RACCONTI DELL’AThi’IDA 01 – IL GIOCO DI ALATH 01: GLI ANTICHI MAESTRI

TRAILER 06

Prologo

Mio padre, Re Adam Ventiquattresimo, all’epoca di questa storia era l’Erede al Trono Julaan Erik Johana  Duca di Kargaard.  Quello che leggerete è quanto mi è stato raccontato dal Re, alla fine di una  storia che mi ha condotto sull’abisso della Fine dei Tempi. Non posso rivelarvi il momento né il piano stabiliti da Alath per far cessare la vostra esistenza, ma vi dirò che l’Ultimo Duca di Kargaard avrà il compito più pesante, quello di entrare nel vostro mondo e prelevare i Giusti prima che abbia inizio l’Opera di Terminazione . Vi è un antico disegno di Alath grazie al quale molti di voi si salveranno dalla Fine dei Tempi. Saranno chiamati i Giusti  quei Figli di Caino meno corrotti dal sangue del Drago con cui vennero ibridati, e quelli che sono sempre stati fedeli ad Adam, come le famiglie degli Offertori, servi di immemori tempi della nostra stirpe.   So di essere io  l’Ultimo Duca di Kargaard, a me spetterà il compito di venirvi a cercare, qualora il vostro dna  fosse nell’Agenda degli Ultimi Giorni.  Vi cercherò uno per uno e mi seguirete. Sarete felici di incontrarmi, alla fine di un’epoca brutale. Ma io non potrò esserlo con voi. Conosco il tetro destino dei Giusti. E mi tormento nel contare i giorni che mancano al mio compito.  So tutto questo perché ogni membro del Sangue Reale è consapevole del suo destino. Avete imparato ad amarci anzi, ad avere fede in noi. Mi amerete, quando arriverò a casa vostra per portarvi via, nell’alto dei cieli, dopo quel periodo di orrende sofferenze che precederà la Fine dei Tempi. Stanno cominciando a inserire i dna dei Giusti nell’Agenda. Ogni Giusto ha inserito nel proprio acido nucleico un programma di riconoscimento. Nel momento in cui vi sto raccontando osservo sul mio archivio lo scorrere dei vostri composti genetici, accanto ai nomi e alla vostra storia personale, ne viene inserito uno nuovo dopo ogni due o tre secondi. Io so di voi cose che neppure voi stessi potreste conoscere. Ma posso lasciarvi detto che non tutto è già stato scritto. Gli Uomini fino all’ultimo momento della loro vita hanno possibilità di scegliere. Io valuterò quello che devo fare. Alath e mio padre daranno per scontata la mia scelta. E questo giocherà a mio vantaggio. Ma non posso rivelarvi altro di me, adesso.   Per ora vi racconto, attraverso questa e altre narrazioni in futuro, di come il mio Dio ha costruito gli eventi perché arrivassimo alla Fine dei Tempi.

Janas Erik Matthia,  Duca di Kargaard

Dalle Memorie di Re Adam XXIV.

I)

Qual era la  storia più segreta chiusa negli scantinati della storia umana?

Mai come in quel momento gli occhi tondi e umidi di Himmler erano vicini alla risposta.

L’angelo biondo era una creatura enorme, tre volte un soldato ariano selezionato all’interno dell’oscura cerchia di Wewelsburg. Non c’era paragone tra i lineamenti, la barba dorata di quell’essere maestoso e il più tipico maschio selezionato nel Sole Nero, fra la crema del sangue SS.

Era il punto d’arrivo, il bene assoluto, ciò per cui un popolo deve combattere.  Lo sfolgorio della sua corazza argentea abbacinava lo sguardo della mente. Era un guerriero di un altro tempo, di un’altra umanità. L’Antico Maestro perduto. Era L’Uomo.

“Heinrich,  avvicinati.” Sentì dirsi. Tutto in lui si scosse. Himmler era un omino insignificante, dal torace prominente e il viso liscio come un uovo. Era stato chiamato laddove ogni verità venne nascosta alle origini dei tempi, per non essere mai più accessibile .  Lui, l’allevatore di polli, troppo giovane per la Grande Guerra, l’Impresa Tedesca del Fronte, troppo esile per essere un guerriero, ora si trovava innanzi a Colui che diede origine alla stirpe perfetta. Madame Blavastky li aveva descritti così i Maestri ancestrali, durante le sue visioni.  La medium, molto tempo prima di lui,  li percepì in un limbo sospeso fra le primordiali memorie della razza ariana e il sogno della stirpe tedesca,  gli Antichi Maestri dell’Età dell’Oro.

Himmler si approssimò allo sfavillio dell’Uomo. Il tunnel in cui dovevano entrare gli parve senza fine. Di sicuro erano sul bordo di una discesa che conduceva nelle misteriose stanze ipogee della Terra. Le parole della ‘Dottrina Segreta’, l’opera di Madame Blavastky che per intere notti lo tenne sveglio, gli galoppavano nella mente: “Satana, o il ‘Dragone Rosso Infuocato’, ‘il Signore del Fosforo ’ e ‘Lucifero’, o Portatore di Luce, è in noi: è la nostra Mente, il nostro Tentatore e Redentore, il nostro Liberatore intelligente e Salvatore dal puro animalismo.”  Si ripeteva, davanti all’abisso.

“Heinrich, non ho molto tempo da dedicarti.” Lo richiamò il Maestro.

Deglutendo per l’emozione si apprestò ad avvicinarsi.

Il Tunnel era simile a una caverna dalla fredda purezza, come gli occhi di quell’Uomo.

