ERATAI 03 – IL CANTASTORIE – SECONDA PARTE: UCCELLI DI LUCE

Al tramonto le rovine dei castelli di Lastours s’infiammano, mentre il sole declina sull’orizzonte. Le mura divengono rosa accendendosi dell’ultima luce del giorno.

I miei uomini erano schierati sul perimetro del Paese, nessuno sarebbe potuto entrare o uscire senza venire notato.      Con il mio gruppo di cacciatori m’inerpicai verso la rocca. Ugarab raccolse i battitori necessari per seguire la pista:  “I Cavalieri sono pronti, quando volete Maestà, possiamo cominciare con le trappole.” Continuò.

“Metteremo le trappole, sì.” risposi “E aspetteremo. Arriverà la notte e farà ritorno lassù.”

“Serve sapere, dunque se adesso è allo stato di luce o di materia” Ridisse.

“Perciò investigheremo il territorio in cerca di tracce che ce lo rivelino.” Gli risposi.

Il giovane Capitano dei Cavaliere richiamò la nostra attenzione: “Sire!” Ci portò in un anfratto roccioso che faceva da passaggio verso la Rocca, aprendosi come un tunnel nella montagna.

“ È la Grotta Nera” spiegò il giovane  Capitano“ero sicuro di trovare qualcosa qui dentro. Ci sono delle leggende legate a questo luogo. I Figli di Caino parlano di apparizioni della Madonna.”

“La loro vergine, già. Sei preparato Loren, me ne compiaccio.” Replicai.

“Sono onorato di essere un ufficiale  dei suoi Cacciatori, Sire.”

“Capisco perché hai cercato qui dentro tracce della nostra preda.” Continuai “Se è apparsa la Madonna, significa che vi è stata un’intensa attività olografica.”

“Sì, Vostra Maestà.” Intervenne Loren “Un’Olografia dei Cospiratori richiede il dispendio di molta energia. E la maggior parte di questa energia si disperde nell’ambiente. Anche se l’apparizione dell’Olografia risale a molti secoli prima, le radiazioni perdurano tutt’oggi. Si tratta di una forza non percepibile dai Figli di Caino e dalla natura terrestre, ma per un Allaghèn è un richiamo molto forte.”

“La luce decaduta di un’Olografia è una ghiottoneria troppo invitante per non approfittarne. Questo luogo sarà stato un gourmet per il nostro Allaghèn  .”

“Specie se ha fatto un lungo viaggio.” Intervenne Ugarab “Si sarà riempito di fotoni sino a scoppiare.”

Guardai attorno nella grotta. “ È  molto goloso, infatti. Qui non c’è più traccia di Ologramma decaduto.” Osservai sul mio elaboratore “Però, sì, Loren, vi è stata un’attività olografica, in passato, lo rilevo dai dati della griglia spazio tempo.”

Misi gli occhi sul suolo, attratto da una porzione scurita della roccia: “Qui deve  compiere i suoi  passaggi di stato luce – materia.  Approfitta del riparo della grotta. La pietra ha assorbito parte delle sue radiazioni mentre si trasforma. Signori, siamo nel luogo giusto. Sistemiamo qui alcune trappole. Mettetene alcune per la luce, altre per il corpo. Cercheremo di prenderlo quando è in uno dei due stati. Bravo, Loren, questa grotta mi da la possibilità di catturarlo in qualunque modo voglia presentarsi.”

“Sono onorato del vostro complimento, Sire.” S’inorgoglì il giovane Cavaliere.

“Forza, diamoci da fare.” Disse  Ugarab richiamando gli uomini.

“Agiamo in fretta, prima che torni e si accorga di noi.” Feci.

Una volta piazzate le trappole,  ritornammo sul sentiero, montando il campo base alla base dei quattro castelli.  E misi in pratica quanto mi aveva consigliato Evangeline. Dissi ai miei uomini di rimanere calmi qualora lo avessero avvistato, e di essere cordiali se se lo fossero trovati davanti.

