LA CACCIATRICE DI SPIRITI 06: LA BATTAGLIA FINALE

Alla riunione dei Vegliardi dell’Ultima Notte appena successiva all’uccisione del clan dei Brusaporti, avevo raccontato quanto accaduto. Tutti i presenti erano rimasti allibiti, nessuno poteva credere che quelle persone stessero complottando con gli Stregoni per tornare alle loro vecchie abitudini. All’apparenza sembrava che il clan estinto non avesse ancora reclutato persone come aveva intenzione di fare, ma l’esperienza insegnava di essere prudenti e di non dare niente per  scontato. Shamandala camminava silenziosamente dietro ai Vegliardi seduti e sospiranti, in certi casi anche ammutoliti. Voleva leggere il pensiero di tutte queste persone: chiunque poteva tranquillamente fingere stupore e tramare nell’ombra.

A riunione finita, ci avviammo tutti a casa.  Era una bella serata, senza nuvole. Si vedevano le stelle e l’aria era fresca, il cielo limpido ed eravamo piuttosto rilassati. Ovviamente pensavamo alle prossime mosse degli Stregoni, però potevamo affrontare la questione a mente serena, senza preoccupazioni irrazionali. Il nonno, diplomatico come era, riteneva opportuno stare in guardia e studiare la situazione che andava evolvendosi. Secondo lui era opportuno osservare da vicino non solo gli Stregoni, ma anche gli altri Vegliardi, sarebbe stato utile anche redigere una sorta di lista per verificare chi era con noi o contro di noi. La conclusione della questione, aveva detto, era questa: gli Stregoni volevano non solo eliminare tutti i clan dei Cacciatori insieme a questi ultimi, ma volevano distruggere anche l’unica persona che poteva fermarli, ossia la Cacciatrice della profezia. Sicuramente sapevano di questa storia, doveva essere stata raccontata loro dai Brusaporti.

Mio padre ed io, invece, avremmo voluto organizzare una trappola: ci sembrava quasi facile poter fregare gli Stregoni con un’imboscata sicuramente formidabile ma ancora da pianificare. Però, appena dopo averlo pensato, questo progetto ci sembrava da fuori di testa. L’unica cosa da fare era davvero stare in campana, come diceva il nonno.

Era passata da poco l’ora di cena, ma noi non avevamo fatto in tempo a mangiare. Il nonno aveva tardato con le sue faccende, quindi eravamo partiti piuttosto velocemente. In più la mamma e la nonna avevano deciso di andare al cinema, pertanto a casa nessuno ci aspettava. Durante il viaggio sentivo il mio stomaco e quello degli altri gorgogliare per la fame e, visto che nessuno si decideva, proposi di andare da qualche parte a mangiare una pizza. Non avevo nemmeno voglia di lavare i piatti a fine cena, quindi cercai di convincere gli uomini di casa. Accettarono subito: neanche loro avevano voglia di cucinare, di apparecchiare e di sparecchiare. Poi alle volte è bello essere serviti. Decidemmo di andare a mangiare in una pizzeria piuttosto modesta che conosceva papà. Parcheggiammo ed entrammo subito. Il locale era semivuoto, dalla televisione veniva trasmessa una partita e i pochi avventori erano come risucchiati dalla telecronaca. Ci sedemmo e, dopo esserci confrontati sulle pizze scelte, chiamammo la cameriera per l’ordinazione. Stavamo aspettando e la nostra conversazione era ormai ridotta a monosillabi: il papà e il nonno parevano pronti ad entrare nel televisore, osservando la partita con occhi sgranati e bocca socchiusa, nell’attesa di qualche azione spettacolare. Nessuno ci badò, quando si sentì cigolare la porta della toilette proprio davanti al nostro tavolo, e neanch’io ci avrei fatto caso se non fosse per una tizia, proprio davanti alla porta del bagno, che teneva in mano un sacchetto pieno dei suoi denti. Sul sacchetto c’era attaccato un biglietto in cui veniva indicato il proprietario del contenuto. La ragazza, dai capelli rossi intrecciati con nastrini verdi, aveva un’espressione stravolta. Non mi disse niente, si limitò a passarmi accanto e a guardarmi con occhi infelici. Poi sparì, o meglio, oltrepassò il muro che divideva il locale dal ripostiglio sul retro. Il papà e il nonno non si accorsero di niente e neanche mi domandarono perché me ne stavo imbambolata sulla sedia a bocca aperta.

Dopo la cena tornammo a casa. La notte era sempre più limpida e i miei due accompagnatori, finalmente a pancia piena, erano decisamente più socievoli. Anch’io me l’ero proprio gustata quella pizza, la ragazzina senza denti come l’avevo vista me l’ero dimenticata e non sentivo la necessità di raccontare agli altri quanto visto. Pensavo a Shamandala. Era andata a spiare i clan nelle loro dimore, per controllare se gli Stregoni avessero già trovato dei lecchini per rimpiazzare i Brusaporti. Ero molto presa da questo pensiero che, quando ci fermammo al semaforo, il vedere una tizia che teneva la sua testa in braccio mi spaventò molto. Fu inevitabile strillare, ma, allo stesso tempo, cercai di tranquillizzare i miei familiari. Dovetti raccontare quanto successo al ristorante e, una volta a casa, mi accorsi che la pelle mi bruciava, esattamente all’altezza del mio tatuaggio. Aiuto, mi dissi, e mi diressi in camera, dove trovai seduto sul letto un uomo che teneva su un piatto d’argento  i suoi bulbi oculari e un biglietto. Su questo non vi era scritto chi era ma questa frase: GUARDATI LE SPALLE.

