Verso le terre di Re Asamoad
“Ahi!” urlò l’Allaghèn, portandosi una mano fra i capelli corvini.
Tellin corse verso di lui: “Mi dispiace, non volevo prenderti, ma il vento ha giocato un brutto scherzo!”
“Mi hai fatto male! Cos’è quest’affare?” fece raccattando fra la neve una specie di disco di lattice d’albero.
“Ti ho detto, non volevo colpirti!” se ne uscì seccato il principe Lacerta “Dai qui!”
“Sta’ attento a non combinare disastri!” ringhiò l’Allaghèn.
“Ma perché sei così sulla difensiva? Non ti ho neppure sfiorato!”
I denti e gli artigli del Lacerta dicevano il contrario all’Allaghèn: lo avrebbero presto sfiorato, magari all’ora di cena. Correre. Saltare attraverso i predatori. Infligger loro un’umiliazione grottesca: questo desiderio più forte della sua naturale ritrosia lo pervase. Cedette il gioco al rettile.
“Da’ qua!” fece questi “Invece di essere così rigido guarda che volo prende!” lo lanciò per aria. I colori divennero una spirale mentre volteggiava verso gli altri rettili che aspettavano nel campo. Gli occhi dell’Allaghè vennero attratti sul soffice volo di quella gomma.
“Oh, voi, ripassatemelo!” sbraitò Tellin tirandolo ai suoi amici con un balzo impressionante.
Questi lo assecondarono, rilanciandolo.
“Attento, Allaghèn, prendilo tu, se sai arrivare tanto in alto!” urlò il Principe.
Lo stava sfidando? Quelle grosse zampe artigliate non potevano di certo competere con le sue, sinuose e adatte per correre a una velocità senza pari. Scattò in alto, tanto in alto che Tellin si lasciò sfuggire un fischio di sorpresa alla maniera dei rettili.
Quando toccò di nuovo terra, il rettile: “Passamelo, adesso!”
“Vieni a prenderlo! Balzò di nuovo, ma in avanti.”
“Dannata fiammella blu!”
Avrebbe sfiatato quel carnivoro, facendogli perdere tutta la sua sicumera di signorotto . L’astio presto si trasformò smania di correre, dar fondo a ogni risorsa in corpo. Inciampò, e Tellin lo raggiunse. Per un attimo ebbe terrore delle sue zanne, ma poi, qualcosa gli disse che quei denti non erano coltelli, e che la bocca dentro cui erano, stava ridendo, alla sua maniera. Anche le labbra dell’Allaghè si tirarono in una risata, i due cominciarono un finta contesa, rotolandosi nella neve.
La coda del rettile poteva essere usata come corda da traino. Sopraggiunsero gli altri Lacerta, la fantasmagorica rissa ormai aveva occupato l’intero campo nei pressi delle tende degli Uomini.
Uno dei Lacerta urtò per caso Adam.
“Mi scusi tanto, signore!” fece, costernato, spazzandosi via la neve dal mantello.
L’Uomo alzò lo sguardo verso il groviglio di risate e corpi: “Questo non l’avrei mai detto!”
Si levò il cappuccio, in un gesto stupito: “Un Allaghèn che gioca in mezzo a un gruppo di Lacerta. Se me lo avessero raccontato, non vi avrei creduto di certo.” Sospirò.
“In genere un Allaghèn evita un gruppo di predatori.” Replicò Garaegor attratto anche lui da quel parapiglia.
“Già, ma credo che tutti avessero una gran voglia di scaricare la tensione. E di vivere la loro età.” Sorrise il Primo Uomo.
Durante il tramonto il cielo divenne bianco e gonfio, cadde un nevischio sottile.
I Lacerta si ritirarono nella tenda che gli era stata preparata. Adam e l’Allaghèn si prepararono per la notte.
“Non dormi?” gli chiese l’Uomo.