“ Ricordatevi che è la creatura più veloce che esista. Non c’è nulla di paragonabile alla sua rapidità.” Dissi ai Cacciatori “Non lo raggiungerete mai in corsa, a meno che non sappiate curvare il tempo-spazio. Un Allaghèn, Signori, si porta oltre la velocità della luce. Capirete che per un essere di materia non è pensabile sfidarlo a rimpiattino. La nostra tattica di caccia sarà, oltre le trappole, quella dell’adescamento. È necessario perciò che siate gentili con lui. Ho detto “siate” non “appariate” gentili. Un Allaghèn è molto sensibile alle nostre emozioni e s’accorge della nostra ipocrisia.”

Attendemmo che una piccola stella di luce azzurra, grande quanto una palla da tennis ci sfrecciasse sulle teste, diretta verso le mura dei castelli.

“La sua forma larvale.” Pensai.

Avrei dato la mia spada pur di catturare una di quelle stelle allo stadio successivo. Sapevo che la stella blu doveva esserci anche in un’altra forma di esistenza. Le memorie dei Dormienti e degli Allaghèn catturati mi riportavano frammenti di una strana visione. Una luce alata. Qualcosa di inesprimibile, come una specie di sole dalla forma di un uccello dallo sfolgorio policromo. Se la stella poteva darmi abbastanza energia per i motori del tempo, immaginavo quale infinito tesoro avrei potuto trovare in quell’altra forma di vita Allaghèn. A dire il vero non sapevo neppure se la stella fosse la forma infantile dell’uccello di luce , non avevo idea di come fosse concepita  l’esistenza di un Allaghèn.

Mi accostai al crinale, immerso nell’abissale panorama di Lastours. Le foreste selvagge dei Pirenei si distendevano sino all’orizzonte. Le trappole nella grotta inviavano con una cadenza ritmica il loro segnale pulsante, segno che ancora erano vuote. 

Dal sentiero udii uno scalpiccio affrettato.

“Lorien, ci sono novità?” Mi voltai verso il rumore.

“Sì, Vostra Maestà, l’abbiamo visto!” s’arruffò la sciarpa per la corsa “Si è arrampicato adesso dal salto ovest, sta salendo alle mura.”

“Si è arrampicato, quindi devo intuire che si è trasformato.”

“È così, Sire.” Deglutì.

“Mi chiedo perché i nostri rivelatori non l’abbiano segnalato.”

“Forse perché durante la giornata non è mai stato luce.”

“Tutto questo tempo senza trasformarsi? È davvero strano per un Allaghèn.”

Dissi, voltandomi verso il sentiero. Con Lorien feci ritorno al campo base.

“Ci ha visti, vero?” chiesi a Ugarab

Il vecchio Cavaliere: “Era questo che volevamo, Maestà.”

“In effetti sì, caro amico.” Risposi.

“Credo si sia soffermato per un po’ di tempo qui, dietro questa boscaglia fitta.” Mi portò sul luogo.

Osservai le tracce di un corpo svelto nel districarsi in quella rete di arbusti: “È stato qui, hai ragione, Ugarab. Deve essersi accucciato per osservarci in discrezione.” Notai dell’erba spianata dentro i cespugli “Ma si è preso cura di non mostrare il suo passaggio, non ha spezzato un ramo. È furbo e scaltro. Sa muoversi bene in questi boschi.” Intuii.

“La caccia non sarà semplice, Maestà.” Replicò Ugarab.

“Hai ragione, vecchio mio, ci divertiremo.”.

Sapevo che l’Essere di Luce ci scrutava.

Ricontrollammo i simulatori virtuali delle trappole nella Grotta: “Nulla, Maestà, nessun segno di vita fotonica lì dentro.” Sospirò il capo dei tecnici. La tensione e la frenesia crescevano, ma gli uomini mantenevano il loro equilibrio. Erano guerrieri e i pruriti della caccia a una preda piccola e agile come un Allaghèn  sembravano solo carezze di zefiro.

