Brivido (Maximum Overdrive, 1986) è l’unico exploit nella regia cinematografica tentato da Stephen King, il più famoso e celebrato scrittore horror americano (a parte Edgar Allan Poe).
Purtroppo, il film gode di una pessima reputazione, anche fra gli appassionati di King. Alla sua uscita fu un clamoroso fiasco di critica e di pubblico, e in seguito lo stesso King ha più volte dichiarato di considerarlo un incidente di percorso, che lo ha lasciato con la convinzione che la regia non sia un mestiere adatto a lui.
All’origine c’è un racconto breve di King dal titolo “Trucks”, uscito originariamente sulla rivista “Cavalier” nel giugno 1973, poi ristampato nella raccolta “Night Shift” (1979), che riunisce appunto i racconti giovanili di King, raccolta uscita in Italia con il titolo “A volte ritornano”.
Il progetto di ricavare un film da “Trucks” fu di Dino De Laurentiis, grande e storico produttore italiano trasferitosi in America nel 1972, dove aveva iniziato una seconda carriera inizialmente nell’alveo del sistema hollywoodiano, e con alterne fortune. Negli anni ’70 Dino inanellò una serie di successi che segnarono il cinema di quel decennio: Serpico (id., 1973), Il giustiziere della notte (Death Wish, 1974), Mandingo (id., 1975), I tre giorni del Condor (Three Days of the Condor, 1975), King Kong (id., 1976). Gli anni seguenti furono invece segnati da molta minor fortuna, e con costosi fiaschi come Uragano (Hurricane, 1979), Flash Gordon (id., 1980), Dune (id., 1984), Yado (Red Sonja, 1985). A torto o a ragione, De Laurentiis si convinse che la causa di questi ultimi fiaschi fossero l’ingerenza dei grandi studi americani e più in generale il sistema distributivo hollywoodiano, e così nel 1985 comprò la società Embassy Pict. e le cambiò il nome in De Laurentiis Entertainment Group (DEG), facendone una società indipendente di produzione e distribuzione, e ne pose la sede a Wilmington, una città del Nord Carolina, dove costruì persino dei teatri di posa.
Già da qualche anno, Dino aveva instaurato una collaborazione con Stephen King, e all’epoca aveva già prodotto 4 film tratti dai suoi lavori: La zona morta (The Dead Zone, 1983), Fenomeni paranormali incontrollabili (Firestarter, 1984), L’occhio del gatto (Cat’s Eye, 1985) e Unico indizio la luna piena (Silver Bullett, 1985), questi ultimi due sceneggiati proprio da King. Il primo film a essere prodotto dalla DEG sarebbe stato proprio Brivido.
Contrattualmente, King aveva diritto ad approvare i copioni tratti dai suoi lavori, e si disse scontento del primo trattamento, scritto da un altro sceneggiatore. De Laurentiis allora affidò la nuova stesura allo stesso King, il quale scrisse un copione ricco di dettagli tecnici e indicazioni di regia. Vedendo una tale minuziosità, Dino decise di proporre a King anche la regia del film: dopo molte insistenze, il riluttante King accettò questa nuova avventura. Se Dino avesse visto un potenziale talento nello scrittore, o semplicemente volesse sfruttare a fini pubblicitari il nome di Stephen King, è un mio personale dubbio che non troverà mai risposta.
In “Trucks”, un gruppo eterogeneo di persone si ritrova in una stazione di servizio, assediate da una moltitudine di camion senza guidatori che, dotati di volontà autonoma, travolgono chiunque cerchi di fuggire alla loro stretta. I camion a un certo punto comunicano in alfabeto Morse con i clacson, e così i superstiti capiscono che le uccisioni hanno uno scopo minatorio: i camion non vogliono sterminarli, ma costringerli a rifornirli di carburante e di pezzi di ricambio per evitare che si fermino. Il racconto si conclude con la consapevolezza che questo sarà il destino di tutta l’umanità.
