1.
Quante volte ho percorso a piedi questa via per andare a lavoro da casa mia. Sempre la stessa gente, sempre le stesse espressioni. Ho quasi l’impressione che al mio passaggio, nonostante i miei sorrisi cordiali, le persone non mi vedano. Ma io sono qui! Io esisto come voi! Quanta indifferenza… non per tutti però…
La mia collega, così carina e spigliata, ha preso il mio posto. Io relegata in un piccolo ufficio, lontana dai clienti, lontana dalla vista… Certo il mio abbigliamento non è dei migliori, ma ci vuole coraggio per indossare jeans aderenti, gonne succinte o scollature vertiginose a mettere in mostra la mercanzia! No, non è il mio stile… Forse anche gli occhiali così spessi non aiutano, ma non sopporto le lenti a contatto… anche se non le ho mai provate… ma sono certa che non le sopporterei!
Le uniche volte che mi si rivolge la parola in ufficio è per chiedere favori: Giulia puoi mandare questo fax? Giulia mi puoi fotocopiare questo documento? Giulia prenderesti del caffè per favore? Oh Giulia come sei gentile! Ma mai una volta: Vieni con noi a pranzo? Dopo il lavoro andiamo a bere qualcosa, vieni anche tu?
Ehi, sono qui, mi vedete? Esisto!
Ipocriti, bastardi!
E poi lui, lui così affascinante e pieno di sé… avrei dovuto capirlo. Erano giorni che tutti mi guardavano e bisbigliavano alle mie spalle, mostrando indifferenza quando mi accorgevo di loro. Ma, come sempre mi ero tenuta tutto dentro… Solo Luca continuava a fissarmi da sopra il monitor del computer, con quegli occhi scuri così intensi e poi mi sorrideva. Sentivo il viso avvampare. Ogni volta correvo in bagno per calmarmi, non avevo mai sentito il mio cuore battere tanto forte. Quando mi guardava mi mancava il respiro… ma era una bella sensazione, non mi ero mai sentita così… ero felice!
Quante coincidenze, adesso che ci penso… Le gomitate tra i colleghi e le occhiatine che andavano da lui a me, soprattutto a me. Gli strani cenni quando andavo alla fotocopiatrice, un attimo dopo lui mi era vicino con dei documenti in mano, aspettando paziente il suo turno per usare la macchina e intanto che mi stava vicino il mio cuore impazziva e il mio respiro affannava. Quante volte per l’imbarazzo, la mia goffaggine aveva preso il sopravvento? Sbattevo sulla scrivania, come fossi cieca, o facevo cadere i documenti come se, all’improvviso, avessi perso la sensibilità. Temevo quel momento, perché lui era pronto a raccoglierli per me e le nostre mani si sfioravano e io perdevo il controllo e scappavo via. Poi, ieri sera, il bastardo ha sferrato il colpo finale… la mia umiliazione…
2.
Ritornato dal pranzo, non mi staccava gli occhi di dosso. Ogni occasione era buona per lanciarmi un fascinoso sorriso e imbarazzanti occhiate e ogni minuto che passava sentivo che mi stavo innamorando di lui…
Ero sempre l’ultima ad andare via, chissà come mai, forse se anche gli altri avessero lavorato seriamente… ma non importa. Ieri sera lui si è trattenuto e quando sono andata nella stanza degli armadietti a prendere la mia borsa e il mio cappotto, mi ha raggiunta…
«Ciao Giulia.»
Mi sorprese alle spalle, con la sua voce calda e suadente.
«Ciao.» Quanto imbarazzo…
Mentre si avvicinava, afferrai il cappotto per andar via.
«No, per favore, non scappare come fai sempre.» In un attimo mi raggiunse.
Sentivo il cuore in tumulto mentre mi stringeva delicatamente a sé, il mio corpo tremava, appoggiato al suo. Chiusi gli occhi quando le sue labbra stavano per posarsi sulle mie… ma quel bacio non arrivò mai!
«Può bastare?» lo sentii dire, e io aprii gli occhi, confusa.
Di fianco a un armadio che usavamo per la cancelleria, si erano nascosti due dei miei colleghi, e ora ridevano col cellulare puntato su di noi.
«Non te la prendere Giulia, era solo una scommessa. Ti credevano tutti una “santarellina”, ma io non la pensavo così. E avevo ragione.»
Mi teneva ancora stretta a lui, mentre io mi sentivo morire… poi mi lasciò andare e rimasi sola.
Mai avevo provato tanto dolore, tanta disperazione e il mio pianto disperato non riusciva ad alleviare quei sentimenti che mi straziavano il cuore.
Ma stamattina mi sento meglio, più forte. Credevo che non avrei avuto il coraggio di presentarmi a lavoro e invece mi ritrovo a ripercorrere la strada per l’ufficio, quasi senza rendermene conto. Non mi importa più di niente e di nessuno. Che si fottano! Perché io esisto e se ne accorgeranno!
Cosa succede? Quanto trambusto. Raggiungo l’ingresso, nessuno mi ferma. Entro in ufficio, qualcuno piange, ma per lo più le espressioni sono serie. Il direttore entra stravolto.
«Chi è?» chiede.
«Giulia» qualcuno risponde.
Seguo il direttore nella stanza degli armadietti, ma viene bloccato da uno dei carabinieri, ma io no, ed entro.
Il mio corpo giace inerme in una pozza di sangue, i polsi recisi da una taglierina…
Ma cosa è successo? Eppure mi sentivo così forte, così viva… ero così sicura… io… credevo di esistere…