IL FANTASTICO DI EDIZIONI VOCIFUORISCENA

Arrivano dalle Edizioni VociFuoriScena tre proposte davvero interessanti per le vostre letture invernali, provenienti da tre aree geografiche diverse.

Cominciamo con la pubblicazione in un’unica soluzione di un interessante dittico nella collana “Lapis – Area finnica”: si tratta della saga de GLI ALCHIMISTI di Antti Tuuri. I due volumi, due romanzi a metà strada fra i genere drammatico, lo storico e l’esoterico, si intitolano GLI ALCHIMISTI I: UN AMORE TERRENO (386 pagine; 19 euro) e GLI ALCHIMISTI II: LE NOZZE CELESTI (376 pagine; 18,05 euro) a sono stati curati e tradotti da Marcello Ganassini.

Il primo volume del dittico GLI ALCHIMISTI, intitolato UN AMORE TERRENO, presenta il nobile August Nordenskiöld, direttore del Dipartimento minerario finlandese e seguace di Swedenborg, che nell’inverno del 1787 si accinge a un esperimento che liberà il mondo dalla schiavitù del denaro: la fabbricazione dell’oro. Il laboratorio e il crogiolo sono pronti, manca solo il carbone che dovrà tenere acceso il fuoco per almeno dodici mesi. Come aiutante il “Capitano minerario” convoca il nipote Carl Fredrik Bergklint. La fede nell’alchimia come seme capace di generare l’Uomo nuovo deve, tuttavia, fare i conti con le tempeste della vita. L’amore per Katariina mette in crisi la fiducia di Carl Fredrik nella ragione come chiave di elevazione spirituale, assumendo così i tratti di una prova iniziatica. La tenacia dei due uomini acquisterà, nel clima mutevole e contraddittorio dell’illuminismo gustaviano, i tratti di un’ispirazione mefistofelica.

Nel proseguo del romanzo intitolato LE NOZZE CELESTI, August Nordenskiöld è in bancarotta, il suo esperimento alchemico è fallito. Da Stoccolma giunge una lettera dal barone Munck che propone a Carl Bergklint di proseguire l’opera alchemica sotto la guida del re: a Drottningholm la corte ha preparato un laboratorio per dare avvio alla fabbricazione dell’oro. A Stoccolma Carl incontra l’occultista Gustav Björnram dal quale riceve una copia delle “Nozze alchemiche” di Rosenkreutz, libro che, nel suo viaggio verso il regno celeste, sarà l’unica bussola a condurlo da Katariina, la sua promessa sposa morta prima delle nozze terrene. Tra crogioli e alambicchi, Carl comprende che il fuoco del suo amore terreno ha generato qualcosa di più prezioso dell’oro: l’esperienza sensibile non è più solo il sogno dell’anima innanzi al cosmo rivelato, ma ha in sé il peso tangibile e misurabile dell’esistenza, la preparazione alle nozze celesti.

La seconda proposta è ancora un dittico, questa volta per l’area ispanoamericana della collana “Lapis”: si tratta di VOCE LONTANA (280 pagine; 16 euro) e di THANATHOPIA (232 pagine; 15 euro) di Rubén Darío, due antologie di racconti fra il surreale, il mitologico e il fiabesco su traduzione e a cura di A. Laura Perugini, con cura e note di Dario Chioli e presentazione di Oliviero Canetti.

Lo scrittore e poeta nicaraguense Rubén Darío (1867 -1916), formatosi sotto il segno della bohème francese e del parnasse contemporain, aveva condotto una vita sregolata e dispendiosa che lo portò a una morte prematura a soli quarantanove anni. Non riuscì, tuttavia, a divenire il poeta “maledetto” a cui aspirava, come Edgar Allan Poe, di cui aveva un vero e proprio culto.