Neppure a Hitler gli Antichi Maestri  concessero un simile privilegio. No, al suo capo si limitarono ad apparirgli di notte, dettando i loro tremendi voleri. Mentre lui costruì una cattedrale per venerarli nel castello Germanico. Si scervellò per offrir loro dei nuovi, potenti rituali, e un nuovo ordine di monaci combattenti, che avrebbero agito per costruire l’Impero Millenario, guidato non da Hitler, ma dalla mano degli Antichi Maestri e dal Duca, la Guida, il Capo Assoluto. Era questo il destino degli Ariani, dunque: non essere condotti da un mortale, ma da una casta di Dei discesi sulla loro antica patria, riconquistando lo spazio vitale per i loro figli diretti, i Germani. Così quegli Uomini decisero di premiarlo. Hitler sospettava un inquietante lavorio notturno del Capo SS, dentro le mura del Castello di Wewelsburg, ma non riusciva a sapere su cosa stesse operando. Nessuno osava sfidare gli Antichi Maestri, neppure per essere gli occhi e le orecchie del Fürehr. In Germania si stava preparando un potere smisurato, che avrebbe trasceso i confini del bene e del male, soverchiando addirittura lo stesso Adolf Hitler. E Himmler stava preparando il terreno al riparo dagli occhi blasfemi delle spie.

Accadde una notte, senza preavviso, mentre si stava occupando di alcuni documenti segreti a Wewelsburgh. Le pareti del suo studio si fusero in una luce accecante, due figure possenti, dalla statura eccezionale, gli comparvero innanzi: “Vieni con noi.” Dissero. Senza neppure poter rendersene conto si trovò in quella sala di ghiaccio. Non aveva idea di dove si trovasse, ma il Maestro che si occupò di lui lì dentro gli disse: “Conosci questo luogo, l’hai percepito nella tua memoria.” E Himmler bisbigliò, terrorizzato: “Mi avete portato nell’Impero Azzurro, mio signore?”

L’Essere non rispose, quasi disdegnasse  di abbassarsi a tanto. L’Antartide è un continente solitario, il più vasto della Terra, proprietà inviolabile degli Antichi Maestri, Himmler sperò con tutto sé stesso di essere lì, al di sotto della sua pura coltre glaciale, davanti alla porta che lo avrebbe condotto al Sole Primordiale, il sole Nero, matrice delle forze che plasmarono le razze divine e al contempo distrussero l’Età dell’Oro, precipitando la Terra in un’epoca oscura, dominata da razze subumane.

“Tu vuoi sapere com’è andata, vero Heinrich? Vorresti conoscere ciò che è stata l’umanità nei tempi in cui noi, Figli di Adam, eravamo gli unici, legittimi, sovrani della Terra?”

Quella risposta era il motivo  della sua esistenza e di quella della Germania stessa. I Tedeschi avrebbero bagnato i loro campi di sangue, affinché si compisse il ritorno dei Maestri  a capo del loro popolo, svelando la vera Storia.

L’Uomo lo portò con sé dentro la caverna. Camminarono. A un certo punto le pareti si fecero liquide, la mano poteva immergersi in esse, ma non ne riusciva umida. La purezza del ghiaccio fece luogo a uno strano crepitio, che divenne poi un vero e proprio infiammarsi. Le mura ora erano fuoco. Il Capo delle SS vide in questo fuoco orde di antiche creature, mostri provenuti da altri tempi, altri cieli, scontrarsi con i Maestri. Poi vide uscire dal ventre di orribili navi volanti un esercito di esseri umani deformi, abbrutiti. Il Maestro: “Sono gli uomini scesi a patti con il Nemico, per rubare il trono della Terra ad Adam, l’unico vero Re, per volontà di Dio. E la loro indecenza li ha corrotti.”  Poi dalla mischia infame emerse un fanciullo dai lineamenti divini, con morbidi riflessi nivei, il suo passo non toccava la terra imbevuta di sangue e fuoco. Nelle mani reggeva due bacchette delicate, le fece danzare con un gesto dolce e queste s’illuminarono di un blu intenso, poi la loro luce prese a scintillare ovunque. E l’orda d’informi ripiegò sotto i lampi blu di quel divino fanciullo. “Ascolta, Heinrich. Quella creatura è il seme Ariano, che attende di essere piantato nel nostro Giardino. Nelle sue mani è custodito il segreto della Forze Vril, la Luce sacra che muove la più potente delle civiltà umane, la nostra.”

Himmler rimase pietrificato. Aveva sentito molte storie sulla Forza Vril e si ricordò delle parole di Madame Blavastky riguardo quest’energia sacra: “C’è stata un’infinita confusione di appellativi per designare una medesima cosa. Il caos degli antichi, il fuoco sacro degli zoroastriani, o l’Antusbyrum dei Parsi; i fuochi di sant’Elmo degli antichi Germani; i lampi di Cybele; la torcia ardente di Apollo; la fiamma sull’altare di Pan; il fuoco inestinguibile nel tempio dell’Acropoli e in quello di Vesta: non sono altro che denominazioni diverse di molte manifestazioni o effetti della medesima e misteriosa causa onni pervasiva, l’Archeos dei Greci.”

Ora era tutto chiaro. Himmler sapeva cosa andava fatto per rimediare all’osceno  tradimento. Le piante erano cresciute storte e si portavano dentro l’infezione di quell’indegnità. Solo potando quella morbosità, il giardino sarebbe tornato a risplendere.

