od ombra de la carne o suo veleno…
(Dante, Paradiso, XIX, v.66)
Un anno qualunque del I secolo d.C.
Fermiamoci a riposare su un muretto in “opus reticulatum” tra il Velabro e il Foro Romano e proviamo a leggere qualche passo del Libro I delle “Satire” di Decimo Giulio Giovenale…
“… una dama impettita
che al marito assetato
propina nettare di Cales
mescolato con veleno di rospo
e alle sue parenti inesperte
insegna, meglio di Locusta,
come seppellire le spoglie grigie dei mariti
tra le chiacchiere della gente….”
“Locusta? Locusta? Chi era costei?”…
… esclamerebbe ora un redivivo e pavido Don Abbondio, forse già impensierito dalle lezioni di quella temibile “serial killer” in gonnella – pardon… in “subucula” e relativo “sùpparum”! – abilissima nell’inviare ai Campi Elisi qualche ingenuo “terzo incomodo”!
Particolare di un dipinto di Joseph-Noël Sylvestre: “Locusta che sperimenta un veleno su uno schiavo”, olio su tela (1870-1880).
Ma sì, se attendessimo ancora un po’, poco dopo il sorgere del sole, sul colle Palatino vedremmo la misteriosa Locusta scivolare furtiva lungo i muri e aprire il proprio emporio…
A prima vista esso sembrerebbe uno delle decine di negozi, di “tabernae”, che vendono mercanzie di qualsiasi genere oppure una “popina” che offre a qualche sfaccendato che si aggira per le vie del “macellum” – il mercato alimentare – un po’ di ristoro a base di spuntini di carni salate e vino.
No, non ci appare proprio come una “caupona” dove i cavalli stanchi trovano un po’ di riposo mentre i loro padroni consumano cibo e bevande. Magari in “allegra compagnia”…
Una qualsiasi “taberna” dell’antica Roma, dove si vendeva un po’ di tutto. Tranne i veleni, dei quali aveva il “brevetto” solo la temibile Locusta.
No, sugli scaffali – o forse dentro appositi armadi di legno… – fanno bella mostra di sé strani contenitori in vetro, curiosi vasi in terracotta, qualche fascio di erbe essiccate al sole.
È proprio il negozio di Locusta, nata forse in Gallia ma ormai trasferitasi definitivamente a Roma dove – ufficialmente! – esercita l’arte erboristica. E anche qualcosa di più…
Apprese, durante la sua permanenza in campagna, i segreti delle erbe medicinali (o meno…) Locusta si afferma ben presto nell’ambiente dell’antica Roma dove gli intrighi di palazzo sono all’ordine del giorno, dove Messalina, ben poco “affezionata” a Tito, amante di turno, ricorre ai suoi servigi per ridiventare… “single”.
Oppure dove Agrippina si diletta nel cucinare ben poco raccomandabili funghi – conditi a dovere con qualche preparato “locustiano” – per spedire nell’Ade il marito Claudio e favorire la carriera del figlio Lucius Domitius Ahenobarbus Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus, per gli amici e i nemici solo Nerone. Correva l’anno 54 d.C.
Ecco il mandante! Lucius Domitius Ahenobarbus Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus. Ma sì, proprio Nerone!
Donna in carriera, Locusta riceve subito un altro incarico, quello di inviare ai Campi Elisi anche l’adolescente Britannico, legittimo erede…
Il primo tentativo di Locusta si rivela un flop forse perché la nostra “serial killer a pagamento” vuole far sembrare la morte del ragazzo come dovuta a cause naturali, alla sua latente epilessia, ma il ben poco comprensivo Nerone la fa torturare affinché ella metta a punto la tecnica e si applichi… con maggior diligenza.
Publio Cornelio Tacito (56 – 120 d.C.), nei suoi “Annales” ci informa che Nerone… “… occulta molitur pararique venenum iubet, ministro Pollione Iulio, praetoriae cohortis tribuno, cuius cura attinebatur damnata veneficii, nomine Locusta, multa scelerum fama”.