“Abbassatevi!” urlò Loren “Tenete giù la testa!” .

Gli uomini rimasero in piedi, con il mento rivolto verso il cielo, mentre il giovane Capitano sbraitava ordinando loro di abbassarsi:“Dannazione volete morire tutti?”

Accorremmo verso gli altri: “Calmati e dimmi cosa sta succedendo, Capitano.” Feci senza dar retta alla sua ansia.

“Maestà, non ho mai visto nulla del genere!” era quasi terrorizzato.

Guardai gli Uomini, caduti in una specie di trance, con gli occhi seguivano una scia luminosa nell’aria.

“Ma che diavolo è?” Udii la voce greve di Ugarab.

Rimasi a guardare, in silenzio, il vapore di luce colorato che si diradava turbinando.

“Sire, mio Signore, cos’è quest’affare?” Insisté Ugarab.

Amo il tuo canto, Adam.  Per amore sto ballando questa danza..”

Quale voce dal nulla mi stava parlando? Un timbro inesprimibile, forse somigliante a un cinguettio e la voce senza timbro sessuale di un Allaghèn echeggiò nella mia mente.

“Queste ali, Adam, sono la mia libertà.”.

“Attenzione, sta tornando, riparatevi!” gridò Loren, sconvolto.

I Cavalieri al contrario del Capitano, rimasero estasiati. Una luce dalle infinite sfumature sfavillanti discese dal cielo in una picchiata così rapida da essere appena visibile a occhio umano.  Appena fu all’altezza delle nostre teste si percepì la sua forma. Un collo aggraziato e due paia d’ali di grandezza eccezionale rispetto al resto del corpo: un agglomerato di luce dai mille riverberi. Una coda tonda e ampia s’aprì quasi scattando, per rallentare la picchiata, e riprendere subito quota. Da questa sorta di scudo s’irradio una luce dorata, la stessa di una stella remota. L’aria s’arroventò. Avevo i capelli appiccicati sulla fronte per il sudore e la barba gocciolava abbondantemente, come quella di ogni altro Cavaliere.

“Non vi farò del male.”

 Posai d’istinto lo scudo che avevamo tutti levato sulle nostre teste per ripararci da quella cosa.

Gli Uomini m’imitarono, rimanendo scoperti.

“Niente era più bello che ascoltare il Canto di Adam, ai tempi dell’Inno.”

“Ma chi sei?” sussurrai, cercando di non farmi sentire dagli altri.

L’uccello di luce si soffermò a mezz’aria sbattendo con un ritmo sovrannaturale le sue ali smussate. Aveva occhi bianchi e irradianti come i lampi nello spazio profondo.

“Tutto cambia visto dal mio punto di vista, Adam. Guardami. Sono un navigatore adesso. Ti sembro strano, Adam ,perché non conosci la verità. La verità è come un gioco. Sai  chi sono io, dunque: solo un gioco.”

Mi chiesi se anche gli altri udissero quella voce di un altro mondo. Li guardai, i miei Cavalieri, erano ipnotizzati con le braccia spalancate, e uno strano fuoco rosso che usciva loro dal petto.

L’uccello si posò su una roccia, all’altezza dei miei occhi. Era una creatura splendida e inquietante. Lampi policromi saettavano su tutto il suo corpo di luce. Aprì le sue ali, come per mostrarmele.

Non stanno male, tutt’altro, sono parte di me,come  di ogni cosa. Loro vorranno essere, dopo quest’avventura non più i Cavalieri del Re, ma gli Uomini di Adam. Lascia che vadano, che tornino a casa loro.”

“Sono già a casa loro.” Mormorai, senza più fiato, estasiato da quella visione.

