Se Werner von Braun è considerato il padre dell’astronutica, il russo Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij (1857-1935) ne fu il nonno. Anche se nel corso della sua vita nessuno dei suoi progetti fu realizzato, molti di essi prefigurarono (e ispirarono) il volo nello spazio e perfino i voli sulla Luna: basti citare il razzo a più stadi.
Scrisse 500 lavori, che spaziarono dall’aeronautica all’astronautica, dall’astronomia ai viaggi interplanetari, dall’astrobiologia alla fisica. Ma scrisse anche vari racconti e romanzi di fantascienza, che Ciolkovskij considerava come “propedeutici” ai suoi studi: la fantasia come “carburante” per le innovazioni scientifiche. Arthur C. Clarke, suo grande ammiratore, lo omaggia incentrando il suo romanzo “Le fontane del Paradiso” (“The Fountains of Paradise”, 1979) proprio su un progetto di Ciolkovskij, quello dell’ascensore spaziale.
Il primo dei suoi lavori “fantascientifici” è la novella “Na Lune” (“Sulla Luna”), scritta nel 1887 e pubblicata per la prima volta nel 1892 in due puntate sulla rivista “Vokrug Sveta”.
I due anonimi protagonisti, l’io narrante e il suo amico, presentato solo come “il fisico”, si risvegliano nella casa del narratore, e uscendo si ritrovano inspiegabilmente in un ambiente brullo e montagnoso, senza acqua ma con leggi fisiche insolite. I due sono scienziati, e con le loro conoscenze, la loro strumentazione e la loro capacità di osservazione realizzano di trovarsi sulla Luna, senza darsi troppo pensiero su come la casa si sia spostata fin lì e come riescano a respirare senza ausili particolari. I due scienziati così si dedicano a numerosi esperimenti, soprattutto relativi agli effetti della diversa forza di gravità, un sesto di quella terrestre, e poi approfittano della velocità di spostamento a piedi data dalla loro leggerezza per esplorare il satellite, osservando il comportamento del cielo stellato, del Sole, dei periodi del giorno, e soprattutto della Terra, che vista dal di fuori appare un mondo ricco di stupefacenti meraviglie. I due continuano poi l’esplorazione del brullo paesaggio lunare, sperando di trovare tracce di acqua e di vita. Ma sarà l’esplorazione del lato oscuro della Luna a presentare sorprese e pericoli…
Nonostante la favolistica premessa (che trova una prevedibile spiegazione nel finale), “Sulla Luna” è una novella ricca di dettagli scientifici e tecnici, molto precisa nel descrivere la realtà fisica della Luna (per quanto se ne conosceva alla fine dell’Ottocento, almeno), oltre le conseguenze che queste avrebbero sul comportamento e la fisicità umana. Ma questa meticolosità non intacca minimamente (anzi in qualche modo arricchisce) il senso di stupore e di meraviglia di fronte alle scoperte dei due protagonisti, raggiungendo un senso di poesia immaginifica e incantata, più che onirica.
E particolarmente impressionanti sotto questo punto di vista sono i momenti dedicati alla Terra vista dalla Luna, o l’episodio dell’eclisse solare, che vista dalla Luna consente un’ulteriore, insolita visione della Terra: sono momenti in cui Ciolkovskij riesce a ricreare visioni familiari, monti, cieli, nubi, mari, con un’inventiva fantasiosa che dà un’immaginifica intensità poetica a ciò che ci passa quotidianamente sotto gli occhi. Ma allo stesso tempo l’autore si rivela un brillante scrittore d’avventura, inserendo nei momenti giusti episodi carichi di sapiente tensione dove il narratore e il fisico, insieme alla meraviglia e alle scoperte, incontrano pericoli dati da quella stessa natura che la coppia attraverso con avidità ma anche inesperienza e leggerezza.