
Per Plinio il Vecchio il basilisco era un serpente che aveva sulla testa una macchia chiara in forma di corona.
A partire dal Medioevo diventa un gallo quadrupede coronato, dal piumaggio giallo, con grandi ali spinose e coda di serpente, terminante o a uncino o con un’altra testa di gallo.
In un’incisione di Aldovrandi vediamo il basilisco raffigurato con squame al posto delle piume e con otto zampe, caratteristica che lo accomunerebbe al cavallo di Odino secondo l’Edda minore.
Il basilisco crea il deserto: ai suoi piedi cadono morti gli uccelli e imputridiscono i frutti. Il suo sguardo uccide, rompe le pietre e brucia i pascoli, mentre l’acqua dei ruscelli in cui si abbevera rimane avvelenata per secoli. L’odore della donnola però lo uccide, come lo fulmina la sua immagine riflessa in uno specchio… tale e quale la madre!
Nel Medioevo si diceva l’uccidesse il canto del gallo… e i viaggiatori esperti non mancavano mai di portarne uno con loro, quando dovevano attraversare contrade a loro sconosciute.
Gli Enciclopedisti cristiani respinsero le favole mitologiche della “Farsaglia” e pretesero una spiegazione razionale circa l’origine del basilisco. L’ipotesi che ebbe più favore fu quella che vedeva il basilisco nascere da un uovo deforme deposto da un gallo e covato da una serpe o da un rospo… alla faccia della razionalità!
Originariamente pubblicato sul numero 4 de LA ZONA MORTA, ottobre 1990
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, marzo 2007
01/04/2007, Stefano Vietti