Capita spesso che asteroidi di varie dimensioni si avvicinino più o meno al nostro pianeta: in tempi recenti (era lo scorso giugno) uno di questi corpi celesti vaganti, chiamato 2011 MD, ha “fatto visita” alla Terra, sfiorandola alla distanza di 12.000 chilometri in corrispondenza delle coste antartiche bagnate dall’Atlantico meridionale. Certo, non c’è stato alcun rischio di impatto, ma ciò non toglie il fatto che eventi del genere avvengano frequentemente. L’incontro ravvicinato dei mesi scorsi tra l’altro non è stato nemmeno da record. Il primato per la distanza minima spetta infatti al piccolo asteroide 2011 CQ1, dal diametro di un solo metro, che la sera del 4 febbraio 2011 è passato a 5.480 chilometri dalla superficie terrestre.
L’asteroide 2011 MD aveva invece un diametro stimato fra 8 e 18 metri ed è stato comunque l’oggetto più grande giunto più vicino alla Terra da quando è attivo il programma di sorveglianza dei piccoli corpi celesti che possono avvicinarsi al nostro pianeta, i cosiddetti Neo (Near Earth Objects). Ma non è tutto: dal momento che compie una sorta di grande orbita intorno a noi, esso si avvicinerà nuovamente alla Terra nel 2022. Fortunatamente nemmeno allora, rilevano gli esperti, costituirà una minaccia. Il rischio maggiore potrebbe essere invece la sua esplosione nell’impatto con l’atmosfera: un evento spettacolare ma comunque, sempre secondo gli studiosi, non pericoloso.
2011 MD e 2011 CQ1 non sono comunque i soli asteroidi che minacciano la Terra: come fu per i dinosauri, più di 60 milioni di anni fa, il nostro pianeta in un futuro prossimo potrebbe correre il pericolo di divenire bersaglio di uno di questi corpi celesti che orbitano nel nostro sistema solare.
Forse non tutti sanno che ogni anno siamo bombardati da centinaia di meteoriti (se ne stimano circa 500 all’anno), che arrivano sulla superficie terrestre quasi indisturbati. Naturalmente si tratta di corpi celesti di piccole dimensioni, pressoché della grandezza di una pallina da tennis, e che logicamente non sono in grado di causare nessun danno sensibile. Anche perché una buona parte finisce in mare, essendo il nostro pianeta coperto per due terzi dalle acque: soltanto il 2% circa di questo materiale spaziale viene infatti recuperato e studiato. Sarebbero frammenti di comete o residui originati dall’esplosione di remotissimi pianeti e pianetini. Durante il loro viaggio cosmico alcuni di questi corpi entrano nella sfera d’azione della forza di gravità terrestre e precipitano, divenendo nella stragrande maggioranza dei casi le cosiddette “meteore”, dando vita così a quel fenomeno che noi chiamiamo “stelle cadenti”. Sono l’impatto con l’atmosfera e l’elevata velocità della loro discesa (circa 70 km al secondo) verso la superficie della Terra, a creare l’effetto a tutti noi visibile di una scia luminosa, prodotta dal surriscaldamento del meteorite stesso e dalla sua graduale erosione. Dagli studi effettuati si è ricavata un’età approssimativa dei meteoriti recuperati, che potrebbe oscillare dai 10 ai 60 milioni di anni addietro. Tutto sommato dei “giovanotti” se pensiamo che il nostro sistema solare potrebbe essersi formato ben 4,5 miliardi di anni fa.
Ma, è realistica la possibilità che un grande asteroide possa colpirci e provocare la nostra fine come successe ai tempi dei grandi lucertoloni? Sembrerebbe di sì, dal momento che a passare notti insonni, in merito a potenziali futuri “Deep Impact”, sono gli scienziati della Nasa insieme ai colleghi dell’Agenzia spaziale Russa. Colpevole di tutto questo è l’asteroide Aphosis, che sembra che nel 2036 circa si troverà in rotta di collisione con la Terra. Se ciò si dovesse verificare potrebbero esserci conseguenze devastanti per il genere umano. Questo potenziale “distruttore” di 300/400 metri di diametro e di 200 miliardi di tonnellate di peso, se dovesse scontrarsi con la superficie terrestre potrebbe liberare un energia fino a 100 mila volte l’esplosione nucleare su Hiroshima. “Tra le soluzioni, la più interessante prevede l’invio di un’astronave capace di attirare il meteorite e di modificare così l’orbita su cui viaggia” ha affermato in merito l’astrofisica Margherita Hack.
