Meraviglioso uccello dal piumaggio rosso e la coda striata di blu, questo animale, descritto da differenti fonti sia occidentali che orientali è legato ad antichissime dottrine cosmologiche e metafisiche. In Occidente, quasi certamente, il mito della fenice si sviluppò a partire dal mondo greco-latino che probabilmente, ma non è certo, lo prese in prestito dal mito del “benu” egiziano che qualcuno ricorderà essere l’uccello di fuoco sacro a Ra, dio del Sole, protettore del pianeta Venere e amico del dio Osiride, dal quale ricevette in dono l’immortalità.
Di questa creatura si narra che avesse la prodigiosa capacità di rigenerarsi dalle sue stesse ceneri. O meglio, che il suo corpo divenuto vecchio prendesse fuoco per effetto stesso del sole ricomponendosi, poi, quasi per magia dopo essere diventato polvere. Erodoto in un famoso passo (Storie, II, 73) racconta come gli egiziani avessero particolarmente a cuore questo animale che tornava in Egitto assai di rado “ogni cinquecento anni dicono a Eliopoli. E dicono anche che muore ogni cinquecento anni” per poi tornare a nuova vita e riprendere il suo viaggio. Da qui l’appellativo semper eadem: sempre la stessa.
Della fenice si dice anche che fosse solo di sesso maschile, e che vivesse rigorosamente appartata in prossimità di una sorgente d’acqua fresca all’interno di una piccola oasi nel deserto dell’Arabia.
Plinio nella Naturalis Historia aggiunge altri dettagli relativi al volatile come la presenza di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, spigonardo e mirra nel suo nido (XII, 85), l’etimologia del nome che deriverebbe dalla forma greca FOÎNIX “rosso porpora” (XIII, 42) e le particolari proprietà medicamentose che avrebbero i filamenti di cui è costituito il nido stesso (XXIX, 29). Inoltre sempre per Plinio la fenice non rinascerebbe come per incanto dalla putrefazione del proprio corpo, come tutti fino a quel momento avevano riportato, bensì da un vero e proprio vermiculum originatosi, invece, in seguito all’incenerimento del vecchio involucro.
Moltissimi scrittori, di tutti i tempi, si sono lasciati affascinare da questo mito intramontabile. I più noti sono certamente Dante a Chretien de Troyes per il mondo medievale, J.K Rowling e il suo Harry Potter per noi moderni.