Lo spazio vuoto scorreva veloce attorno allo scafo allungato dell’astronave,i colori delle stelle si succedevano l’uno all’altro senza fine così come variava di continuo la brillantezza dei soli che si avvicendavano mentre il gigantesco vascello si avvicinava ad un sistema planetario, per poi lasciarselo subito alle spalle, lungo la rotta che era stata prefissata per quella giornata di volo.
Il viso smilzo di Daw, come sempre, era inebriato di quelle immagini spettacolari, la sua attenzione completamente avvinta da quello scenario bellissimo che lasciava senza fiato. Il pilota spaziale sapeva perfettamente che tutto ciò era possibile solo grazie al simbionte Gubn, un alieno natio di un lontano pianeta posizionato a ben 100 anni luce di distanza dalla Terra.
Fin da quando era ancora un ragazzino gracile dalla lunga capigliatura nera arruffata, Daw aveva sempre voluto diventare un Pilota Spaziale, al servizio di una delle enormi astronavi che il suo mondo natale era stato autorizzato ad utilizzare regolarmente nello spazio dal giorno in cui il sistema solare era entrato definitivamente a far parte dell’Allenza Interplanetaria. L’ormai trentacinquenne terrestre aveva sempre desiderato per sé quel futuro appagante e strabiliante, tuttavia era ben consapevole che per riuscire un giorno ad essere davvero ciò che voleva – una volta che avesse completato l’addestramento al volo spaziale – avrebbe anche dovuto sottoporsi ad un procedimento medico speciale, come ogni essere umano: il suo cervello doveva essere appositamente modificato e al suo interno sarebbe stato necessario impiantare un simbionte alieno, appartenente alla specie dei Gubn, dato che costoro erano gli unici simbionti per piloti spaziali autorizzati a tale compito all’interno dell’intera Alleanza.
Difatti, non vi era nessun altra specie aliena in grado di far compiere viaggi ad una velocità maggiore di quella della luce senza l’ausilio di un simbionte: solo un Gubn – che esteriormente appariva come una sorta di energia fluttuante a forma di decaedro… – poteva sopravvivere all’interno del cervello di un pilota d’astronave, incrementando le sue facoltà e consentendogli di aprire i collegamenti quantici che mettevano in contatto due punti-salto nello spazio, rendendo in tal modo possibile il viaggio fra le stelle. Non vi erano altri modi per riuscirvi, dal momento che la mente umana non era sufficiente – da sola – per quello scopo, né d’altronde avrebbero mai potuto esserlo tutti i sofisticati computer finora ideati dagli umani (o da qualsiasi altra specie aliena ricompresa fra le decine presenti all’interno dell’Alleanza Interplanetaria, senza dubbio…).
Ovviamente, per permettere il regolare volo di linea spaziale, ogni astronave doveva anche essere innanzitutto ben progettata, adeguatamente rinforzata ed equipaggiata e tutti i piloti erano tenuti ad indossare una tuta speciale che li proteggesse dalla velocità elevatissima che si sprigionava soprattutto durante le fasi di accelerazione e decelerazione gravitazionale. Ciò detto, la tecnologia di per sè non bastava a permettere di attraversare la galassia, era cosa nota.
Daw si era allenato a lungo e duramente sulla Terra e sulla Luna, fintantochè non era riuscito ad entrare nel Programma Spaziale Interplanetario che rappresentava l’unica strada per ottenere alfine la prestigiosa Patente di volo astronautico, indispensabile per poter guidare legalmente una nave spaziale.
Alla sua età, l’uomo aveva già compiuto viaggi spaziali per ben dieci anni, ovviamente assieme – e grazie unicamente – al simbionte che si portava dietro, collocato all’interno della propria mente.
Era risaputo che i Gubn non avevano bisogno abitualmente di un corpo umano per viaggiare singolarmente fra le stelle, oltretutto la relazione così stretta che si veniva a creare, dopo l’impianto, fra gli ospiti ed i corpi alieni ospitanti consentivano loro di sentire, ascoltare e vedere ogni cosa – a grandi linee – allo stesso modo degli esseri al cui interno si trovavano mentre erano in viaggio nello spazio.
Era come vivere un’altra vita, oltre alla loro propria esistenza, non vi era niente di meglio di tutto ciò, secondo il peculiare modo di considerare le cose tipico dei Gubn. D’altra parte, il vecchio modo di viaggiare a cui questi simbionti erano stati abituati in passato, prima di divenire membri (o meglio i veri promotori) dell’Alleanza Interplanetaria, sembrava priva di valore e insignificante se paragonata a quella in uso oggigiorno.
Daw era sempre stato felicissimo della sua vita come pilota spaziale, tuttavia si era fatto davvero molto triste negli ultimi mesi: sapeva che il suo simbionte alieno stava diventando debole, tutto a causa di una malattia rarissima che aveva iniziato a danneggiare i suoi percorsi neurali. L’uomo era consapevole che, purtroppo, avrebbe dovuto essere estratto dal suo cervello quanto prima: queste erano le regole da seguire in tali circostanze, non vi erano eccezioni di sorta.
