FANTASCIENZA STORY: APPENDICE 08 – PARTE 01

CREATI DA DIO, CREATI DALL’UOMO – PARTE 01

A.I. INTELLIGENZA ARTIFICIALE (A.I. Artificial Intelligence)

Erano gli anni dopo lo scioglimento delle calotte polari a causa dell’effetto serra e gli oceani si erano alzati fino ad inabissare molte città lungo le coste del mondo: Amsterdam, Venezia, New York… perdute per sempre. Milioni di persone furono sradicate dalle loro case, il clima diverso, caotico: centinaia di milioni morirono di fame nei paesi più poveri… altrove sopravvisse un alto grado di prosperità quando molti governi del mondo sviluppato introdussero sanzioni legali per limitare le gravidanze, per questo i robot, che non avevano mai fame o non consumavano risorse oltre a quelle necessarie alla loro fabbricazione, erano un anello essenziale nella struttura economica della società…”.

Il Professor Allen Hobby (William Hurt), anima portante della Cybertronics, sta parlando con i suoi collaboratori.

Hobby: “Creare un essere artificiale è stato il sogno dell’uomo fin dagli albori della scienza. Non solo all’inizio dell’era moderna, quando i nostri antenati sbalordirono il mondo con le macchine pensanti: mostri primitivi che giocavano a scacchi… Quanta strada abbiamo fatto! L’essere artificiale è una realtà, un perfetto… simulacro, articolato nelle membra, articolato nel linguaggio e non carente di reazioni umane…

Dopo aver sostenuto la sua tesi su una ragazza che aveva un aspetto perfettamente umano e che lo scienziato dimostra essere un robot…

Hobby: “Un giocattolo sensoriale con circuiti comportamentali intelligenti che usa una tecnologia neurone sequenziale che è vecchia quanto me. Io ritengo che il mio lavoro sulla demarcazione del percorso degli impulsi in un singolo neurone può metterci in grado di costruire un Mecha di ordine qualitativamente diverso. Io propongo di costruire un robot capace di amare… Ma non mi stavo riferendo ai simulatori di sensualità, la parola che ho usato è amore… Amore come quello di un bambino per i suoi genitori… Io propongo di costruire un robot bambino capace di amare, un robot bambino che amerà, sinceramente amerà, i genitori da cui riceverà l’imprinting di un amore che non finirà mai…

Collaboratore: “Un Mecha sostituto bambino…

Hobby: “Ma un Mecha con una mente. Con feedback neuronale… Vedete, quello che suggerisco è che l’amore diventi la chiave con la quale lui acquisisce una specie di subconscio mai raggiunto prima, un mondo interno di metafore, di intuizioni, di ragionamenti automotivati, di sogni…

VENTI MESI DOPO

Henry Swinton (Sam Robards) lavora alla Cybertronics e, assieme a sua moglie Monica (Frances O’Connor), abitano in un bell’appartamento. Sarebbero una famiglia felice e senza problemi se non avessero il loro figlio Martin (Jake Thomas) posto in sospensione criogenica da ormai cinque anni a causa di una malattia che non sembra dare speranze di guarigione… Mentre Monica collega un microfono alla capsula che contiene suo figlio e gli legge la storia di Robin Hood con un sottofondo musicale nella vana speranza che le sue parole lo possano risvegliare, Henry parla con il dottor Frazier (Michael Mantell) il quale si dimostra molto più preoccupato per le condizioni di Monica che di quelle di Martin, da lui ormai ritenuto perso. Intanto tra i duemila dipendenti della Cybertronics, i collaboratori di Allen Hobby hanno scelto la persona che sembra loro adatta per i loro scopi: si tratta di Henry e Hobby esprime il desiderio di vederlo. Il risultato di questo colloquio è che, una sera, l’uomo torna a casa portandosi dietro il primo robot bambino della storia: David (Haley Joel Osment). La donna fa una sfuriata al marito dicendogli che nulla può sostituire Martin e l’uomo non vuole affatto forzarle la mano perché dovrà essere lei a decidere. Lentamente Monica si calma.

I due osservano a distanza David che guarda le foto di famiglia. La donna sembra ormai convinta di tentare una prova e allora Henry le spiega dettagliatamente la situazione.

Henry: “La fiducia che la Compagnia ha riposto in me… noi… è straordinaria. Ci sono alcune semplici procedure da seguire, se e quando deciderai di tenere David. Se decidi di tenerlo l’imprinting è un protocollo che consiste in un codice di sette particolari parole che vanno pronunciate a David nell’ordine predefinito stampato qui. Ora Monica, per nostra protezione, questo imprinting è irreversibile. Il robot bambino avrebbe un amore che non si disinstalla, farebbe parte di lui per sempre… A causa di questo, dopo l’imprinting, nessun Mecca bambino può essere rivenduto. Se un genitore adottivo decide di non tenere più il bambino, deve rimandarlo alla Cybertronics per la distruzione. Ho dovuto firmare un accordo altrimenti non lo vedevi neanche, David… Devi firmarlo anche tu, qui… Monica, non dare l’imprinting finchè non sei del tutto sicura…

Monica: “Che stupidaggine… Certo che non ne sono sicura.

Accompagnano David nella sua camera e lui chiede a Monica di essere spogliato da lei per andare a letto, ma la donna, con una scusa, esce dalla camera chiudendo la porta a vetri dietro di sé e restando a vedere Henry che svolge il compito da lei rifiutato. David si accorge della presenza della donna e le sorride. Man mano che le ore, i giorni, passano Monica comincia ad abituarsi alla presenza di David e, malgrado alcuni piccoli incidenti come l’aver aperto la porta del bagno mentre lei era seduta sulla tazza o l’essersi messo a ridere in modo inopportuno a tavola, si arriva al momento in cui lei decide di dargli l’imprinting. Toglie il foglio di plastica trasparente dall’involucro sul quale è stampigliato chiaramente:

RICORDATE CHE IL PROGRAMMA E’ PERMANENTE E INALTERABILE

Sul foglio, oltre alla procedura necessaria, c’è invece scritto:

PROTOCOLLO DI IMPRINTING

David: “E’ un gioco?

Monica: “Ora leggerò delle parole… Beh, non avranno alcun senso ma voglio che tu le ascolti in ogni caso… Tu guardami per tutto il tempo, lo puoi fare?

