IL FANTASMA DI ALESSANDRO APPIANI

Stefano Simone si conferma autore interessante e versatile, cambiando del tutto genere dopo gli ultimi lavori che spaziavano dal fantastico al thriller, con alcune incursioni nel tema sociale e dei diritti umani. Il fantasma di Alessandro Appiani è commedia thriller, qualcosa che in Italia si fa davvero poco, in parte riferibile a lavori internazionali come IT, per il tono e per la presenza dei ragazzini che indagano, fatte le debite proporzioni.

Qui ci troviamo di fronte a un lavoro a basso budget che fa del cinema teatrale la sua maggior forza, con interpretazioni credibili da parte dei giovani attori, un cast interessante nel quale spicca la protagonista Rosa Vairo, per espressività e naturalezza. La sceneggiatura di Matteo Simone, Roberto Lanzone e Giuseppe Bollino parte da un romanzo di Gordiano Lupi, senza stravolgerlo nella storia, ma calandolo alla perfezione in un mondo popolato da adolescenti.

L’operazione può dirsi riuscita, perché Silvia Lepri (Vairo) resta la ragazza sognatrice che sin dall’infanzia ha la straordinaria capacità di sentire le voci a grande distanza (idea di Aldo Zelli, dal racconto Le voci lontane). Nella versione del cineasta di Manfredonia si avvale della complicità di due amici come Luigi (Mangiacotti) e Carlo (Balta) per investigare su una serie di omicidi che sembrano collegati alla leggenda del fantasma di Alessandro Appiani e del suo castello abbandonato. Spinti dalla curiosità, i tre adolescenti iniziano un’indagine personale, basandosi sui libri di leggende popolari del professor Luisi, uno storico locale che cerca di riabilitare la figura del principe. Mentre la polizia brancola nel buio, sarà proprio il trio a risolvere il mistero.

Non diciamo altro sulla trama, perché il film è un vero e proprio giallo con ben quattro omicidi e un colpevole, che lo spettatore scoprirà soltanto verso la fine, nel corso di una sequenza ad alta tensione.

Veniamo ai pregi della pellicola, che sono molti, a partire da un cartone animato inziale che racconta la storia del delitto di Alessandro Appiani (episodio storico, avvenuto a Piombino nel 1580) avvalendosi di un singolare quanto originale rap in sottofondo. Pare di essere tornati nel cinema degli anni Settanta, quando spesso le commedie italiane venivano introdotte da un divertente disegno animato. Sara Strafile e Lucia Zullo sono davvero brave e realizzano un prodotto di godibile freschezza. Il film è ben fotografato da Tommaso Visentino, che conferisce le atmosfere giuste alla narrazione, passando senza soluzione di continuità dai toni cupi e giallastri dei notturni ai luminosi esterni. Stefano Simone dimostra di aver raggiunto un buon livello di maturità tecnica, che lo rende capace di affrontare sia i piani sequenza che i campi e controcampi per gestire i dialoghi di un film in gran parte teatrale, come impostazione narrativa.

Non mancano le annotazioni d’autore come la scena del dialogo tra il nonno (Potito, molto bravo) e Silvia, dove il vecchio discetta sul valore dei sogni e sulla crudeltà della guerra, senza dimenticare il valore simbolico del binario (ricorrente nei film di Simone) con gli adolescenti che camminano lungo la linea ferroviaria, pronti per affrontare la vita.

Il film ha un tono da commedia che non ha precedenti nel cinema del regista pugliese, alcuni personaggi sono volutamente grotteschi e caricaturali, come il giovane scrittore Paolo Lanfranchi (Simone), che parla senza capire il senso delle parole e usa piuttosto che a sproposito (come fanno in molti!). Per non parlare dell’inetto ispettore di polizia (Tricarico) e del suo assistente (Di Trani) che deve sopportare la prosopopea del superiore e la sua arroganza nell’imputarsi meriti inesistenti. Da notare alcune riuscite gag all’interno del castello abbandonato, dove gli sceneggiatori si prendono gioco degli stereotipi del cinema horror di bassa lega.

Ottimo Matteo Mangiacotti nella parte dello studente secchione innamorato di Silvia e molto bene Simone Balta, il più giovane del terzetto che porta un tocco di leggerezza alla formazione dei giovani detective. Rosa Vairo è perfetta come indagatrice dell’incubo dotata di poteri soprannaturali, che confida solo al giovane amico Carlo, espressiva e sorridente, mai in difficoltà con la gestione del personaggio. Tra i pochi adulti, spicca l’interpretazione di Carlo Cinque, nei panni di un allucinato professor Luisi, scrittore ossessionato dalla figura di un principe calunniato dalla storia. Nota di merito per Stefano Simone, perché non è facile dirigere giovani attori e farli recitare in maniera spontanea e naturale, senza incertezze di sorta.

Termino con il montaggio serrato, che contribuisce a creare suspense nelle sequenze più importanti, come durante la visita notturna al castello abbandonato. Ottima la scelta del suono in presa diretta che conferisce veridicità e spontaneità al materiale narrativo. Colonna sonora come sempre (sin dai tempi di Cappuccetto Rosso) del fido Luca Auriemma, una costante positiva nei film del regista sipontino.

Attendiamo novità sulla distribuzione, che crediamo sarà soprattutto televisiva, anche se il film meriterebbe attenzione da parte di cinema indipendenti, festival e rassegne a tema.

Gordiano Lupi

Regia: Stefano Simone. Soggetto: Gordiano Lupi (romando), Aldo Zelli (idea). Sceneggiatura: Roberto Lanzone, Giuseppe Bollino. Musiche: Luca Auriemma. Fotografia: Tommaso Visentino. Animazione: Sara Strafile, Lucia Zullo.  Aiuto Regia: Francesco Trotta. Fonici di presa diretta: Giovanni Casalino, Robb MC. Produzione: Running TV International. Genere: Commedia / Thriller. Formato: DCP / Colore. Durata: 84’. Paese di Produzione: Italia, 2022. Interpreti: Rosa Vairo (Silvia), Matteo Mangiacotti (Luigi), Simone Balta (Carlo), Bruno Simone (Paolo Lanfranchi), Antonia Notarangelo (amica di Lanfranchi), Carlo Cinque (Mario Luisi), Sara Pellegrino (amica di Lanfranchi), Gianluca Di Trani (assistente di polizia Righetti), Cory Di Pierro (madre di Silvia), Antonio Potito (il nonno), Pasquale Tricarico (ispettore Franceschini), Moussa Camara (senzatetto che vive nel castello), Isabella Gentile (madre di Lanfranchi).