del pioniere James McBride, ma il neoeletto presidente statunitense Andrew Jackson lo bloccò e Symmes morì nel 1829 poco dopo tale rifiuto.
Anche Jeremiah N. Reynolds, seguace della teoria, propugnò l’organizzazione di una spedizione alla ricerca del passaggio. Reynolds arrivò a organizzare una spedizione nell’Antartico, col sostegno del presidente Adams, ma la spedizione si concluse in un disastro. Reynolds non riuscì a partecipare alla Spedizione Wilkes del 1838 – 1842, nonostante quell’impresa fosse in parte dovuta alla sua opera di convincimento, dato che nelle sue battaglie aveva offeso troppe persone coinvolte nel viaggio.
Nonostante Symmes non abbia mai scritto un libro su queste sue teorie, esistono diversi testi sulla sua opera: tra questi vi è il saggio di McBride “Symmes’ Theory of Concentric Spheres” (1826). Anche Reynolds nel 1827 pubblicò “Remarks of Symmes’ Theory Which Appeared in the American Quarterly Review”. Nel 1868, il professor W.F. Lyons pubblicò “The Hollow Globe”, sostenendo una teoria simile a quella di Symmes ma senza accreditarlo: il figlio di J.C. Symmer, Americus Symmes, pubblicò allora un testo per rivendicare le origini della teoria, “The Symmes’ Theory of Concentric Spheres”.
Nel 1871 sir Edward Bulwer-Lytton, scrittore, politico ed esoterista, pubblicò un romanzo oggi considerato anticipatore del genere fantascientifico, “Vril, The Power of the Coming Race” (1871) in cui sosteneva che all’interno della Terra si trovasse una razza di superuomini sopravvissuti a cataclismi mitologici. John Uri Lloyd, farmacologo ed erborista, pubblicò nel 1895 il romanzo “Etidorhpa”, dove descrisse un viaggio immaginario fino al centro della Terra a partire dalle caverne del Kentucky, tentando di giustificare scientificamente la possibilità di tale viaggio (Jules Verne aveva già utilizzato l’idea trent’anni prima, nel 1864, per il suo celebre romanzo avventuroso “Viaggio al centro della Terra”).
La teoria arrivò fino all’inizio del XX secolo, quando William Reed, scrisse “Phantom of the Poles” (1906), sostenendo la teoria di una “Terra cava” ma senza soli o secondi gusci. Reed portò a sostegno i racconti di alcuni famosi esploratori dell’epoca, tra cui Louis Bernacchi, Fridtjof Nansen, Karl Mauch, Adolphus W. Greely, Allen Henry e altri. Sulla base di queste osservazioni, Reed sostenne l’esistenza di un grande mare di acqua dolce che si estendeva oltre quello che avrebbe dovuto essere il Polo Nord. Da questi resoconti, Reed arrivò a sostenere che i Poli non fossero mai stati in realtà scoperti, semplicemente perché non esistono: al loro posto si troverebbe un enorme buco con il passaggio al Continente Interno. Le acque marine si sarebbero riversate all’interno correndo lungo la superficie. In seguito Marshall Gardner scrisse “A Journey to the Earth’s Interior” (1913, in edizione ampliata nel 1920). Gardner sosteneva l’esistenza di un sole all’interno della Terra, e arrivò a costruire un modello brevettato della sua idea di Terra. Gardner citò Symmes, ma non Reed e questo perché Reed e Gardner ripresero alcuni dubbi espressi dagli esploratori polari, stupiti di trovare enormi iceberg di acqua dolce e non salata.
La risposta data da entrambi gli studiosi fu formulata in questi termini: gli iceberg sono d’acqua dolce perché sono formati dalle acque dei fiumi del Continente Interno. Quando Robert B. Cook rinvenne negli strati glaciali i resti di mammuth perfettamente conservati, Marshall Gardner affermò che non era possibile che un reperto fosse rimasto integro così a lungo, e che quelli trovati sarebbero stati i resti di creature morte di recente dopo essere sfuggite dal Continente Interno.
Altri scrittori hanno sostenuto che nel territorio sotterraneo abitino creature di grande saggezza. L’Antartide, il Polo Nord, il Tibet, il Perù e il Monte Shasta in California, Stati Uniti, sono stati di volta in volta identificati come punti di ingresso a questi regni sotterranei, dove si troverebbero la città mitologica di Agarttha (o Agarthi), o addirittura delle basi di alcune razze aliene. Le idee di Reed e Gardner vennero riprese nel 1969 nel libro “The Hollow Earth” (nell’edizione italiana “Il grande ignoto”), a nome di un sedicente Dr. Raymond W. Bernard che però ignorava totalmente il lavoro di Symmes.