Rubén Darío era un uomo fragile, cedevole ai vizi, sensibile al fascino femminile, non trovò mai un equilibrio con i sensi di colpa dovuti alla sua educazione cattolica. La sua fede si confrontava quotidianamente con il soprannaturale, il magico e si mescolava alle superstizioni di Nicaragua, traendo forza dagli incubi che lo tormentavano fin dall’infanzia. Le cosiddette “scienze occulte” lo attraevano in maniera morbosa ma, allo stesso tempo, lo riempivano di inquietudine e di angoscia. In queste cifre si racchiudono alcune tematiche che permeano la sua poesia, che ha trasformato la letteratura in lingua spagnola e per la quale Darío è famoso, ma sono centrali anche nei suoi testi in prosa.

Ingiustamente oscurati dalla grandezza dell’opera poetica, i suoi racconti sono invece una parte indispensabile dell’universo letterario dariano. A partire dai testi giovanili, in cui il narratore rievoca il mondo meraviglioso della mitologia greca, riscrive le leggende cavalleresche, attualizza i racconti di fate, viene sedotto dagli scenari esotici delle “Mille e una notte”, il Ruben Darío maturo esplora territori oscuri e inquietanti. Dagli apologhi ispirati alla Bibbia o alle leggende agiografiche, si arriva al vero e proprio racconto del terrore, dove allucinazioni indotte dalle droghe, materializzazioni sepolcrali, fenomeni inspiegabili e presenze diaboliche, unite a un opprimente senso del peccato e della morte, gettano un velo d’incubo sull’antico mondo di ninfe, fate e principesse.

Quest’edizione in due volumi (VOCE LONTANA e THANATHOPIA) dei racconti fantastici di Rubén Darío, la più ampia fino a oggi pubblicata nel nostro Paese, è grosso modo organizzata secondo una scansione tematica e tenta di dissipare la matassa delle molteplici influenze culturali e umane che confluirono nel vasto corpus prosastico del grande autore nicaraguense.

La terza e ultima proposta delle Edizioni VociFuoriScena è invece totalmente italiana: si tratta del romanzo AD BESTIAS (174 pagine; 14,25 euro) di Mario Corte, pubblicato nella collana “I ciottoli”, un lavoro che spazia dal drammatico allo psicologico fino a raggiungere punte di un surreale fantastico senza mezzi termini.

Michelino ha sei anni e una sfrenata fantasia. Percepisce nella notte il rumore di enormi aeroplani fantasma che girano attorno al suo palazzo e, nel magico squallore del suo quartiere, discute con i suoi amici immaginari.

Nato quando l’odore di polvere da sparo della guerra si sta ancora dissipando, Michelino ignora che le vere insidie non si nascondono nelle granate e nelle bombe inesplose, che tanto preoccupano nonna Celeste, bensì nei recessi della sua stessa famiglia.

Condannato “ad bestias” come nel circo della Roma imperiale, in balia di belve umane che lo strappano al suo mondo di innocenza e lo trascinano nei loro vizi, nelle loro vendette trasversali, nei loro sortilegi, malefici e sabba stregoneschi, Michelino vive un inferno ingiustificato e capisce che nessuno può aiutarlo. I genitori troppo ingenui, la nonna buona, il frate a cui ha taciuto l’unico “peccato” che avrebbe voluto raccontare, sono fantasmi che si scioglierebbero come cera se fossero sottoposti alla tortura della verità. Non sono pronti: le loro facce, i loro sguardi vacui testimoniano una stanchezza di fondo e il desiderio di salvaguardare uno stato di pace, per quanto effimero sia.

Per fortuna ci sono gli amici immaginari: c’è Davy Crockett, c’è il frizzante filosofo francese e, soprattutto, c’è Durgā, la dea indiana dalle molte braccia, che cavalca una tigre.

Quella di Michelino è la storia di ogni bambino inascoltato, dell’esclusione e della solitudine a cui i grandi  spesso consegnano chi sta solo tentando di comunicare, e di vivere fuori dalla paura.

Buona lettura.

A cura della redazione