“Devo disegnarti quei geroglifici.” Replicò l’Allaghèn teso nel suo trafficare sulla carta “Eccoli.”
“Grazie, ragazzo mio.” Fece sorpreso dalla sua smania di lavorare “Fammi vedere.”
Si tirò sui gomiti e lesse il foglio:
“La fine è un bagliore che ha aperto il cielo, inghiottendoci. La speranza che qualcosa sia rimasto della nostra antica e gloriosa città andrà scemando con il tempo. Sono arrivati da lontano e si sono presi la nostra civiltà. Attendiamo un nuovo inizio, al buio delle caverne, lontani dalla luce, perché questa non ci trovi.”
Poi riprese a scarabocchiare e: “Questo è il disegno che ho visto su quella specie di portone divelto.” L’Allaghèn sollevò gli occhi dalla carta: “Sono ancora quei cosi di gelatina?”
Adam: “Penso proprio di sì. Forse abbiamo scoperto quello che una volta era una delle ultime fattorie di Jumažup. L’emblema su quella porta fa parte della simbologia degli Oscuri.”
“Che cosa significa, secondo te: ‘lontani dalla luce, perché questa non ci trovi’?”
“Ci sto pensando. Non capisco cosa intendano. La loro civiltà era basata su agricolture estensive, campi irrigati, cantieri, tutto ciò non può svilupparsi senza luce.” Adam raccolse con delicatezza il foglio dalle mani dell’Allaghè e continuò: “A meno di non essere braccati da una luce letale, le cui emanazioni inceneriscono la pelle.”
“A meno di una luce letale” ripeté la giovane creatura “Sembra che tu stia parlando di me.”
“Cosa te lo farebbe capire?” si aggrottò il Primo Uomo.
“Quando mi trasformo, l’attimo prima in cui materia e energia mutano l’una nell’altra, è molto pericoloso starmi vicino, per questo mi trasformo lontano dagli esseri viventi.”
“In effetti era a un Essere della Luce a cui stavo pensando, ma non a un Allaghén. Per quanto possa essere pericoloso, uno della tua razza non farebbe del male, braccando qualcuno, costringendolo a nascondersi.” Gli sorrise, scarmigliandogli la nuca.
“Ma la mia specie è l’unica della Luce che vive nella Creazione.” Replicò il suo amico “A cosa stai pensando?” chiese, accorgendosi della distrazione del Primo Uomo.
Adam sospirò, ombre risalivano dalle sue memorie. Una civiltà era scomparsa, all’alba di una nuova epoca. Gente progredita, che aveva inclinato la natura a suo favore, ma che a un certo punto, la natura decise di spazzarla via, in meno di una stagione. Tutti gli altri rimasero, ma gli Oscuri furono sradicati come se non fossero mai appartenuti al mondo. Eppure anch’essi erano lì da tempo, come Adam. E prima di scomparire risucchiati nella storia, lanciarono il loro grido di morte, accusando la luce. La Luce. Predatori di Luce. I Signore della Luce. Una civiltà immensamente più progredita e antica, capace di divorare una preda armata e industriale come la società degli Oscuri. Se i Signori della Luce, gli Dei, si fossero scontrati con gli Oscuri la guerra sarebbe stata immane, ma di scontato esito. La potenza della Luce avrebbe vinto sull’industria degli Oscuri. Ma non c’erano prove che questi ultimi si fossero battuti contro gli Dei. Nessuna prova, solo intuizioni e messaggi sparsi, frammenti di racconti senza le parole rivelatrici. Eppure i presagi che molti ormai provavano, sembravano incalzare verso una triste storia. Qualcuno era venuto tempo prima nel mondo, per succhiare energia e una volta rubato quanto potuto, se ne andò, lasciando dietro di sé il bozzolo vuoto della sua preda. E ora quel predatore si aggirava attorno alla Creazione.
Al Caravanserraglio del Nord
“Sarà una questione di tempo, Garaegor, e verrà anche qui.”