Questa volta dovevo essermi proprio spaventata, dato che mi ero risvegliata stesa sul divano circondata dai miei familiari. Anche la mamma e la nonna erano accanto a me quando raccontai cosa avevo visto, specialmente dell’ultimo fantasmino seduto sul mio letto, sembrò inevitabile che fra quelle visioni ci fosse una specie di legame. Era strana questa faccenda: nessuno di questi aveva tentato di farmi del male, anzi, se ne stavano là imbambolati come se volessero comunicarmi qualcosa. Non credevo che fossero mandati dagli Stregoni: in quel caso avrebbero tentato di farmi la pelle. La mamma non escludeva però che loro non avessero a che fare con quelle strane apparizioni. Sosteneva che forse volevano confonderci, imbrogliarci o qualcosa d’altro. Dovevamo rimanere attenti. Ad un certo punto, praticamente dal nulla, comparve Shamandala, pronta per il suo resoconto. Aveva osservato i diversi Vegliardi con le loro famiglie per diversi giorni e non aveva trovato niente. Aveva fatto persino dei sortilegi che permettessero ai loro più reconditi segreti di venire a galla e, oh sì, aveva trovato delle cose vergognose e imbarazzanti ma niente che tradisse dei legami con gli Stregoni. Le raccontai quanto visto. C’è da dire che potessi raccontarle qualsiasi cosa, Shamandala non permetteva a nessuna emozione di trasparire dal suo viso. Non ero nemmeno certa che ne provasse, però, dopo aver ascoltato di spiriti senza denti o senza bulbi oculari, sgranò leggermente gli occhi. Mi disse di non spaventarmi,  che non era niente di grave e che erano solamente gli spiriti dei discendenti delle Fate Bianche che venivano a trovarmi. Ricordavo a malapena chi fossero; la mamma però se li ricordava  bene, dato che Vlore li aveva fatti sospettare l’uno dell’altro talmente bene che si erano ammazzati fra loro. Come tutti coloro che muoiono di morte violenta, anche i discendenti delle Fate Bianche erano destinati a sopravvivere nello spirito e non trovare riposo. Nonostante questo, solitamente non creavano disastri ed era per questo motivo che io non avevo mai avuto a che farci. Effettivamente, diceva Shamandala, qualcosa ora doveva esserci, se tutti loro sentivano la necessità di riferire, a modo loro, con la Cacciatrice della profezia. Ogni spirito insonne aveva ripreso a vagare, non era tranquillo e se non lo era il motivo era che gli Stregoni si stavano preparando ad una grande battaglia.

Rimasi perplessa. Battaglia? Presupponeva che si avessero degli alleati. Chi erano? Non sapevamo chi fossero i loro  e neanche noi sapevamo di chi poterci fidare. Sbuffavo. Che casino. Però se tutti gli spiriti dei discendenti delle Fate Bianche stavano venendo da me…era forse il caso di sentire gli altri Cacciatori? Dovevo sapere se anche loro avevano ricominciato nelle loro attività e, meglio, se venivano cercati da questi spiriti. Magari non era una cosa che stava capitando solo a me. Lo dissi ai miei familiari e nel giro di un paio d’ore eravamo tutti di nuovo al castello di San Vigilio.

« Buonasera a tutti. Sono stata molto sintetica nella telefonata, me ne rendo conto, è che mi sembrava solamente di allarmarvi per niente se avessi detto al telefono  che ci stiamo preparando ad un conflitto con gli Stregoni. Ne sono convinta, ci sono dei segnali. A me sta succedendo questo: sono stata avvicinata dagli spiriti dei discendenti delle Fate Bianche, che sono stati distrutti tempo fa da Vlore. E’ come se volessero parlarmi, ma è come se non potessero farlo nei modi tradizionali, pertanto mi portano dei biglietti. Nell’ultimo che mi è stato consegnato c’era scritto, in soldoni, di stare attenta…volevo sapere se anche gli altri Cacciatori avevano ricominciato ad avere incontri, per così dire, particolari.».

Nella sala nessuno fiatò; poi, ad un tratto, il Cacciatore del clan dei Cridenzi si alzò in piedi e prese la parola.

« Sono stato seguito da una famiglia i cui membri erano tutti decapitati, trascinavano la loro testa, legata ad una catena e questa legata ai loro polsi. Rantolavano, parlavano un dialetto che ricordava il latino, e mi dicevano di stare in guardia, che la fine era quasi arrivata. » .

