Erodoto, storico greco del IV secolo a.C, parla di questo animale definendolo una “creatura alata” mentre Eliano di Preneste, filosofo, lo descrive come un “leone munito di artigli particolarmente robusti, alato, con le penne del dorso di colore nero e quelle della parte anteriore del corpo rosse”. Prima di loro altri autori greci lo avevano tratteggiato come un essere maestoso e allo stesso tempo spaventoso “con una testa d’uccello, un corpo pari a quello di un lupo, e con zampe e artigli somiglianti a quelli di un leone”.
Stabilire, però, con precisione l’origine di questo animale immaginario non è facile anche perché lo ritroviamo contemporaneamente tanto in Egitto – dove al corpo leonino e alla testa d’aquila si sostituisce una testa di avvoltoio – quanto in Mesopotamia dove alla tradizionale testa d’aquila e corpo leonino è possibile trovare una versione invertita, con una testa leonina e zampe d’aquila. Forse la migliore descrizione è presumibilmente ad opera di Sir John Mandeville (1357 ca.) nel capitolo III dei suoi Travels, nel quale descrive il grifone come una creatura più grande di otto leoni messi insieme e più forte di cento aquile, capace di afferrare e sollevare con le sue unghie, ricurve come le corna di un bue, un cavallo con il suo cavaliere oppure due buoi aggiogati all’aratro.Di certo la sua grandezza e maestosità ha fatto sì che il grifone diventasse emblema di regalità, tanto da capeggiare su arazzi e stendardi di intere dinastie dell’area mediterranea e medio-orientale.
Nel Tractatus de armis del XIV sec. di John de Bado Aureo, ad esempio, viene detto che il guerriero che avesse portato con sé in battaglia il simbolo del grifone avrebbe avuto dalla sua parte forza e saggezza. La letteratura persiana del IV sec a.C addirittura parla di un dio, Homa (o Huma), descrivendolo similmente a un grifone. Durante tutto il periodo ellenistico e successivamente sotto l’Impero Romano il mito di questa creatura finisce letteralmente per spopolare tanto che i romani gli attribuivano il ruolo simbolico “di guardiano delle tombe e animale consacrato ad Apollo, dio della luce e della bellezza”. Anche Dante nel XXIX canto del Purgatorio sogna un carro trionfale trainato da un maestoso grifone, con “il corpo d’oro nella parte d’uccello, e bianco e vermiglio in quella di leone” volendo così simboleggiare contemporaneamente la natura divina e quella umana di Cristo.