Il the era quasi freddo, Adam non aveva neppure appoggiato le labbra alla tazza, scuro in volto, per un oscuro presentimento.
“Tu pensi davvero che Alath abbia varcato il confine, invadendo i mondi di Meliel? Si tratta di voci, solo di voci!” sbuffò Garaegor.
“Dannazione!” Adam sbatté il pugno sul tavolo, facendo voltare gli altri Uomini nella Locanda “L’ho visto quel povero Lacerta! La pelle gli si è sciolta addosso, mentre era ancora vivo!” Gli avventori sembrarono incuriositi dal tuonare del Primo Uomo . Le parole ansiose del Primo Uomo attrassero l’attenzione particolare del Locandiere, un vecchio Lacerta dalla pelle chiara. Goram dello Staigh di Udokram un antichissimo ceppo di Rettili quasi del tutto estinto. Il Suo Staigh gestiva da millenni il Caravanserraglio del Nord.
Garaegor: “Adam, teniamo un tono basso, non destiamo precoci allarmi.” Sussurrò.
“Sì, amico, hai ragione. Scusami.” Chinò il timbro su un tono più soffice.
“Quella visione deve averti ferito, da come ne parli sembra che tu stia ancora davanti a quel cadavere.”
“Non dormo più da quando l’ho visto, Garagor. Quel poveretto era la manifestazione di tutto ciò che alligna nei nostri incubi. M’immagino che possa accadere anche qui, a tutti noi, Uomini, Lacerta, chiunque viva nei mondi di Adamath.”
“Perché non cerchiamo di parlare a Meliell? Lui di certo sa cosa è successo.” Consigliò Garaegor.
“Il Primo Drago avrà il cuore spezzato per l’invasione dei suoi mondi. Mi domando perché non lo abbia ancora percepito.” Adam , mescolando il the, rifletté su quanto aveva appena detto.
“In effetti dovrebbe essere il primo a lanciare l’allarme.” Aggiunse Garagor.
“Lo cercherò.”
“Non so perché, ma sento di metterti in guardia, Adam.”
“Cos’hai percepito, amico mio?”
“Sensazioni, solo queste. Non saprei descrivertele. Brutte sensazioni.” L’Uomo si voltò verso la finestra: “E la piccola stella blu, come sta?” disse, indicando con il mento l’Allaghèn che correva fuori dall’edificio, all’impazzata.
“Si è ripreso in modo perfetto, come vedi.” Sospirò, sorridente, Adam.
“Riesci a sopportarlo? È un moto perpetuo! Adesso che diamine sta facendo?”
Adam sorrise: “Ti sembrerà strano, ma se mancasse lo sentirei. Credo che stia con il suo” si schiarì la gola quasi imbarazzato “…amico immaginario.”
“Amico immaginario? Sono confuso. Un Essere di Luce ha anche le allucinazioni?”
“Plinky non è un’allucinazione. Il nostro sa benissimo che non esiste. Ma dice – testuali parole – è un amico che vive nella sua fantasia e talora esce per vedere il nostro mondo. -. Tratta la fantasia come una specie di regione abitabile.”
“Plinky. Più pensi di aver capito qualcosa su quelle lampadine azzurre, più devi ricrederti!” Garaegor scosse il capo:“Tornando a noi, come pensi si possa difendere la Creazione da un attacco?”
“Garaegor, la Creazione non è nata per difendersi, quanto per vivere. Ma se dovesse avverarsi quanto ha raccontato Asamoad, bene, non lasceremmo che quelle cose immonde accadano. Appena sarò in zona, camminerò lungo la Cresta Ovest.”
“Vai nel Ghoron? È una drastica deviazione. Allungherai di molto il cammino verso lo Staigh di Asamoad.” Rispose Garaegor.
“Lo so, ma devo farlo, amico mio. Se Tellin vorrà accompagnarmi bene, altrimenti dovremmo separarci, giunti nelle valli.” Sospirò il Primo Uomo.