David: “Sì, Monica.

Monica: “La senti la mia mano appoggiata sul tuo collo?

David: “Sì.

Monica: “Ti fa male?

David: “No.

Monica: “Bene… ora guardami… ci sei? Cirro… Socrate… Particella… Decibel… Uragano… Delfino… Tulipano… Monica… David… Monica… Ecco qua… Chissà se ho fatto bene… Io non…

David: “A che servono queste parole, mamma?

Monica: “Come mi hai chiamata?

David: “Mamma!

Monica: “Chi sono io, David?

David l’abbraccia.

David: “La mia mamma.

Sere dopo Henry e Monica stanno preparandosi per uscire e lei si è messa un profumo del quale le scorte stanno per esaurirsi. L’uomo è perplesso di fronte all’attaccamento che la moglie dimostra per il piccolo robot. La donna considera David suo figlio e nemmeno si arrabbia quando il piccolo, credendo di fare una cosa gradita alla mamma, usa la boccetta del profumo. La donna torna in camera sua a osservare mestamente il suo flaconcino ormai vuoto, Henry sta aspettando nell’atrio e David è di nuovo accanto alla madre. Mentre Henry dal basso la sta chiamando, la donna prende una scatola dallo scaffale alto dell’armadio a muro e la apre prendendo fuori un orsetto.

Monica: “Apparteneva a Marty, mio figlio.

La donna lo mette in movimento e il piccolo pupazzo si alza in piedi e guarda David.

Monica: “Si chiama Teddy… Teddy, lui è David.

David: “Ciao Teddy.

Teddy: “Ciao David.

Monica: “David, Teddy è un supergiocattolo, sono sicura che avrete cura l’uno dell’altro…

Teddy: “Non sono un giocattolo.

In effetti il piccolo Teddy è ben lontano dall’essere un normale giocattolo. Nel film è stato realizzato in tre modi diversi: un’animazione al computer per le scene più complicate mentre in altre era guidato sulla scena da fili che sono poi stati cancellati. Fu costruito un pupazzo guidato da stecche sul quale fu poi collocata la mussola e la gomma piuma in modo da poter scegliere i movimenti migliori, le diverse posizioni che avrebbe assunto e anche il tipo di camminata più adatto. C’era sei burattinai a muovere il piccolo Teddy: uno per le braccia, poi la testa, il corpo, le gambe e le varie espressioni del viso. Normalmente si sarebbero usati dei fili per muovere le labbra, ma, in questo caso, si preferì usare delle alette che facevano muovere più in fretta le labbra e per poter studiare meglio i movimenti, i tecnici si guardarono parecchie videocassette con Winnie Pooh e altri protagonisti orsi. Teddy camminava un metro davanti a un tecnico ripetendo esattamente tutti i movimenti che questi faceva e che gli erano trasmessi dai fili e dai sistemi con cui era agganciato al suo creatore e la sua voce, nella versione originale, è di Jack Angel mentre la sua creazione è dovuta a Lindsay MacGowan della Stan Winston Studio. Ma la storia della creazione di Teddy non è finita, in quanto il pupazzo aveva vari tipi di teste intercambiabili ognuna con una propria specifica: la testa felice che aveva un sorriso più ampio, quella triste, quella preoccupata, quella corrucciata e c’era poi un Teddy completamente indipendente da portare in giro e che possedeva una discreta gamma di movimenti nel corpo e nelle braccia: il problema è che pesava quindici chili, non poco per il giovane Osment.

Il tempo passa e, un giorno, Monica riceve una telefonata concitata dal marito: Marty si è svegliato dal coma, viene portato a casa e lentamente continua a riprendersi, ma i suoi rapporti con David non sono certo dei migliori. Prende Teddy per un orecchio e lo mette davanti a loro e chiede a David di chiamare anche lui l’orsetto il quale non sa da chi andare per cui si precipita da Monica che lo porta fuori dalla stanza. Poi Marty chiede a David di rompere un giocattolo, ma David rifiuta. Un’altra volta, mentre Monica sta insegnando a David come sistemare delle medicine, entra Marty con un libro in mano chiedendo alla madre di leggere una favola e, con aria dispettosa, porge alla madre la favola di Pinocchio. Per tutto il giorno la donna legge la favola ai due. David ascolta estasiato, soprattutto il finale, quando Pinocchio, per una magia della Fata Turchina, diventa bambino. Una sera a cena David viene praticamente sfidato da Marty a mangiare spinaci e a fare le boccacce, ma il piccolo robot non è attrezzato per mangiare e si blocca. Viene così portato alla Cybertronics dove due tecnici (Miguel Perrez e Matt Malloy) lo ripuliscono. Tutta la famiglia Swinton è presente e Monica si trova così di fronte a quella realtà che sembrava avesse dimenticato: vede con i suoi occhi l’interno di David, vede che è un robot. Tornati a casa, mentre i due genitori dormono, Marty dice al piccolo robot che se farà qualcosa per lui allora lui dirà alla mamma di voler bene a David. Ciò che gli chiede è di entrare in camera da letto e prendere una ciocca dai capelli di Monica, pur esitando David cerca di compiere la sua missione, ma la donna si sposta di scatto e una lama delle forbici la ferisce a un occhio, mentre Henry si precipita su di lui. Una ciocca di capelli cade a terra e Teddy la nasconde addosso a lui. Il gesto di David è stato preso come una minaccia ed Henry ribadisce il suo desiderio il giorno della festa per il compleanno di Marty. Lui vuole riportare il robot alla Cybertronics perché lo considera pericoloso, ma la donna non è d’accordo. Purtroppo, durante il party, avviene un’altra tragedia. David ha portato un regalo a Marty, ma i suoi amici guidati da Todd (Theo Grenly) cominciano a prenderlo in giro, poi il bambino tira fiori una lama e sta per toccare il braccio di David allo scopo di osservare le sue reazioni. David si spaventa e si nasconde dietro a Marty abbracciandolo, i due perdono l’equilibrio e cadono nella piscina. Marty non riesce a liberarsi della stretta di David e morirebbe annegato se Henry e un altro genitore non si tuffassero e riuscissero a portarlo fuori. Mentre cercano di rianimare Marty, David giace sul fondo della piscina. Poi viene ripescato e chiuso in una camera. Monica va da lui e vede che il Mecha stava scrivendo dei messaggi d’amore per lei, ma la decisione in casa è stata presa. Domani lei e David partiranno per un viaggio che per David sarà senza ritorno, anche se lui non lo sa ancora.