Dopo di lui altri Cacciatori parlarono, raccontando di spiriti che lasciavano messaggi in francese sui muri delle loro case e di altri che, invece, avendo loro strappato la lingua, si divertivano ad apparire nei sogni per annunciare a gesti e strattoni catastrofi imminenti.

Quindi gli spiriti non erano venuti solo da me. Bé, era comunque giunto il momento di darsi una mossa. Facemmo tutti un giuramento: avremmo dovuto stanarli, quei maledetti Stregoni, e fare in modo che tutto finisse. Nessuno doveva attentare all’unità dei clan dei Cacciatori. Avremmo dovuto distruggerli prima che loro potessero farlo a noi. Se l’avessero fatto il mondo sarebbe sprofondato nella tenebra più cieca, attraversato dagli spiriti maligni e dagli stregoni amici di Vlore e Olaf. Eravamo pronti a partire, d’accordo che ci saremmo tutti avviati alla cascina al Serio Morto. Quando, appena usciti nel cortile esterno del castello, ci rendemmo conto di essere circondati dagli spiriti dei discendenti delle Fate Bianche, rimanemmo tutti sconcertati. Capimmo però che ci stavano proteggendo: al di là della loro barriera c’era un gruppo indistinto che circondava il castello di esseri neri, sporchi, puzzolenti che si lamentava. Fra loro c’era chi affilava coltelli, chi preparava mazze e bastoni e chi sistemava archi e balestre. Bah, chissà da dove venivano, mi domandai, con quelle armi piuttosto datate. Neanche il tempo di rispondermi che il cielo si illuminò a giorno: una grande palla di fuoco esplose scaraventandoci a terra. Ci rialzammo tutti prontamente, io invocai con il pensiero Shamandala e i suoi fratelli, qua si stava per scatenare qualcosa di grosso, chissà se ce l’avremmo fatta. « Cacciatrice!» da sopra di me Vlore, a testa in giù, mi chiamava urlando. Lei e suo marito avevano violato la loro prigione. Non feci nemmeno in tempo a rispondere che Olaf si materializzò alle mie spalle e mi prese, bloccando gli altri Cacciatori. Erano congelati ed io pensavo che fossi spacciata. Però, mentre Olaf mi sussurrava sconcezze nell’orecchio, ecco che mi sentii dentro quella forza assurda che mi aveva permesso di catturare il sicario. Lo Stregone mi chiuse dentro una gabbia molto piccola, disposta in modo che io potessi osservare il massacro che si stava per compiere. Non potevo permetterlo. Sentivo la forza dentro di me crescere sempre di più, non potevo lasciare  che quella carneficina venisse compiuta…la gabbia esplose, i due Stregoni, che non se l’aspettavano, volarono verso di me tirando fuori gli artigli. Mi graffiarono più volte la faccia, mi picchiarono pesantemente, gridandomi degli insulti nel loro dialetto incomprensibile. Di quei momenti ricordo che vedevo me stessa dal di fuori, ancora come quella volta con il sicario. Mi vidi crescere, divenire più grande dei due Stregoni, prendere le loro teste e spaccarle letteralmente tra loro. Urlavo e, appena fui sicura di averli tramortiti, li bruciai grazie al mio potere, tanto per stare tranquilli.

Appena sistemati quei due sapevo già chi andare a prendere: non si erano ancora fatte vedere, ma dovevano esserci anche le streghe, le sorelle di mia madre. Le trovai rannicchiate in mezzo alla mischia, speravano di non essere viste, dopo che avevano assistito a quanto era successo ai loro genitori avevano ritenuto non necessario fare le spaccone con me. Tremavano tutte, poverine, mi facevano quasi pena, quindi decisi di non ucciderle e le imprigionai in una muraglia di fuoco.  Brontolai qualcosa ed ad un tratto l’esercito degli Stregoni si dissolse nel nulla.

Ricordo che mi risvegliai nella sala degli incontri dei Vegliardi dell’Ultima Notte, circondata da questi ultimi, dai Cacciatori e dai miei familiari, tutti felici e premurosi nei miei confronti. Gli Stregoni erano finalmente stati sconfitti, saremmo tutti potuti tornare alla nostra quotidianità. Erano scomparsi anche gli spiriti dei discendenti delle Fate Bianche, avevano finalmente concluso la loro avventura di spiritelli disturbatori. Eravamo già a casa quando mi ricordai delle figlie dei due Stregoni. Chissà dov’erano finite, pensai che le avesse prese Shamandala e avevo ragione. Le aveva imprigionate in uno degli anfratti dell’Artico, congelate ma tenute in vita, sorvegliate. Mi chiese se volevo ucciderle ma a me andava bene  così. Sarebbero potute tornare utili, non si sa mai nella vita.

Come quella degli altri Cacciatori, anche la mia vita ricominciò ad essere tranquilla. Qualche volta sì, qualche spirito piuttosto scalmanato lo trovo ancora, ma, rispetto a quanto passato con gli Stregoni, queste sembravano passeggiate di salute. Sono sempre sul chi va là però, buona dote di una cacciatrice di spiriti è non abbassare mai la guardia.

Roberta Lilliu