“D’accordo, vecchio mio. Farò un po’ di strada con te.”
“Mi accompagnerai sin lassù?” chiese, Adam stupito.
“È da molto che non vedo le montagne. Ho una voglia matta di pescare nei ruscelli.”
“Di questa stagione non ne troverai molti, le nevi non si sono scongelate ancora.”
I due continuarono a parlare sino a notte fonda. Garaegor non desisté dalla sua intenzione, avrebbe accompagnato il Primo Uomo.
“Una volta lassù dovrò rimanere solo nella foresta per fare quel che devo fare, Garaegor.”
“E sia, osserverò il tuo riserbo. Monterò la mia tenda e curerò la tua, mentre sarai via.”
Sui passi del Ghoron, cercando un vecchio amico…
Adam percorse la catena montuosa a meridione del Ghoron, lì vi erano dei sentieri che stimolavano la sua concentrazione. E di questa ne aveva bisogno, poiché stava cercando di connettersi con il Primo Drago. Lui e Meliell si conoscevano da un’eternità. Assieme avevano plasmato la materia dei mondi, e ora, nonostante il suo disperato richiamo, Meliell non rispondeva. Era sempre accorso. Ma non oggi.
Garaegor attese il ritorno di Adam alla tenda, assieme all’Allaghèn, che intanto gli aveva rubato ogni sorta di curiosità dal sua zaino. Garaegor era stato nelle valli del fiume Van e si era portato dietro molti ricordi delle popolazioni di artigiani che le abitavano. Un Allaghè non resiste davanti a pupazzi e pezzi di legno per costruire. Garaegor glieli aveva lasciati, d’altronde a lui lo avrebbero appesantito. E poi aveva reso una creatura così contenta. Nelle valli del Van ci sarebbe ritornato presto, e di certo non gli sarebbe mancata occasione di ricomprare quei ninnoli.
Adam cercò di contattare il suo amico Drago. I suoi impulsi andarono molto lontano, entrando nelle coltri fumose delle grandi paludi di Paradal, uno dei mondi preferiti di Meliell, sino a raggiungere i confini con l’Era della Luce, lì Adam si fermò. Non reputò saggio oltrepassare la Creazione in un’epoca travagliata dai dubbi più tetri. Se Meliell avesse voluto agganciarsi al suo richiamo lo avrebbe fatto ovunque si trovasse. Il Primo Drago è potente come Adam, e la sua mente è recettiva come quella del Primo Uomo. Inforcò il bastone e ridiscese il crinale, verso la tenda.
“Hai contattato Meliell?”
“Non risponde in alcun modo. È come se fosse sparito. Non riesco neppure a percepire le vibrazioni della sua aura sulla Linfa. In genere il Primo Popolo è connesso attraverso la Linfa, e riusciamo a sentirci. Le auree battono lo scorrere della Linfa e si captano le onde anomale. Ma con Meliell c’è silenzio. Non mi giunge alcuna eco della sua aura.”
“E qualcun altro potrebbe risponderti?”
“Ci sarebbe solo An, ma il Primo dei Sir si è disconnesso tempo fa, per disprezzo al modo di esistere della Creazione.”
“Non lo capisco, come si può rinunciare al proprio essere?”
“Dipende cosa si intenda per “essere”, Garaegor. An non accettò mai la Creazione, e tentò di plasmare se stesso e il mondo in cui giunse, imitando un Regno della Luce.”
“Noi non siamo Esseri di Luce.”
“Ma c’è chi pensa che questi siano migliori di noi perché non hanno a che fare con la materia.”
“An pensa questo?”
“An ha una vera repulsione per la carnalità e la materia.”
“Che stupidaggine.” Bofonchiò.
“Purtroppo lasciando l’Asse Motorio non tutti hanno resistito alla nostalgia. An cedette quasi subito. Ma non volle tornare indietro.”
“Potevate farlo? Sareste potuti tornare indietro?”