II)

“Cavaliere Dannamand, sono entusiasta del tuo piano per scuotere questi vermi.” Disse il Duca, l’Erede al Trono di Adam, passeggiando per la stanza, la sua indole inquieta gli impediva di rimanere fermo troppo a lungo.

“Sono contento che il mio progetto per i Tedeschi ti piaccia Altezza. Non ho finito, se pazienti ancora qualche giorno, vedrai come riesco a ingarbugliare questi Figli di Caino. Sarà un bagno di sangue.”

“Sì, caro Amico, sarà un inferno.” Aggiunse il futuro Re della Terra.

“I Tedeschi hanno rifondato tutto. Vogliono essere gli artefici del ‘ Ritorno dei Maestri’, Duca.”

“I Maestri!” ridacchiò il Principe Erede “Devo ammettere, la nostra fantasia sta assumendo contorni stimolanti.”

“Questo Gioco ha le sue regole, Altezza.” Ammonì il Cavaliere, vedendo la soddisfazione del suo signore tramutarsi in un oscuro desiderio.

“Me ne rammento, Dannamand. Non trascenderò nel piacere personale di ripulire la Terra da un bel po’ di Figli di Caino. Perciò ti ho convocato con tutta quest’urgenza. Voglio che tu sia la mia seconda testa in questo piano, perché lo sviluppi,disegnandone  altre ramificazioni, partendo dal Suo Progetto, che per mano mia, è stato elaborato. Sei uno dei Cavalieri più esperti. La mia indole è troppo impetuosa sotto certi aspetti e tu sai trattenerla . Mi rimetto ai tuoi consigli.”

“Il Suo Progetto.” Ribadì il Cavaliere “Altezza, nulla mi rende più soddisfatto di lavorare per te e per Lui.” .

“È un Gioco pensato da Lui, perché le forze divine si sfidino senza toccarsi. Non ho idea del perché, ma è il Suo volere . Lui è il disegnatore della plancia di Gioco, io ho scritto le regole per metterlo in pratica sulla Terra. Adesso tu mi aiuterai a sviluppare i personaggi e gli intrecci delle trame. Sia fatto tutto nella volontà di Alath il Misericorde.” Si voltò e con un ghigno ironico: “Davvero quel piccolo animale, Himmler, crede gli sia stato  concesso di conoscere il segreto del Sangue Reale?”

“Sì, Duca. Ma il mio capolavoro, se posso permettermi, è l’aver reso non solo lui, ma tutti i popoli di lingua anglosassone e germanica consapevoli di essere parte di un’antica grande razza superiore. Mi sono impegnato perché il tuo mito di Ario scivolasse nelle loro vite. E devo essere sincero, la cosa mi sta riuscendo in modo perfetto. ”

“Ario servirà per convincerli a fare quella cosa.” Disse il Duca, soffermandosi a riflettere sul panorama del mare ingrossato al di là del vetro. Doveva adempiere al volere di Alath, e quella cosa era ciò che non poteva rivelare neppure al suo Amico Dannamand. Era il piano finale del Gioco, che prevedeva una marea di morti sulla Terra. A cosa sarebbero serviti tutti quei cadaveri? Alath doveva demolire il morale e la psiche dei Cospiratori. Togliere loro le pecore allevate al solo scopo di farle rivoltare al suo Ordine. I Figli di Caino che si erano chinati al richiamo della sedizione, ora avrebbero bagnato con il loro sangue quel tradimento. Un prezzo elevato, un colpo dal quale riprendersi per i Cospiratori sarebbe stato impossibile. Ma nessuno dei suoi Fratelli divini sarebbe rimasto ferito o peggio, ucciso.  La Triade doveva rimanere in piedi, perché, forse, secondo il pensiero del Duca , una volta ricompattate le sue fila sotto il suo unico comando, Alath sperava di percuotere anche la Resistenza Terrestre di Azyrath. Ma il disegno di Dio era imperscrutabile. Nessuno, neppure suo padre, il  Re conosceva l’estensione totale del Gioco. Nessuno sapeva in quali covi i ribelli d’Aurora avessero trovato riparo sulla Terra, aspettando il momento giusto per dare inizio alla  Rivoluzione. Non avevano nulla a che spartire coi Cospiratori e conoscendo la loro Regina,  pensava il Duca, al Gioco di Alath, non avrebbero mai preso parte. Si poteva solo supporre il bisogno in  futuro di un’altra Partita che avrebbe scatenato l’inferno sui Ribelli di Azyrath.

III)

Nell’Ad’at Numero Cinque, una  base militare diacronica di Adam, nascosta in una delle pieghe  dello spazio tempo, il cronometro della prima  Colonna del Tempo era puntato sul 1901. La seconda puntava sul 1946. Entro quelle due stringhe si sarebbe combattuto il torneo, sotto l’occhio di Alath e nel quale, le meschine colpe dei suoi Fratelli si sarebbero rivelate. Uzzath e Manzath raccolsero la provocazione. Manzath era il più prudente fra i due. Attese le prime mosse del feroce fratello, mentre Uzzath scalpitava per far entrare nella plancia di gioco le sue pedine.

Gli Uomini di Adam avevano pianificato l’evoluzione delle regole, partendo dall’eterna voglia dei Figli di Caino di ritornare all’Eden del Padre, mondati dalla loro infamia originale.