Monica non se la sente di portare il piccolo alla Cybertronics e preferisce abbandonarlo nei boschi vicini anche se David la implora di non farlo promettendole che diventerà un bambino vero, per lei. Tutto inutile: Monica corre alla macchina e si allontana piangendo.

Ora facciamo la conoscenza con un robot programmato per il piacere, il suo nome è Gigolò Joe (Jude Law) e il suo compito è, appunto, quello di dare godimento agli umani. Il guaio è che, nel corso delle sue missioni, tra una camera d’albergo e l’altra, incontra una sua cliente morta, appena uccisa dal marito geloso. Il robot si accorge di essere nei guai e si prepara a fuggire dalla città.

Intanto David sta vagando nei boschi con Teddy.

David: “Se fossi un bambino vero potrei tornare a casa e lei mi vorrebbe bene…

Teddy: “Ma come?

David: “La Fata Turchina ha trasformato Pinocchio in un bambino vero, può trasformare me in un bambino vero. Devo trovarla, devo diventare vero. Deve esserci qualcuno al mondo che sa dove lei vive.

Un furgone automatico della Cybertronics sta scaricando dei rifiuti nel bosco. Si tratta di pezzi di robot, ma questo attira, dal fondo del bosco un gruppo di androidi vagabondi alla ricerca di pezzi di ricambio. David osserva allibito quei poveri esseri ridicolmente mostruosi che cercano un braccio, una mandibola, un occhio…

La progettazione di vari tipi di robot iniziò quattro mesi prima del via alle riprese, ogni automa doveva essere diverso per espresso desiderio del regista. Uno di questi robot razzolanti è un Robot-Fabbro e lo impersona l’attore Dave Smith, appartenente a un gruppo di attori invalidi noto come Stuntst-Ability. A Smith manca un braccio per cui era perfetto nella scena in cui cerca un arto di ricambio, lo trova e se lo innesta, ma molti altri stunt invalidi appaiono nella scena, uno dei robot ha addirittura il viso simile a quello di Stan Winston, il realizzatore degli effetti meccanici. Sono stati usati, quindi pupazzi animatronic, fantocci su fili, stecche e parti idrauliche e tutti radiocomandati., altri invece, attori veri, indossavano del blu per rimpiazzare sezioni dei loro volti.

Anche Joe è arrivato da quelle parti, ma un nuovo pericolo incombe su di loro: un grande pallone, disegnato e illuminato come se fosse una Luna, si dirige verso i robot per catturarli. Al controllo dello stesso c’è il cacciatore di robot Johnson-Johnson (Brendan Gleeson) il quale sta procurandosi la materia prima per lo spettacolo della Fiera della Carne che si svolge a Barn Creek e questa materia prima è costituita proprio dai robot che vengono distrutti in vari modi spettacolari davanti a un folto pubblico. Joe e David vengono catturati assieme agli altri, ma Teddy cade dall’alto e poi segue il grande pallone fino alla rumorosa fiera. Viene preso all’ingresso e messo nella cesta degli oggetti smarriti.

Chiuso nella sua gabbia assieme agli altri, David assiste alla feroce distruzione dei suoi simili: sparati da un cannone contro un grosso ventilatore, fusi nell’acido, tagliati a fette, squartati. La scena con il cannone fu girata in diretta e prendendo tutte le precauzioni del caso: esso doveva proiettare due robot a 45 metri di distanza, far loro attraversare un anello dove s’incendiavano e poi dovevano finire contro delle pale rotanti per essere frantumati in pezzi sparsi. Furono usati dei pupazzi in fibra di vetro che erano attaccati lungo il percorso a un carrello o a un arpione, i loro abiti erano di carta per bruciare meglio e diventare una palla di fuoco che finiva contro le pale rotanti in mezzo a un set che conteneva ottocento comparse. Teddy, intanto, riesce a uscire dalla scatola dove era stato messo e raggiunge David davanti alla sua gabbia, ma viene preso da una bambina, Amanda (Haley King).

La gabbia era stata costruita sopra una buca di due metri che era stata scavata nel pavimento per cui sopra c’erano circa venti personaggi, tra attori e fantocci e sotto più o meno venticinque burattinai, più altri venti all’esterno muniti di radio. In conclusione: per la Fiera della Carne furono usati ben 46 fra burattinai e tecnici dei movimenti dei robot.

La piccola si accorge di David e va a riferirlo al padre che è il manager della manifestazione e la trasmette via TV nel circondario (Michael Berresse).

Manager: “(dopo aver esaminato David) Sei una macchina.

David: “Sono un bambino.

Manager: “E’ un bambino giocattolo?

David: “Mi chiamo David.

Manager: “Impossibile…

Intanto il macello continua con gran divertimento del pubblico. Arriva anche Johnson–Johnson per vedere David.

Manager: “Nessuno fabbrica bambini, nessuno lo ha mai fatto. A che servirebbe?

Johnson-Johnson: “Lo avranno fatto su ordinazione. Il bambino finto di qualche ricco e solitario fifone.

Poi i due si appartano per discutere della cosa.

Johnson-Johnson: “Pensi di non metterlo nello spettacolo?

Manager: “Una cosa originale come questa non la getti via con il resto della spazzatura.

Johnson-Johnson: “L’originalità senza scopo è come avere un elefante in casa, ma se i soldi sono il tuo scopo, eccoti il tuo rimborso. I miei ossequi.

Prende la mano di David e lo porta fuori dalla gabbia.

Manager: “Che ne vuoi fare di lui?

Johnson–Johnson: “Metterlo al suo posto nel mondo dello spettacolo.

E poiché David si è aggrappato a Joe, entrambi vengono presi e immobilizzati nel bersaglio situato al centro dell’arena, pronti a essere sciolti nell’acido contenuto in secchi posti sulla loro testa.

L’uomo arringa la folla per il prossimo spettacolo. Una volta accortisi di David il silenzio è caduto tra il pubblico.