“Una volta mi hai ricordato di come si  vola con queste ali, Adam. Cadevo nel vuoto e mi hai cantato una musica,  mi sono ricordato così di essere quello che vedi adesso.”

“Ti sbagli, io non ti conosco. Non so neppure cosa ti sia, né da dove provenga.”

“L’Inno verrà suonato ancora, la Creazione non è giunta alla fine dei tempi.  Questi Uomini canteranno assieme ad Adam. Lascia che tutto scorra libero e guardami mentre riprendo il mio volo, perché se torno al mare della Linfa lo devo a te.”

“Tu sai dov’è andata la Linfa?” cominciai a essere sempre più inquieto.

L’Uccello di Luce sollevò il suo aggraziato collo verso l’alto, spiegò la sua radiosità con le ali imponenti, mi guardò con i suoi occhi di lampo. Per un istanti ebbi l’impressione che volesse folgorarmi con quella luce bianca. Ma non accadde nulla di tutto ciò. Faceva caldo, un caldo terribile, come se stessi all’interno di un cratere vivo di vulcano. Presi la mia borraccia e trangugiai l’acqua sino all’ultima goccia. L’Uccello si era involato portandosi di poco sopra la volta della foresta, quindi con uno scatto surreale ascese in perfetta linea verticale oltre le nuvole, come risucchiato dalla sua stessa velocità. 

Quando tutto finì e l’aria ridivenne fresca, vidi gli uomini barcollare. Mi guardai attorno. Le piante non erano bruciate, ma la roccia dove s’era accovacciata la creatura di luce sembrò come vetrificata, fusa con i granelli di terra e argilla. Mi chiesi come accidenti fosse stato possibile. Un calore in grado di fondere la terra lasciò intatte le piante, noi stessi e gli animali!

Mi dedicai ai Cavalieri.
“Ugarab, vecchio mio, come state?”

Ma non mi rispose, guardandomi incuriosito come se fossi uno spettro.

“Loren!”  chiamai.

Nessuna risposta, identico sguardo.

“Ma che diavolo! Restate calmi adesso vi aiuterò!” dissi.

Mi accostai a Ugarab. Lo presi per il polso in modo da condurlo al sicuro verso la tenda. Ma questi mi bloccò la mano.  Mi voltai su di lui e mi accorsi di come fosse diverso il viso di quell’uomo. Non era più vecchio cavaliere, ma neppure parve ringiovanito. La sua aria assunse l’aspetto dell’eternità. Neppure il suo sguardo sembrò più  truce ma solo serio. 

“Amico mio, che ti succede?” cercai di parlargli “ Ne uscirai, non ti lascerò indietro!”

Mi tolse in modo delicato la mano dal suo polso.

Intanto gli uomini si erano radunati in cerchio attorno a me. Avevano lo stesso sguardo d’eternità di Ugarab.

“Riprendiamo il nostro viaggio, Adam.” Mormorò. Era una voce serena, pulita, adesso quella di Ugarab, non più greve e rasposa.

“Viaggio? Di cosa vai parlando, Cavaliere!” m’innervosii.

“Veniamo qui, ti cerchiamo, e quando sappiamo come e dove sei, ripartiamo.” Replicò

“Non dire idiozie! Tu sei uno dei miei migliori Cavalieri!”

“Adam, io sono un Uomo Libero del regno d’Aurora. Da lì vengo, d’Aurora, e lì adesso rivolgo il mio passo.”

“Aurora? Sei pazzo? Il demonio di prima ti ha mangiato il cervello, Ugarab! Non puoi desiderare di andare dalla Regina Azyrath, stai bestemmiando! Ad Aurora ci sono solo i nostri nemici, folle d’un vecchio cavaliere!”

“Adam, tu non hai nemici.”

Disse queste ultimi, incomprensibili parole. Il fuoco che prima gli ardeva sul petto lo avviluppò all’improvviso. Una fiamma immensa, che si protrasse in alto, verso le stelle. L’uno dopo l’altro anche gli altri Uomini divennero fiamme e in un crepitio di lingue infuocate svanirono nel nulla.