Nel Tempio, il cuore sacro del Castello, sprofondato nella terra vergine della Groenlandia, il Duca era assorto in una profonda meditazione, al di sotto dell’anello di pietra fluttuante nel sancta sanctorum. Era stato chiamato dal suo Dio, per ricevere istruzioni sul Piano. Non possiamo ascoltare né riferire cosa siano detti, ma abbiamo alcune pagine del Diario Ducale dei Lavori del Tempio, scritto dalla mando dell’Erede, ogni volta fosse entrato in contatto con Alath.

Dal Diario Ducale dei Lavori del Tempio del  Principe Erede Juulan Erik Jhoana Duca di Kargaard.

“Abbiamo stretto la Germania in una morsa globale. Tutto il mondo guarda al Partito del Lavoratori Tedeschi con la speranza che partorisca il Figlio Perfetto, l’uomo ariano. Il Cavaliere Huls Orel Dannamand  si è preso l’incarico di coltivare Adolf Hitler. Ha svolto il suo compito con una grande inventiva e facendolo carcerare, gli ha dato il tempo e l’ispirazione per scrivere quel libercolo, Mein Kampf. È sconvolgente il successo del piano del buon Huls , l’ispirazione che abbiamo messo nella mente di Hitler ha venduto subito duecentottantasettemila copie. Secondo le mie previsioni,  se il mio amico lavorerà bene e con assiduità, seguendo il nostro tema, fra meno di dieci anni verranno vendute oltre un milione di copie. Allora avremmo un popolo prosternato al mito di Ario. Ho lavorato interi mesi per rendere questa nuova mitologia una religione oscura, l’ombra delle religioni esistenti nel mondo di Caino. Ario sarà il mio virus. Attraverso di questa infezione culturale il dubbio che i loro Dei abbiano mentito si insinuerà in modo irreversibile nei Figli di Caino. I Cospiratori piangeranno lacrime di sangue sulla loro blasfema intenzione. Ma per ora coltiviamo un popolo per mettere a ferro e fuoco il continente d’oro di Manzath, e trascinare il resto dei Cospiratori, il popolo umano di Uzzath al massacro. Sarà un bagno di sangue che laverà l’onta del tradimento. Alath riavrà pace con onore e potrà riammettere i suoi fratelli al suo cospetto. Ma prima questi dovranno veder morire i loro servi, sfaldarsi i loro territori e capire che nulla vi è da seguire se non l’Amicizia con il Dio degli Dei, Nostro Signore Alath.”

Il piano di Alath nella sua fase attuale, stava prendendo forma all’interno delle due Colonne del Tempo, calibrate per imprigionare la coscienza e la mente dei Figli di Caino in quella misera regione spazio temporale all’alba della fine d’un millennio. Nonostante le parole sangue e morte fossero ricorrenti, per il Duca rimaneva un’operazione virtuale. Gli Uomini di Adam non avrebbero speso un solo Cavaliere in quella carneficina. Le pedine del Gioco, i Figli di Caino, erano ritenuti sia dai Signori della Luce che dai Figli di Adam, pezzi di carne adatti all’imminente macellazione. Una marea di sangue per pagare l’affronto della Cospirazione ai danni di Alath e una moneta spendibile dai congiurati per riconquistare l’eternità, in un modo o nell’altro . Il Duca era convinto che l’avidità di lunga vita, da sempre molla delle principali guerre divine, avrebbe portato i popoli fedeli ai Cospiratori, al massacro in nome dei loro dei.

Dannamand avvertì il Duca: “Altezza, possiamo iniziare quando lo desideri.” Disse. Il Duca si affrettò verso una grande sala del Castello adibita alle manovre dei burattini terrestri.

“Eccomi, amico mio, procediamo.”

Il Cavaliere indicò al Duca un lettino in mezzo alla sala. Su di esso una giovane donna, dal viso avvolto in lunghi capelli d’oro, giaceva in uno stato ipnotico profondo.

“ È pronta, questa femmina?” fece il Duca.

“Sì, Altezza, vi ho dedicato una buona parte del mio tempo e devo ammettere, l’ho avvitata in modo così stretto a me che ora non mangia neppure senza il mio permesso.”

“Ottimo, vediamo di cosa è capace.”

Le  discendenti femmine di Caino sono l’ideale per questo genere di cose. La loro mente è molto recettiva e possiedono una tempra maggiore rispetto ai figli maschi di Caino. Il Duca ne era colpito. Sebbene l’ impulso di possedere la donna sul lettino gli procurasse un forte  appetito, non poteva sfamarsi adesso. Quel corpo era parte del piano di Gioco e non era lì per  assecondare i suoi bassi istinti .

A casa di Madame Orsic le persone pendevano dalla bocca di un clone adagiato sul divano. Era una copia della donna dormiente sul lettino. I Cavalieri di Adam arrivano nella realtà terrestre, nascosti in una piega dimensionale, prendono chiunque ritengano adatti ai loro scopi, e lo portano in un At’ad, una base militare nascosta in un’intercapedine del tempo. Nessuno si accorge di nulla, poiché alla realtà viene sovrapposta una specie di rappresentazione virtuale. Così sostituiscono senza difficoltà l’ostaggio con un suo clone.