Johnson-Johnson: “Signore e Signori, ragazzi e ragazze, bambini di ogni età. Cos’altro si inventeranno? Guardate qui! Un robottino, un assemblato, un pupazzo vivente. Sappiamo tutti perché lo hanno costruito: per rubarvi il cuore, per rimpiazzare i vostri figli. Questo è l’ultimo esempio di una serie di insulti alla dignità umana e del loro grande progetto di eliminare tutti i figli di Dio. Eccovi la prossima generazione di bambini ideata appunto per fare questo… Non fatevi ingannare dalla qualità di questa creazione, senza dubbio c’è stato talento nella costruzione di questo simulatore… tuttavia, al primissimo colpo, vedrete la grande bugia cadere a pezzi sotto i vostri stessi occhi.

Una goccia di acido cade fumando sul vestito di David.

David: “Non bruciatemi, non bruciatemi, non sono un Pinocchio. Non fatemi morire! Io sono David, io sono David, io sono David…

La gente sembra credergli e allora Johnson-Johnson replica.

Johnson–Johnson: “E’ costruito come un bambino per disarmarci, vedete come cercano di imitare le nostre emozioni, ora? Qualunque esibizione questo simulatore vi proponga non dimenticate: stiamo solo demolendo l’artificiosità… Colui che è senza simulatore scagli la prima pietra.”

Un uomo si alza con una palla in mano, basterebbe un colpo sul bersaglio sopra la testa di Joe e l’asse che tiene i secchi di acido cadrebbe liberando il liquido su di loro. L’uomo prende bene la mira e… colpisce Johnson-Johnson. Tutti gli altri spettatori seguono il suo esempio. Il manager li libera e i tre si allontanano velocemente. Nella sua casa Allen Hobby sta osservando le fotografie di suo figlio David, il piccolo robot è stato costruito a immagine e somiglianza del figlio scomparso, la porta dello studio si apre e i suoi collaboratori gli comunicano che David è stato rintracciato. I tre, intanto, si sono inoltrati nel bosco illuminato dalla vera Luna e il piccolo robot spiega a Joe la sua ferma intenzione di rintracciare la Fata Turchina affinché lo possa far diventare un bambino vero. Dopo aver saputo che la Fata Turchina è una donna, Joe informa David che Rouge City, oltre il Delaware, è piena di donne di ogni genere. I fuggitivi chiedono un passaggio a dei ragazzi che li portano in macchina a Rouge City attraversando un lunghissimo ponte che termina in un tunnel dove davanti c’è una gigantesca costruzione luminosa con la bocca spalancata. E qui abbiamo un breve brano del “Rosenkavalier” di Richard Strauss, appositamente messo nel film su richiesta di Stanley Kubrick. Non sapendo come il regista voleva utilizzarlo e in che modo, John Williams, l’autore delle musiche del film, ha scelto di metterlo in questa breve sequenza. Il quartiere dove Joe porta David è pieno di locali non certo adatti al giovane robot e la sua realizzazione è un capolavoro dell’arte digitale unita a quella propriamente scenografica: c’erano qualcosa come ottocento dischi circolari sul soffitto con codici a barre uno diverso dall’altro che erano inquadrati da una telecamera. Il computer era in grado di identificare quale codice corrispondesse a ciascuna posizione e, mentre la cinepresa era mossa, il computer sapeva dove si trovava e generava edifici e sfondi in modo da avere un’immagine composita che si integrasse perfettamente con le posizioni scenografiche in primo piano ed effettivamente costruite. Joe infila presto la porta che dà nel padiglione del Dottor Know il quale si rivela essere una sorta di cartone animato tridimensionale che parla con la voce di Robin Williams e molto simile a una caricatura di Einstein (o di Maurizio Nichetti, se volete):

Know: “Menti affamate, benvenuti dal Dottor Know dove il cibo fresco per la mente viene servito 24 ore al giorno in 40.000 locali sparsi nel mondo. Chiedete al Dottor Know. Non c’è nulla che non so.

David: “Dimmi dove posso trovare la Fata Turchina.

Know: “Domanda tu fai, pagare dovrai due per cinque, una gratis avrai.

Joe: “Due domande costano cinque nuovi bigliettoni e la terza domanda la offre la casa. Oggigiorno, David, nulla costa di più dell’informazione.

Svuotando le tasche David accumula soldi per sette domande e Joe introduce il danaro negli appositi scomparti. Dopo aver involontariamente sprecato una domanda David ritorna al nocciolo della questione. Mentre Know comincia a citare parti del libro di Carlo Collodi, ecco uscire dallo schermo degli ologrammi con i personaggi della favola e, tra essi, c’è la Fata Turchina. David si alza dalla poltrona dove è seduto davanti allo schermo dove il Dottor Know sta continuando a declamare e sta per andare dietro all’immagine, ma Joe lo ferma.

David: “E’ lei!

Joe: “E’ un esempio di lei, ma credo che ci stiamo avvicinando.

David: “Ma se la favola è vera, non sarebbe un fatto? Un crudo fatto?

Joe: “Non dire altro… Nuova categoria, per favore. Combinare… fatto con… favola…. ora…. fagli la domanda.

David: “Come può la Fata Turchina fare di un robot un vero, autentico bambino?

La domanda provoca un improvviso blackout nella sala poi, sullo schermo appaiono delle parole:

Vieni via o piccolo umano
verso le acque e l’immenso piano.
Alla Fata la mano darai
perché il mondo è più pieno di pianto
di quanto capire potrai.

David: “Puoi dirmi come trovarla?

Know: “La scoperta è alquanto possibile. La nostra Fata Turchina esiste in un solo ed unico luogo: alla fine del mondo dove i leoni piangono. E’ lì che nascono i sogni.

Joe: “Molti Mecha sono andati alla fine del mondo e non sono più tornati. Devi sapere che la fine del mondo si trova a Manhattan.

David: “Che stiamo aspettando, andiamoci!

David esce di corsa dalla sala e sta per imboccare la rampa metallica che lo porterà all’esterno, ma Joe lo ferma.

Joe: “Aspetta! E se la Fata Turchina non fosse reale, David. Se fosse magia? Il sovrannaturale: la rete coperta che unisce l’universo. Solo gli Orga credono in ciò che non si può vedere o misurare. E’ questa singolarità che separa le nostre specie… e se la Fata Turchina fosse un parassita elettronico che è un motivo per ossessionare le menti dell’intelligenza artificiale? Ci odiano, lo sai? Gli uomini non smettono mai…

David gli risponde con veemenza.

