ENIGMI DALLO SPAZIO E DAL TEMPO 10

6: VIAGGIO AL CENTRO DELLA TERRA – PARTE 02

La Terra è un geoide: cioè una sfera lievemente schiacciata ai poli e rigonfia nella parte centrale.

La crosta è la parte più superficiale della Terra, quella su cui viviamo. Il suo spessore e gli strati di roccia che la compongono variano in corrispondenza di continenti e oceani. Sotto i continenti, la crosta è formata da tre strati:

- uno strato più esterno di granito,

- uno strato intermedio (di cui non si conosce la composizione),

- uno strato più interno di basalto.

I primi due strati formano l’ossatura vera e propria dei continenti e galleggiano letteralmente sullo strato di basalto, premendo verso il basso con tutto il loro peso, specie dove esistono massicce catene montuose. Procedendo i margini dei continenti, la crosta si assottiglia progressivamente: lo strato di granito e quello intermedio tendono a scomparire. Sotto gli oceani, infatti, la crosta è formata da una sottile fascia di sedimenti e dal solo strato basaltico. La crosta è divisa dal mantello dalla discontinuità di “Mohorovicic” o più Semplicemente “Moho”.

Il mantello si estende sotto la crosta fino a circa 2900 Km di profondità. Fra la crosta e il mantello si trovano spesso delle enormi sacche di magma, che sono all’origine dell’attività vulcanica. Infatti, quando la crosta, come spesso avviene, presenta fessure o spaccature, gas e rocce incandescenti riescono a raggiungere la superficie e fuoriuscire. Il mantello termina verso il basso con la superficie di “discontinuità di Gutemberg”.

Il nucleo è la parte più interna del nostro pianeta. È suddivisa in nucleo “esterno” che ha le caratteristiche di un liquido, mentre il nucleo “interno” è solido. Nessuna sonda è mai riuscita a penetrare nel mantello o nel nucleo, di conseguenza queste conclusioni sono basate solo su studi particolari e sono quindi suscettibili d’ulteriori perfezionamenti via via che progrediscono le nostre conoscenze in questo campo.

I patiti della “Terra cava” non demordono con le loro allucinanti ipotesi e una di queste parte negli anni ’20, quando Byrd fece scalpore volando sopra il Polo Nord e diventando il primo uomo a sorvolare il Polo Sud. Ma i teorici della “Terra cava” credono che il famoso esploratore sia andato ben oltre: il 19 febbraio 1947, infatti, l’ammiraglio Byrd pilotò un aereo attraverso un tunnel situato al Polo Nord accedendo all’interno della Terra. Si racconta che dei velivoli simili a dischi volanti presero il controllo del suo aereo con una specie di raggio traente e lo fecero atterrare in una citta della Terra interna. L’ammiraglio Byrd entrò in contatto con delle entità aliene le quali si consideravano i “Guardiani del Pianeta”. Le entità comunicarono all’ammiraglio di non approvare il modo in cui l’umanità utilizzava l’energia nucleare: pochi anni prima c’erano stati i casi di Hiroshima e Nagasaki. Quando l’ammiraglio andò a Washington, gli fu imposto di mantenere il segreto e di non diffondere per nessun motivo queste notizie… non si capisce il perché.

Alcuni sostengono che il resoconto dell’Ammiraglio Byrd sul suo volo all’interno della Terra sia descritto nel suo diario segreto pubblicato negli anni ’90, quasi quarant’anni dopo la sua morte.

Ma gli scettici ritengono che il diario sia un falso e sottolineano come nel febbraio del 1947, nello stesso periodo in cui l’ammiraglio avrebbe visitato il mondo situato sotto il Polo Nord, in realtà partecipava a una grossa spedizione navale chiamata High Jump, a ventimila chilometri di distanza, vicino al Polo Sud.

Poiché a certi ciarlatani è più facile mettergliela in quel posto che in testa, secondo alcuni di loro la partecipazione di Byrd a questa vasta operazione militare al Polo Sud sarebbe stata solo una storia di copertura che gli permise di precipitarsi dall’altra parte del pianeta senza essere seguito dai media.

Si tratta di un mito, se non di un’idiozia, perché nessuno è in grado, attualmente, di dimostrare la veridicità della “Teoria della Terra Cava”. Tuttavia, si tratta di un mito grandioso e che potrebbe avere legami molto stretti con un nucleo storico antichissimo. Come nasce l’idea, in alcune religioni, dell’esistenza di un mondo degli “inferi”, cioè inferiore, abitato da demoni e mostri? E il mito greco dell’Ade?

Potrebbero esserci grandi spazi aperti all’interno della Terra in cui vivono civiltà aliene avanzate? E’ possibile che gli “dei” extraterrestri siano davvero venuti sulla Terra secoli fa e abbiano nascosto le prove del loro viaggio in una serie di grotte e tunnel sotterranei?

Forse abbiamo appena scalfito la superficie dei misteri sotterranei del nostro pianeta. Ma se è così, quali indizi del nostro lontano passato aspettano ancora di essere scoperti e quanti voli di fantasia fuorvianti ci toccherà ancora sopportare? La fantascienza è una cosa, ma la realtà conosce altre strade che non siano i deliri di certi “profeti dell’impossibile”.

