IL BOIA ERO IO

Da quando negli USA c’è l’iniezione letale, dopo aver visto il film Dead Man Walking, sono affetto da belonefobia. Alla vista di ago e siringa, vado nel panico, che si trasforma in formicolio agli arti. Ho bisogno di tranquillanti prima di un’inoculazione. All’iniezione vaccinale sono andato tremando. Frequentemente sogno di essere nel braccio della  morte. La porta della cella si apre, sul corridoio verso il patibolo. Angosce, scogli riaffioranti nel mare della memoria. Mi sveglio sudato in preda  allo sgomento. Con il furgone faccio consegne. Un lavoro di corsa. C’è il sole e fa freddo sull’autostrada. Una volta al giorno penso al film con Susan Sarandon e Sean Penn. In quel giorno d’inverno la notizia del radiogiornale, rompe la monotonia: “USA, stato dell’Indiana, è stata eseguita l’esecuzione con l’iniezione letale di Dustin Higgs, un afroamericano di 48 anni”. Accendo tablet, vado alla notizia, su Google-News appare l’immagine del condannato: uomo di colore, con gli stessi anni miei. Percepisco il solito formicolio congiunto piedi e mani, il segnale che devo sostare. Entro nel parcheggio dell’autogrill. Il web è terribile nella sua precisa crudezza. Su Google c’è l’immagine di un giovane steso sul lettino, prima dell’iniezione letale, oltre un oblò. Grossa lente deformante sulla morte imminente. Ordino un caffè. Ho bisogno del bagno. La ragazza dagli occhi bruni, indica la porta in fondo. Entro mi guardo allo specchio come Alice di Lewis Carroll.

Sento bussare alla porta. Alzo lo sguardo. Indosso una divisa blu. Ho un badge appuntato sul petto con la foto, “Agente George Felder matricola 345-b Penitenziario Terre Haute, Indiana”. Apro, un poliziotto del carcere mi sorride

“Allora George, il condannato è pronto, cosa c’è? Da anni svolgi questo incarico”.

“Arrivo” lo seguo, c’è una saletta con gente seduta, oltre un pannello di cristallo. Ritrovo l’oblò, visto su Google, oltre il condannato legato al letto, l’ago è già infilato nella vena. Scopro il tatuaggio che ho sul polso: una siringa, su di essa, incisa la maschera della morte, una data.

“Scruti sempre il tatuaggio della prima esecuzione?”.

“La consuetudine, per superare, la mia paura per gli aghi, Un paradosso beffardo”, rispondo in preda al panico. Devo premere il tasto, che darà l’avviò alla procedura mortale. Non lo faccio, urlo scappo verso il bagno, inseguito dalla guardie, sono di nuovo davanti allo specchio. Con la mano del braccio tatuato, vibro un colpo contro il vetro, la maschera della morte sul cilindro della siringa si anima, scivola sul cristallo, attraversa la mia immagine, tra violenti schizzi di sangue.

“Cosa ha, si sente male?”, mi chiede un uomo.

Sono accasciato, mi sono  ferito contro il pedale del lavandino. “No nulla… solo stanchezza, sono ore che viaggio”.

Bevo il caffè, prendo i tranquillanti, esco. Salgo sul furgone mi tolgo la giacca. Appare il tatuaggio della siringa con il volto della morte e la data. Nell’universo parallelo della mia memoria. Nel corridoio, il Boia ero io.

Enrico Grossi

Tratto da “I miei fantastici racconti”, Edizioni Scudo