“A dire il vero tornare significa venire riassorbiti dall’essenza dell’Asse Motorio. Si cessa d’essere singolarità e si ritorna nell’Unico Stato delle Cose, non si vive la vita per intenderci. Un Allaghèn, per esempio, vede nel “ritorno” la sua morte, cioè la cessazione dell’Esperienza individuale della vita.”
“An avrebbe quindi preferito morire, pur di tornare a casa?”
“L’Asse non è una casa, ma uno Stato Originario. Sì, An ebbe un ripensamento, non volle più vivere la sua singolarità.”
“E allora, perché non è tornato?”
“È una bella domanda, Amico mio, ma non ti so rispondere. In un primo momento avrebbe potuto invertire la rotta e tornare, io o Meliell ci saremmo occupati dei mondi in cui sarebbe dovuto materializzarsi. Non ho idea di quello che abbia pensato. Forse sperava di vincere la nostalgia e creare, come il resto di noi. E poi, forse, le cose non sono andate come lui avrebbe sperato, non so davvero come abbia vissuto sino a oggi. Ma di certo non essendo tornato nell’Asse da subito, ora è troppo tardi.”
“Troppo tardi?”
“Gli Allaghèn non hanno torto. Tornare significherebbe interrompere la nostra singolarità. Morire. La Creazione ci ha spinti molto oltre le emozioni e adesso proviamo paura come tutti quelli che sono venuti dopo. Sarebbe come suicidarsi, anche se sapremmo bene dove andremmo a finire. Ma a essere sincero, Garaegor, non so nemmeno se la paura di morire sia stata un’emozione tanto forte da indurre An a rimanere. Credo che abbia avuto bisogno di uno stimolo ben più forte. Non ho proprio idea cosa possa averlo spinto a restare. So solo che non si connette più.”
“Non ci sono altri “Primi”, oltre te, Meliell e An, vero?”
“No, Garaegor, siamo solo noi tre. Gli Allaghèn sono un discorso a parte.”
Intanto la mente di Adam correva, in una cascata frastornante di idee. Perché Meliell non era raggiungibile? Sin dall’inizio lui e il Primo Drago si sono sempre parlati, erano connessi da una profonda amicizia, una fratellanza intima, che faceva sentire all’uno lo stato d’animo dell’altro, ovunque si fossero trovati. Il suo silenzio incuteva in Adam foschi presagi sulla sua sorte. Ma se gli fosse accaduto qualcosa di terrificante, il Primo Uomo avrebbe dovuto percepirlo. Chi poteva aiutarlo a sbrogliare quella massa ingarbugliata di emozioni e pensieri catastrofici? Se lo chiese. La maggior parte degli Uomini venuti dopo Adam non possedevano la profondità emotiva per sondare l’universo, o se l’avevano, non erano tanto forti da resistere alle mareggiate improvvise della Linfa, un’energia libera e feroce che permeava tutto sin da prima che Adam e gli altri si facessero vivi, forse prima ancora dell’Asse Motorio. Si dice che la Linfa sia il protoplasma che irrorò d’energia l’Asse, innescando la sua rotazione.
C’erano solo dei viaggiatori in grado di vivere nell’aria cosmica, navigare nei fiumi della Linfa, senza danni. Ma erano esseri schivi, dalla mente leggera, inaffidabili per la loro infantile visione della realtà. Gli Allaghèn. Avrebbero potuto aiutarlo?
Antichi Incontri
La tunica bruna smise all’improvviso di svolazzare, e i piedi le si impiantarono come radici di abete. La sua immobilità poteva trarre in inganno qualunque creatura, mimando l’essenza di un forte albero montano. I sentieri delle zone temperate nelle montagne centrali erano le vie preferite delle migrazioni di Alva, la Prima Donna. La sua specie le Donne, era ancor più solitaria degli Uomini, e di numero minore. Il crepitio dei rami spezzati, attirò la sua attenzione. Sparse nel vento la domanda “Chi cammina lungo il mio stesso sentiero?”
