MNEMOSYNE potrebbe passare per uno dei tanti corti horror che girano in rete, se non fosse che, dietro la Hysteria Production che lo ha realizzato, si nascondono due nostre vecchie conoscenze come Davide Rosso e Daniele Vacchino, autori del soggetto e della sceneggiatura.
E allora la cosa prende tutta un’altra piega, perché i Nostri con il genere horror ci sanno davvero fare. E non stiamo parlando di un banale prodotto orrorifico con qualche spruzzata di sangue qua e là: Rosso e Vacchino sono dei veri esperti del giallo italiano, per cui questo film alla fine diventa un’evoluzione meta-analitica di quel genere che tanti anni fa abbondava nelle sale cinematografiche, seppur considerato dai più un prodotto di serie B e che solamente in quest’ultimo periodo è stato rivalutato fino a meritarsi il titolo di “cult”.
Già, perché i riferimenti al thrilling all’italiana degli anni Settanta e Ottanta abbondano in questa pellicola di ottima fattura. Gli ingredienti ci sono tutti. Un bosco, una chiesa abbandonata, una ragazza, gli echi di lontani delitti. I richiami al passato sono squarci taglienti che irrompono all’improvviso nel presente, mentre un “opening” calmo e tranquillo, quasi bucolico, ci prepara lentamente a una girandola vorticosa di pura follia e di brividi sottopelle, che sfociano in un grandguignolesco finale!
A realizzare visivamente la storia, con abile maestria, troviamo la giovane regista Federica Rocca, coadiuvata da Morfo Blu alla fotografia, Greta Molinari al montaggio, Paolo Cotrone e Edoardo Raisaro alle musiche e agli effetti e infine Greta Molinari come unica protagonista, capace di reggere il gioco dal primo all’ultimo fotogramma.
“Girato durante il lockdown, ci racconta Davide Rosso, siamo andati in una chiesa abbandonata di queste parti… un posto abbastanza famoso…” stiamo parlando di quella zona del Piemonte fra Novara e Vercelli ricca di campi, risaie, pianure, boschetti, cimiteri, chiese e cappelle abbandonate.
“Ora il corto è una roba credo ermetica ai più, prosegue Rosso, ma chi si è letto l’articolo sul mostro di Firenze (pubblicato sulla Zona Morta) e il libro di de Gothia su “Il sentiero non battuto”, può farsi un’idea…”.
E ancora Davide continua: “MNEMOSYNE è una figura della mitologia, ha a che fare con la memoria, che nel mio caso (l’ho scritto io) sono le memorie degli anni ’60 e ’70, di quella cultura e di quella società, di quei fantasmi… Rimangono sedimenti, echi fibrosi di tomba che riecheggiano tra le rovine necromantiche del nostro bel paese… Un corto sul mostro di Firenze, insomma, perché che tagliasse il pube o i capelli poco importa… Era bello immaginare che una giovane di oggi potesse aver la testa piena di quelle robe lì… Insomma, il corto hauntologico che Argento avrebbe dovuto girare sul mostro… Son modesto, via…”.
Ma modestia a parte, forse il Nostro non ha tutti i torti… guardare per credere!
Buona visione!