IL BASILISCO

Lucano riferisce che il basilisco nacque dal sangue di Medusa, una delle Gorgoni, e che insieme a lui vennero alla luce tutti i serpenti della Libia: l’aspide, l’anfesibena, l’ammodite (libro IX della “Farsaglia”, che si può leggere nella versione italiana del 1668 di P. Abriami).
Per Plinio il Vecchio il basilisco era un serpente che aveva sulla testa una macchia chiara in forma di corona.
A partire dal Medioevo diventa un gallo quadrupede coronato, dal piumaggio giallo, con grandi ali spinose e coda di serpente, terminante o a uncino o con un’altra testa di gallo.
In un’incisione di Aldovrandi vediamo il basilisco raffigurato con squame al posto delle piume e con otto zampe, caratteristica che lo accomunerebbe al cavallo di Odino secondo l’Edda minore.
Il basilisco crea il deserto: ai suoi piedi cadono morti gli uccelli e imputridiscono i frutti. Il suo sguardo uccide, rompe le pietre e brucia i pascoli, mentre l’acqua dei ruscelli in cui si abbevera rimane avvelenata per secoli. L’odore della donnola però lo uccide, come lo fulmina la sua immagine riflessa in uno specchio… tale e quale la madre!
Nel Medioevo si diceva l’uccidesse il canto del gallo… e i viaggiatori esperti non mancavano mai di portarne uno con loro, quando dovevano attraversare contrade a loro sconosciute.
Gli Enciclopedisti cristiani respinsero le favole mitologiche della “Farsaglia” e pretesero una spiegazione razionale circa l’origine del basilisco. L’ipotesi che ebbe più favore fu quella che vedeva il basilisco nascere da un uovo deforme deposto da un gallo e covato da una serpe o da un rospo… alla faccia della razionalità!
 
Originariamente pubblicato sul numero 4 de LA ZONA MORTA, ottobre 1990

Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, marzo 2007

01/04/2007, Stefano Vietti