Per non creare falsi allarmismi, è giusto dire però che la probabilità di un vero impatto è dello 0,2 per cento, pertanto piuttosto remota, ma comunque sufficiente per obbligare gli scienziati a studiare possibili piani d’emergenza. Aphopis risulta essere uno dei cento asteroidi che figurano nella lista della Nasa degli oggetti “a rischio” d’impatto per il nostro pianeta. Prende il nome dal dio egizio Apopi che venne soprannominato appunto il “distruttore” e che, nel continuo conflitto con il dio-sole Ra, rappresenta lo scontro ancestrale tra il bene e il male. L’asteroide, secondo diversi calcoli, potrebbe schiantarsi in un’area compresa tra l’Arabia e il Giappone, o tra il Madagascar e la Nuova Guinea, o in Siberia. Ma potrebbe anche finire nell’oceano Pacifico, tra la California e le Hawaii. Per Anatoly Perminov, ex-capo dell’Agenzia spaziale Russa, già nel 2029 l’asteroide potrebbe essere così vicino alla Terra da poter essere individuato anche a occhio nudo.
Lasciamo ora le congetture per il prossimo, incerto, futuro e, attenendoci ai dati storici, passiamo ai fatti realmente accaduti: a memoria d’uomo, quanti impatti asteroidali si contano nel passato?
Il fenomeno dei meteoriti e delle stelle cadenti, era noto anche agli antichi. Già lo storico latino Plinio il Vecchio narra che nel V secolo a.C. cadde sugli argini del fiume Egospotami un corpo del tutto identico a una stella e grande come un carro. Questi eventi nell’antichità erano visti naturalmente come segni divini. Queste pietre celesti venivano infatti poi custodite e spesso venerate nei templi di molte città greche o romane.
Tutt’oggi la “pietra nera” alla Mecca viene venerata e, secondo una tradizione popolare islamica, sarebbe l’occhio di un angelo caduto dal cielo; mentre secondo altri un oggetto divino che alla sua caduta era bianco e che divenne nero assorbendo i mali terreni.
Ma si parla di caduta di pietre dal cielo anche nel Medioevo in Sassonia e nell’Umbria.
Nell’aprile 1803 accadde invece in Francia una pioggia di meteoriti nel comune de L’Aigle.
In diverse altre località del nostro globo comunque, troviamo narrazioni di cadute di oggetti stellari. Per arrivare a quello che fu probabilmente l’impatto più catastrofico della storia moderna: avvenne nel 1908 a Tunguska, una località della Siberia. Si verificò un evento disastroso a causa dell’esplosione di un asteroide sassoso (a un’altezza di circa 8 km dalla superficie) di notevole dimensione, stimata dai 30 ai 100 metri di diametro, e che abbatté più di 60 milioni di alberi su 2150 chilometri quadrati. Il rumore dell’esplosione fu udito a 1000 chilometri di distanza. L’onda d’urto fece quasi deragliare alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana a 600 km dal punto di impatto.
Vi è poi il celebre “Meteor Crater” in Arizona, che si suppone sia stato prodotto da un asteroide di composizione metallica di una trentina di metri di diametro, caduto probabilmente intorno ai 50.000 anni fa. Il cratere presenta un diametro di oltre un chilometro e una profondità di circa 200 metri.
Si racconta anche di una pioggia di meteoriti a Siena nel giugno del 1974, delle dimensioni da pochi milligrammi a 3 kg di peso: questo avvenimento fu il primo a essere documentato e studiato in modo scientifico.
Mentre per quel che concerne l’ipotesi che un meteorite possa colpirci direttamente, ci sarebbero soltanto due casi conosciuti nei quali si sono verificati danni: nel 1911 un cane egiziano rimase ucciso (unica vittima registrata) a Nakhla; mentre nel 1954 in Alabama (USA) un meteorite di circa 4 kg si creò un varco nel tetto della casa è ferì in maniera lieve la signora Elizabeth Hodges nel suo soggiorno, dopo essere rimbalzato sulla radio.
Finora dunque, dai tempi dei dinosauri niente di allarmante o di catastrofico… finora! Nel frattempo, è sempre meglio dare un’occhiata al cielo! Non si sa mai!