Rimasi solo. Le mura di Lastours si erano consegnate alla  tenebre.

Mi inginocchiai a terra. Ebbi l’impressione che occhi fatti della stessa sostanza della notte mi scrutassero. Mi sentii solo come mai mi sentii prima. Mi parve di percepire l’intera esistenza in quel punto dove caddi con le ginocchia. “Non hai nemici” mi rimbombò la frase di Ugarab.

“Evangeline!” gridai “Sei tu che mi stai fissando?” feci, sconvolto.

Una voce: “ È stato tremendo Adam, ma abbiamo dovuto farlo.”

“Ma che cosa vuoi? Cosa sei?”

“Il Cantastorie, lo hai trovato alla fine.”

“Non ho trovato nulla, solo un’oscena maledizione per il mio peccato di superbia contro Alath!”

“Oh no, Adam. Tu l’avevi innanzi, non era ciò che stavi cercando da tempo?”

“Io cercavo un Allaghèn!”

“Ebbene…”

“No, tu sei la voce del demonio, non ti voglio più ascoltare, adesso! Mostrati e combatti, altrimenti mi dimostrerai quanto tu sia  un vile!”

“Avevi sperato di poterlo vedere, un giorno. E lui si è mostrato ad Adam, il suo migliore amico, perché si era dimenticato di come fosse fatto.”

All’improvviso una donna, dal passo potente come una quercia al vento, capelli bruni come l’olmo che le ondeggiavano selvaggi oltre le spalle, venne avanti dall’oscurità. Era nuda, ma non ne provava imbarazzo. Le forme di una Guerriera, ma anche di una Madre. Dolci e potenti.

“Evangeline, sei tu?”

I suoi occhi scuri vibrarono vivi come acqua di fonte. Capii che era lei.

“Cosa sta succedendo?”

“Accade Adam, che si torni qui per un po’ quindi si riprenda il cammino.” Disse ancora

“Ma perché, perché?”

“Adam, Aurora ti chiama. Ti ama ancora con tutta se stessa come tu hai amato noi tutti. Non lasceremo nulla d’incompiuto per te.”

“Ma voi siete i Ribelli, coloro che ho cacciato e combattuto ad Ayurta, per l’onore di Alath. Perché mi parli così?”

“Primo Uomo, non farmi domande se pensi che io sia il tuo nemico. Ma in te credi che io sia un nemico di Alath, non il tuo. Se solo gli dei si sapessero combattere le loro guerre da soli…vero Adam?”

- Primo Uomo – nell’udire quest’appellativo sentii congelarmi lo stomaco.

“Evangeline, Ti ho fatto male quando…”

Lei sorrise, in modo così dolce che a stento trattenni un’insolita fitta interiore.

Mi disse: “No, hai mantenuto la promessa. Non ho sentito nulla. Sono volata via, con un balzo veloce, senza  accorgermi della testa che se ne andava.”

“E poi dove sei finita?”

“Sono tornata al popolo d’Aurora. Ho ancora molto da fare.”

Sospirai con una tremenda ed empia soddisfazione: “Sei salva, dunque.” Dissi

“Direi di sì, per ora.” Replicò.

Poi com’era arrivata a me, scomparve, dileguandosi nella notte.

Tornai nel Castello, da solo, a cavallo del mio nero amico Awan.

Cos’era quel demonio di luce? Un Allaghèn disse Evangeline, il Cantastorie. Ma non conoscevo alcun Allaghèn con quello stadio di energia. A meno…a meno di non aver avuto innanzi la forma vivente della quale ho sentito dire nelle memorie dei miei prigionieri . Avevo interagito per la prima volta con un Essere di Luce “maturo” nella fase successiva della sua vita, o al contrario un’entità  primordiale; il caos si era impadronito della mia mente, confondendo spazio e tempo. Non riuscivo a darmi un senso logico a quanto accadde. E ora come avrei potuto riferire l’accaduto al mio Signore, Alath, senza passare per un bestemmiatore? Il diavolo mi aveva soggiogato, dunque? Ero ancora degno dell’amicizia di Dio?