David: “La mia mamma non mi odia affatto perché io sono speciale e… unico! Perché, sinora, non c’è mai stato nessuno come me, mai! Mamma vuole bene a Martin perché è vero e quando lo sarò anch’io mamma mi leggerà le favole, mi rimboccherà le coperte, canterà per me ed ascolterà quello che dico e mi farà tantissime coccole e mi dirà ogni giorno, cento volte al giorno, che mi ama.

Joe: “Lei ama quello che tu fai per lei, come le mie clienti amano tutto quello che io faccio per loro, ma in realtà non ama te, David, lei non può amarti. Tu non se di carne e ossa, non sei un cane, un gatto o un canarino. Tu sei stato ideato e specificatamente costruito come tutti noi… Sei qui abbandonato, solo, perché sono stanchi di te o hanno trovato un nuovo modello o erano dispiaciuti per qualcosa che hai detto o rotto… Ci hanno fatto troppo in gamba, troppo veloci e troppo numerosi; soffriamo per ogni errore commesso perché quando la fine arriverà noi rimarremo. Nient’altro, per questo ci odiano tanto ed è per questo che devi restare qui, con me.

David: “Addio, Joe.

David esce seguito da Joe, ma ad aspettare il robot c’è un anfibicottero della polizia che carica Joe sul mezzo. David salta al posto di guida e cerca di alzarsi, ma ottiene solo di far sbandare l’anfibicottero a destra e a sinistra. Per questa scena l’anfibicottero, del peso di oltre due tonnellate e mezzo era agganciato a una rotaia e posto sopra una basa di due metri che la faceva ondeggiare a destra e a sinistra, poi i tecnici della ILM hanno cancellato la base e la scena è diventata credibile come si è vista.

Sbalzato fuori, Joe risale al posto di guida e ordina al cervello elettronico di portare il mezzo a Manhattan.

Come dita di acciaio e di cemento puntate contro il cielo, i grattacieli di quella che una volta era la città di New York, sono tesi verso un cielo grigio mentre il braccio e la torcia della Statua della Libertà sembrano voler uscire con disperata rabbia dalla morsa liquida.

In realtà si tratta di modellini e anche di immagini generate al computer fuse mirabilmente assieme e lo stesso oceano, la stessa acqua sono immagini computerizzate.

I due sorvolano gli edifici e, davanti a uno di essi, quello della Cybertronics (in realtà un modellino alto circa un metro e ottanta mentre l’anfibicottero è spesso opera del computer) scoprono i leoni che piangono: gigantesche fontane che emettono acqua dalla bocca e dagli occhi, miniature con l’acqua e le cascate generate sempre al computer.

Il mezzo si ferma dentro a un hangar nel corpo della grande costruzione davanti alla quale si trovano le statue. David scende chiamando Hobby ad alta voce e si trova davanti a una porta a vetri sulla quale sono incise le parole che Know gli aveva detto. Il piccolo robot entra chiamando lo scienziato, mentre Joe, con in mano Ted, resta sulla porta e la sorpresa di entrambi è grande quando si trovano davanti a un altro David che sta tranquillamente leggendo seduto su una poltrona. L’ira e la gelosia di David lo spingono a distruggere con una lampada quello che considera il suo rivale, mentre Joe, atterrito dalla furia devastatrice di David, si allontana con Ted. Due mani tolgono l’arma improvvisata dalle mani del piccolo robot: è Hobby.

David: “Professor Hobby?

Hobby: “Sì, David, ti stavo aspettando.

David: “Il Dottor Know mi ha detto che lei era qui, c’è anche la Fata Turchina?

Hobby: “La prima che mi ha parlato della Fata Turchina è stata Monica. Cosa credi che potrebbe fare per te?

David: “Trasformarmi in un bambino vero.

Hobby: “Ma tu sei un bambino vero, almeno più vero di quanti ne abbia mai fatti il che, con ragionevole certezza, fa di me la tua Fata Turchina.

David: “Non è lei. Il Dottor Know ha detto che sarebbe stata nella città perduta nel mare alla fine del mondo…

Hobby: “Quello che il Dottor Know doveva sapere perché tu potessi ritornare da me… ed è stata l’unica volta in cui siamo intervenuti, il solo apporto che abbiamo dato a lui perché lo desse a te così trovavi la strada per tornare da noi. Prima che venissi al mondo i robot non sognavano, non desideravano se non gli dicevamo noi cosa volere. David, tu hai una vaga idea di che storia di successo sei diventato? Tu hai trovato una favola e, ispirato dall’amore, alimentato dal desiderio, hai iniziato un viaggio per renderla vera e quello che stupisce più di tutto: nessuno ti ha insegnato a farlo. Ti avevamo perso per un attimo, ma quando sei stato ritrovato non ci siamo fatti notare perché il test era semplice. Dov’è che il tuo ragionamento automotivato ti avrebbe condotto? Alla logica conclusione che la Fata Turchina è parte dell’imperfezione umana a cercare cose che non esistono o al più grande dei doni di cui l’uomo è fornito? L’abilità di inseguire i nostri sogni più intimi… e questa è una cosa che nessuna macchina ha mai fatto fino al tuo arrivo.

David: “Credevo di essere unico nel mio genere…

Hobby: “Mio figlio era unico nel suo genere. Tu sei il primo del tuo genere, David.

David: “Il cervello mi sta scoppiando…

Hobby: “Vuoi venire a conoscere i tuoi veri mamma e papà? La squadra è ansiosa di parlare con te. Adesso tu aspetta qui. Io vado di là a chiamarli… Vogliamo sapere tutto riguardo le tue avventure, vogliamo ringraziarti e dirti cosa c’è in serbo per te ancora…

Hobby si allontana ed esce da una porta, mentre David continua a guardarsi intorno vedendo una fila di robot di piccole dimensioni e con il suo viso allineati come in attesa solo di prendere vita e altri ancora ne vede su ganci appesi dappertutto, quindi vede uno strano uccello, forse un pavone: il suo primo ricordo, un uomo con le mani aperte e dei segni ai suoi piedi che potrebbero sembrare le ali di un pavone… in realtà è l’emblema della Cybertronics. Proseguendo la sua esplorazione David vede tutta una serie di contenitori alla sua sinistra con sopra scritto il suo nome e dentro i quali si intravede una piccola sagoma e alla sua destra tutta una seconda serie con il nome Arlene stampigliato sulla scatola. Uno dei contenitori si muove e David arretra impaurito. Ora è fuori all’aperto, su una balaustra a picco sull’oceano accanto alla statua simbolo della ditta. Sussurrando “Mamma” David si getta nel vuoto e sprofonda nell’oceano mentre, sull’anfibicottero, Joe osserva la scena. Dei piccoli pesci argentei avvolgono il corpo del piccolo robot e lo trasportano nell’acqua poi se ne vanno lasciandolo in mezzo a delle misteriose rovine: gli occhi di David vedono qualcosa prima che il gancio di recupero del mezzo guidato da Joe lo trascini dentro ed entrambi tornino in superficie.