Il Duca levò il lenzuolo dal corpo della donna.  Era una femmina attraente, ma si trattava sempre di un pezzo di carne corrotto dal Rettile di Uzzath; il seme dell’Erede al Trono era caro ad Alath, e sarebbe servito per fecondare solo donne della Casa Reale. Ma al Duca,  più della riserva selezionata da Dio, piaceva la carne selvatica e a stento si trattenne. La medium prelevata e condotta prima di lei in quella sala, Madame Blavatsky, era un pezzo di carne goffo, sudicio e dalla voce sgraziata. Ma il suo carisma era eccezionale, accentrando l’attenzione sulla sua società esoterica, il Duca e il Cavaliere riuscirono a intessere una rete  sofisticata. Persino Ghandi rimase ammaliato dalle visioni  sugli Antichi Maestri raccontate dalla medium Russa.  Tutto andava nel verso giusto, in mezzo alle due Colonne del Tempo dell’Ad’At numero Cinque; il sacrificio di avere avuto sotto gli occhi un corpo così immondo , era stato un piccolo prezzo da pagare al successo dell’operazione. Ora sotto lo sguardo del Duca, finalmente, giaceva un corpo delicato e dall’odore piacevole. Lasciò la donna giacere, dedicandosi al suo compito. La mente della donna venne agganciata da quella del Duca e del Cavaliere . E cominciò la farsa.

“Maria, Maria Orsic, sei pronta?” cominciò con una voce calda e paterna Dannamand.

“Mio signore, Maestro, sì, l’ascolto.” Sussurrò.

“Tutto ciò che ascolti, gli altri ascolteranno, tutto ciò che dirai, gli altri udranno.” Disse la mente del Duca. I due Uomini erano capaci di assumere un tono gentile e intimo, con il quale riuscivano a irretire i Figli di Caino. La loro voce si fletteva con un calore celestiale, mentre le loro idee sembravano provenire da un’antica profondità della memoria dei loro contattati. Era un inganno. La sublime arte del Sangue Reale: manipolare il pensiero di Caino.

“Maestri celesti siete tornati!”

“Sì, cara figlia, ascolta il nostro pensiero.” Aggiunse Dannamand.

Il clone era una macchina biologica collegata al suo originale attraverso una connessione biochimica sviluppata apposta nel  cervello dell’originale, sin dal momento del suo primo prelievo. Così un soggetto poteva connettersi anche a un numero infinito di suo cloni.

Attorno alla copia biologica di Maria si erano radunati gli uomini più potenti della società  Vril. La setta esoterica più influente della Germania nel millenovecento ventuno, fondata dalla donna seguendo la stessa visione che ebbe Himmler dell’Energia nascosta nelle mani del divino fanciullo, secondo le istruzioni medianiche degli Antichi Maestri. In breve raccolse l’elite borghese e nobiliare teutonica.

“Falle condurre il gioco, Dannamand.” Ordinò il Duca.

Il Cavaliere obbedì e lasciò che la medium credesse di essere padrona del momento.

“Maestri Adorati, parlate ai signori che sono qui convenuti, per ascoltare la vostra dolce voce, mentre raccontate dell’antica razza degli Ariani dei quali portate notizia.”

Il Duca allungò le labbra in un  riso maligno. Lo divertiva la sua innocente fede mentre dialogava con i Maestri Ariani. “Avanti amico mio, diamole ciò che ci chiede.” Ridacchiò.

Il Cavaliere: “Certo, Altezza.” Ricambiò malizioso e: “Saluto i convenuti alla nostra presenza.” Cominciò la sceneggiata. Il Duca e Dannamand potevano controllare cosa stava accadendo attorno al clone, perché avevano il controllo della patina virtuale stesa in quel quadrante spazio tempo al momento del prelievo della donna. Il silenzio era assoluto. Tutti attendevano la verità.

“Noi siamo Fratelli Ariani, siamo giunti da Alpha Tauri, per aiutarvi nel compiere il vostro destino. Siamo rappresentanti dell’antica razza dell’età dell’oro, era in cui Uomini e Dei parlavano da pari a pari.”

La donna: “Maestro Adorato, voi vi dite fratelli, ma in realtà siete i nostri padri. Ora vi prego, conducete la nostra gente sulla via della salvezza.”

“La via della salvezza la troverete nell’età dell’oro, quando gli Ariani e i loro figli passeggiavano sulla Terra.”

“E non c’è nulla che si possa fare perché il vostro alato piede torni sulla Terra?”

“L’umanità è corrotta. Si è accoppiata col Nemico, dando origine alle razze inferiori.”

Il seme era stato gettato. Il Duca ebbe molta cura di quel germoglio. Nel corso dei mesi preparò la storia di Ario, al riparo nella parte più inviolabile e pura del Tempio.

La setta di Vril  colpì nel cuore  dell’elite finanziaria affamata di idoli in grado di perdonare i loro abusi sulla società di quel tempo. Gli Idoli erano la fonte anche di una nuova lunga vita,  avulsa dagli stereotipi della pietà umana. La fonte della vita eterna era a portata di mano, mai come in nessun altro periodo della storia.  Bisognava stringere un patto con gli Dei Ariani. Il mondo era infettato dalla fame e dall’anarchia.

IV)

Alcuni giorni prima del prelievo di Maria Orsic, il Duca ordinò una retata senza precedenti in quell’epoca. Lasciò il comando dell’Operazione al Capitano Ladar Gragan un giovane ufficiale, ambizioso al punto giusto per rischiare l’osso del collo in un tunnel dimensionale controllato dai Cospiratori.

 “Se dovesse avvenire un conflitto nel tunnel ?” domandò durante la riunione il Capitano.

“Devi portarmelo vivo o morto, Ladar. Penserò io a recuperare il suo cervello, se dovesse rimanere colpito.” Rispose il Duca.

I rapporti delle spie avevano individuato un movimento pericoloso alle porte della Zona Interdetta, una regione ultradimensionale parallela alla vita terrestre, dove nessuno, oltre i Cavalieri di Adam, aveva accesso. L’ordine era tassativo, ogni intemperanza veniva pagata con la morte.