Bernard aggiunse anche alcune idee peculiari, sostenendo che gli UFO proverrebbero dal Continente Interno, e che le nebulose ad anello proverebbero l’esistenza di mondi cavi. Un articolo di Martin Gardner rivelò che lo pseudonimo “Bernard” era usato da Walter Siegmeister, ma solo con il libro di Walter Kafton-Minkel “Subterranean Worlds: 100,000 years of dragons, dwarfs, the dead, lost races & UFOs from inside the Earth”: solo nel 1989 però emerse la storia di Bernard/Siegmeister. Le idee di Siegmeister furono riprese negli scritti di David Hatcher Childress. Ispirandosi alle teorie della “Terra cava” sono state proposte megastrutture che ne riprendono alcune caratteristiche, come la Sfera di Dyson o il Globus Cassus.
Alcuni autori invece di sostenere la teoria di un globo cavo sul cui esterno giace il mondo come lo conosciamo (teoria della Terra convessa), hanno sostenuto una teoria opposta secondo cui l’umanità vivrebbe nel lato interno, dando vita alla teoria della Terra concava. La superficie della Terra, secondo questa teoria, somiglierebbe all’interno di una Sfera di Dyson, un’ipotetica enorme struttura di rivestimento che potrebbe essere applicata attorno a un corpo stellare allo scopo di catturarne l’energia. È stata teorizzata dall’astronomo britannico Freeman Dyson, ma anche questa teoria, come la precedente, è stata smentita dai fatti, e in particolare dalle esplorazioni spaziali del XX secolo.
Cyrus Teed, un eccentrico studioso di New York, propose la teoria della Terra concava nel 1869, definendo questa teoria come “Cosmogonia Cellulare”. Teed fondò una setta, denominata Koreshan per catturarne l’energia. È stata teorizzata dall’astronomo britannico Freeman Dyson. Anche questa teoria, come la precedente, è stata smentita dai fatti, e in particolare dalle Unity basata su questa idea, che definì Koreshanesimo. Una colonia di Koreshani venne fondata a Estero, in Florida, ed è oggi preservata come sito storico nonostante non vi siano più seguaci viventi. I Koreshani sostenevano di aver verificato sperimentalmente la concavità della curvatura terrestre usando uno strumento detto “rettilineatore” sulle coste della Florida.
Diversi autori tedeschi del XX secolo (tra cui Peter Bender, Johannes Lang, Karl Neupert e Fritz Braun), hanno pubblicato opere in sostegno della teoria della terra concava (Hohlweltlehre). La teoria è oggi sostenuta da pochi. Lo studioso egiziano Mostafa A. Abdelkader ha pubblicato diverse ricerche in cui ha stilato una mappa dettagliata della Terra concava.
In un capitolo del suo libro “On the Wild Side” (1992), Martin Gardner ha esaminato il modello di Abdelkader: secondo Gardner, questa teoria presupporrebbe che i raggi luminosi viaggino in percorsi circolari, rallentando con l’avvicinarsi del centro della sfera dove si trova il Sole. L’energia non potrebbe raggiungere il centro della cavità, che corrisponde a un punto a distanza infinita dalla Terra. Gardner sottolinea che “molti matematici credono che un modello di universo capovolto, con leggi fisiche adeguatamente corrette, è empiricamente inconfutabile”. Tuttavia, Gardner stesso respinge la teoria sulla base del Rasoio di Occam.
Da un punto di vista logico, è possibile applicare una trasformazione matematica al nostro sistema di coordinate in modo che l’esterno della Terra diventi l’interno e viceversa: queste trasformazioni verrebbero poi compensate da adeguate modifiche alle leggi fisiche oggi note, ma si tratterebbe comunque di puri sofismi e speculazioni logiche.
So che vi state chiedendo che cavolo sia questo “Rasoio di Occam”… ebbene, ancora una volta, Wikipedia ci viene in aiuto: “Rasoio di Occam (Novacula Occami in latino) è il nome con cui viene contraddistinto un principio metodologico espresso nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese William of Ockham, noto in italiano come Guglielmo di Occam. Tale principio, ritenuto alla base del pensiero scientifico moderno, nella sua forma più immediata suggerisce l’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie per spiegare un dato fenomeno quando quelle iniziali siano sufficienti”.
Ma, siamo seri, un ipotetico popolo come vivrebbe al centro della Terra? Se ci fossero esseri viventi all’interno di una Terra cava non riceverebbero una spinta gravitazionale verso la superficie? La teoria della gravitazione prevede che una persona all’interno della sfera sarebbe praticamente senza peso. Questo fatto fu dimostrato per la prima volta da Newton, il cui teorema del guscio sferico prevede che la forza gravitazionale sia pari a zero ovunque all’interno di un guscio solido sfericamente simmetrico, indipendentemente dallo spessore del guscio stesso. Una debole forza gravitazionale deriverebbe dalla non perfetta sfericità della Terra, e dalla forza di marea, dovuta alla Luna. Anche la forza centrifuga contribuirebbe alla formazione di una gravità, che tuttavia all’equatore sarebbe pari a solo un trecentesimo della gravità normale.