La sala della flagellazione era buia. Non avevo acceso il fuoco delle torce, lasciando che fosse solo la sacra fiamma del Puraqonyr, il camino del falò eterno, a rischiarare l’oscurità.

“Il Mio sangue per lavare la mia superbia. Il mio sangue per affogare la mia empia tracotanza. Il mio sangue per avvelenare le mie perverse fantasie.” Dissi, alzando la frusta con nove code verso il vuoto circondato dall’anello di pietra sospeso nella stanza “Secondo la Tua volontà.” Recitai la formula del Rito di Flagellazione.

 Mi buttai il primo colpo sulla schiena. Il dolore fu lancinante,e la cosa mi disorientò,  in genere quella sensazione sopraggiungeva al settimo o decimo  colpo, quando avevo raschiato la pelle dai nervi. Fu come se le mie terminazioni nervose fossero una strada diretta verso il cervello.

“La Tua volontà! Alath è grande!” urlai di risolutezza contro la mia carne; mi morsi il labbro e continuai. Ogni colpo era simile al primo. Nonostante ci fosse un lago di sangue davanti al camino, continuai. Venti, trenta, quaranta frustate, non ho idea per quanto andai avanti nel distruggermi la schiena. Anche il minimo barlume di quanto accadde nel bosco doveva sparire nel dolore. 

“Adam la tua mano è potente come la tua fede. Ma adesso non oltrepassare la nostra Legge.” Udii il tuono del mio Dio parlarmi, solo allora cessai di battermi.  Quaranta frustate era il limite che Alath aveva imposto per la mia penitenza, e l’avevo superato.

“Il tuo signore ha gradito il sacrificio del suo più amato ministro. Ora s’interrompa il gesto del tuo onore, Adam.”

“Sia fatta la Tua volontà.” Riposi la frusta, chinando poi la fronte sul pavimento sporco.

“ Mi perdoni Iddio, il mio Signore, perdoni la mia violazione. E di più mi redima dal mio peccato. Diaboliche visione si sono insinuate nella mia mente.” Invocai.

“E tu, Adam, credesti a queste visioni?”

“Possa l’Onnipotente avere pietà di me, sì! Vi è stato un momento nel quale ho creduto alle voci di quei demoni nella foresta!”

“Il tuo Signore vede dentro l’Uomo. E non vi abbiamo scorto segni d’eresia. Il demonio è scaltro, Adam, e vuole che tu creda nelle sue promesse. Sappiamo che il Cospiratore e Azyrath bramano averti fra le loro fila, perché forte è la tua spada e formidabile la tua mente. Ma noi crediamo in Adam perché sappiamo essere forte più di ogni altra cosa la sua fede.” Tuonò.

“Sono morti bruciati i miei uomini, in quella foresta, per la debolezza della mia anima!” strinsi le parole in un pianto soffocato.

“No, Adam, quegli umani si sono condannati seguendo le promesse del male. Tu sei rimasto fermo al tuo Onore. Tu sei il nostro Onore, Adam.”

“Il nome di Dio è una fortezza per me. Sia chiamata ogni cosa a gloria della Tua volontà.” Affermai.

“Adam, alzati e cura le tue ferite, perché è caro il tuo sangue all’Onnipotente.”.

“Tornerò su quella montagna e lo prenderò quel demonio!” giurai “Ve lo porterò in catene, Signore Misericordioso!”

“Gradiamo il tuo giuramento, Adam.” Replicò il tuono divino, con l’implicita autorizzazione a tornare sulle montagne di Lastours e cercare l’Uccello di Luce, qualunque cosa fosse.

Alessandra Biagini Scalambra