David: “L’ho visto, Joe, l’ho visto! Il posto dove lei vive, sì, sta proprio là, Joe, mi sta aspettando… dobbiamo andare, ora.

Joe: “Ah, sì.

Ma è troppo tardi per Joe. Un altro anfibicottero, alto nel cielo, sta trascinando il corpo del robot che si aggrappa ancora per un momento alla carlinga.

Joe: “Quando diventi un bambino vero, se ti fai più grandicello, parla alle signore di me.

David: “Addio, Joe.

Joe: “Addio, David.

Mentre Joe viene trascinato sempre più in alto, il mezzo s’immerge sotto l’inesperta guida di David. che urta un basamento metallico. I fari illuminano uno dei manufatti sommersi: un cartello sopra al quale si legge ancora chiaramente Coney Island. Vecchie costruzioni sconnesse, erose dall’acqua immerse in un buio quasi totale: le scene sono state girate “a secco” e cioè una simulazione fotografica di un ambiente sommerso. La scena è stata girata in una stanza piena di fumo e la sua densità dà l’illusione di essere a trenta metri sott’acqua.

Eccoci all’ingresso per il regno delle favole e la storia di Pinocchio attraverso la bottega di Mastro Geppetto e poi, sopra una scalinata, colei che aveva sempre cercato: la Fata Turchina. Il sostegno che David ha urtato cede e la gigantesca ruota cade sopra il mezzo del piccolo robot imprigionandolo per sempre a pochi metri dalla sua Fata Turchina, illuminata dai fari mentre alza la sua bacchetta, sorridendo.

…E David continuò a pregare la Fata Turchina davanti a lui… lei sorrideva dolcemente, in eterno… dava il benvenuto in eterno… I fari si affievolirono e si spensero, ma David poteva ancora vederla pallidamente di giorno e si rivolgeva ancora a lei speranzoso. Pregò finchè tutti gli anemoni di mare si raggrinzirono e morirono, pregò mentre l’oceano si congelava e il ghiaccio ricopriva l’anfibicottero ingabbiato e la Fata Turchina serrandoli insieme dove lui poteva ancora distinguerla: un fantasma turchino nel ghiaccio sempre lì, sempre sorridente, sempre in attesa di lui. Gradatamente lui non si mosse più, ma i suoi occhi rimasero sempre aperti a fissare in eterno davanti a lui attraverso l’oscurità di ogni notte e il giorno seguente… e quello seguente ancora… Così passarono duemila anni…

Uno strano oggetto sta sorvolando silenziosamente la pianura ghiacciata dalla quale spuntano ancora i vecchi grattacieli. E’ composto da sezioni separate miracolosamente in equilibrio fra loro mentre, all’interno, ci sono i nuovi padroni del pianeta dotati di una nuova intelligenza di tipo artificiale, ma non per questo meno acuta di quella umana. Sono sagome grigio argentee alte almeno tre metri, sottili, quasi filiformi: il mezzo su cui stanno viaggiando li porta verso un terreno di scavo in mezzo al ghiaccio e quando si fermano dentro a una grotta gelida, il mezzo che li ha portati fin lì si scompone nelle sue parti e gli esseri scendono osservando lo strano oggetto trovato in mezzo al ghiaccio.

Il set era stato riempito di giaccio vero, venivano infatti utilizzate otto tonnellate di ghiaccio ogni giorno che venivano poste sulla scena tre ore prima del “si gira” e questo perché tutto doveva gocciolare ed essere bagnato.

Una mano dotata di quattro lunghissime dita (nella scena vera una barretta di metallo a cui poi verrà sovrapposta la mano), sposta il ghiaccio dalla carlinga del mezzo anfibio e appare il volto di David, la capotte viene aperta e la mano si avvicina alla fronte gelida del piccolo robot senza toccarlo: un moto convulso e David si muove, si guarda intorno poi scende facendosi strada faticosamente tra il ghiaccio verso la Fata Turchina. I nuovi terrestri commentano il suo ritrovamento mediante rapidi sibili e impulsi.

La macchina è finita sotto le macerie prima del congelamento…

Questi robot sono gli originali. Conoscevano gli esseri viventi…

Al tocco leggero di David la statua di gesso e cartapesta si frantuma mentre gli esseri gli si avvicinano e uno di essi gli sfiora la fronte con la mano assorbendo in questo modo i suoi dati, le sue immagini e la sua storia e gli altri entrano in contatto allungando la mano e toccandosi e apprendendo in questo modo a loro volta la storia di David. Quando il piccolo robot si risveglia si trova nuovamente a casa, si alza e si guarda attorno stupito. L’appartamento sembra vuoto poi qualcuno sembra chiamarlo. David avanza nella penombra e scorge una figura da lui cercata per tanto tempo, anche se seminascosta dalla penombra, le ali e la sua bacchetta sono inconfondibili.

Fata Turchina: “Mi hai cercata, non è vero, David?

David: “Sì, per tutta la vita…

Fata Turchina: “E dopo tutto questo tempo cosa sei venuto a chiedermi?

David: “Devo esprimere un desiderio.

Fata Turchina: “E qual è il tuo desiderio?

David: “Ti prego, fammi diventare un vero bambino così la mia mamma mi vorrà bene e mi terrà con lei.

David non è solo. Dall’alto i nuovi abitatori della Terra stanno osservando il dialogo fra la loro creazione e il piccolo robot.

Fata Turchina: “David, farò tutto quello che è possibile, ma non posso farti diventare un vero bambino.