“Adam, il Primo Uomo.” Rispose lo zefiro.
“Adam, sei tu?”
“Sì, Alva, chiedo il permesso di incontrarti su questo cammino.” Soffiò il pensiero dell’Uomo.
“È una vera sorpresa, perché da tempo ti stavo pensando, Primo Uomo.”
“Sono lieto di non provocarti disturbo.”
Le Donne sono esseri imperiosi, potenti, non amano una compagnia forzata. Alva essendo la Prima, non aveva avuto molti contatti con coloro che seguirono Adam, perciò era bene chiederle il permesso di incrociarla lungo una qualsiasi rotta migratoria.
La folta criniera bruna attorniava il collo della Donna, e scendeva in una cascata selvaggia per tutta la lunghezza della schiena. Adam era incantato dall’aspetto di quella creatura, e in nessuna occasione rimpianse di aver generato con lei altri Uomini, sebbene ogni volta che i due si fossero incontrati si era acceso un fuoco selvatico, terribile, in grado di spezzare la volontà di un Uomo, e farlo scappare. Nessuno le si sarebbe potuto avvicinare, eccetto il Primo Uomo.
La voce simile alle cascate più impervie della foresta di Yhuimar, erano la sostanza della Creazione della Donna, i boschi delle montagne, le zone feconde del mare e i profondi laghi dolci del sud, era pieni del suo canto.
Le spalle di Adam la sovrastavano di poco, ma stringendola a se, il Primo Uomo poteva sentire il calore di una primitiva forza nascosta nel profondo delle grotte primordiali. Lo sguardo azzurro cielo di Adam penetrava nei suoi bruni occhi di foresta. La sua natura travolse l’angoscia del Primo Uomo per la triste situazione, fondendolo nel crogiuolo della carne in estasi. Tuttavia, seppur immerso nel profondo calore della sua unione. Alva portò il suo sentimento su un apice inviolabile. Lei sentì l’amarezza sotterranea di Adam. Quando la carne allentò la sua morsa sui sensi, gli chiese: “Adam, sei triste. Posso chiedere il motivo di questo tuo malessere?”
“In realtà Alva, sento avvicinarsi la catastrofe sui nostri orizzonti.”
“Le coltri del Signore della Luce stanno avviluppando la Creazione, Adam.” Gli rispose.
L’Uomo si scosse: “Sì Alva, questo è ciò che sento.” Era sorpreso che la Donna percepisse la sua stessa sensazione.
“Non rimarrò qui per molto.” Gli disse, adombrata.
Il Primo Uomo e la Prima Donna erano le due matrici da cui si generavano altri Uomini. Adam rimase senza parole dalla sua decisione.
Lei continuò: “Presto dovremmo proteggerci dall’assalto di una bestia feroce, che si agita da ere ai confini della Creazione, impaziente di affondare le zanne nella nostra pelle. Non genererò prede per i suoi istinti di sangue. Dovrà inseguirmi se vorrà Uomini da me, e costringermi a farlo, e non le renderò di certo la cosa semplice. La bestia vuole un esercito di predatori che eseguano in modo cieco e sordo i suoi ordini. Vuole Uomini addomesticati e Donne che provvedano a partorirglieli. Vi state chiedendo dove siano le Donne, oltre me. Vi dico che le ho condotte fuori, lontane da Erat.”
La ‘bestia’, così la Prima Donna chiamava Alath, per la natura feroce del Signore della Luce.
“In questo modo, hai interrotto la Creazione degli Uomini.”
“L’ho fatto Adam. Ho dovuto salvare le Donne e la Creazione stessa degli Uomini liberi, perché altrimenti sarebbe stato tremendo. Ora la bestia cerca un modo per ottenere un’umanità schiava, rantola alla disperata ricerca di un ventre che possa ospitare il seme del Primo Uomo, per generare i suoi servi. Io non gli darò il mio, né le Donne si renderanno le concubine della sua ferocia. Adam, mi dispiace, ma è stato necessario che, fino a oggi, tu non lo venissi a sapere, per rendere facile la migrazione delle Donne.”