Ben più curiosa e attendibile potrebbe essere una notizia pubblicata anche da noi il 14 marzo del 2014 e che parla di un enorme oceano grande 10 volte l’oceano Pacifico che si nasconde nel centro della Terra e non solo ferro fuso e nichel come finora ipotizzato. La nuova teoria sul “cuore” liquido del nostro pianeta arriva dalla scoperta di un minerale, la ringwoodite, in un diamante in Brasile. Un diamante che arriva da oltre 400 chilometri di profondità, proprio dal cuore del pianeta, e che mostra presenza di acqua. L’analisi del minerale nel diamante è stata realizzata da un gruppo di ricercatori internazionale coordinato dall’Università dell’Alberta, a cui ha partecipato anche l’Università di Padova, e pubblicata sulla rivista “Nature”. Lo studio conferma quindi l’esistenza di una zona detta di transizione, ricca di acqua, e molte delle ipotesi, quasi impossibili da verificare, relative alla composizione interna del nostro pianeta.

La ringwoodite (dal nome dello scienziato australiano che la studiò per primo) è un minerale che normalmente si trova a enormi profondità nella Terra, tra i 520 e i 660 chilometri sotto i nostri piedi, cioè all’interno del cosiddetto mantello terrestre (lo strato che si trova più internamente rispetto alla crosta rocciosa su cui abitiamo). Fino a poco tempo fa, l’esistenza della ringwoodite nel mantello era praticamente soltanto teorica. Gli scienziati l’avevano prodotta in laboratorio comprimendo i minerali della superficie terrestre fino a simulare le condizioni di pressione degli strati profondi del nostro pianeta. L’avevano anche trovata nelle rocce di qualche meteorite. Ma non l’avevano mai vista nella forma naturale terrestre, perché sepolta a distanze inaccessibili. Ora, a meno che i ciarlatani di cui sopra non se ne escano con l’ipotesi che si tratti delle scorte d’acqua degli alieni, questa è una notizia proveniente, bufale a parte, da una fonte che merita approfondimento.

Negli ultimi 50 anni l’uomo ha conquistato la Luna e ha inviato sonde fino ai confini del Sistema Solare, ma ancora non sa bene che cosa ci sia nel mondo sotterraneo che si estende per oltre 6300 Km fino al centro del pianeta. Sappiamo che ci sono rocce in perenne (e lentissimo) movimento, uno strato di ferro fuso, un nucleo interno di ferro solido e denso e c’è chi ipotizza che questo ferro sia un unico cristallo gigante. Le perforazioni già in atto in tutto il globo, però, non sono andate oltre lo strato più esterno della crosta terrestre, anche se ci hanno portato testimonianze preziose della vita sotterranea e di quando i Poli avevano un clima tropicale. Nel 2012, però, un nuovo progetto giapponese, si sarebbe dovuto spingere per la prima volta fino al mantello, dove inizia il vero cuore del pianeta. Finora il tentativo più audace di raggiungere il mantello è stato però realizzato nella penisola di Kola, in Russia, ma anche questo non ha avuto successo: la perforazione cominciò nel 1970, ma gli scavi si sono fermati a circa 12 Km per mancanza di fondi. Ci proverà adesso la nave Chikyu, che attraverserà la crosta terrestre in un punto in cui questa è ben più sottile: sotto gli oceani. Chikyu è stata varata nel 2001 e, per raggiungere il suo scopo, dovrà iniettare il suo enorme trapano per circa 6 Km nella crosta terrestre partendo dal fondale dell’oceano a 3-4mila metri di profondità servendosi di uno scalpello studiato per operare a pressioni di centinaia di atmosfere e temperature fino a 300 gradi centigradi, rimanendo per anni nella stessa posizione grazie al sistema GPS. Le sue dimensioni sono proporzionate all’ambizione dell’impresa: la nave è lunga 210 metri, pesa circa 57mila tonnellate e ha una torre di controllo alta 112 metri. Per operare nelle condizioni estreme di pressione e temperatura che si trovano a quella profondità, la punta d’acciaio userà un flusso di fango per tenere aperto il foro e preleverà “carote” di roccia per l’analisi chimica, poi ci sarà una prima perforazione, in una regione al largo delle coste meridionali del Giappone che gli esperti ritengono importante al fine di studiare, e forse perfino prevedere, la nascita dei terremoti. In un secondo momento ci sarà un’altra perforazione per raggiungere il mantello.

Ma cosa si trova quando si scava in profondità? La risposta dipende da dove ci si trova. Vicino a una dorsale oceanica, cioè dove le placche tettoniche si separano, la crosta terrestre è anche più sottile di 1 Km, ma in tal caso le rocce del mantello sottostante sono contaminate da quelle della crosta. La Chikyu, però, esplorerà una zona lontana dalle dorsali, dove crosta e mantello sono ben separati. In tal caso, perforando, si trova dapprima un fondale ricco di sedimenti: resti di microrganismi, fango e argilla. Questo strato, in media, si trova a 5-6 mila metri di profondità, è spesso circa 5 Km e diventa sempre più caldo e compatto quanto più si scende. Oltre si trovano rocce basaltiche, cioè lava raffreddata rapidamente. Ci sono prima i “cuscini” (bolle solidificate), poi rocce simili a “basalti colonnari” e altre dette “gabbri”. Dopo 4-5 Km c’è una zona di transizione spessa circa 1 Km e infine il mantello. Non tutte le missioni puntano a queste profondità estreme: la gran parte si accontenta di sondare pochi Km. Oggi tutte le perforazioni oceaniche fanno parte del progetto internazionale IODP (Integrated ocean drilling program). Non ci sono però notizie recenti sul progetto… speriamo che gli alieni non l’abbiano sabotato…

(10 – continua)

Giovanni Mongini