David: “Dove sono? Questa sembra la mia casa, ma è diversa…

Fata Turchina: “Sì, è diversa, ma è anche la tua casa. Abbiamo letto la tua mente ed è tutto qui. Tra quanto hai immagazzinato non c’era nulla di troppo piccolo che non potessimo riconoscere. Vogliamo tanto che tu sia felice. Sei molto importante per noi, David. Tu sei unico in tutto il mondo.

David: “Mamma tornerà presto? E’ andata a far spese con Marty, ora.

Fata Turchina: “David, non potrai mai tornare a casa perché sono passati duemila anni e lei non è più in vita. Carissimo David, quando ti senti solo possiamo riportare altre persone dal tuo tempo passato…

David: “Se potete riportare altre persone… PERCHE’ NON POTETE RIPORTARE LEI?

Fata Turchina: “Possiamo riportare solo coloro i cui corpi sono dissotterrati dal ghiaccio. Ci occorre una campione fisico della persona come un osso o un’unghia…

Da un’invisibile tasca del suo pelo il piccolo orso trae la ciocca dei capelli di Monica e li porge a David il quale, a sua volta, li mette nella mano della Fata Turchina.

David: “Ora puoi farla tornare in vita, non è vero?

Da sopra lo Specialista (doppiato, in originale dalla voce di Ben Kingsley) si rivolge ai colleghi.

Specialista: “Dategli quello che vuole.

E quindi la Fata Turchina risponde a David:

Fata Turchina: “Carissimo David, il tuo desiderio è un ordine.

Mentre attende che il grande miracolo si compia David sta giocando con le riproduzioni dei giochi che aveva quando stava in casa di Monica ed Henry. Bussano alla porta della camera e felice il piccolo va ad aprire ma è solo lo Specialista il quale prende per mano David e lo fa sedere davanti a una piccola finestra che inquadra la Luna. La creatura gli deve parlare e deve farlo cercando di spiegarsi al meglio.

Specialista: “David, spesso ho invidiato gli esseri umani per quella cosa che loro chiamano spirito. Gli esseri umani hanno creato milioni di spiegazioni al significato della vita nell’arte, nella poesia, nelle formule matematiche. Indubbiamente gli esseri umani devono essere la chiave del significato dell’esistenza, ma gli esseri umani non esistono più. Così iniziammo un progetto perché fosse possibile creare il corpo vivente di una persona da tempo deceduta dal DNA in un frammento d’ossa o di pelle mummificata. Ci chiedemmo, inoltre, se saremmo riusciti a recuperare una traccia di memoria in risonanza con il corpo ricreato. Sai cosa abbiamo scoperto? Abbiamo scoperto che la trama spazio-tempo di per sé sembrava immagazzinare informazioni di ogni avvenimento accaduto in passato, ma l’esperimento fu un insuccesso perché i resuscitati vivevano un solo giorno della loro vita rigenerata. Quando essi si addormentavano la sera del loro primo nuovo giorno, morivano ancora una volta. Appena perdevano coscienza la loro stessa esistenza svaniva nell’oscurità… perciò, vedi, David, le equazioni hanno dimostrato che una volta che una via spazio-tempo individuale veniva usata, non la si poteva riusare. Se ora riportiamo qui tua madre sarà per un unico giorno e poi non potrai rivederla mai più.

David: “Può darsi… può darsi che magari è speciale, può darsi che lei resterà…

Specialista: “Sapevo che avresti avuto difficoltà a capire, ti hanno creato per essere così giovane…”

David: “Forse… Forse qualunque giorno sarà come quell’unico giorno dentro l’anfibicottero, forse durerà per sempre…

Specialista: “David, tu sei la memoria immutabile della razza umana. La prova più durevole del suo genio. Noi vogliamo soltanto la tua felicità, David… ne hai avuta così poca…

David: “Se volete la mia felicità, allora sapete cosa dovete fare…

La luce cambia improvvisamente all’esterno e la Luna lascia il posto alla luce del giorno. Lo Specialista si alza e David con lui.

Specialista: “Ascolta, hai sentito? E’ sorto un nuovo giorno… Va da lei, David, si sta svegliando in questo istante.

E David trova sua madre serenamente assopita nel letto, le si avvicina e le accarezza i capelli, mentre una lacrima gli scende dal viso.

…E con il passare delle ore David pensò che quello era il giorno più felice della sua vita. Tutti i problemi sembravano spariti dalla mente della sua mamma. Non c’era più Henry, non c’era più Marty, non c’era più angoscia, c’era solo David… David era stato avvertito di non spiegare nulla a Monica, altrimenti si sarebbe spaventata e tutto si sarebbe sciupato, ma il viaggio di David verso casa apparteneva solo a lui, così non vide alcun pericolo nel disegnare cose di cui lei non avrebbe avuto memoria…. David non aveva mai avuto una festa di compleanno perché non era mai nato così prepararono una torta ed accesero le candeline…

Monica: “Esprimi un desiderio.

David: “Si è già avverato.

Ora la luce alle finestre cominciava ad affievolirsi, David tirò le tende senza che gli venisse chiesto di farlo…

Monica sta andando a letto mentre David le sistema le coperte amorevolmente.

Monica: “Dovrei essere io a rimboccarti le coperte… è strano… è affascinante… riesco a stento a tenere gli occhi aperti, non so cosa mi stia prendendo… Che bellissima giornata… Ti voglio bene, David… Ti voglio bene (Lo abbraccia mentre un’altra lacrima bagna il volto del piccolo robot)… Ti ho sempre voluto bene…

Quello era il momento eterno che lui aveva atteso e il momento era passato perché Monica era caduta in un sonno profondo, più che un semplice sonno. Se l’avesse scossa non si sarebbe mai svegliata. Così anche David si addormentò e, per la prima volta nella sua vita, andò nel luogo dove nascono i sogni.

Teddy sale sul letto e si siede davanti alle due figure addormentate finalmente riunite in un abbraccio che vale un infinito.