“Ci siamo uniti, Alva, cosa accadrà all’Uomo che porterai in grembo?”
“Non ci sarà nessuna creatura da quest’unione, Adam.”
Il Primo Uomo rimase impietrito, il suo seme era fluito dentro di lei, come poteva non fecondarla?
“Il tuo seme ha fertilizzato il mio ventre, ma nessun Uomo nascerà, finché rimarrò in questo mondo, Adam.”
“Comprendo la tua angoscia, e se devi andare, va’, fai quello che devi per salvare le specie che porti dentro di te.”
“Salveremo la libertà degli Uomini e delle Donne, Adam, dopo di noi verranno altri, copieranno la nostra Creazione, ma io genererò creature libere, lontano da qui.”
“È bruciante per me l’idea di non unirmi con te, Alva.”
“Hai deciso di rimanere, Adam?”
“Sì, l’ho promesso ai miei compagni di viaggio; non lascerò nessuno indietro. Meliell è rimasto solo da qualche parte, e debbo cercarlo.”
“Adam è il Primo Uomo, sua è l’aura dell’amicizia verso tutte le creature. Egli non lascerà sola la Creazione, pur giungendo all’inevitabile: il suo sacrificio. Ma nulla è senza ritorno, Adam. Anche davanti al più oscuro dei dilemmi, troverai la tua scelta. Anche sbagliando si vince e si riconquista la propria libertà.”
Il Primo Uomo non comprese le ultime frasi della Donna. Ma sentì che lei sapeva già molto della vita e degli eventi che sarebbero accaduti d’ora in avanti.
Lui e Alva camminarono insieme e Adam: “Uno Jumažup, nei crepacci della scogliera a pochi passi dal Raduno d’Inverno.”
Alva lo guardò con un occhi scuri, interessata.
Il Primo Uomo continuò: “E il mio amico Allaghèn ha trovato questo simbolo su quello che doveva essere il resto di un cancello.” Vergò con il suo bastone la terra del suolo.
Il disegno di Adam rese la Prima Donna sempre più ombrosa.
“Non sono scomparsi del tutto, qualcuno di loro era rimasto lì sotto.” Le raccontò.
Una folata di vento sollevò quei crini selvatici bruni sulla sua fronte, oscurandole lo sguardo.
“Quel simbolo è stato inciso sui portoni delle fattorie Jumažup.” Ridisse all’Uomo “Se quegli animali sono sopravissuti vuol dire che qualcuno li ha nutriti durante il Grande Freddo.”
“Non ho visto uno di loro in vita, fino a ora, ma solo resti della loro civiltà.” Aggiunse Adam.
“Percepivo spesso il grido della loro agonia, prima del Grande Freddo. Poi il silenzio, la neve chiuse le loro città come una tomba.”
“Qualcuno si agita, sepolto vivo.”
La Prima Donna sa leggere il tempo nella materia, scruta ogni mutamento nell’aria durante lo scorrere delle stagioni, lo scotimento anomalo degli oceani e intuisce le pagine non scritte del tempo e dei suoi abitanti. Come lei, ogni Donna vivente conosce la via dell’Oltre Mondo, una dimensione dove il passato e il futuro non esistono, nella quale convergono tutte le dimensioni possibili, e vi è un unico presente, che viene vissuto all’infinito, in tutte le dimensioni allo stesso tempo. Adam si chiedeva se si fossero mai incontrati Allaghèn e Donne in quel punto di ritrovo dimensionale.
“Che rimanesse sepolto, Adam. Certe volte qualcosa viene sotterrato perché non emerga più. I vermi scendono in profondità e scavano. Portando alla luce ciò che non dovrebbe mai più risalire in superfice.”