“Megasauri, Altezza?” disse Ladar, guardando nella visualizzazione dell’Allaghèn spia sullo schermo virtuale.

“Secondo te, di cos’altro si tratta?” I musi allungati, le braccia grosse come sequoie, lo strascinare di piedi palmati, erano l’inconfondibile ombra dei guerrieri più cari ad Uzzath.

“Lasciare la sua firma in modo così impudente, che idiozia!” se ne uscì il Capitano.

“Forse quei rettili aspettano qualcosa dietro la Zona Interdetta.” Replicò il Duca “Solo un essere vivente ci può dare le informazioni necessarie per capire cosa stiano macchinando i Cospiratori. Vedi di portarmelo il prima possibile, Ladar.”

Ladar partì, pronto a qualunque cosa pur di eseguire la volontà del suo signore.

Asamoad era un rettile, un Drago di antica famiglia. Uno dei più accesi sostenitori dell’ egemonia di Adam come Luogotenente del Dio Alath, almeno lo era stato fintanto che Adam non ordinò la distruzione della Daramsuria, la sua terra natale, e dei suoi abitanti. Da quel momento, in segreto, rimuginò la sua vendetta, che esplose durante i tumulti della Guerra Civile. Quando tutto tornò normale, i capi della sedizione fecero in tempo a nascondersi nella clandestinità. Asamoad fu uno degli ultimi comandanti a scivolare nel buio, fuggendo all’ira di Adam. Ora sembrava che i Cospiratori fossero stati capaci di rintuzzare quelle antiche braci clandestine, scovandole in qualche anfratto temporale.

Ladar ebbe l’ordine di andare a prenderlo. Un’impresa coraggiosa che gli sarebbe costata l’avanzamento  del suo rango sociale oppure la vita.

Il Duca aveva trascorso giorni nello spremere le capacità dell’Allaghèn spia. Lo aveva mandato ai limiti della Zona Interdetta, sull’orlo di un abisso popolato dai suoi peggiori predatori, creature selvagge, fatte di una sinistra Luce Rossa, affamate di una sola cosa, dell’energia di un Allaghèn . Pur di compiacere al suo padrone come un disperato genio della lampada, l’Allaghèn si spinse al di là delle sue paure, contro l’istinto della sopravvivenza, tornando indietro mezzo morto, senza più forze, ma con una mole impressionante di informazioni. Non era da tutti abbindolare un Allaghèn perché divenisse un informatore, ma il Duca c’era riuscito con alcuni soggetti, attraverso un piano d’addestramento tenuto segreto persino ai suoi più intimi collaboratori; in seguito, per ragioni non ancora chiare, i suoi progetti di addomesticazione di queste creature vennero accantonati e dimenticati. Si pensa che a quell’epoca non si sapesse gestire l’immensa energia degli Allaghèn selvatici. Così, è vero, si possedeva un corpo scelto di ladri  e spie molto più scaltri di qualunque militare, ma si correva anche il pericolo che scatenando in un soggetto un’esplosione emotiva, la sua energia avrebbe potuto innescare una catastrofe  . I suoi ladruncoli, perciò, si potevano contare sulle dita della mano ed erano molto preziosi. Ora sapeva tutto di Asamoad, persino l’orario dei suoi bisogni fisiologici. I Cavalieri lo avrebbero colto di sorpresa e trascinato al suo cospetto. Così accadde. Fu un baleno. L’Allaghèn fornì le coordinate agli Uomini, che balzarono addosso alla guardia di Asamoad, sopraffacendola. Nel tunnel dimensionale ci fu un combattimento feroce, i grossi Rettili accorsero in difesa del loro comandante. Il Duca stesso prese parte alla battaglia con i suoi Uomini. Ora le forze umane erano soverchianti, combattevano in casa loro e potevano contare sulla fonte di energia del tunnel. Non fu difficile prendere il sopravvento sui nemici. Quando tornò a casa, il Duca rinchiuse il suo prezioso Allaghèn spia nella solita stanzetta con le pareti che impedivano la trasformazione del suo corpo in luce. Era un luogo noioso, architettato  perché il suo tesoro desiderasse uscirvi il più possibile, per non impazzirci d’inedia. Le missioni erano l’unica alternativa che il Duca gli concedeva al vuoto della stanza.

Asamoad era incatenato, sbattuto in ginocchio davanti al mantello nero del Duca.

“Vecchio mio, non ci crederai, ma sono contento di rivederti vivo.” Ridacchiò.

“Il piacere è mio, Duca Erede. Come sta tuo padre?” rispose con sarcasmo.

“Re Adam? Bene, ma di rado si occupa di quel che accade in terra. Per esempio dovrei raccontargli tutte le tue indegne scorribande, caro drago ribelle. Non mi basterebbe l’eternità per farlo. Dunque mi aspetto che sia tu a parlarmi della tua vita.”

“Non essere ridicolo, e ammazzami.”

“Ucciderti, no, non prima di aver sentito il motivo di quei Megasauri a ridosso della Zona Interdetta. Asamoad, posso farti soffrire per l’eternità, di un dolore così inenarrabile che sarai costretto a piangermi davanti come un bambino, perché smetta.  Non ho problemi a sentirti gridare, sai quante urla echeggiano in questa sala, ogni giorno?”

Il Drago ringhiò, umiliato dalle catene e dalla posizione prona davanti all’Uomo: “So di cosa sei capace, Erede al Trono!”