Nell’adattare il proprio racconto, King estende la rivolta a gran parte degli apparecchi meccanici (oltre ai camion, falciatrici, ponti levatoi, utensili elettrici, videogiochi, bancomat, etc.; solo le automobili ne sembrano esenti), inserisce varie sottotrame che presentano i personaggi che poi confluiscono nella stazione di servizio (il racconto inizia in medias res, con l’assedio già iniziato). Mentre nel racconto la rivolta non ha spiegazioni, nel film King escogita il passaggio di una cometa nel luglio 1987 che nasconde un complotto alieno finalizzato all’invasione del nostro pianeta.
Il film fu girato e ambientato proprio a Wilmington e nei suoi dintorni. Nonostante la disponibilità degli studi DEG, però, questi non furono mai usati da King, che preferì girare ambienti reali nella prima parte del film, che mostra l’iniziale ribellione delle macchine, mentre la stazione di servizio fu costruita ex-novo a una quindicina di km da Wilmington. Nel prologo, girato proprio in quella città, King si concede un cameo interpretando un signore che, recatosi al bancomat, riceve da questo insulti invece che contanti.
La lavorazione del film fu segnata da almeno un grave incidente. Mentre si girava la scena della falciatrice, il supporto di legno su cui si spostava l’attrezzo rimase colpito dalle lame e le schegge colpirono il volto del direttore della fotografia, l’italiano Armando Nannuzzi, e lo lasciarono privo dell’occhio destro.
Negli anni a seguire, ci furono varie voci che insinuarono che il vero regista del film sia stato George A. Romero, autore di La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968) e di vari altri classici dell’horror, fra cui Creepshow (id., 1981), anch’esso sceneggiato da Stephen King. Alla fine King ammise che Romero fu spesso presente sul set di Brivido, ma che si limitò a dare consigli tecnici all’inesperto regista. Ma King raccontò anche di essere stato all’epoca un cocainomane, e questa dipendenza influì negativamente sul suo lavoro di regista.
Gli effetti speciali furono affidati al giovane Dean Sanders. Ex-aiuto di Tom Savini, Sanders si occupò degli effetti prostetici che simulano le ferite e le devastazioni che subiscono le varie vittime, non solo degli investimenti automobilistici ma in generale degli attacchi delle macchine. Indubbiamente fece un buon lavoro, ma proprio i suoi trucchi furono la causa degli unici dissidi fra il regista e il produttore. King infatti non voleva lesinare in sangue e macelleria e spingeva Sanders ad abbondare, mentre De Laurentiis tentava di mettere un freno a simili effetti nel timore che questi avrebbero causato la tanto temuta X dalla commissione di valutazione, il che avrebbe significato seri problemi alla distribuzione del film. I camion erano il più delle volte telecomandate, ma a volte furono guidati da autisti veri, camuffati con tute dello stesso colore dei sedili.
Forse il momento migliore del film è quasi all’inizio, ovvero la “rivolta” del ponte levatoio di Wilmington, dove il ponte, un tratto autostradale, si apre proprio nell’ora di punta, causando incidenti e la caduta in acqua di molte auto e persone. La scena fu girata sovrapponendo immagini girate sul vero ponte con altre che mostravano un modello in scala del ponte stesso. Gli incidenti sulle persone furono ottenuti alternando, con precisione certosina, riprese con stuntmen reali e manichini decisamente realistici.
Come dicevamo, il film fu accolto disastrosamente. King tentò di dare al film un mix di splatter, suspense e umorismo auto-parodistico che fu giudicato mal assortito; la trama fu ritenuta incoerente e sfilacciata; la recitazione sembrò scadente, e fu quasi interamente affidata a sconosciuti, con l’unica eccezione del giovane Emilio Estevez e del veterano caratterista Pat Hingle; e la soluzione finale, che tenta di dare quel lieto fine che manca al racconto, risultò forzata e appiccicata. Un disastro che King non cercò mai di mitigare o giustificare, attribuendolo a inesperienza, incompetenza e a problemi personali ancora non risolti. E in effetti da allora non ha più tentato la regia, limitandosi alla scrittura, oltre che dei suoi best-seller, di alcuni copioni tratti dai suoi libri.