Ovvero (Tranquilli! Lasciate dove riposa da decenni il vostro famoso e vetusto dizionario di latino “Campanini e Carboni”!)…
“… ricorse a trame occulte facendo preparare un veleno con la complicità di Pollione Giulio, tribuno della coorte pretoria, a cui era affidata la sorveglianza di Locusta, condannata per veneficio e famosa per i suoi numerosi delitti.”
Confidando sulla golosità del malcapitato Britannico, Locusta prepara alcuni dolcetti ai quali abbinare bevande dall’aroma e dal sapore invitanti.
Prima, però, fedele all’ancor inesistente motto dell’Accademia del Cimento “Provando e Riprovando”, ella prepara una venefica polvere di cui fa le spese un’innocente capra, seguita a ruota da un altrettanto incolpevole suino e infine da un malcapitato schiavo la cui repentina fine soddisfa pienamente lo spirito altamente “scientifico” di Nerone.
Tacito, inoltre, ci informa che “…una pozione aromatica ancora innocua, ma molto calda, venne servita a Britannico dopo essere stata assaggiata. Quindi, dopo averla rifiutata perché troppo calda, vi aggiunsero acqua fresca e, con questa, il veleno che ebbe un effetto così rapido che si vide privato contemporaneamente della parola e della vita…”.
Forse Locusta usò l’acido prussico – o cianidrico, che avrebbe potuto facilmente ricavare dalle mandorle amare, ovvero dai semi del Prunus amygdalus – acido talmente tossico che sole 300 ppm (parti per milione!) nel giro di pochi minuti sono in grado di spedire irreversibilmente qualsiasi essere umano in un lontano Altrove…
Il solito Tacito aggiunge che Nerone non sembrò affatto preoccuparsi di quanto stava avvenendo davanti ai suoi occhi poiché il giovane Britannico soffriva di epilessia e gli inconsueti movimenti, le convulsioni, potevano derivare da cause più “innocenti”…
Ma i serial killer, in “subucula” o meno, prima o poi vengono scoperti e così la fulgida carriera di Locusta si arresta poco dopo la morte del suo… mandante, l’istrionico Nerone che si uccide – forse avvelenandosi, forse con l’aiuto di una daga… – nell’anno 68 d.C.
Galba, l’imperatore che decretò una fine orribile (così vuole la leggenda) per la serial killer Locusta.
Un anno più tardi l’imperatore Servius Sulpicius Galba (24 a.C. – 69 d.C.) la fa arrestare e giustiziare, accusandola di almeno quattrocento omicidi su commissione. Forse qualcuno per suo puro diletto…
L’immaginifico Lucius Apuleius Madauresis (125 – 170 d.C.) va un po’ oltre sostenendo che Locusta sarebbe stata dapprima stuprata da una… giraffa ammaestrata (maschio, supponiamo…) per poi essere data in pasto ai soliti affamatissimi leoni. Ma l’autore delle “Metamorfosi”, forse esagerava un po’ troppo!
Roberto Volterri
Tra i moltissimi argomenti trattati nel libro KILLERS – GLI APOSTOLI DEL MALE, libro – che ha riscosso anche il plauso del Maestro del Brivido, Dario Argento! – i primi capitoli sono dedicati a quelle donne di solito appartenenti alla meravigliosa altra metà del cielo, – le Sacerdotesse del Male – le quali, in compagnia di strani personaggi, hanno lasciato un incancellabile, nerissimo, ricordo anche nella storia del nostro Bel Paese.
Per completare gli argomenti trattati in tale volume, Enigma Edizioni ha appena pubblicato OMICIDI – IL FASCINO DEL MALE, nuove inchieste, ampiamente documentate, su killers, seriali o meno, vissuti in un passato più o meno lontano o anche viventi, i cui nomi appaiono sempre scritti con inchiostro “rosso sangue” nelle cronache dei quotidiani o in trasmissioni televisive dedicate all’affascinante universo criminologico.