“Ottimo, allora non perdiamo tempo, Drago. Chi c’è dietro quei Megasauri? Uzzath?”

Il ribelle ansimò. “Dimmi quel nome, Asamoad, sono solo due sillabe. Uzzath.” Continuò il Duca.

Un dolore improvviso quasi gli spezzò la schiena. Si risollevò a stento, sbavando. Il Duca si chinò  e con un gesto quasi amichevole, prese un braccio del drago, aiutandolo: “Coraggio, vecchio mio, cosa avrà di tanto importante quel Cospiratore tanto da costarti la vita?”

Un’altra scossa, stavolta gli aprì lo stomaco. Il Drago vide il suo intestino sul pavimento, incredulo. “In nome di Dio, Asamoad!” tuonò il Duca “Tu una volta sei stato un grande Comandante! Abbiamo combattuto fianco a fianco, ho messo la mia vita nelle tue mani e tu hai messo la tua nelle mie! Perché adesso ti sei ridotto così, al soldo di quell’Impostore?”

“Lasciami stare, dannato!” riuscì a ruggire, con le sue forze non ancora esalate.

“Asamoad, io non desidero ucciderti. Ti rivoglio al mio fianco. Ti prego, dammi quel nome e io ti rimetterò a capo di un’armata dell’esercito di Adam!”

“Tu di Adam non conosci un bel niente, pezzo di idiota!” urlò il Drago “Cosa credi, che io mi sia fatto assoldare dal fratello del tuo dio solo per darti fastidio?”

“Non costringermi a spingere ancora questo pulsante, Asamoad.” Indicò il comando della scossa.

“Vuoi sapere chi era Adam? Bene sturati le orecchie dal cerume di Alath, pezzo di stupido! Adam è stato il mio comandante, il mio unico capo, l’unico essere vivente per cui sarei morto volentieri.  Ma quando ha lasciato che le sue armi distruggessero la mia terra, la mia gente, senza che potessi almeno evacuare le zone abitate da donne e bambini, no, non c’era più nulla dentro Adam.  Fa’ di me quello che vuoi, ma tu non sei Adam, Adam non esiste più!”

“Era necessario farlo, Asamoad, Adam in quel momento eseguì la volontà di Alath. Il tuo mondo era stato infettato dai Ribelli d’Aurora!”

“Ribelli erano pure i figli della mia gente appena nati o le loro madri?” gli rispose, con la gola insanguinata “Altezza, svegliati. Tu sei il  manovale preferito del tuo potente Dio, per ora.  Ma un giorno ai suoi occhi diverrai utile come un barattolo vuoto. E non avrà alcuna remora a gettarti nel bidone della spazzatura!”

Il Duca si alzò in piedi, senza dargli a vedere la sua emozione, cercò di mascherare un’insolita inquietudine, incalzandolo: “Il suo nome, Drago. Voglio il suo nome.”

La scossa arrivò a seccare il liquido dei suoi occhi. La puzza di carne bruciata inondò la sala. Il Drago si contorse: “Uzzath!” urlò.

Il Duca aveva la sua preda nel carniere. “Asamoad, hai fatto l’unica cosa possibile.” Disse.

“Uccidimi.” Bisbigliò con la lingua quasi del tutto bollita.

“No. Non posso, non sei mio, questa è una sala interna del Tempio. Tu sei di Alath e io debbo adempiere al suo volere, non al mio desiderio. Credimi se potessi, metterei fine alle tue sofferenze. Ma Lui ti vuole vivo.” Alzò lo sguardo dal corpo quasi del tutto spellato del Drago e si diresse fuori.

Udì le sue urla  che lo maledicevano, mentre s’incamminò verso il perimetro sacro del Tempio.

Si prostrò sotto l’anello sospeso in aria, toccando con la fronte il pavimento: “Mio Signore, tutto è compiuto. Adesso è stato fatto il Nome del Cospiratore che ha messo i suoi soldati alle tue porte. Attendo il tuo comando.”

Un tuono interiore lo scosse. Era la voce del suo Dio: “Adam,  daremo inizio all’inferno sulla terra. Saranno anni di sangue per i Figli di Caino, ma di questo abbiamo bisogno perché i miei fratelli tornino alla ragione.”

“L’ordine nuovo di Ario,  che ho da anni preparato per cominciare il Gioco, è pronto. Ho allevato generazioni di Caino perché lo concimassero col letame delle loro insulse idee. Oggi  sulla Terra marcia l’esercito di macellai che ti donerà il sangue necessario a ricondurre i Cospiratori all’Unico vero Trono di Dio. Sia resa gloria eterna al nome di Alath, il mio Signore.”

Dialogo con Adam

Queste pagine fanno parte delle memorie raccolte durante la mia indagine circa gli eventi accaduti nell’Athi’da numero 5.  Probabilmente sono state composte da Peter Bang nel periodo successivo al suo battesimo (in proposito scrissi nel racconto: Le Gemme di Mardùk.), quando prese  un nome diverso. L’uso di chiamare il Duca “Adam” mi fa infatti pensare che l’autore sia una persona con una devozione appresa in modo forzoso, tale da vedere nel suo ‘rapitore’ una sorta di entità onnipotente. Un simile comportamento è caratteristico di un individuo assoggettato dalla mia Famiglia ma non appartiene alla nostra gente. “Adam” diventa tutto il mondo del soggetto.  Dopo il suo trasferimento per volontà di mio padre, presso le Athi’dha, non ebbi modo di sapere a quale incarico lo avesse adibito il Re. Se queste pagine fossero le sue, significherebbe che Peter venne destinato a servire il Duca, un altro Duca, mio padre stesso. Per capire come possa essere possibile, bisognerebbe spiegare il funzionamento di una base diacronica. Per ora vi basti sapere che un Figlio di Adam del Sangue Reale può abitare due zone diverse del tempo-spazio contemporaneamente se una di queste è un Athi’da.