La cosa terrificante era che solo un Gubn alla volta poteva sopravvivere all’interno di ciascun pilota spaziale e, siccome la mente dell’ospitante subiva profondi cambiamenti al momento in cui veniva occupata per la prima volta dal simbionte al fine di adattarsi ad esso, Daw non avrebbe potuto essere congiunto a nessun altro alieno in seguito… pertanto, la fine dei viaggi spaziali per il suo Gubn avrebbe comportato anche la definitiva cessazione delle sue traversate fra le stelle di lì a qualche giorno…
Thl, il vecchio Gubn che condivideva alcuni dei pensieri dell’uomo, lo sapeva benissimo, così come era consapevole che la sua ormai prossima separazione – a cui avrebbe fatto seguito la morte in conclusione… – doveva aver luogo necessariamente allo scopo di preservare, per quanto ancora possibile, la mente dell’essere umano ospitante che, altrimenti, avrebbe potuto subire lesioni rilevanti… in realtà, quella rara malattia aliena non era comunemente letale per un pilota umano, ma aveva la capacità di menomare seriamente il suo cervello, costringendolo a stare per sempre lontano dallo spazio o addirittura a riposo forzato da ogni tipo di lavoro, rendendolo inabile a qualsiasi altra occupazione.
L’alieno comprendeva che una situazione del genere era assai dolorosa per Daw, ad ogni modo il protrarsi della sua permanenza entro la mente dell’uomo avrebbe solo potuto rendere le cose peggiori, un giorno dopo l’altro, dunque era meglio che venisse fatto ciò che doveva essere fatto il prima possibile…
Ad ogni modo, dal momento che condivideva una parte dei pensieri del suo ospite, Thl riusciva anche ad immaginare cosa stava pensando di fare a breve…
E così, l’ultimo giorno di lavoro effettivo, allorchè la nave spaziale condotta da Daw atterrò all’H.G. Wells Space Facility, il moderno spazioporto principale di Marte, e l’uomo sbarcò per l’ultima volta dal ponte di comando, il Gubn aveva già compreso cosa stava pianificando l’ex- pilota. Quella stessa notte, si trovava ancora all’interno della mente dell’essere umano quando Daw si recò di nascosto verso i capannoni abbandonati presenti all’interno dell’area spazioportuale e salì furtivamente a bordo di un’astronave civile della quale era previsto lo smantellamento nei prossimi mesi. Lo vide mentre si metteva operosamente al lavoro per collegare online tutti i sistemi di navigazione e si sedette alla postazione di controllo già interamente rivestito dalla sua tuta spaziale, ormai pronto per il decollo.
-Cosa pensi di fare, Daw…? – il Gubn gli chiese mentalmente.
-Bisogna che lo faccia, lo sai… -
-Sono stato troppo a lungo dentro la tua testa per non capire ciò che stavi per compiere… -
-Sapevo di non poterti ingannare! -
-Allora sai anche perfettamente che se io dovessi restare più a lungo nel tuo cervello potrei seriamente danneggiarti, sebbene involontariamente, a causa della mia malattia… questo è un dato di fatto. -
-Ho sempre desiderato avere una patente di volo di pilota spaziale, fin da piccolino. Una volta ottenuta, non ho nessuna intenzione di farmela portare via così, sono ancora troppo giovane, intendo… Non potrei mai resistere, davvero! Non sarò bloccato a terra a quest’età, è troppo presto. -
-Lo stesso potrei dire io, non sono forse troppo giovane per morire? E’ vero, sono vissuto per 200 dei vostri anni umani, ma è sempre molto poco per un Gubn. Cosa dovrei fare? Anche per me la perdita della possibilità di volare nello spazio non è un qualcosa che si possa accettare facimente… -
-Ma la tua specie è stata a lungo abituata a viaggiare fra le stelle, per secoli! Al contrario, per l’Umanità si tratta solo di una conquista molto recente… per me, questa perdita sarebbe letale come… -
-…come la fine di un sogno, lo so… -
-Dunque anche tu comprendi come mi sento? -
-Ma se tu persistessi nei tuoi propositi, potresti subire seri danni… lo sai? -
-Ed allora così sia, forse subirò seri danni, forse il mio cervello si friggerà o addirittura morirò, però volerò fra le stelle fino all’ultimo giorno che mi resta! -
“Questi saranno davvero i tuoi ultimi giorni, se continui così” Thl rimuginò pensierosamente fra sè – Dove pensi di andare? Qual è la tua rotta stavolta? – chiese infine, in tono sconsolato.
-La seconda stella a sinistra, proprio ai limiti della sua corona infuocata e forse anche dentro di essa… – annunciò l’uomo coraggiosamente – Per andare baldanzosamente là dove nessun uomo è mai giunto prima! -
-Molto originale… Che fine spettacolare sarà! – esclamò Thl, sorridendo – Davvero spettacolare. -
Quasi quasi lo avrebbe lasciato fare… dopotutto, quale modo migliore di porre fine ai loro viaggi spaziali, senza alcun intervento medico di asportazione, senza il dolore di essere bloccati per sempre a terra o di perdere la possibilità di spostarsi fra i pianeti? Dopotutto, non dicevano forse i Terrestri “Meglio bruciare in un attimo, che spegnersi lentamente”?
-Pronto ad aprire aprire i collegamenti quantici per il punto-salto dopo il decollo, al tuo comando… - il simbionte infine comunicò.
Se l’avesse potuto guardare in viso, Daw avrebbe visto la sua espressione compiaciuta.