A lungo il dilemma riguardò come questo fuoco posto al centro del nostro globo potesse alimentarsi, data l’ovvia mancanza di ossigeno nelle viscere della Terra. Ma già nella “Encyclopédie” di Diderot si argomenta che più che fuoco, si poteva considerare la presenza di materiale incandescente, costituito da “materie grasse, sulfuree e oleaginose”. L’opposizione a questo punto era tra solidisti e fluidisti. Cartesio avanza l’ipotesi che il nucleo sia fluido con una seconda regione mantellare solida e compatta. Buffon, invece, ipotizza un nucleo di “materiale vetrificato” omogeneo. Leibniz accetta le tesi di Cartesio sull’origine della Terra da una stella che si è raffreddata, ma il nucleo è ormai già freddo e solido e vetrificato. La contrapposizione tra nucleo solido e fluido viene ricostruita nel “Viaggio al centro della Terra” (1864), romanzo di Jules Verne, dove viene descritta la diatriba tra il capo della spedizione, il professor Lidenbrock, un solidista, e il nipote Alex, un fluidista. Thomas Burnet (1635 – 1715) aggiunge un importante concetto: i materiali più pesanti, per gravità, tenderebbero a discendere verso il centro, mentre il resto galleggerebbe sopra. Questo materiale verrebbe quindi compresso dal peso del mantello, indurendosi a poco a poco. Numerosi aspetti son stati poi considerati, venendo infatti in aiuto le diverse scoperte nei diversi ambiti della scienza, come per esempio la teoria di Fourier sulla conduzione termica.
Un altro concetto che si riteneva fondamentale nel discernimento del problema era l’influenza della Luna sulle maree: se il nucleo fosse liquido, la crosta terrestre ne risentirebbe, ipotizza Ampère, ma constatava Bourlot che l’azione esercitata contemporaneamente sui due mari, oceanico e ipogeo, non renderebbe percettibile il fenomeno delle maree oceaniche. La crosta terrestre quindi potrebbe avere semplicemente uno spessore adeguato, cosa ipotizzata precedentemente da Hopkins.
La teoria fluidista era apparentemente confermata anche per l’osservazione del materiale fuso eruttato dai vulcani: David Forbes ribadisce questo aspetto, e ancora oggi si parla impropriamente della deriva dei continenti come di “zolle che galleggiano sul mantello”.
Il solidista Poisson, riprendendo Burnet, giustamente ricorda come la pressione al centro della Terra possa alzare il punto di fusione dei materiali, e che quindi il nucleo è solido, e che tale solidificazione sia iniziata per l’aumentata pressione, piuttosto che per un raffreddamento. La strada era quella giusta, sebbene non mancavano prolusioni, anche di autorevoli personaggi, che oggi si possono considerare azzardate: Lord Kelvin non solo negava la natura fluida del nucleo, ma anche le alte temperature, e Svante Arrhenius, premio Nobel per la chimica, ipotizzava un nucleo gassoso, riprendendo Benjamin Franklin. William Hopkins propone una teoria in anticipo sui tempi, considerando che la solidificazione in superficie sia avvenuta per raffreddamento, mentre al centro per aumento della pressione. Hopkins inoltre fa valutazioni anche astronomiche, considerando un globo solo solido in rotazione e confrontandolo con i movimenti di precessione e nutazione della Terra. Ne dedusse che la sfera terrestre si comporta come un solido rigido, sebbene non si possa escludere un nucleo fluido al di sotto di una crosta spessa almeno un quinto del raggio terrestre. Risultava inoltre impossibile che i vulcani si alimentassero direttamente dal nucleo terrestre.
Charles-Eugène Delaunay invece, pensava che si potesse trovare una conciliazione tra solidisti e fluidisti concependo un materiale fluido molto viscoso. È comunque grazie alla sismologia che si arriva ai modelli attuali. Ernst von Rebeur-Paschwitz aveva proposto che le onde sismiche di un terremoto in Giappone nel 1889 avessero attraversato il globo e fatto oscillare il suo pendolo. Oldham, che si considera il padre della scoperta del nucleo terrestre, osservò che le onde sismiche secondarie arrivano con notevole ritardo, segno che passano un materiale più refrattario alla trasmissione ondulatoria. Oldham non si volle però sbilanciare su che tipo di materiale potesse comporre il nucleo, né sotto quale stato si presentasse.
Emil Wiechert propose nel 1896 un modello quantitativo bilaminale della struttura interna della Terra che presupponeva un nucleo in ferro, desunto dall’osservazione dei meteoriti. Lo studio del centro della Terra infatti andava di pari passo con lo studio della storia della sua formazione. In questo senso l’ipotesi più accreditata è l’accrescimento di planetesimi, corpi stellari più piccoli di un pianeta.
Il suo allievo Beno Gutenberg dimostrò una discontinuità netta tra mantello e nucleo posta a 2900 km dalla superficie terrestre. Da ciò dedusse che il nucleo fosse solido, ma, grazie a Harold Jeffreys, che osservò maree terrestri e dati sismologici, e Inge Lehmann, sismologa danese, si arrivò al concetto attuale di doppio nucleo, con una parte fluida esterna e una solida interna. Tale discontinuità veniva posta dalla Lehmann a circa 5000 km dalla superficie.
(9 – continua)