Janas Erik Matthia Duca di Kargaard.

Adam:

Ho creato il mito di Ario per volontà di Dio.

Daresu:

Chi è Ario? Raccontami, Adam.

Adam:

Ecco i fatti: dovevo combattere la Cospirazione di Manzath e Uzzath, per fare questo bisognava che eliminassi la stirpe di Caino, loro alleata, affinché gli Dei rimanessero senza esercito.

Daresu:

Raccontami del tuo piano, Adam. Come hai combattuto la Cospirazione?

Adam:

La stirpe di Caino era stata corrotta dai messaggeri di Manzath e di Uzzath, ho usato la slealtà di questi ultimi per creare il mio nuovo consenso.  Così ho costruito un nuovo mito, Ario e l’ho fatto nascere sulle false storie della Cospirazione.

Daresu:

Esistevano già le storie su Ario?

Adam:

Sì, è così. Manzath corruppe Caino attraverso Ario, facendo credere che la sua stirpe fosse stata creata da Dio. I Figli di Caino, ancor prima della menzogna di Manzath,  vennero tratti in inganno da Uzzath, il quale gli fece credere di essere il loro unico Dio. Ho fatto in modo che Ario entrasse nella storia di Caino usando l’errore stesso di Uzzath. Ho costruito il mito di Ario per contrapporlo alla falsa religione di Uzzath.

Daresu:

E come hai usato la religione di Uzzath?

Adam:

La stirpe di Caino, prima di questi eventi, venne sconvolta da una guerra mondiale provocata da Manzath e Uzzath. I due Dei condussero Caino nel massacro, perché iniziassero la sua gente a un nuovo modo di combattere.

Daresu:

Perché Manzath Uzzath volevano un nuovo modo di combattere? Mi sembra un’idiozia, non se d’accordo?

Adam:

Sì, è così, Daresu. I due Dei erano in conflitto fra loro per la spartizione delle zone d’influenza.

A proposito della mia Lingua, il Kitosirawan

La lingua insegnata ( e che in qualche modo portava già dentro di sé) a Peter Bang è il Kitosirawan.  Molti dei documenti che sottopongo alla vostra lettura sono scritti usando il più comune Linguaggio della mia Famiglia. Mi ritengo in dovere di lasciarvi una piccola sintesi su questa lingua. Sono consapevole  di correre dei rischi nell’avervi messo a disposizione questo, seppur modesto, strumento di conoscenza, ma così farò,  accada quel che accada.

Il Kitosirawan corrisponde a una forma volgarizzata di una lingua più arcaica con una grammatica e una struttura più fissa e rigorosa,  l’Aidanà.

Il K. Conta 33 segni o lettere, chiamati segni semplici e 12 segni chiamati “lettere composite” perché provengono dalle mutazioni del suono  ottenute con l’incontro di due consonanti.

Si potrebbe definire una Lingua Ergativa, cioè possiede nella sua struttura logica un caso,l’ Ergativo (proprio di alcune lingue come il Sumero, il Basco, il Georgiano e così via.) che interviene in determinati periodi, nelle veci del caso nominativo del soggetto.  Come il Basco il Kitosirawan ha dei comportamenti agglutinanti, cioè forma una parola unica mediante l’uso di suffissi e prefissi attaccati al sostantivo,  ma come l’Inglese utilizza anche diverse particelle isolate, come nel caso delle particelle locative stative .

Una caratteristica del K è l’uso dei Marcatori di Caso,  cioè segni particolari scritti sopra o sotto l’ultima lettera del sostantivo singolare o dell’aggettivo singolare, per indicare il caso di appartenenza.

In genere la frase in K. segue una struttura molto rigida: Soggetto + Complemento + Verbo.

Ampliata : Soggetto + Complemento + Avverbio + Verbo. Nessuna parte del periodo infatti è ammessa dopo il verbo. L’uso delle particelle isolate dipende dalla loro funzione, perciò possono mettersi prima e dopo il sostantivo che servono. Ma sempre prima del verbo.  L’interpunzione possiede solo due segni di pausa. Non vi sono punti interrogativi, che vengono identificati solo con la scrittura del verbo essere nella sua forma interrogativa. Non vi sono punti esclamativi che vengono resi dal Marcatore di Caso Ergativo anche al plurale (in quest’ultimo caso non viene pronunciato).

La scrittura del K. parte dalla destra del foglio e segue verso sinistra, come l’Arabo e l’Ebraico, in genere noi non adoperiamo carta a righe o a quadretti, perciò ci serve allenamento per rimanere sulla linea di scrittura. Non sono presenti lettere maiuscole. Vi è una scrittura in corsivo, semplificata, con 20 lettere senza le mutanti, di antica origine. Non viene quasi più usata dalle alte sfere della mia Famiglia, un tempo era utilizzata dai nostri scrittori per i loro lavori, perché procedessero svelti, ma oggi serve più che altro al lavoro dei segretari e dei cronisti per archiviare e prendere appunti alla svelta.

JEM h. Kargaard

Postilla sul tempo: Il_Tempo_dei_Figli_di_Adam

Alessandra Biagini Scalambra