“Perché pensi sia pericolo che gli Oscuri siano sopravvissuti, o almeno che lo siano dei loro frammenti.?”
“Quando qualcuno cerca la fonte di una nuova forza, perché sente di essere in punto di morte, diventa ossessivo, e pericoloso. Come se stesse affogando, sbraccia e sbraita, chiedendo aiuto. Primo o poi, qualcuno lo sente, e sopraggiunge prima che arrivi la morte dal mare a divorare l’inutile essere che non riesce a stare a galla da solo.”
“Chi hanno chiamato in aiuto?”
“Non lo hai intuito, durante le prime fasi del Grande Freddo? Non hai sentito quei rumori estranei alla Creazione? Noi li abbiamo uditi in modo chiaro. Erano percussioni che nulla avevano a che fare con il suono originario della materia dei nostri mondi. Allora capimmo che gli Oscuri non si sarebbero estinti, come la natura aveva programmato. Ma la loro inutile vita e il loro debole spirito, sarebbero perdurati non qui, ma nelle macchine dei Signori della Luce, i loro soccorritori.”
“Allora, sapendo già tutto questo, Alva, perché ti sei sorpresa del disegno?”
“Perché speravo che se ne fossero andati via tutti. Ma a quanto pare si sono nascosti, e presto reclameranno la loro eredità su questo mondo.”
“Non hanno eredi. Solo una manciata di sopravvissuti.”
“E i loro nuovi padroni, Adam. Hanno stretto un patto. Gli dei sono scesi tra i mortali, e hanno fecondato la loro civiltà con un nuovo, più potente seme.” Continuò, rispondendogli.
“Non ci sono prove di questo.”
“Continua a cercarle, Primo Uomo. Devi trovarle. Cercale, non per me e te, ma per coloro che sono venuti dopo di noi, dopo la Prima Era, in modo che nessuno sia colto di sorpresa. Fallo, Adam, scova quelle prove e racconta ciò che hai trovato. Non rimane più tanto tempo per i nostri Amici.”
Alva si soffermò sull’orlo del crinale, innanzi all’abisso del Ghorn. “Primo Uomo” riprese “Lascia lontani i Blu dalla nostra strada. Sono creature lagnose e certe volte fanno troppo baccano.”
I Blu, come venivano chiamati dalle Donne gli Allaghen.
Adam si accigliò in un’espressione interrogativa
“ Non cerchiamo la loro compagnia.” Disse, rispondendo alla tacita domanda di Adam.
“Vi sbagliate su di loro, Alva.” Replicò “Sono creature come altre, ma desiderose di qualcuno che le guidi nella Creazione.”.
“E sono esseri caduti nella trappola degli Dei. E potrebbero tornare dai loro padroni, cinguettando sulle nostre rotte, come uccelli addomesticati.”
“Alcuni potrebbero esserlo, ma ancora non lo sappiamo con certezza.”
Una Donna, che sia la Prima o no, non ama gli invasori e una creatura di Luce era considerata troppo indiscreta. Per loro gli Allaghén erano prima di tutto Esseri della Luce nella Creazione, dunque nel mondo della Materia. Per Adam degli amici in cerca di un luogo dove stare tranquilli dopo una lunga migrazione.
“Gli Uomini sono sempre alla ricerca di una spiegazione ai loro sentimenti. Bene, mi dirai delle tue sensazioni con quell’Allaghèn, quando avremo modo di rincontrarci. Ma per adesso, tienili lontani da noi.” Gli fece
“Non mancherò.” Adam rispettò il parere di Alva.
Le Donne devono proteggere i bambini della razza umana, sono entità guardinghe e reagiscono minacciosamente se ci si avvicina troppo. La loro combattività è nota ai viventi della Creazione, che se non costretti, cercano di tenersi alla lontana dalla loro marcia.
Al Primo Uomo non restò che tornare verso le tende, meditando su quanto stava andava accadendo.