L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto è una di quelle opere che si studia a scuola e per questo motivo si viene poi legati a essa da un rapporto più di odio che di amore, senza ricordare che è dagli archetipi e dalle trame presenti in libri come questi che sono nati gli intrecci della moderna narrativa di genere fantastico, il fantasy in testa.
Le folli avventure del paladino di Carlo Magno che perde la testa per la bellissima Angelica hanno avuto negli anni tante riletture e studi, più o meno eruditi: ora tocca al giornalista Vittorio Macioce che presenta, nella collana Stanze della Salani, un suo approfondimento in tema, partendo dai personaggi femminili, come suggerisce il titolo, Dice Angelica.
A differenza di un’altra figura del poema, la guerriera Bradamante, già rivalutata da tempo da femminismo e immaginario come antesignana di un archetipo potente a 360 gradi, Angelica sembra a prima vista il prototipo della donna oggetto, visto che per lei tutti i paladini impazziscono e si sfidano a duello, per poterla alla fine possedere.
Angelica è sempre stata vista come insidiosa, il motore di ogni brama, passiva, pronta solo a essere conquistata, ma nessuno si è mai chiesto se era d’accordo o meno, se le piaceva che il paladino della cristianità perdesse il senno per lei, se non trovasse anche un po’ ridicoli tutti questi maschi alpha arrapati che si sfidavano per lei.
Vittorio Macioce per la prima volta dà voce a questa creatura celebrata ma poco compresa, una ragazza normale, moderna, con le stesse emozioni di tante donne oggi, il volersi sentire viva e trovare un posto nel mondo, senza sentirsi sempre e solo un oggetto sessuale per gli uomini, all’interno di un ruolo impostole da altri.
L’autore racconta quindi tutto quello che è stato trascurato del personaggio di Angelica, inserendola in una vicenda in cui trovano spazio, con gli occhi di oggi, tanti riferimenti alla cultura pop contemporanea, senza contare il fatto che si parla di un argomento attuale come le ossessioni amorose e i guai che queste provocano. Per costruire il libro, Vittorio Macioce ha confrontato i poemi cavallereschi con le tracce che sono arrivate fino a oggi, dando una sua dimensione finalmente anche alla povera Angelica, non solo un trofeo conteso.
E alla fine, anche lei dimostra di avere una sua personalità, quando dice: Ero solo una ragazza che cercava la strada più breve per raggiungere il centro del mondo. Quando ci sono arrivata, lo confesso, mi sono persa. Quello che non mi hanno mai perdonato è di averli sorpresi. Sono stata inseguita da personaggi che hanno generato stirpi di eroi. I loro figli e i figli dei figli sono ancora in giro, magari con maschere e nomi diversi, ma con lo stesso stampo. Molti neppure lo sanno. A tutti ho concesso qualcosa, spesso una speranza. Non me ne vergogno. Sono uscita di scena per amore, perché un ragazzo mi ha stretto la mano, con la stessa forza con cui ci si attacca alla vita.