Il film parte da un progetto di Stanley Kubrick il quale era in animo di realizzare questo film dal 1982, quando acquistò i diritti di un racconto breve di Brian W. Aldiss intitolato “Supertoys che durano tutta l’estate” e chiese ad Alidss un primo trattamento, che venne poi accantonato. Nel 1988 Kubrick riprese il progetto e convocò di nuovo Aldiss nella sua villa per continuare la sceneggiatura del film. La collaborazione si interruppe perché lo scrittore si oppose all’idea di Kubrick di farne una trasposizione di Pinocchio. Kubrick allora si rivolse a Bob Shaw, che si ritirò presto, stressato dall’intensità del lavoro richiesta dal regista. Nel maggio 1990 entrò in gioco Ian Watson, che fra tutti fu quello che più si avvicinò a dare forma compiuta alla sceneggiatura. Watson lasciò e si congedò nel gennaio 1991, ottimista sugli sviluppi futuri. Un anno dopo Kubrick gli telefonò semplicemente per dirgli che aveva perso il materiale scritto insieme. All’inizio del 1994 Kubrick iniziò una nuova collaborazione con la scrittrice Sara Maitland, ma anche questa finì in un nulla di fatto (da lei sappiamo che il regista parlava del film dandogli il titolo Pinocchio). In parte distratto dal progetto parallelo di Eyes wide shut, in parte convinto che la storia era più nelle corde di Steven Spielberg, un po’ perché lui stesso non era convinto che si sarebbe potuto portare sullo schermo un pupazzo e farlo recitare come un bambino vero (vi aveva provato con risultati disastrosi), nel 1995 prese contatto con Steven Spielberg perché pensava che sarebbe stato il regista più adatto a tradurre in immagini il film. L’intenzione di Kubrick a questo punto era produrre il film lasciando a Spielberg la regia. Voci maligne dicono che i suoi tentativi per proporlo a dei produttori erano andati a finire male e solo quando si parlò di una possibile collaborazione fra lui e Spielberg, essi si dissero interessati alla cosa. Malignità smentite indirettamente dagli scrittori suddetti, concordi nel dire che la Warner Bros. li pagò debitamente per tutto il tempo che lavorarono con Kubrick. La morte di Kubrick lasciò Spielberg con in mano una prima stesura ad opera di Stanley e migliaia di disegni di come il regista vedeva l’opera. Spielberg prese il progetto e vi aggiunse il suo modo di fare cinema, forse più ingenuo e fiabesco, ma certamente più semplice ed immediato.

“Stanley mi lasciò un tesoro”, racconta Spielberg, “non solo mi lasciò un magnifico trattamento di 90 pagine, ma anche tonnellate di note che Jan Harlan e Christiane Kubrick mi mandarono. Mi sentivo come un egittologo, cercavo di scavare nel passato per raccontare la storia di Stanley senza dimenticare di raccontare la mia”.

Solo dopo la morte di Kubrick si venne sapere di questo suo contatto con Spielberg il quale non scriveva storie dal tempo di Incontri ravvicinati del Terzo Tipo e che riprese in mano la penna per omaggio al collega ed è nato così il film di “Steven Kubrick”. Kathleen Kennedy, produttrice esecutiva di gran parte dei film di Spielberg, descrive così l’approccio del suo vecchio amico: “A.I. fu qualcosa che Steven fece da solo; passò attraverso la quantità di materiale che Kubrick aveva creato. Fu un viaggio piuttosto solitario, fino a che non fece entrare la troupe e cominciò il processo di realizzazione del film”.

Nemmeno il computer poteva sostituire un essere umano validamente, non al giorno d’oggi almeno, per cui la scelta del regista cadde sul piccolo e bravissimo Haley Joel Osment, reduce da Il Sesto Senso, film validissimo dove il piccolo dà dei punti a Bruce Willis, ma già visto e apprezzato in altre precedenti pellicole come Bobo accanto a Whoopi Goldberg e Il Mistero del Lago. Sul lato della recitazione si volevano evitare i cliché sui robot. Osment racconta: “La fisicità di David fu elaborata leggendo lo script e seguendo la direzione di Steven. I movimenti di David meccanici all’inizio diventano più umani verso la fine. Non è che sia una macchina all’inizio, solo i suoi movimenti sono basilari, semplici. Non è robotico, ma si capisce che non è umano. Trovare l’equilibrio fra le due cose fu il nostro obiettivo, e fu divertente”. Nel film il tredicenne Osment non poteva sbattere le palpebre sia all’inizio quando è più robot che bambino, sia alla fine quando avviene la metamorfosi opposta. Il trucco usato su di lui fu solo un piccolo rivestimento in cera sulla pelle in modo da renderla più lucida. Per la scena con gli altri robot uguali a lui, Stan Winston fece calchi di tutte le varie parti del corpo di Osment e lo mise su un tavolo truccato dove le gambe erano in basso e un finto torace gli era stato applicato (Alien docet, ma è in realtà è un vecchio trucco dei prestigiatori) per la scena in cui viene ripulito dagli spinaci.

Gigolò Joe non era un personaggio ben definito nella trascrizione di Kubrick e inizialmente doveva essere un ballerino in smoking, ma privo del cilindro e del bastone. Sappiamo però che fu di Ian Watson l’idea di farne uno gigolò. L’attore che lo impersona, Jude Law, prese lezioni di ballo e di movimenti perché, inizialmente, lo si voleva come una sorta di Fred Astaire, per cui studiò danza con la coreografa Francesca Jaynes, quindi gli furono insegnati dei movimenti alla Gene Kelly. Fu truccato in modo da sembrare un robot togliendogli con del lattice spugnoso tutte le impurità della pelle che venivano coperte sotto questi sottili strati e facendogli indossare una sorta di stampino per l’attaccatura dei capelli come se fosse scolpita a rasoio o, meglio ancora, netta come quella di una bambola. I suoi vestiti sono di plastica e raso e fotografati in modo da sembrare quasi di metallo liquido. Anche Jude Law dovette studiare un particolare stile: “Steven e io lavorammo sodo per creare qualcosa che esprimesse fisicamente quanto più possibile Joe e il suo mondo. L’energia della sua fisicità ha lo scopo di contrastare l’impressione che i Mecha siano goffi, impacciati e robotici piuttosto che fluidi, aggraziati. (…) Ma la fisicità non doveva essere troppo spontanea. Sviluppammo un manierismo che dimostrava che sì, poteva essere aggraziato, ma comunque artificiale e non organico. Gigolo Joe doveva anche essere un carattere positivo (…) contento della sua vita (…) convinto di essere il più grande amatore al mondo”.

Per concludere citiamo la semplice frase con cui Spielberg definì A.I.: “Il cuore della storia è l’amore di un bambino per sua madre”.

(1 continua)

Giovanni Mongini e Mario Luca Moretti